Sospensione del procedimento con messa alla prova

Corte di Cassazione, sezione seconda penale, Sentenza 30 luglio 2019, n. 34878.

Massima estrapolata:

In tema di sospensione del procedimento con messa alla prova, la valutazione del giudice deve investire la “adeguatezza” del programma presentato dall’imputato, che va intesa non soltanto nel senso della sua idoneità a favorire il suo reinserimento sociale, ma anche nel senso di verificarne la effettiva corrispondenza alle condizioni di vita del prevenuto: al riguardo, la “adeguatezza” del programma deve essere indagata anche sotto il profilo dell’essere esso espressione dell’«apprezzabilità dello sforzo» sostenuto dall’imputato per elidere le conseguenze dannose o pericolose del reato e risarcire il danno.

Sentenza 30 luglio 2019, n. 34878

Data udienza 13 giugno 2019

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CAMMINO Matilde – Presidente

Dott. IMPERIALI Luciano – Consigliere

Dott. CIANFROCCA Pierluig – rel. Consigliere

Dott. DI PISA Fabio – Consigliere

Dott. PERROTTI Massimo – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
PM PRESSO IL TRIBUNALE DI AREZZO;
nel procedimento a carico di:
(OMISSIS);
contro l’ordinanza del Tribunale di Arezzo del 28.2.2019;
visti gli atti, il provvedimento impugnato ed il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere Dott. CIANFROCCA Pierluigi;
letta la requisitoria del PG che ha concluso per l’annullamento con rinvio della ordinanza impugnata.

RITENUTO IN FATTO

1. Con ordinanza del 28.2.2019 il Tribunale di Arezzo ha accolto la richiesta di sospendere il procedimento con messa alla prova per un periodo di mesi 8 disponendo per gli adempimenti conseguenti, richiesta che era stata avanzata personalmente da (OMISSIS), imputato in ordine a numerosi fatti di appropriazione indebita aggravata per essersi appropriato, profittando del fatto di essere conosciuto come agente assicurativo e promotore finanziario, di somme che gli erano state consegnate da numerose persone per essere investite in fondi comuni;
2. ricorre per Cassazione il PM presso il Tribunale di Arezzo lamentando:
2.1 inosservanza ovvero erronea applicazione della legge penale e vizio di motivazione: rileva come il provvedimento non contenga alcun riferimento ai criteri di valutazione ed ai parametri di cui all’articolo 133 c.p., omissione che a suo avviso integra, ad un tempo, violazione di legge e vizio di motivazione atteso che la loro considerazione e’ essenziale per rispettare la finalita’ rieducativa nel cui solco si muove l’istituto ma, anche, il principio di proporzionalita’ con i fatti di reato ed il rispetto dei diritti della persona offesa; sottolinea, a tal proposito, e tra gli elementi di valutazione trascurati dal giudice di merito, proprio la gravita’ del danno arrecato alle persone offese per un ammontare complessivo di circa 360.000 Euro; la intensita’ del dolo desumibile dalla reiterazione dei fatti e dalla stessa pluralita’ delle vittime nonche’, infine, la condotta dell’imputato anche susseguente ai fatti e connotata dalla assenza di ogni profilo di spontanea resipiscenza;
2.2 violazione di legge e difetto di motivazione con riferimento al disposto di cui all’articolo 168bis c.p. alla luce della insanabile sproporzione tra la somma offerta dall’imputato a titolo di risarcimento del danno (Euro 30.000) a fronte del pregiudizio patrimoniale causato alle vittime e che risulta, in tal modo, del tutto irrisorio; osserva che la impossibilita’ del (OMISSIS) di provvedere in termini piu’ congrui e’ stata affermata sulla scorta delle sole dichiarazioni dell’imputato senza alcuna valutazione critica e senza ricorrere ad alcun approfondimento istruttorio, pur consentito ai sensi dell’articolo 464bis c.p., comma 5;
3. in data 22.5.2019 la Procura Generale ha fatto pervenire la propria requisitoria a firma del Sost. Proc. Gen. Dott. Angelillis Ciro concludendo per l’annullamento della ordinanza impugnata con rinvio in ordine ai profili della (in)congruita’ del programma alla luce degli elementi di valutazione, oggettivi e soggettivi, della gravita’ del fatto nonche’, inoltre, alla prognosi di futura astensione dalla commissione di reati.

CONSIDERATO IN DIRITTO

Il ricorso e’ fondato.
1. Con provvedimento del 28.2.2019, il Tribunale di Arezzo ha deciso in merito alla richiesta presentata da (OMISSIS), imputato per una pluralita’ di episodi di appropriazione indebita pluriaggravata da lui posti in essere in danno di numerose persone, di sospensione del procedimento con messa alla prova, ai sensi dell’articolo 168bis c.p..
La imputazione riguarda 12 episodi di appropriazione indebita aggravata in danno di privati che avrebbero versato i propri risparmi nelle mani del (OMISSIS), persona conosciuta come agente assicurativo e promotore finanziario, con l’intesa di investirli in un fondo comune e di cui invece l’imputato si sarebbe appropriato per un totale complessivo di oltre 360.000 Euro, tra il mese di ottobre del 2015 ed il mese di novembre del 2016.
2. Con provvedimento del 28.2.2019 il Giudice ha in primo luogo (cfr., pagg. 3-4) riepilogato i presupposti di ordine generale stabiliti dalla legge per l’accoglimento della richiesta e, in particolare, tra questi, il contenuto del programma allegato alla richiesta di sospensione.
Ha dunque riportato (cfr., ivi, pag. 5) il contenuto del programma allegato dal (OMISSIS) sottolineando la effettiva esiguita’ (rispetto al pregiudizio patrimoniale complessivamente da lui arrecato alle vittime) della somma di Euro 30.000 offerta dall’imputato a titolo di risarcimento del danno ma che va a suo avviso comunque ritenuta congrua alla luce delle attuali condizioni di vita dell’istante il quale “ha dichiarato di essere stato assunto con contratto a tempo determinato con scadenza ad agosto 2019 con un guadagno di circa Euro 1.300 al mese, la cui moglie lavora part-time e con a carico una figlia minorenne, sicche’ dallo stesso non si puo’ allo stato esigere piu’ di quanto offerto” aggiungendo che “l’immobile messo a disposizione fin dall’inizio delle persone offese da parte dell’imputato e del quale esse oggi chiedono il sequestro conservativo e’ stato gia’ oggetto di sequestro conservativo in sede civile”.
Ha sottolineato (cfr., ancora, ivi pagg. 5-6) la finalita’ non esclusivamente sanzionatoria propria dell’istituto aggiungendo che il risarcimento del danno e’ comunque fatto salvo atteso che il provvedimento non fa stato e non ha autorita’ di giudicato sul punto.
Ha disposto, sempre in conformita’ con il programma, il versamento della somma di Euro 300 Euro in favore della (OMISSIS) e la prestazione di attivita’ presso la stessa associazione il sabato dalle 14.00 alle 18.00 e la domenica dalle 9.00 alle 11.00.
2. E’ opportuno in primo luogo ribadire, con la giurisprudenza di questa Corte, che la messa alla prova non rappresenta un diritto assoluto dell’imputato “… in quanto la relativa richiesta puo’ trovare accoglimento solo nel caso in cui il giudice al quale viene rivolta, all’esito di un percorso valutativo da effettuare alla luce dei parametri fissati dall’articolo 133, c.p. “reputa idoneo il programma di trattamento presentato e ritiene che l’imputato si asterra’ dal commettere ulteriori reati”, come espressamente previsto dall’articolo 464 quater c.p.p., comma 3″ (cfr., Cass. Pen., 5, 26.10.2015 n. 7.983, Matera); si e’ chiarito, infatti, che “l’uso della congiunzione “e” rende evidente che nell’esercizio del suo potere discrezionale il giudice dovra’ valutare, avendo sempre come punto di riferimento la gravita’ del reato e la capacita’ a delinquere del prevenuto, sia l’idoneita’ del programma di trattamento, sia la possibilita’ di formulare una prognosi favorevole nei confronti dell’imputato sulla circostanza che egli per il futuro si asterra’ dal commettere ulteriori reati, previsione quest’ultima che, nel rifarsi alla formulazione dell’articolo 164 c.p., comma 1, (con l’unica rilevante differenza che la valutazione riguarda la persona dell’imputato e non del “colpevole”), accomuna la causa di estinzione del reato di nuovo conio alla sospensione condizionale della pena, di cui all’articolo 163, c.p..” (cfr., ivi, in motivazione).
3. L’articolo 464bis c.p.p., comma 4, stabilisce che la richiesta formulata dall’imputato deve essere corredata di un programma di trattamento, elaborato d’intesa con l’ufficio di esecuzione penale esterna, ovvero, nel caso in cui non sia stata possibile l’elaborazione, la richiesta di elaborazione del predetto programma, contenente le modalita’ di coinvolgimento dell’imputato, nonche’ del suo nucleo familiare e del suo ambiente di vita nel processo di reinserimento sociale, ove cio’ risulti necessario e possibile; il programma o la richiesta debbono inoltre contenere le prescrizioni comportamentali e gli altri impegni specifici che l’imputato assume anche al fine di elidere o attenuare le conseguenze del reato, considerando a tal fine il risarcimento del danno, le condotte riparatorie e le restituzioni, nonche’ le prescrizioni attinenti al lavoro di pubblica utilita’ ovvero all’attivita’ di volontariato di rilievo sociale.
Il successivo articolo 464 quater c.p.p., comma 3, stabilisce che la sospensione del procedimento con messa alla prova e’ disposta quando il giudice, in base ai parametri di cui all’articolo 133 c.p., reputa idoneo il programma di trattamento presentato e ritiene che l’imputato si asterra’ dal commettere ulteriori reati.
Il quadro normativo di riferimento e’ infine completato dall’articolo 168bis c.p., comma 3, il quale prevede che “la concessione della messa alla prova e’ inoltre subordinata alla prestazione di lavoro di pubblica utilita’. Il lavoro di pubblica utilita’ consiste in una prestazione non retribuita, affidata tenendo conto anche delle specifiche professionalita’ ed attitudini lavorative dell’imputato, di durata non inferiore a dieci giorni, anche non continuativi, in favore della collettivita’, da svolgere presso lo Stato, le regioni, le province, i comuni, le aziende sanitarie o presso enti o organizzazioni, anche internazionali, che operano in Italia, di assistenza sociale, sanitaria e di volontariato. La prestazione e’ svolta con modalita’ che non pregiudichino le esigenze di lavoro, di studio, di famiglia e di salute dell’imputato e la sua durata giornaliera non puo’ superare le otto ore”.
Particolarmente interessante e’, infine, il disposto di cui all’articolo 464bis c.p.p., comma 5 secondo cui “al fine di decidere sulla concessione, nonche’ ai fini della determinazione degli obblighi e delle prescrizioni cui eventualmente subordinarla, il giudice puo’ acquisire, tramite la polizia giudiziaria, i servizi sociali o altri enti pubblici, tutte le ulteriori informazioni ritenute necessarie in relazione alle condizioni di vita personale, familiare, sociale ed economica dell’imputato…”.
4. Dal complesso di tali disposizioni puo’ allora desumersi che il giudizio formulato in merito alla adeguatezza del programma presentato dall’imputato ai fini della sospensione del processo a suo carico va operato, discrezionalmente, sulla scorta degli elementi di valutazione evocati dall’articolo 133 c.p. potendo inoltre il giudice procedere agli accertamenti ritenuti necessari o opportuni ai fini della sua decisione.
Proprio l’esistenza di una disposizione siffatta, allora, impone di ritenere che la valutazione del giudice debba investire la “adeguatezza” del programma presentato dall’imputato e che va intesa non soltanto nel senso della sua idoneita’ a favorire il suo reinserimento sociale ma, anche, nel senso di verificarne la effettiva corrispondenza alle condizioni di vita del prevenuto; in altri termini, la “adeguatezza” del programma deve essere indagata anche sotto il profilo dell’essere esso espressione dell’apprezzabilita’ dello sforzo sostenuto dall’imputato per elidere le conseguenze dannose o pericolose del reato e risarcire il danno.
In quest’ottica, l’inciso “ove possibile”, contenuto nell’articolo 168bis c.p., comma 2, evocato dal giudice di merito, deve essere letto nel senso che il risarcimento del danno deve corrispondere “ove possibile” al pregiudizio patrimoniale arrecate alla vittima sicche’, ove esso non sia tale, deve comunque essere la espressione dello sforzo “massimo” pretendibile dall’imputato alla luce delle sue condizioni economiche che il giudice ha la possibilita’ di verificare con i propri poteri ufficiosi.
Non va inoltre trascurato, in quest’ottica, che la adeguatezza del programma deve essere valutata anche sotto il profilo della sua “coerenza” con la gravita’ del fatto sia dal punto di vista oggettivo che dal punto di vista soggettivo.
Si e’ chiarito, infatti, che il lavoro di pubblica utilita’ rappresenta una sanzione sostitutiva di tipo prescrittivo dotata di una necessaria componente afflittiva la cui durata massima non e’ stata oggetto di previsione normativa e deve allora essere valutata dal giudice alla luce di un criterio di “proporzionalita’” con i fatti di reato alla stregua degli indici dettati dall’articolo 133 c.p. per la commisurazione della pena (cfr., Cass. Pen., 3, 19.9.2017 n. 55.511, Zezza con significativo richiamo alla ord. n. 54 del 2017 della Corte Costituzionale) tenendo conto, ad un tempo, della valutazione virtuale della gravita’ concreta del reato e del quantum di colpevolezza dell’imputato, nonche’ delle sue necessita’ di risocializzazione.
Nella stessa prospettiva, il giudice e’ tenuto a valutare la “adeguatezza” del risarcimento del danno che non puo’ non avere, quale parametro di riferimento, il pregiudizio patrimoniale arrecato alla vittima e, per contro, le effettive capacita’ patrimoniali dell’imputato.
A tal fine, come si e’ detto, il legislatore ha avuto la accortezza di predisporre dei poteri di indagine da attivare nei termini e con le modalita’ di cui alla norma sopra richiamata cui il giudice, a fronte della (come nel caso di specie) manifesta “sproporzione” tra il danno patrimoniale cagionato e l’offerta risarcitoria, potra’ (ed anzi dovra’) far ricorso al fine per l’appunto di verificare la “adeguatezza” del risarcimento quale effettiva e reale espressione di uno sforzo apprezzabile e concreto dell’imputato, anche alla luce della “sorte” degli importi di cui egli si sarebbe indebitamente appropriato.
6. L’ordinanza impugnata, quindi, va annullata essendosi il Tribunale limitato a recepire il programma proposto dal (OMISSIS) che, come si e’ accennato, aveva previsto una offerta risarcitoria pari ad Euro 30.000 a fronte di un pregiudizio patrimoniale complessivo di ammontare superiore ai 360.000 Euro; per ritenere ammissibile e meritevole di accoglimento la richiesta, il giudice, piuttosto che attestarsi sulle dichiarazioni del (OMISSIS), avrebbe dovuto allora attivare i propri poteri di indagine proprio al fine di verificare la effettivita’ delle condizioni economiche e patrimoniali dell’imputato e valutare, a quel punto, se quella somma fosse espressione del “massimo sforzo” pretendibile e, per questa ragione, apprezzabile.

P.Q.M.

Annulla l’ordinanza impugnata e dispone la trasmissione degli atti al
Tribunale di Arezzo per nuova valutazione.

 

In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.

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