Sottrazione fraudolenta al pagamento delle imposte

Corte di Cassazione, penale, Sentenza|22 luglio 2021| n. 28457.

Il delitto di sottrazione fraudolenta al pagamento delle imposte è un reato di pericolo eventualmente permanente, che si perfeziona nel primo momento di realizzazione della condotta finalizzata a eludere le pretese del fisco e la cui consumazione può protrarsi per tutto il tempo in cui vengono posti in essere atti idonei a mettere in pericolo l’obbligazione tributaria; ne consegue che la competenza per territorio va determinata in base al luogo in cui viene compiuto il primo atto finalizzato ad eludere le pretese del fisco, mentre il termine di decorrenza della prescrizione coincide con il momento di cessazione della consumazione del reato.

Sentenza|22 luglio 2021| n. 28457. Sottrazione fraudolenta al pagamento delle imposte

Data udienza 28 aprile 2021

Integrale

Tag – parola: Misura cautelare reale – Sequestro preventivo per la confisca diretta o per equivalente – Sottrazione fraudolenta al pagamento delle imposte – Reato di pericolo – Momento consumativo – Prima sottrazione – Atti compiuti dopo la scadenza delle indagini preliminari – Rilevanza della data delle indagini e non di quella di deposito della informativa – Nozione di privata dimora – Accesso con il consenso del proprietario – Divieto di utilizzo delle intercettazioni ex art. 270 cpp – Esclusione in caso di reati connessi ex art. 12 cpp

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. LAPALORCIA Grazia – Presidente

Dott. GALTERIO Donatella – Consigliere

Dott. CERRONI Claudio – Consigliere

Dott. CORBETTA Stefano – rel. Consigliere

Dott. MACRI’ Ubalda – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
(OMISSIS), nato a (OMISSIS);
(OMISSIS), nato a (OMISSIS);
avverso l’ordinanza del 02/11/2020 del Tribunale della liberta’ di Messina;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e i ricorsi;
udita la relazione svolta dal Consigliere CORBETTA Stefano;
letta la requisitoria redatta ai sensi del Decreto Legge 28 ottobre 2020, n. 137, articolo 23, dal Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale Angelillis Ciro, che ha concluso chiedendo l’annullamento con rinvio.

Sottrazione fraudolenta al pagamento delle imposte

RITENUTO IN FATTO

1. Con l’impugnata ordinanza, il Tribunale di Messina, costituto ai sensi dell’articolo 324 c.p.p., rigettava le richieste di riesame proposte nell’interesse di (OMISSIS) e di (OMISSIS) avverso il decreto di sequestro preventivo, emesso dal G.i.p. del Tribunale di Messina, ad aggetto le somme rinvenibili sui conti correnti intestati alla (OMISSIS) s.r.l. fino alla concorrenza di 6.554.626 Euro, e, in subordine, il sequestro per equivalente, per il medesimo ammontare, dei conti correnti bancari e/o postali, libretti al portatore e/o nominativi, sia bancari che postali, nonche’ dei beni immobili, intestati ai predetti, indagati per il delitto di cui al Decreto Legislativo n. 74 del 2000, articolo 11.
2. Avverso l’indicata ordinanza, (OMISSIS) e (OMISSIS), per il tramite dei rispettivi difensori di fiducia, propongono ricorso per cassazione.
3. Il ricorso promosso nell’interesse di (OMISSIS) si articola in sei motivi.
3.1. Con il primo motivo si deduce la violazione dell’articolo 606 c.p.p., comma 1, lettera b), in relazione all’articolo 407 c.p.p., comma 3, e articolo 125 c.p.p.. Assume il ricorrente che il Tribunale cautelare avrebbe erroneamente rigettato l’eccezione di inutilizzabilita’ di tutti gli atti compiuti in data successiva all’11 ottobre 2013, in quanto le intercettazioni su cui si fonda il fumus del delitto in esame sono indicate nell’informativa del 31 maggio 2015, a nulla rilevando che le conversazioni medesime fossero state acquisite in precedenza perche’ la declaratoria di inutilizzabilita’ non consentirebbe alcun uso dell’atto e, quindi, del relativo contenuto.
3.2. Con il secondo motivo si eccepisce la violazione dell’articolo 606 c.p.p., comma 1, lettera b), in relazione all’articolo 266 c.p.p., comma 2 e articolo 614 c.p.. Lamenta il difensore che il Tribunale avrebbe disatteso l’eccezione di inutilizzabilita’ delle conversazioni, essendo state captate presso la sede della societa’, da qualificarsi come luogo di privata dimora, in quanto accessibile solo a terzi con il consenso del titolare e destinata ad attivita’ lavorativa e professionale, secondo quanto affermato da Cass., Sez. Un. 31345 del 23 marzo 2017.
3.3. Con il terzo motivo si lamenta dell’articolo 606 c.p.p., comma 1, lettera b) in relazione all’articolo 270 c.p.p.. Evidenzia il difensore che le intercettazioni disposte nell’ambito dell’originario procedimento penale n. 6726/12 sarebbero, in ogni caso, da ritenersi inutilizzabili, atteso che il presente procedimento deve ritenersi “diverso” ai sensi e per gli effetti di cui all’articolo 270 c.p.p., posto che la prima iscrizione era stata effettuata, appunto, nell’ambito del procedimento n. 6726/12 per reati fallimentari, a nulla rilevando le successive e diverse iscrizioni, che hanno ampliato il novero delle tipologie delittuose rispetto alle quali si riteneva di procedere. La diversa interpretazione, fatta propria dal Tribunale, si porrebbe in contrasto con i principi espressi da Cass., Sez. Un., n. 51 del 28 novembre 2019.
3.4. Con il quarto motivo si lamenta la violazione dell’articolo 606 c.p.p., comma 1, lettera b) e c), in relazione all’articolo 129 c.p.p., Decreto Legislativo n. 74 del 2000, articolo 11, articolo 406 c.p.p., articolo 407 c.p.p., comma 3, articolo 125 c.p.p.. Ad avviso del ricorrente, la sintetica motivazione non indicherebbe alcun elemento da cui possa dedursi che il (OMISSIS) fosse l’amministratore di fatto della (OMISSIS) s.r.l., quantomeno sino alla data del 28 gennaio 2015, e considerando che le captazioni, ove ritenute utilizzabili, risalgono al luglio 2013; difetterebbe, pertanto, qualsiasi elemento da cui ricavare che il ricorrente abbia avuto un ruolo attivo nelle operazioni oggetto di contestazione, non essendo all’uopo sufficiente il rinvio all’ordinanza genetica, che contiene una mera indicazione di flussi finanziari e di societa’ asseritamente riconducibili al (OMISSIS). Di conseguenza, in mancanza di elementi di prova successivi al luglio 2013, il reato si sarebbe prescritto nel luglio 2019, e quindi prima dell’adozione della misura ablativa, e considerando l’inutilizzabilita’ delle informative del 4 luglio 2018 e del 13 dicembre 2018, in quanto successive al 20 maggio 2017, data di scadenza delle indagini.
3.5. Con il quinto motivo si censura la violazione dell’articolo 606 c.p.p., comma 1, lettera c) ed e), in relazione all’articolo 129 c.p.p., Decreto Legislativo n. 74 del 2000, articolo 11, articolo 406 c.p.p., articolo 407 c.p.p., comma 3. Argomenta il ricorrente che il reato per cui si procede era estinto per prescrizione alla data di adozione della misura ablativa, in quanto, dall’informativa del 4 luglio 2018, emerge come l’ultimo/ operazione in uscita, a titolo di finanziamento, intercorsa tra la (OMISSIS) s.r.l. e la (OMISSIS) s.p.a., sia avvenuta il 28 gennaio 2015; contrariamente a quanto ritenuto dal Tribunale, pero’, nessun depauperamento e’ stato posto in essere in danno dalla (OMISSIS) s.r.l., emergendo piuttosto un arricchimento periodico -e per cospicue somme di denaro – ad opera della (OMISSIS) s.p.a..
3.6. Con il sesto motivo si deduce la violazione dell’articolo 606 c.p.p., comma 1, lettera b) e c) con riferimento al rigetto dell’eccezione di incompetenza territoriale in favore del Tribunale di Roma. Sostiene il ricorrente che il Tribunale avrebbe erroneamente respinto tale eccezione sulla base di un precedente giurisprudenziale non pertinente, in quanto la competenza per territorio va individuata sulla base dell’ultimo atto dispositivo posto in essere, verificatosi il 14 aprile 2014 presso la sede in Roma della (OMISSIS) s.r.l..
4. Il ricorso promosso nell’interesse di (OMISSIS) si articola, anch’esso, in sei motivi, che sono tutti contenuti nei corrispondenti motivi dedotti dal coindagato.

 

Sottrazione fraudolenta al pagamento delle imposte

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. I ricorsi, che deducono motivi del tutto coincidenti, sono infondati.
2. Il sesto motivo, la cui trattazione appare logicamente preliminare, perche’, ove accolto, esso avrebbe carattere assorbente, e’ infondato.
2.1. Va rammentato che il delitto di sottrazione fraudolenta al pagamento di imposte e’ reato di pericolo eventualmente permanente, la cui consumazione si protrae per tutto il tempo in cui vengono posti in essere atti idonei a mettere in pericolo l’adempimento dell’obbligazione tributaria (Sez. 3, n. 37415 del 25/06/2012, dep. 27/09/2012, Tonetto, Rv. 253359).
Il delitto in esame, pertanto, puo’ manifestarsi anche attraverso una pluralita’ di condotte, tutte realizzate allo scopo di depauperare il patrimonio del soggetto debitore verso l’erario; in tal caso, come affermato da questa Corte – principio correttamente richiamato dal Tribunale per disattendere l’eccezione di incompetenza territoriale qui riproposta – per individuare il momento di consumazione del reato, in una logica di evidente anticipazione della soglia del disvalore penale, strettamente legata, appunto, al mero pericolo, occorre farsi riferimento al primo momento di realizzazione della condotta finalizzata ad eludere le pretese del fisco (Sez. 3, n. 35853 del 11/05/2016, dep. 31/08/2016, Calvi, Rv. 267648).
2.2. Orbene, i ricorrenti commettono un errore prospettico, laddove, nell’attribuire rilevanza all’ultimo atto posto in essere, confondono due profili differenti, vale a dire l’inizio della consumazione, rilevante per la determinazione della competenza territoriale ai sensi dell’articolo 8 c.p.p., comma 3, (secondo cui “se si tratta di reato permanente, e’ competente il giudice del luogo in cui ha avuto inizio la consumazione”), e la cessazione della consumazione, termine da cui, invece, inizia a decorrere il termine di prescrizione, a norma dell’articolo 158 c.p., comma 1, (il quale stabilisce che detto termine decorre “per il reato permanente, dal giorno in cui e’ cessata la permanenza”).
Ai fini che qui rilevano, come correttamente osservato dal Tribunale, occorre percio’ considerare il primo atto indirizzato ad eludere le pretese del fisco – che, nel caso in esame, e’ stato commesso in Messina – e non, invece, l’ultimo, che identifica, appunto, la cessazione della permanenza e che rileva su un piano affatto diverso, come si dira’ a proposito della trattazione dei motivi concernenti l’asserita prescrizione del reato.
3. In premessa comune ai primi tre motivi – tutti diretti a contestare, sotto diversi profili, l’utilizzabilita’ degli esiti delle captazioni -, va evidenziato che la decisione di rigetto del Tribunale si fonda su una duplice ratio decidendi, nel senso che, oltre a confutare in diritto le singole eccezioni sollevate dai ricorrenti, il Tribunale ha evidenziato che, in ogni caso, il fumus commissi delitti e’ configurabile) a prescindere dalle risultanze intercettativersulla base degli ulteriori elementi accertati nel corso delle indagini, ossia sull’analisi dei flussi economici e delle operazioni finanziarie poste in essere dalla (OMISSIS) s.r.l., la quale, a fronte di una forte esposizione debitoria nei confronti dell’Erario, ha effettuato sistematici trasferimenti di somme di denaro a vantaggio di societa’ riconducibili ad (OMISSIS), come dettagliatamente ricostruite nel provvedimento genetico.
Salvo quanto si dira’ a proposito degli ultimi due motivi, i ricorrenti non attaccano, in modo specifico, questa autonoma ratio decidendi, il che, di per se’, rende inammissibili, perche’ generici, i primi tre motivi, i quali avrebbero dovuto illustrare la concreta incidenza dell’eventuale eliminazione degli esiti dell’attivita’ di captazione, ai fini della cosiddetta “prova di resistenza”, sull’intero materiale di indagine posto a fondamento del fumus, tra cui, appunto, la ricostruzione dei flussi economici e finanziari tra la (OMISSIS) s.r.l. e le altre societa’ riconducibili agli indagati.

 

Sottrazione fraudolenta al pagamento delle imposte

4. Si osserva, in ogni caso, che il Tribunale cautelare ha comunque correttamente respinto anche le singole eccezioni di inutilizzabilita’.
5. Venendo al primo motivo, la prospettazione difensiva, secondo cui l’inutilizzabilita’ dell’informativa del 31 maggio 2015, perche’ successiva alla data della scadenza del termine ex articolo 407 c.p.p., comma 3, si ripercuote indistintamente su tutti gli esiti delle indagini in essa ricapitolati, non si confronta con il principio secondo cui, al fine della verifica della inutilizzabilita’ prevista per gli atti compiuti dopo la scadenza del termine di durata per le indagini preliminari, deve farsi riferimento alla data in cui i singoli atti di indagine sono compiuti e non a quella del deposito della informativa che li riassume (Sez. 6, n. 12104 del 05/03/2020, dep. 14/04/2020, Sautto, Rv. 278726; Sez. 5, n. 19553 del 25/03/2014, dep. 12/05/2014, Naso, Rv. 260403).
Nel caso in esame, non e’ controverso che le conversazioni captate si collochino tra il 24 maggio e il luglio 2013, quindi prima dell’11 ottobre 2013, data di scadenza del termine ex articolo 406 c.p.p., senza che fosse stato emesso il provvedimento di proroga.
6. Il secondo motivo e’ inammissibile.
6.1. Pur prescindendo dal fatto che il motivo sconta profili di genericita’, in quanto non indica in maniera specifica quali sarebbero le singole captazioni ritenute inutilizzabili e, soprattutto, come cio’ si riverberi sull’apparato motivazionale, in ogni caso si osserva che la motivazione appare rispettosa del principio affermato dalle Sezioni Unite di questa Corte di legittimita’ – principio evocato dai ricorrenti – secondo cui rientrano nella nozione di privata dimora esclusivamente i luoghi nei quali si svolgono non occasionalmente atti della vita privata, e che non siano aperti al pubblico ne’ accessibili a terzi senza il consenso del titolare, compresi quelli destinati ad attivita’ lavorativa o professionale (Sez. U, n. 31345 del 23/03/2017, dep. 22/06/2017, D’Amico, Rv. 270076).
In motivazione, ai fini qui di interesse, le Sezioni Unite hanno precisato che “i luoghi di lavoro, generalmente, sono accessibili ad una pluralita’ di soggetti anche senza il preventivo consenso dell’avente diritto: ad essi e’ quindi estraneo ogni carattere di riservatezza, essendo esposti, per definizione, alla “intrusione” altrui. Si pensi agli esercizi commerciali o agli studi professionali o agli stabilimenti industriali accessibili a un numero indeterminato di persone, che possono pertanto prendere contatto (e non solo visivo) con il luogo senza alcun filtro o controllo. L’attivita’ privata svolta in detti luoghi avviene a contatto con un numero indeterminato di altri soggetti e, talvolta, in rapporto con gli stessi. Con riferimento ad essi e’, pertanto, fuor di luogo parlare di riservatezza o di necessita’ di tutela della sfera privata dell’individuo”. Ad avviso delle Sezioni Unite, quindi, va “confermato l’orientamento che interpreta la disciplina dettata dall’articolo 624-bis c.p., come estensibile ai luoghi di lavoro soltanto se essi abbiano le caratteristiche proprie dell’abitazione (accertamento questo riservato ai giudici di merito). Potra’, quindi, essere riconosciuto il carattere di privata dimora ai luoghi di lavoro se in essi, o in parte di essi, il soggetto compia atti della vita privata in modo riservato e precludendo l’accesso a terzi (ad esempio, retrobottega, bagni privati o spogliatoi, area riservata di uno studio professionale o di uno stabilimento)”.
6.2. Nel caso di specie, i giudici di merito hanno accertato che le captazioni sono avvenute presso gli uffici siti in via (OMISSIS), costituenti la sede del gruppo societario riconducibile agli indagati, uffici che, essendo accessibili al pubblico, non sono qualificabili quale luogo di privata dimora.
Si tratta di un apprezzamento di fatto, che fa corretta applicazione del principio dinanzi richiamato, e che, quindi, non e’ censurabile in questa sede di legittimita’.
7. Il terzo motivo e’ inammissibile.
7.1. Anche a voler ritenere che il procedimento in esame sia “diverso” da quello n. 6276/12, che vede indagati gli odierni ricorrenti in relazione, tra gli altri, ai delitti di cui all’articolo 416 c.p., articolo 2622 c.c., Decreto Legislativo n. 74 del 2000, articoli 3 e 8, nel caso di specie, diversamente da quanto ritenuto dai ricorrenti, non vi e’ alcuna violazione del principio affermato dalle Sezioni Unite con la sentenza Cavallo, secondo cui, in tema di intercettazioni, il divieto di cui all’articolo 270 c.p.p. di utilizzazione dei risultati delle captazioni in procedimenti diversi da quelli per i quali le stesse siano state autorizzate – salvo che risultino indispensabili per l’accertamento di delitti per i quali e’ obbligatorio l’arresto in flagranza – non opera con riferimento agli esiti relativi ai soli reati che risultino connessi, ex articolo 12 c.p.p., a quelli in relazione ai quali l’autorizzazione era stata ab origine disposta, sempreche’ rientrino nei limiti di ammissibilita’ previsti dall’articolo 266 c.p.p., (Sez. U, n. 51 del 28/11/2019, dep. 02/01/2020, Cavallo, Rv. 277395).
7.2. Invero, come emerge dal provvedimento impugnato, allo stato appare prefigurabile la connessione ex articolo 12 c.p.p., lettera b), tra il delitto di sottrazione fraudolenta al pagamento della imposte e i delitti, originariamente contestati, di dichiarazione fraudolenta mediante artifici e di emissione di fatture per operazioni inesistenti, e considerando che, secondo l’ipotesi di accusa, e’ stata posta in essere la sottrazione di risorse al fisco nella misura di oltre quindici milioni di Euro, sicche’, nel caso in esame, e’ stata contestata, in maniera non implausibile, l’ipotesi aggravata di cui all’ultimo capoverso del Decreto Legislativo n. 74 del 2000, articolo 11, comma 1, punita con la reclusione fino a sei anni, e che, quindi, rientra nel novero dei delitti suscettibile di essere investigati a mezzo di attivita’ captativa, rispettando il limite edittale previsto dall’articolo 266 c.p.p., comma 1, lettera a).

 

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8. Il quarto e il quinto motivo, esaminabili congiuntamente perche’ connessi, sono inammissibili.
9. Si rammenta che, secondo il prevalente orientamento assunto dalla giurisprudenza di legittimita’, il ricorso per cassazione contro ordinanze emesse in materia di sequestro preventivo o probatorio e’ ammesso solo per violazione di legge, in tale nozione dovendosi comprendere sia gli errores in iudicando o in procedendo, sia quei vizi della motivazione cosi’ radicali da rendere l’apparato argomentativo posto a sostegno del provvedimento o del tutto mancante o privo dei requisiti minimi di coerenza, completezza e ragionevolezza e quindi inidoneo a rendere comprensibile l’itinerario logico seguito dal giudice (Sez. U, n. 25932 del 29/05/2008 – dep. 26/06/2008, Ivanov, Rv. 239692; Sez. 3, n. 4919 del 14/07/2016 – dep. 02/02/2017, Faiella, Rv. 269296; Sez. 2, n. 18951 del 14/03/2017 – dep. 20/04/2017, Napoli, Rv. 269656).
10. Va ricordato, inoltre, che, in tema di sequestro preventivo, non e’ necessario valutare la sussistenza dei gravi indizi di colpevolezza a carico del soggetto nei cui confronti e’ operato il sequestro, essendo sufficiente che sussista il fumus commissi delicti, vale a dire la astratta sussumibilita’ in una determinata ipotesi di reato del fatto contestato (Sez. 1, n. 18491 del 30/01/2018 – dep. 27/04/2018, Armeli, Rv. 273069; Sez. 2, n. 5656 del 28/01/2014 – dep. 05/02/2014, P.M. in proc. Zagarrio, Rv. 258279).
Di conseguenza, non possono essere censurati in questa sede ne’ vizi di motivazione – salvo, come si e’ detto, quelli cosi’ radicali da rendere la motivazione del tutto apparente -, ne’ profili ricostruttivi in fatto.
11. Va rilevato, infine, che il termine da cui inizia a decorrere la prescrizione, alla luce delle considerazioni sopra indicate, va identificato nell’ultimo atto dispositivo diretto ad eludere le pretese dell’Erario.
12. Alla luce di tali premesse, nel caso di specie il Tribunale ha correttamente indicato, quali ultimi atti rilevanti nell’ottica dell’accusa, tre distinte operazioni a favore della (OMISSIS) s.p.a. a titolo di “restituzione finanziamento” per un importo complessivo di 285.000 Euro, realizzate nel periodo tra il 17 dicembre 2014 il 28 gennaio 2015, operazioni che, all’evidenza, hanno comportato un depauperamento della (OMISSIS) s.r.l. per una somma corrispondente alle somme di denaro restituite alla (OMISSIS) s.p.a..
La diversa prospettazione difensiva, estrapolando dati dall’informativa del 4 luglio 2018, mira a una differente lettura dei dati di indagine e, quindi, a una diversa ricostruzione del fatto, che non e’ consentita in questa sede.
13. Per i motivi indicati, i ricorsi devono percio’ essere rigettati, con conseguente condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali.

P.Q.M.

Rigetta i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali.

 

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In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.

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