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Corte di Cassazione, sezione V, sentenza 7 novembre 2014, n. 46150. Può ritenersi integrato il reato di cui all’art.416 c.p. nell’ipotesi in cui sussista un vasto programma criminoso finalizzato alla commissione di una serie indeterminata di delitti purché permanga un vincolo associativo tra i partecipanti, indipendentemente dall’effettiva commissione dei singoli reati programmati

SUPREMA CORTE DI CASSAZIONE SEZIONE V SENTENZA 7 novembre 2014, n.46150 Ritenuto in fatto Nell’ambito di un’indagine avente ad oggetto azioni di guerriglia urbana (blocchi stradali, portuali e ferroviari, occupazione di uffici pubblici, di luoghi sacri e museali, invasione e/o devastazione di sedi di partiti politici, rovesciamento e incendio di cassonetti dei rifiuti, deposito di...

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Corte di Cassazione, sezione III, sentenza 20 novembre 2014, n. 48011. In tema di detenzione di sostanze stupefacenti, la distinzione tra connivenza non punibile e concorso nel reato commesso da altro soggetto va individuata nel fatto che la prima postula che l'agente mantenga un comportamento meramente passivo, inidoneo ad apportare alcun contributo alla realizzazione del reato, mentre il secondo richiede un contributo partecipativo positivo – morale o materiale – all'altrui condotta criminosa, anche in forme che agevolino o rafforzino il proposito criminoso del concorrente. La Corte di merito nel caso di specie ha ravvisato il concorso nel reato valorizzando il dato – peraltro sottaciuto nei motivi di appello – della conoscenza delle intenzioni del compagno di viaggio (rifornirsi di droga) e del prestito del danaro, circostanza, questa, che secondo l'apprezzamento del giudice di merito "agevolò ed anzi fu determinante per l'acquisto delle pasticche stesse", sicché non si poteva parlare di mera connivenza ma di condotta materiale "addirittura determinante per la commissione del reato dal momento che senza la somma, sia pure data a titolo di prestito, il cui uso il mutuante ben sapeva, il reato stesso non si sarebbe potuto commettere".

Suprema Corte di Cassazione sezione III sentenza 20 novembre 2014, n. 48011 Ritenuto in fatto La Corte d’Appello de L’Aquila con sentenza 11.5.2012 ha confermato il giudizio colpevolezza di F.K. in ordine al delitto di concorso in acquisto, con D.T.S., separatamente giudicato e per fini diversi dall’uso personale, di 95 pasticche di ecstasy vendute poi...

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Corte di Cassazione, sezione VI, sentenza 19 novembre 2014, n. 47897. In tema di evasione dagli arresti domiciliari in una fattispecie in tutto sovrapponibile a quella di specie, agli effetti dell'art. 385 cod. pen. deve intendersi per abitazione il luogo in cui la persona conduce la propria vita domestica e privata con esclusione di ogni altra appartenenza (aree condominiali, dipendenze, giardini, cortili e spazi simili) che non sia di stretta pertinenza dell'abitazione e non ne costituisca parte integrante; e ciò al fine di agevolare i controlli di polizia sulla reperibilità dell'imputato, che devono avere il carattere della prontezza e della non alcatorietà (fattispecie in cui l'imputato, all'atto del controllo, si trovava in uno spazio condominiale esterno alla sua abitazione e proveniva da un altro appartamento). E' stato chiarito che il concetto di abitazione comprende sia il luogo in cui il soggetto conduce la propria vita domestica che le sue pertinenze esclusive. Se ne inferisce che, nel concetto di domicilio, si devono comprendere i terrazzi ed i giardini di pertinenza esclusiva dell'abitazione, ma non gli ambienti condominiali, quali i pianerottoli, le scale ed i cortili interni, in quanto di libero accesso ed in uso da parte di altri, come i condomini e coloro i quali siano legittimati da essi ad accedervi. L'allontanamento dal luogo di restrizione (in regime di arresti domiciliari così come di detenzione domiciliare) può dunque essere legittimamente sanzionato solo ed in quanto il soggetto si allontani dall'abitazione propriamente detta, ovvero dai luoghi che, in quanto in uso esclusivo delle persone che dispongano dell'alloggio, debbano considerarsi a tutti gli effetti parti di essa, in quanto – giusta il delineato carattere di esclusività -precluse all'accesso dei terzi estranei (salvo, ovviamente, il consenso dell'avente diritto)

Suprema Corte di Cassazione sezione VI sentenza 19 novembre 2014, n. 47897 Ritenuto in fatto 1. Con sentenza del 9 maggio 2013, la Corte d’appello di Caltanissetta ha confermato la sentenza dell’11 novembre 2010, con la quale il Tribunale di Gela condannava P.C.O. alla pena di mesi sei di reclusione, in relazione al reato di...

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Corte di Cassazione, sezione V, sentenza 18 novembre 2014, n. 47584. Perché possa ritenersi sussistente I'impossibilità assoluta a comparire per legittimo impedimento la quale costituisce condizione per il rinvio dell'udienza, è necessario che il difensore indichi le ragioni che non hanno consentito la nomina di un sostituto, atteso che provvedere alta propria sostituzione non è facoltà discrezionale del difensore medesimo e che anzi integra un suo preciso dovere indicare le ragioni per cui gli è impossibile farlo; cosicchè è onere del difensore che presenta istanza di rinvio dell'udienza per legittimo impedimento dare giustificazione della mancata nomina dì un sostituto la cui necessità è desumibile, oltreché da ragioni d'ordine sistematico, dall'ultimo periodo dell'art. 420 ter comma c.p.p.Nel caso si specie si è, pertanto, correttamente posta nell'alveo di legittimità la decisione della Corte terriroiale che ha rigettato la doglianza relativa all'omesso riconoscimento dell'assoluto impedimento del difensore rispetto ad un ricovero programmato ed iniziato quasi una settimana prima dell'udienza prevista – ad onta della asserita urgenza del suo verificarsi – considerando non assoluto l'impedimento e ingiustificata la non sostituibilità dello stesso professionista nell'espletamento dell'incarico nell'ambito dei quale aveva chiesto di far valere l'impedimento per ottenere il rinvio della udienza

Suprema Corte di Cassazione sezione V sentenza 18 novembre 2014, n. 47584 Ritenuto in fatto 1. Con sentenza del 11.12.2012 la Corte di appello di Napoli, a seguito di gravame interposto dall’imputato M.G. avverso la sentenza emessa il 14.5.2008 dal Tribunale della stessa città, ha confermato detta sentenza con la quale l’imputato è stato riconosciuto...

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Corte di Cassazione, sezione III, sentenza 6 novembre 2014, n. 45919. L'imprenditore deve obbligatoriamente procedere alla valutazione del rischio rumore sui luoghi di lavoro. Tale obbligo permane anche nel caso in cui l'intensità delle sorgenti sonore non rappresenti un pericolo per i dipendenti

Suprema Corte di Cassazione sezione III sentenza 6 novembre 2014, n. 45919 REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE SEZIONE TERZA PENALE Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Dott. SQUASSONI Claudia – Presidente Dott. ANDREAZZA Gastone – Consigliere Dott. ACETO Aldo – Consigliere Dott. GENTILI Andrea – Consigliere Dott. SCARCELLA Alessio...