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Corte di Cassazione, sezione V, sentenza 6 agosto 2015, n. 34460. Non integra gli estremi del delitto di riduzione in schiavitù – ma quello di alterazione di stato (art. 567, comma secondo, cp.) – la “cessione”, uti filius, di un neonato ad una coppia di coniugi, in quanto la fattispecie incriminatrice di cui all’art. 600 cp è connotata dalla finalità di sfruttamento dell’uomo sull’uomo, nel senso che, in tal caso, il soggetto attivo, non solo esercita un potere corrispondente al diritto di proprietà, ma deve anche realizzare la riduzione o il mantenimento in stato di soggezione del soggetto passivo ed entrambe le condotte sono preordinate allo scopo di ottenere prestazioni lavorative, sessuali, di accattonaggio nelle quali si concreta lo sfruttamento dello schiavo: il che non ricorre nell’ipotesi in cui i soggetti attivi si propongono di inserire, sia pure contra legem, il neonato “compravenduto” in una famiglia che non è quella naturale. La fattispecie di cui all’art. 567 cp è, in ossequio alla lettera della legge, applicabile al solo caso in cui l’alterazione riguardi un neonato.

Suprema Corte di Cassazione sezione V sentenza 6 agosto 2015, n. 34460 Ritenuto in fatto 1.I1 difensore dei coniugi C.N.C. e C.N.L. ricorre avverso l’ordinanza in epigrafe indicata con la quale il GIP presso il Tribunale di Messina ha applicato la misura degli AA.DD. con riferimento tra gli altri al delitto ex artt. 110- 600...

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Corte di Cassazione, sezione III, sentenza 22 luglio 2015, n. 31955. Ai fini del perfezionamento del condono edilizio di cui alla legge 724/1994, il limite volumetrico di 750 metri cubi previsto dall’art. 39, comma 1 è applicabile a tutte le opere, senza alcuna distinzione tra residenziali e non residenziali.

Suprema Corte di Cassazione sezione III sentenza 22 luglio 2015, n. 31955   Ritenuto in fatto 1. La Corte di appello di Napoli, con ordinanza del 21/10/2013 ha respinto la domanda di revoca dell’ordine di demolizione disposto con sentenza del Pretore di Pozzuoli del 21/3/1994, irrevocabile il 13/6/1996 e concernente un “manufatto composto di piano...

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Corte di Cassazione, sezione II, sentenza 22 luglio 2015, n. 31991. In tema di ricettazione, l’elemento psicologico può essere integrato anche dal dolo eventuale, configurabile quando l’agente si rappresenti la concreta possibilità della provenienza della cosa da delitto e accetti il relativo rischio

Suprema Corte di Cassazione sezione II sentenza 22 luglio 2015, n. 31991   Ritenuto in fatto 1. Con sentenza del 19.6.2008 il G.U.P. dei Tribunale di La Spezia assolse S.F. dal reato di ricettazione di un telefono cellulare contestato come accertato il 9.8.2007 perché il fatto non costituisce reato. 2. II Procuratore Generale della Repubblica...

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Corte di Cassazione, sezione V, sentenza 29 luglio 2015, n. 33560. La tutela accordata dalla legge alla riservatezza, poi, non è assoluta e cede dinanzi alle esigenze di tutela della collettività e del patrimonio e, in specie, alle esigenze di accertamento probatorio proprie del processo penale, essendosi affermato come tali esigenze possono essere conseguite anche attraverso le videoriprese effettuate con telecamere installate all’interno dei luoghi di lavoro al fine di esercitare un controllo a beneficio del patrimonio aziendale, in quanto il divieto posto dallo Statuto dei Lavoratori riguarda il diritto alla riservatezza dei lavoratori e non si estende sino ad impedire i controlli difensivi dei patrimonio aziendale; inoltre, nella specie si trattava di telecamere situate in luogo frequentato da una molteplicità di persone, i fedeli della chiesa, e pertanto oggettivamente visibili da più persone, sicché non vi era alcuna intrusione nella privata dimora o nel domicilio e non sussistevano le ragioni di tutela, sub specie di diritto alla riservatezza o alla “privacy” ad esse connessi. In tale ipotesi, il diritto alla riservatezza non è tutelabile in via assoluta per la semplice ed intuitiva ragione che, poiché il comportamento tenuto da chi invoca il diritto alla riservatezza, è percettibile da chiunque si trovi in un luogo frequentato da più persone, viene meno la ragione della tutela dei luoghi stessi, pur se di proprietà privata e pur costituendo domicilio

Suprema Corte di Cassazione sezione V sentenza 29 luglio 2015, n. 33560   Ritenuto in fatto 1. La Corte di Appello di Genova, con sentenza del 17 aprile 2014, ha sostanzialmente confermato, rimodulando la pena per l’esclusione della contestata aggravante di cui all’articolo 61 n. 5 cod.pen., la sentenza del Tribunale di Genova del 18...

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Consiglio di Stato, sezione VI, sentenza 27 luglio 2015, n. 3667. Nelle zone di rispetto cimiteriale non è ammessa alcuna costruzione se non quelle espressamente previste dall’art. 338 del Testo Unico delle leggi sanitarie, nemmeno quelle cosiddette ad edilizia libera

Consiglio di Stato sezione VI sentenza 27 luglio 2015, n. 3667 Fatto Il signor Alabiso riferisce di essere gestore di un deposito giudiziario di veicoli sottoposti a sequestro e/o fermo amministrativo e di aver proposto ricorso dinanzi al T.A.R. della Lombardia rubricato al n. 1187/2013 al fine di ottenere l’annullamento della nota dirigenziale in data...

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Corte di Cassazione, sezione VI, sentenza 24 luglio 2015, n. 32594. In tema di omissione di atti di ufficio

Suprema Corte di Cassazione sezione VI sentenza 24 luglio 2015, n. 32594   Ritenuto in fatto 1. Con sentenza del 1 aprile 2014 la Corte d’appello di Bologna, in parziale riforma della sentenza emessa dal Tribunale di Modena in data 15 dicembre 2008, ha assolto N.V. , Carabiniere in servizio presso la Tenenza di X,...

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Corte di Cassazione, sezione V, sentenza 28 luglio 2015, n. 33274. L’esimente della provocazione è prevista a favore di chi commette uno dei fatti previsti dagli artt. 594 e 595 cod. pen. nello stato d’ira determinato da un fatto ingiusto altrui, e subito dopo di esso. Sebbene è stato precisato che, nei reati contro l’onore, ai fini dell’integrazione dell’esimente della provocazione, l’immediatezza della reazione deve essere intesa in senso relativo, avuto riguardo alla situazione concreta e alle stesse modalità di reazione, in modo da non esigere una contemporaneità che finirebbe per limitare la sfera di applicazione dell’esimente in questione e di frustarne la “ratio”, occorre comunque, come pure è stato aggiunto, che l’azione reattiva sia condotta a termine persistendo l’accecamento dello stato d’ira provocato dal fatto ingiusto altrui e che tra l’insorgere della reazione e tale fatto sussista una reale contiguità temporale, così da escludere che il fatto ingiusto altrui diventi pretesto di aggressione alla sfera morale dell’offeso, da consumare nei tempi e con le modalità ritenute più favorevoli

Suprema Corte di Cassazione sezione V sentenza 28 luglio 2015, n. 33274   Ritenuto in fatto 1. Il Giudice di pace di Roma, con sentenza confermata dal locale Tribunale, ha ritenuto M.L. responsabile di diffamazione in danno dell’avv. L.P. per aver steso, fuori della finestra della propria abitazione, un lenzuolo raffigurante l’immagine della propria madre...