Il presupposto per l’adozione dell’ordine di demolizione

Consiglio di Stato, Sentenza|19 agosto 2021| n. 5943.

Il presupposto per l’adozione dell’ordine di demolizione di opere edilizie abusive è soltanto la constatata realizzazione di esse in assenza o in difformità della concessione, con la conseguenza che, nella sussistenza di tale presupposto, il provvedimento costituisce atto dovuto ed è sufficientemente motivato con l’accertamento dell’abusività del manufatto, essendo in re ipsa l’interesse pubblico alla sua rimozione, anche quando la sanzione sia adottata a distanza di anni dalla realizzazione dell’abuso.

Sentenza|19 agosto 2021| n. 5943. Il presupposto per l’adozione dell’ordine di demolizione

Data udienza 14 luglio 2021

Integrale

Tag – parola chiave: Abusi edilizi – Ordine di demolizione – Adozione – Presupposti – Individuazione

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale
Sezione Sesta
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 530 del 2015, proposto dai signori Gu. Ca. e An. Ge. Ba., rappresentati e difesi dall’avvocato Bi. Di Me., domiciliato presso la Segreteria del Consiglio di Stato in Roma, piazza (…);
contro
il Comune di (omissis), in persone del Sindaco pro tempore, non costituito in giudizio;
per la riforma
della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per la Campania, Sede di Napoli Sezione Sesta, n. 5235/2013, resa tra le parti, concernente la demolizione di opere abusive;
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza del giorno 14 luglio 2021 il Cons. Oreste Mario Caputo.
L’udienza si svolge ai sensi dell’art. 4, comma 1, del decreto legge 30 aprile 2020, n. 28, convertito, con modificazioni, dalla legge 25 giugno 2020, n. 70, e dell’art. 25 del decreto legge 28 ottobre 2020, n. 137, convertito, con modificazioni, dalla legge 18 dicembre 2020, n. 176, attraverso videoconferenza con l’utilizzo di piattaforma “Mi. Te.” come previsto dalla circolare del Segretario Generale della Giustizia Amministrativa 13 marzo 2020, n. 6305.
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

Il presupposto per l’adozione dell’ordine di demolizione

FATTO e DIRITTO

1. È appellata la sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per la Campania, Sede di Napoli Sezione Sesta, n. 5235/2013, di reiezione del ricorso proposto dai signori Gu. Ca. e An. Ge. Ba. avverso l’ordinanza di demolizione del Comune di (omissis), avente ad oggetto il fabbricato avente superficie complessiva di mq. 305 diviso in due abitazioni e, inoltre, di un locale lavanderia di circa 13 mq.
2. Il manufatto, secondo i rilievi effettuati dal Comune, è stato edificato in luogo di un fabbricato della superficie complessiva di circa 132 mq. già oggetto d’istanza di condono (n. prot. 6491 del 28 marzo 1986 ai sensi della L. 47/1985) e di un preesistente fabbricato di 28 metri quadri.
Da cui la ritenuta abusività dell’opera, realizzata senza titolo in zona sottoposta a vincolo paesistico.
3. Nei motivi d’impugnazione, i ricorrenti hanno dedotto la violazione degli artt. 4, 38, 44 l. 47/1985 in relazione alla l. 326/2003 (c.d. terzo condono); violazione degli artt. 7, 8 e 10 bis l. 241/1990; violazione e falsa applicazione del d.lgs. 490/1990, l.r. Campania n. 82/1992, eccesso di potere, incompetenza; violazione e falsa applicazione dell’art. 167 d.lgs. 42/2004; violazione degli artt. 36 l. 47/1985 e 3 L. 241/1990; violazione e falsa applicazione degli artt. 31 e 37 d.P.R. 380/2001.
Segnatamente, secondo le censure, il Comune non avrebbe tenuto conto della presentazione di un’ulteriore istanza di condono formulata ai sensi dell’art. 32 l. 326/2003, che, in uno all’istanza ex l. 47/1985 menzionata nel provvedimento, includerebbe tutte le opere di cui all’ordinanza impugnata; l’ordinanza di demolizione, adottata dal dirigente dell’Ufficio e non dal sindaco competente in materia, non sarebbe stata motivata, e non avrebbe tenuto conto dell’eventuale possibile rilascio del permesso di costruire in sanatoria.
3. Il Tar ha respinto il ricorso.
La costruzione del fabbricato del tutto diverso e non riconducibile a quello preesistente, oggetto della prima domanda di condono, hanno osservato i giudici di prime cure, non consente il rilascio del condono richiesto in forza di un’ulteriore istanza di condono.
E l’ordinanza di demolizione – che l’art. 27 d.P.R. 380/2001 attribuisce alla competenza del dirigente – in ragione della propria natura vincolata, ha aggiunto il Tar, non avrebbe potuto avere un contenuto diverso, tanto da essere irrilevanti, ai sensi dell’art. 21 octies l. 241 del 1990, le pretese violazioni delle garanzie procedimentali.
Infine, i giudici di prime cure hanno richiamato l’orientamento giurisprudenziale per il quale, “in presenza di un abuso edilizio, la vigente normativa urbanistica non pone alcun obbligo in capo all’autorità comunale, prima di emanare l’ordinanza di demolizione, di verificarne la sanabilità ai sensi dell’art. 36, d.P.R. n. 380 del 2001”.
4. Appellano la sentenza i signori Gu. Ca. e An. Ge. Ba.. Resiste il Comune di (omissis).
5. Alla pubblica udienza del 14 luglio 2021, tenuta in modalità telematica da remoto, la causa, su richiesta di parte appellante, è stata trattenuta in decisione.
Con il primo motivo d’appello i ricorrenti lamentano l’errore di giudizio – in violazione degli artt. 4, 38,44 l. 47/1985 in relazione alla l. 326/2003 – in cui sarebbe incorso il Tar nel ritenere che il manufatto realizzato sarebbe un nuovo edificio rispetto a quello preesistente, senza possibilità di fruire del condono come successivamente integrato.
5.1 Il motivo è infondato.
Il sostrato argomentativo che sorregge il motivo d’appello in esame muove dalla perizia di parte prodotta in prime cure, nella quale si afferma che l’avvenuta presentazione, in data 9 dicembre 2004, d’ulteriore istanza di condono ai sensi della l. 326/2003 assorbirebbe, cumulata all’istanza presentata ai sensi della l. 47/1985, tutte le opere in contestazione.
La coincidenza delle superficie complessiva del fabbricato – come individuato nell’ordinanza rispetto a quello indicato nelle diverse istanze di condono – attesterebbe, secondo gli appellanti, che l’edificio realizzato corrisponde strutturalmente e morfologicamente a quello preesistente.
Di contro, il Comune ha accertato la realizzazione di un fabbricato pluristrutturato del tutto diverso e non riconducibile a quello preesistente, della superfice complessiva di 302 mq.
Il manufatto inoltre ricade in zona paesaggisticamente tutelata, per effetto del Piano Territoriale Paesistico dell’Isola (omissis) approvato con D.M. dell’8 febbraio 1999, pubblicato sulla G.U. n. 94 del 23 aprile 1999, che esclude la realizzazione di nuove costruzioni.
La presenza del vincolo paesaggistico non consente – ai sensi artt. 32, comma 27, d.l. 269/03 e 33 l. 47/85 rubricato “Opere non suscettibili di sanatoria “, secondo cui le opere abusive non sono suscettibili di sanatoria quando siano in contrasto con i vincoli comportanti inedificabilità e siano imposti prima della esecuzione delle opere stesse – il rilascio del condono in assenza oltretutto, come nel caso in esame, della richiesta del nulla osta paesaggistico.
6. Con i successivi motivi d’appello – che, in quanto strettamente connessi possono essere trattati congiuntamente – l’appellante lamenta l’errore di giudizio in cui sarebbe incorso il Tar perché avrebbe dovuto annullare gli atti impugnati, in quanto adottati senza il rispetto della normativa sul procedimento amministrativo e carenti di motivazione.
6.1 I motivi sono infondati.
L’adozione da parte della p.a. dell’ordinanza di demolizione non è affatto subordinata alla comunicazione, ex art. 7 l. 241/90, dell’avvio del procedimento.
S’è chiarito il principio, qui condiviso, che “l’obbligo di previa comunicazione di avvio del procedimento non si applica ai provvedimenti sanzionatori in materia edilizia, considerato il loro carattere doveroso.” (cfr., Consiglio Stato, sez. V, 19 settembre 2008, n. 4530).
In questi casi la comunicazione dell’avviso dell’avvio del procedimento non è necessaria: le valutazioni di natura strettamente tecnica contenute nella motivazione-giustificazione dell’ordinanza di demolizione non hanno contenuto discrezionale.
La questione sollecita l’esame dell’ulteriore censura per la quale l’ordinanza di demolizione impugnata sarebbe viziata per genericità, in quanto difetterebbe, ai sensi dell’art. 3, l. 241/1990, di congrua motivazione.
L’ordine di demolizione delle opere abusive costituisce attività vincolata del Comune, essendo preordinato ad accertare il compimento di opere edilizie realizzate senza titolo edilizio, non abbisogna di motivazione, in quanto la funzione di tale atto è quella di provocare il tempestivo abbattimento del manufatto abusivo ad opera del responsabile, “rendendogli noto che il mancato adeguamento spontaneo determina sanzioni più onerose…a tale scopo è quindi sufficiente che l’atto indichi il tipo di sanzione che la legge collega all’abuso, senza puntualizzare le aree eventualmente destinate a passare nel patrimonio comunale… ” (cfr., Cons. Stato, sez. VI, 8 aprile 2004, n. 1998).
L’orientamento giurisprudenziale, qui condiviso, è univoco nell’affermare che “presupposto per l’adozione dell’ordine di demolizione di opere edilizie abusive è soltanto la constatata realizzazione di esse in assenza o in difformità della concessione, con la conseguenza che, nella sussistenza di tale presupposto, il provvedimento costituisce atto dovuto ed è sufficientemente motivato con l’accertamento dell’abusività del manufatto, essendo in re ipsa l’interesse pubblico alla sua rimozione, anche quando la sanzione sia adottata a distanza di anni dalla realizzazione dell’abuso” (cfr., Cons. Stato, ad. plen., n. 7 del 2019; Cons. Stato, sez. V, 8 luglio 1998, n. 1015).
7. Conclusivamente, l’appello deve essere respinto.
8. In assenza di costituzione del Comune di (omissis), nulla sulle spese del presente grado di giudizio.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale
Sezione Sesta, definitivamente pronunciando sull’appello n. 530 del 2015, come in epigrafe proposto, lo respinge.
Nulla sulle spese del secondo grado di giudizio.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 14 luglio 2021 con l’intervento dei magistrati:
Luigi Maruotti – Presidente
Oreste Mario Caputo – Consigliere, Estensore
Francesco Gambato Spisani – Consigliere
Giovanni Sabbato – Consigliere
Davide Ponte – Consigliere

 

 

In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.

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