Articolo

Corte di Cassazione, sezione V, sentenza 1 ottobre, n. 39805. Non è applicabile la cosiddetta scriminante del rischio consentito

Suprema Corte di Cassazione sezione V sentenza 1 ottobre, n. 39805 In fatto e diritto Con la sentenza in epigrafe la Corte d’Appello di Ancona ha confermato la sentenza emessa in data 26 settembre 2011 dal Tribunale di Pesaro, appellata da V.P. dichiarato respon­sabile del delitto di lesioni gravi, commesso il 3 gennaio 2007, nel...

Articolo

Corte di Cassazione, sezione III, sentenza 30 settembre 2015, n. 39365. Le regole dettate dall’art. 192 comma terzo cod. proc. pen. non si applicano alle dichiarazioni della persona offesa, le quali possono essere legittimamente poste da sole a fondamento dell’affermazione di penale responsabilità dell’imputato, previa verifica, corredata da idonea motivazione, della credibilità soggettiva del dichiarante e dell’attendibilità intrinseca del suo racconto, che peraltro deve in tal caso essere più penetrante e rigoroso rispetto a quello cui vengono sottoposte le dichiarazioni di qualsiasi testimone. La valutazione delle dichiarazioni testimoniali del minore persona offesa di reati sessuali presuppone un esame della sua credibilità in senso onnicomprensivo, dovendo tenersi conto a tal riguardo dell’attitudine, in termini intellettivi ed affettivi, a testimoniare, della capacità a recepire le informazioni, ricordarle e raccordarle, delle condizioni emozionali che modulano i rapporti col mondo esterno, della qualità e natura delle dinamiche familiari e dei processi di rielaborazione delle vicende vissute, con particolare attenzione a certe naturali e tendenziose affabulazioni

Suprema Corte di Cassazione sezione III sentenza 30 settembre 2015, n. 39365 Ritenuto in fatto Con sentenza 20.6.2013 la Corte d’Appello di Brescia ha confermato la colpevolezza di N.M. per una serie di episodi di violenza sessuale (toccamenti vari in parti intime, abbracci, baci) in danno di quattro sue allieve di karaté tutte di età...

Articolo

Corte di Cassazione, sezione III, sentenza 28 settembre 2015, n. 39181. La condotta del locatore che concede il proprio immobile ad una prostituta non configura un aiuto all’attività di mercimonio del sesso

Suprema Corte di Cassazione sezione III sentenza 28 settembre 2015, n. 39181 Ritenuto in fatto 1 Con sentenza 31.1.2014 la Corte d’Appello di Milano – per quanto ancora interessa in questa sede – ha confermato la colpevolezza di P.C. per i reati di favoreggiamento e sfruttamento aggravato e continuato della prostituzione di una pluralità di...

Articolo

Corte di Cassazione, sezione I, sentenza 29 settembre 2015, n. 39357. La pena applicata su richiesta delle parti per i delitti previsti dall’art. 73 D.P.R. n. 309 del 1990 in relazione alle droghe c.d. leggere, con pronuncia divenuta irrevocabile prima della sentenza della Corte Costituzionale n. 32 del 2014 deve essere necessariamente rideterminata in sede di esecuzione, con la precisazione che la pena deve essere rideterminata attraverso la “rinegoziazione” dell’accordo tra le parti, ratificato dal giudice dell’esecuzione, che viene interessato attraverso l’incidente di esecuzione attivato dal condannato o dal pubblico ministero. È stato quindi accolto il principio per cui pena illegale non è solo quella superiore alla sanzione edittale massima reintrodotta per effetto della pronuncia di incostituzionalità, ma anche quella applicata in base alla sanzione prevista dalla norma incostituzionale. Principio applicabile anche in sede esecutiva, la valutazione discrezionale del giudice nella individuazione della pena in concreto da applicare non può prescindere dagli “indicatori astratti” (il minimo e il massimo edittale) che il legislatore gli ha fornito. È nell’ambito di quello spazio sanzionatorio che il giudicante deve compiere la sua valutazione. Con la conseguenza che se detto spazio muta (si restringe o si dilata), mutano inevitabilmente i parametri entro i quali la valutazione in concreto deve essere effettuata. Per altro, in terna di sostanze stupefacenti, tale spazio sanzionatorio, con il ripristino della distinzione tra “droghe leggere” e “droghe pesanti”, conseguente alla sentenza del Giudice delle leggi rr. 32 del 2014, è stato sensibilmente ridisegnato, consentendo, di nuovo, il ricorso ad una forbice edittale (tanto per limitarsi alla sola pena detentiva) – da due a sei anni di reclusione – di gran lunga meno ampia (e meno severa) rispetto a quella posta a base delle statuizioni contestate, vale a dire da sei a venti anni di reclusione (tanto che, come si è anticipato, il massimo della prima corrisponde al minimo della seconda), così da comporre un quadro di riferimento non paragonabile a quello tenuto presente al momento delle pronunzie dei giudici del merito e da realizzare, pertanto; un sostanziale ridimensionamento dello stesso disvalore penale dei fatto

Suprema Corte di Cassazione sezione I sentenza 29 settembre 2015, n. 39357 Rilevato in fatto 1. Con ordinanza del 14 luglio 2014, ii Tribunale di Cagliari accoglieva parzialmente l’istanza di ridete rm inazione della pena formulata da G.Z. m relazione alle sentenze di applicazione della pena n. 26/2012 e n. 181/2013, emesse dal G U...

Articolo

Corte di Cassazione, sezione V, sentenza 24 luglio 2015, n. 32666. In tema di accesso abusivo ad un sistema informatico.

Suprema Corte di Cassazione, Sezione V Sentenza 24 luglio 2015, n. 32666 Ritenuto in fatto 1. Con sentenza del 7 aprile 2014 la Corte di Appello di Milano ha confermato la pronunzia di primo grado emessa dal Tribunale di Como, con la quale T.L. era stata condannata per il reato previsto dagli artt. 81, comma secondo,...