Corte di Cassazione, civile, Ordinanza|| n. 16804.
Sopraelevazione rispetto all’edificio preesistente e violazione delle distanze
La ricostruzione con sopraelevazione rispetto all’edificio preesistente costituisce una nuova costruzione, poiché implica un aumento di volumetria, sagoma e superficie di ingombro, ancorché di ridotte dimensioni, ed è soggetta quindi all’obbligo di rispetto delle distanze legali dal confine; pertanto, in caso di inosservanza di tali distanze, la demolizione non deve essere limitata alle parti eccedenti le dimensioni dell’edificio originario, ma riguarda la nuova costruzione nella sua interezza.
Ordinanza|| n. 16804. Sopraelevazione rispetto all’edificio preesistente e violazione delle distanze
Data udienza 9 maggio 2023
Integrale
Tag/parola chiave: EDILIZIA ED URBANISTICA – DISTANZE LEGALI
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SECONDA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. ORILIA Lorenzo – Presidente
Dott. PAPA Patrizia – Consigliere
Dott. BESSO MARCHEIS Chiara – Consigliere
Dott. TRAPUZZANO Cesare – rel. Consigliere
Dott. CAPONI Remo – Consigliere
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso (iscritto al N. R.G. 33448/2018) proposto da:
(OMISSIS), (C.F.: (OMISSIS)), elettivamente domiciliata in (OMISSIS), presso lo studio dell’Avv. (OMISSIS), che la rappresenta e difende, unitamente agli Avv.ti (OMISSIS), giusta procura a margine del ricorso;
– ricorrente –
contro
(OMISSIS), (C.F.: (OMISSIS)) e (OMISSIS) (C.F.: (OMISSIS)), rappresentate e difese, giusta procura a margine del controricorso, dall’Avv. (OMISSIS), elettivamente domiciliate in (OMISSIS), presso lo studio dell’Avv. (OMISSIS);
– controricorrenti –
avverso la sentenza della Corte d’appello di Messina n. 762/2018, pubblicata il 12 settembre 2018, notificata il 18 settembre 2018;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 9 maggio 2023 dal Consigliere relatore Cesare Trapuzzano;
letta la memoria illustrativa depositata nell’interesse della ricorrente, ai sensi dell’articolo 380-bis.1. c.p.c..
Sopraelevazione rispetto all’edificio preesistente e violazione delle distanze
FATTI DI CAUSA
1.- Con atto di citazione notificato il 16 giugno 1992, (OMISSIS) e (OMISSIS) convenivano, davanti al Tribunale di Barcellona Pozzo di Gotto, (OMISSIS), al fine di ottenere la condanna della convenuta alla demolizione del piccolo fabbricato realizzato al confine con il terreno limitrofo di proprieta’ delle attrici, sito in (OMISSIS), in violazione delle distanze legali previste dal programma di fabbricazione, sino ad ottenere il ripristino delle distanze violate.
Si costituiva in giudizio (OMISSIS), la quale contestava le pretese attoree e, in via riconvenzionale, chiedeva la condanna delle attrici alla demolizione di varie opere, realizzate anch’esse in violazione delle distanze legali o abusivamente, nonche’ al risarcimento dei danni.
Nel corso del giudizio era assunta la prova testimoniale ammessa ed era espletata consulenza tecnica d’ufficio, di cui era disposta la rinnovazione.
Quindi, il Tribunale adito, con sentenza n. 313/2016, depositata il 27 maggio 2016, notificata il 13 giugno 2016, condannava (OMISSIS) alla riduzione in pristino delle opere realizzate, mediante demolizione o arretramento a distanza di ml. 5,00 dal confine, come prevista dal programma di fabbricazione del Comune di Lipari, stante che l’immobile abusivo realizzato nell’anno 1990, sia per volumetria che per superficie e per sagoma, costituiva un manufatto edilizio completamente nuovo rispetto ai due piccoli vani preesistenti. Disattendeva, invece, le spiegate domande riconvenzionali.
2.- Con atto di citazione notificato il 12 luglio 2016, proponeva appello (OMISSIS), la quale contestava la prospettata violazione delle distanze legali, ritenendo, invece, che le controparti avessero violato tali prescrizioni mediante la realizzazione di opere abusive ed insistendo dunque nella condanna alla demolizione di tali opere e al risarcimento dei danni da liquidarsi in separata sede.
Si costituivano nel giudizio di impugnazione (OMISSIS) e (OMISSIS), le quali eccepivano l’inammissibilita’ dell’appello e comunque la sua infondatezza, chiedendone il rigetto.
Decidendo sul gravame interposto, la Corte d’appello di Messina, con la sentenza di cui in epigrafe, accoglieva, per quanto di ragione, l’appello proposto e, per l’effetto, condannava (OMISSIS) e (OMISSIS) alla riduzione in pristino dell’immobile sito all’angolo nord-ovest della particella n. (OMISSIS) del foglio n. (OMISSIS) del Comune di Lipari, portandone il colmo ad altezza non superiore a quella del contiguo muro di cinta, con la conferma, per il resto, della pronuncia impugnata e con la disposizione della compensazione delle spese di entrambi i gradi di giudizio per 1/4 e della condanna dell’appellante per i residui 3/4.
A sostegno dell’adottata pronuncia il Giudice d’appello rilevava, per quanto interessa in questa sede: a) che l’area interessata dalle opere contestate ricadeva in zona B1, zona nella quale, relativamente agli interventi di restauro, risanamento conservativo, ristrutturazione e ricostruzione, era consentito il mantenimento della volumetria preesistente mentre, nei casi di nuova costruzione o di costruzione diversa dall’esistente, vigevano dei limiti massimi di densita’ fondiaria e altezza: segnatamente, come da tabella dei tipi edilizi allegata al programma di fabbricazione, era stabilito un distacco minimo dagli edifici di ml. 0,00 oppure 6,00, in caso di fronti cieche, e di ml. 10,00, in caso di fronti finestrate, e un distacco minimo dai confini con altri lotti di ml. 5,00, consentita essendo, invece, l’edificazione “filo strada” al confine con strade pubbliche; b) che la costruzione realizzata dalla (OMISSIS) nell’anno 1990, tuttora esistente – con una parete cieca sul lato est della lunghezza di ml. 11,60, realizzata in aderenza, salvo giunto tecnico preesistente, al muro di confine con la proprieta’ (OMISSIS) -, costituiva un manufatto edilizio completamente nuovo rispetto ai due piccoli vani rilevati in precedenza, sia per superficie, sia per volumetria (mc. 163,24 a fronte di mc. 41,85), sia per sagoma, e – per l’effetto – soggetto alle previsioni dello strumento urbanistico vigente in tema di distanze dal confine; c) che, allo scopo di stabilire se in ordine all’intervento costruttivo realizzato si trattasse, in effetti, di “nuova costruzione o costruzione diversa dall’esistente”, ovvero di mera ristrutturazione edilizia o ricostruzione, nessuna valenza poteva attribuirsi alle dichiarazioni testimoniali rese – e tantomeno alla mancata prestazione dell’interrogatorio formale deferito alle (OMISSIS) -, essendovi in atti risultanze documentali certe quanto alla consistenza del fabbricato preesistente (e precisamente – le aerofotogrammetrie acquisite, risalenti al 1972 e al 1983; – la rappresentazione planimetrica della “situazione preesistente” contenuta nel progetto in sanatoria del nuovo fabbricato, di cui alla pratica di condono edilizio delle opere eseguite nel 1990, da cui risultava che la complessiva superficie dei due vani demoliti era di mq. 14,45, mentre quella del fabbricato in sanatoria era di mq. 58,30, e che la lunghezza della parete sul lato est adiacente al muro di confine era nella vecchia struttura pari a ml. 6,55, compreso un tratto intermedio tra i due vani di circa un metro, mentre quella nuova era pari a ml. 11,00; – il nuovo rilievo effettuato dal consulente tecnico d’ufficio sul fabbricato attualmente esistente, che misurava il lato adiacente al confine in ml. 11,60 e la superficie lorda del fabbricato in mq. 62,41); d) che la natura di “nuova costruzione” o “costruzione diversa dall’esistente” del fabbricato realizzato abusivamente dalla (OMISSIS) nell’anno 1990 – e, quindi, del suo assoggettamento alle disposizioni del programma di fabbricazione e del regolamento edilizio comunale in tema di distanze dal confine con l’altrui proprieta’ – era confermata dalla comparazione tra le planimetrie della situazione preesistente e la planimetria riproducente lo stato attuale dei luoghi; e) che, quanto all’omessa pronuncia sulle domande riconvenzionali spiegate nel giudizio di primo grado, come eccepita dall’appellante, premessa l’irrilevanza dei profili di illegittimita’ di rilievo esclusivamente amministrativo o penale, non incidenti sui diritti soggettivi del confinante neanche ai fini dell’eventuale risarcimento, in ordine alla scala esterna posta a distanza di ml. 3,95 circa dal muro di confine con la proprieta’ (OMISSIS) (ovvero di ml. 3,84, secondo quanto riportato nella planimetria gia’ richiamata), la tipologia del manufatto, quale descritto e in parte visibile nel corredo fotografico allegato alla relazione peritale, escludeva che essa costituisse parte integrante del fabbricato e che dunque rilevasse agli effetti delle distanze, trattandosi di una struttura leggera costituita da una scala a chiocciola in ferro, con palo centrale e gradini da esso aggettanti; f) che, con riferimento al piccolo fabbricato sito all’angolo nord-ovest della proprieta’ (OMISSIS), corrispondente alla particella n. (OMISSIS), originariamente destinato a pollaio, ne era stata incrementata l’altezza per circa cm. 50,00, sovrastando cosi’ la sommita’ del muro di cinta, con l’effetto che vi era stata una violazione dei diritti della (OMISSIS), di cui doveva essere disposta la riduzione in pristino stato, riportando il colmo ad altezza non superiore all’altezza del muro di confine, senza che fosse configurabile alcun danno, stante la minima rilevanza della violazione.
3.- Avverso la sentenza d’appello ha proposto ricorso per cassazione, affidato a cinque motivi, (OMISSIS). Hanno resistito con controricorso le intimate (OMISSIS) e (OMISSIS).
4.- La ricorrente ha depositato memoria illustrativa.
Sopraelevazione rispetto all’edificio preesistente e violazione delle distanze
RAGIONI DELLA DECISIONE
1.- Con il primo motivo la ricorrente denuncia, ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5, la violazione e falsa applicazione del Decreto del Presidente della Repubblica n. 380 del 2001, articolo 3, degli articoli 873 e 877 c.c. nonche’ dell’articolo 115 c.p.c., per avere la Corte di merito attribuito natura di “nuova costruzione” o “costruzione diversa dall’esistente” ai due vani realizzati dalla (OMISSIS) nell’anno 1990, confermando, per l’effetto, la condanna alla riduzione in pristino delle opere, sino a raggiungere la distanza di ml. 5,00 dal confine con il terreno (OMISSIS), senza considerare che, in mancanza di una norma espressa contenuta nella tabella dei tipi edilizi allegata al piano di fabbricazione, la demolizione avrebbe dovuto riguardare solo la parte eccedente rispetto all’originario manufatto.
Obietta l’istante che, nel caso di specie, gli strumenti urbanistici non avrebbero contenuto una disposizione espressa che prevedesse la distanza riferita alla costruzione nel suo complesso nella particolare ipotesi di costruzione di un vecchio manufatto, con variazioni in aumento rispetto alle originarie dimensioni, sicche’ il distacco di ml. 5,00, stabilito nella tabella dei tipi edilizi, avrebbe operato con riferimento esclusivo alle nuove costruzioni su terreno libero.
Rispetto alla situazione di specie, invece, la demolizione avrebbe dovuto essere circoscritta alla sola porzione eccedente le dimensioni dell’edificio originario, posta sul versante ovest, e non anche al vecchio preesistente manufatto edilizio posto sul lato est, aderente al muro di confine con il fondo di controparte.
1.1.- Il motivo e’ infondato.
In primo luogo, la pronuncia impugnata ha rilevato, facendo puntuale riferimento ad una serie di rilievi documentali convergenti, che l’opera realizzata dalla (OMISSIS) nell’anno 1990 costituiva una nuova costruzione, in quanto eccedente – per superficie, volumetria e sagoma – rispetto ai due vani preesistenti.
E cio’ facendo buon governo del consolidato principio a mente del quale, nell’ambito delle opere edilizie, la semplice “ristrutturazione” si verifica ove gli interventi, comportando modificazioni esclusivamente interne, abbiano interessato un edificio del quale sussistano (e, all’esito degli stessi, rimangano inalterate) le componenti essenziali, quali i muri perimetrali, le strutture orizzontali, la copertura, mentre e’ ravvisabile la “ricostruzione”, allorche’ dell’edificio preesistente siano venute meno, per evento naturale o per volontaria demolizione, dette componenti, e l’intervento si traduca nell’esatto ripristino delle stesse operato senza alcuna variazione rispetto alle originarie dimensioni dell’edificio, e, in particolare, senza aumenti della volumetria, ne’ delle superfici occupate in relazione alla originaria sagoma di ingombro. In presenza di tali aumenti, si verte, invece, in ipotesi di “nuova costruzione” (Cass. Sez. 2, Sentenza n. 11813 del 05/05/2023; Sez. 2, Ordinanza n. 7662 del 16/03/2023; Sez. 2, Ordinanza n. 7644 del 16/03/2023; Sez. 2, Sentenza n. 20428 del 24/06/2022; Sez. 6-2, Ordinanza n. 34673 del 16/11/2021; Sez. 2, Sentenza n. 15041 del 11/06/2018; Sez. 2, Sentenza n. 17043 del 20/08/2015; Sez. U, Ordinanza n. 21578 del 19/10/2011; Sez. 2, Sentenza n. 19287 del 07/09/2009; Sez. 2, Sentenza n. 9637 del 27/04/2006; Sez. 2, Sentenza n. 14128 del 26/10/2000).
Sopraelevazione rispetto all’edificio preesistente e violazione delle distanze
All’esito della qualificazione dell’intervento come nuova costruzione, la Corte d’appello ha correttamente ritenuto che esso, nel suo complesso, dovesse essere assoggettato al computo delle distanze rispetto al confine (pari a ml. 5,00), secondo le prescrizioni dello strumento urbanistico vigente al momento in cui l’intervento e’ stato eseguito (Cass. Sez. 2, Ordinanza n. 12196 del 14/04/2022; Sez. 2, Ordinanza n. 28612 del 15/12/2020; Sez. 2, Sentenza n. 15041 del 11/06/2018; Sez. 2, Sentenza n. 17043 del 20/08/2015; Sez. U, Ordinanza n. 21578 del 19/10/2011).
E tanto dopo aver dato atto che l’area interessata ricadeva in zona B1, rispetto alla quale, nei casi di “nuova costruzione” o di “costruzione diversa dall’esistente”, vigevano dei limiti massimi di densita’ fondiaria ed altezza. Segnatamente, come da tabella dei tipi edilizi allegata al programma di fabbricazione, in tali casi era stabilito un distacco minimo dagli edifici di ml. 0,00 oppure 6,00, in caso di fronti cieche, e di ml. 10,00, in caso di fronti finestrate, nonche’ un distacco minimo dai confini con altri lotti di ml. 5,00.
Pertanto, lo strumento urbanistico recava una norma espressa, con la quale le prescrizioni sulle maggiori distanze previste per le nuove costruzioni erano estese anche alle “ricostruzioni” (recte alle “costruzioni diverse dall’esistente”), con la conseguenza che, alla stregua della ricorrenza di siffatta norma espressa, la demolizione non doveva essere delimitata alle parti eccedenti le dimensioni dell’edificio originario, ma riguardava la nuova costruzione nel suo complesso.
2.- Con il secondo motivo la ricorrente lamenta, ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, nn. 3, 4 e 5, la violazione e falsa applicazione degli articoli 873, 877 e 878 c.c. nonche’ degli articoli 112, 115 e 132 c.p.c., per avere la Corte territoriale disposto, all’esito della qualificazione dell’intervento edilizio quale “nuova costruzione”, la riduzione in pristino in ragione della violazione della distanza legale dal confine di ml. 5,00, senza considerare la preesistenza, da tempo immemorabile, lungo il confine con il terreno (OMISSIS), dei vecchi manufatti, il che avrebbe consentito la ristrutturazione o ricostruzione dei vecchi ruderi nello stesso sito in cui esistevano i manufatti pregressi, con deroga dalla distanza prescritta.
Ad avviso dell’istante, avrebbe dovuto trovare applicazione la prescrizione stabilita nel regolamento edilizio, a tenore della quale, per le costruzioni diverse dall’esistente, era stabilito un distacco minimo dagli edifici di ml. 0,00 oppure 6,00, in caso di fronti cieche, sicche’ la ricostruzione dei vani eseguita dalla (OMISSIS), non gia’ sul confine, bensi’ in aderenza al muro di confine preesistente, avrebbe consentito di mantenere l’edificazione in aderenza a tale muro, appunto trattandosi di parete cieca posta in aderenza al muro di confine alto in media ml. 2,50.
Soggiunge la ricorrente che la ricostruzione di un rudere, nella stessa posizione in cui esisteva il manufatto pregresso e in aderenza al muro di confine, sarebbe stata conforme all’articolo 64 del regolamento edilizio comunale vigente al momento della ristrutturazione, il che avrebbe permesso l’edificazione con parete cieca in aderenza a tale muro, senza che rilevasse il fatto che l’immobile della (OMISSIS) avesse un’altezza di ml. 2,90, di poco superiore all’altezza del muro di cinta (alto, invece, ml. 2,50, con spessore di cm. 46,00), in quanto non sarebbe preesistito al di la’ del muro alcun edificio a distanza inferiore a ml. 3,00, distando infatti la costruzione del vicino ml. 5,00 da tale muro di confine.
2.1.- Il mezzo di critica e’ inammissibile.
La doglianza introduce, infatti, questioni giuridiche non trattate nei gradi di merito, cui sono sottese circostanze nuove sull’altezza del muro di cinta, sull’altezza della nuova costruzione realizzata dalla ricorrente e sulla distanza della costruzione (OMISSIS) da tale muro, che non risultano affrontate davanti al Tribunale e alla Corte d’appello (ne’ la ricorrente ne ha allegato l’avvenuta deduzione innanzi al giudice di merito e indicato in quale atto del giudizio precedente vi abbia provveduto).
E tanto allo scopo di rilevare che lo strumento urbanistico vigente si riferisse al distacco di ml. 00,00 “tra edifici” con pareti cieche (ovvero di ml. 6,00), ipotesi applicabile – a dire della ricorrente – al rapporto tra la costruzione diversa dall’esistente e il muro di cinta pregresso, il che escluderebbe che, a fronte della realizzazione di una nuova costruzione, dovesse essere osservata la prescrizione regolamentare della distanza di ml. 5,00 dal confine e che, invece, dovesse essere riconosciuta la possibilita’ del prevenuto di costruzione in aderenza con la costruzione (recte con il muro di cinta) del preveniente realizzata sul confine.
Sopraelevazione rispetto all’edificio preesistente e violazione delle distanze
Le richiamate circostanze, pertanto, non possono essere analizzate in questa sede, in quanto implicano accertamenti in fatto non compatibili con la natura del giudizio di legittimita’ (Cass. Sez. 6-5, Ordinanza n. 32804 del 13/12/2019; Sez. 2, Ordinanza n. 2038 del 24/01/2019; Sez. 2, Sentenza n. 20694 del 09/08/2018; Sez. 6-1, Ordinanza n. 15430 del 13/06/2018; Sez. 2, Sentenza n. 8206 del 22/04/2016; Sez. 2, Sentenza n. 7048 del 11/04/2016; Sez. 1, Sentenza n. 23675 del 18/10/2013; Sez. L, Sentenza n. 16303 del 19/11/2002).
3.- Con il terzo motivo la ricorrente prospetta, ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 5, la violazione e falsa applicazione degli articoli 112 e 115 c.p.c., per avere la Corte distrettuale ordinato soltanto la demolizione della parte sopraelevata dell’immobile (OMISSIS), oltre l’altezza del muro di confine, e non anche la demolizione dell’intero vano.
E cio’ dopo aver esaminato la domanda riconvenzionale proposta, in ordine alla dedotta abusivita’ del piccolo fabbricato sito all’angolo nord-ovest del terreno (OMISSIS), corrispondente alla particella n. (OMISSIS), di cui e’ stata riconosciuta la violazione delle prescrizioni normative in materia di distanze.
Ad avviso dell’istante, il Giudice del gravame, pur avendo accertato che, per effetto della sopraelevazione, non fosse stato rispettato il regime delle distanze dai confini, in quanto l’opera realizzata in eccedenza era stata costruita in violazione della tabella dei tipi edilizi, che imponeva la distanza dal confine di ml. 5,00, avrebbe limitato la demolizione alla sola parte sopraelevata, anziche’ al vano modificato nella sua interezza, cosi’ non prendendo in esame una o piu’ delle questioni giuridiche poste nell’ambito della domanda azionata, con conseguente vizio di motivazione censurabile in cassazione, ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 5.
3.1.- Il motivo e’ fondato.
Ed invero, con riferimento al piccolo fabbricato sito all’angolo nord-ovest della proprieta’ (OMISSIS), corrispondente alla particella n. (OMISSIS), originariamente destinato a pollaio, il Giudice del gravame ha accertato che ne era stata incrementata l’altezza per circa cm. 50,00, sovrastando cosi’ la sommita’ del muro di cinta.
Ha ritenuto, dunque, integrata la violazione delle distanze legali, come reclamata dalla (OMISSIS).
Per l’effetto, ha disposto la riduzione in pristino stato, ordinando che il colmo del manufatto fosse riportato ad altezza non superiore all’altezza del muro di confine.
Il contenuto di tale ordine non e’ conforme al principio secondo cui, in presenza di una nuova costruzione – qual e’ quella che implichi un aumento di volumetria, sagoma e superficie di ingombro, quale conseguenza indefettibile della sopraelevazione, anche se di ridotte dimensioni, dell’edificio preesistente (Cass. Sez. 2, Sentenza n. 20428 del 24/06/2022; Sez. 2, Ordinanza n. 4009 del 08/02/2022; Sez. 2, Ordinanza n. 38354 del 03/12/2021; Sez. 2, Sentenza n. 14273 del 24/05/2019; Sez. 3, Sentenza n. 15732 del 15/06/2018; Sez. 2, Sentenza n. 74 del 03/01/2011; Sez. 3, Sentenza n. 21059 del 01/10/2009; Sez. 2, Sentenza n. 15527 del 11/06/2008; Sez. 2, Sentenza n. 400 del 12/01/2005) -, in ragione dell’espressa previsione dello strumento urbanistico vigente (in forza della quale le prescrizioni sulle maggiori distanze stabilite per le nuove costruzioni erano estese anche “alle costruzioni diverse dall’esistente”), la demolizione non deve essere limitata alle parti eccedenti le dimensioni dell’edificio originario, ma riguarda la nuova costruzione nella sua interezza (secondo la giurisprudenza gia’ richiamata scrutinando il primo motivo).
Per l’effetto, deve essere rimessa al Giudice del rinvio la rinnovata valutazione del rispetto delle distanze legali, alla luce dei predetti principi in diritto.
4.- Con il quarto motivo la ricorrente censura, ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5, la violazione e falsa applicazione degli articoli 873 e 877 c.c. nonche’ dell’articolo 115 c.p.c., per avere la Corte d’appello escluso che la scala in ferro costruita dalle controparti all’esterno del proprio immobile fosse soggetta alla normativa in materia di distanze legali.
Ad avviso dell’istante, avrebbe dovuto tenersi conto che anche le strutture accessorie di un fabbricato avrebbero natura di opera edilizia, qualora presentino connotati di consistenza e stabilita’, conformemente alla posizione espressa sul punto dalla giurisprudenza di legittimita’ anche con precipuo riguardo alle scale metalliche scoperte.
Sopraelevazione rispetto all’edificio preesistente e violazione delle distanze
4.1.- La doglianza e’ infondata.
Ora, le strutture accessorie di un fabbricato costituiscono costruzione qualora presentino connotati di solidita’, stabilita’ ed immobilizzazione al suolo, anche mediante appoggio, incorporazione o collegamento fisso ad un corpo di fabbrica preesistente o contestualmente realizzato, indipendentemente dal materiale impiegato per la sua realizzazione, purche’ cio’ determini un ampliamento della superficie e della funzionalita’ dell’immobile. In tal caso detti manufatti soggiacciono alle prescrizioni sulle distanze legali (Cass. Sez. 2, Ordinanza n. 25786 del 13/11/2020; Sez. 2, Ordinanza n. 23843 del 02/10/2018; Sez. 2, Sentenza n. 859 del 19/01/2016; Sez. 2, Sentenza n. 23189 del 17/12/2012; Sez. 2, Sentenza n. 5934 del 14/03/2011; Sez. 2, Sentenza n. 25837 del 27/10/2008; Sez. 2, Sentenza n. 22086 del 22/10/2007; Sez. 2, Sentenza n. 20574 del 28/09/2007).
Questo concetto e’ stato espresso anche con specifico riferimento alle scale esterne (Cass. Sez. 2, Sentenza n. 38285 del 03/12/2021; Sez. 2, Sentenza n. 1966 del 30/01/2007; Sez. 2, Sentenza n. 17802 del 06/09/2005; Sez. 2, Sentenza n. 17390 del 30/08/2004; Sez. 2, Sentenza n. 4372 del 27/03/2002).
Nella fattispecie, il Giudice del gravame ha escluso, con motivazione logicamente e giuridicamente congrua, e dunque non censurabile in questa sede, non gia’ che le scale in assoluto possano integrare gli estremi di un’opera edilizia, ma ben piu’ limitatamente che la scala in questione avesse i requisiti necessari di consistenza e stabilita’, idonei a consentirne la qualificazione in termini di costruzione.
Nel dettaglio, la Corte territoriale ha precisato che la tipologia del manufatto, quale descritto e in parte visibile nel corredo fotografico allegato alla relazione peritale, non costituisce parte integrante del fabbricato, rilevante ai fini delle distanze, trattandosi di struttura leggera, rappresentata da una scala a chiocciola in ferro, con palo centrale e gradini aggettanti, che presenta sul perimetro una rete in ferro sormontata da un sottile corrimano.
Ne discende che tale valutazione dei fatti, di cui si auspica una rinnovata disamina, non e’ sindacabile in sede di legittimita’, non potendo la Corte compiere una loro ponderazione alternativa, rimessa, invece, in via esclusiva al giudice di merito (Cass. Sez. 2, Ordinanza n. 20553 del 19/07/2021; Sez. 3, Sentenza n. 15276 del 01/06/2021; Sez. 1, Ordinanza n. 5987 del 04/03/2021; Sez. U, Sentenza n. 34476 del 27/12/2019; Sez. 6-3, Ordinanza n. 8758 del 04/04/2017).
Sopraelevazione rispetto all’edificio preesistente e violazione delle distanze
5.- Con il quinto motivo la ricorrente si duole, ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5, della violazione e falsa applicazione dell’articolo 90 c.p.c., poiche’ il regolamento delle spese dovrebbe essere modificato a seguito dell’accoglimento del ricorso o, in subordine, si giustificherebbe la compensazione integrale delle spese di lite in ordine alle violazioni edilizie commesse dalle controricorrenti, a fronte della compensazione per 1/4 disposta dalla Corte distrettuale per entrambi i gradi di merito.
5.1.- Il motivo e’ assorbito dall’accoglimento del terzo motivo.
Infatti, in ragione della riforma, sia pure parziale, dei capi principali, si produce automaticamente la caducazione del capo accessorio sulla regolamentazione delle spese, in ragione dell’effetto espansivo interno di cui all’articolo 336 c.p.c., comma 1, (Cass. Sez. 2, Ordinanza n. 10941 del 26/04/2023; Sez. 2, Ordinanza n. 7618 del 16/03/2023; Sez. 1, Sentenza n. 3204 del 08/10/1969; Sez. 2, Sentenza n. 312 del 26/01/1966).
6.- In conclusione, il terzo motivo di ricorso deve essere accolto, nei sensi di cui in motivazione, il primo, il secondo e il quarto motivo sono disattesi mentre il quinto motivo e’ assorbito.
La sentenza impugnata va, dunque, cassata in relazione al motivo accolto, con rinvio della causa alla Corte d’appello di Messina, in diversa composizione, che decidera’ uniformandosi agli enunciati principi di diritto e tenendo conto dei rilievi svolti, provvedendo anche alla pronuncia sulle spese del giudizio di cassazione.
P.Q.M.
La Corte Suprema di Cassazione accoglie, nei sensi di cui in motivazione, il terzo motivo del ricorso, rigetta il primo, il secondo e il quarto motivo, dichiara assorbito il quinto motivo, cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia la causa alla Corte d’appello di Messina, in diversa composizione, anche per la pronuncia sulle spese del giudizio di legittimita’.
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