Morte della parte ed impugnazione della sentenza da parte dell’erede
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Morte della parte ed impugnazione della sentenza da parte dell’erede

Corte di Cassazione, civile, Ordinanza|14 marzo 2024| n. 6930.

Colui che, assumendo di essere erede di una delle parti originarie del giudizio, intervenga in un giudizio pendente, ovvero lo riassuma a seguito di interruzione, o proponga impugnazione, deve fornire la prova, ai sensi dell'articolo 2697 del Cc, per mezzo delle produzioni documentali consentite, oltre che del decesso della parte originaria, anche della qualità di erede di quest'ultima. In difetto, il ricorso dev'essere dichiarato inammissibile per mancanza di prova della legittimazione ad impugnare, nessun rilievo assumendo la mancata contestazione di tale legittimazione ad opera della controparte, trattandosi di questione rilevabile d'ufficio. A tale fine, non è sufficiente la denuncia di successione, che ha valore solo fiscale e che fornisce un mero elemento indiziario liberamente valutabile dal giudice, ma occorre produrre, oltre al certificato di morte comprovante l'avvenuto decesso del de cuius, anche la documentazione anagrafica attestante la relazione parentale e i fatti da cui deriva quella qualità.

Appalto ed il vincolo di responsabilità solidale fra l’appaltatore e il direttore dei lavori
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Appalto ed il vincolo di responsabilità solidale fra l’appaltatore e il direttore dei lavori

Corte di Cassazione, civile, Sentenza|15 marzo 2024| n. 7057.

In tema di contratto di appalto, il vincolo di responsabilità solidale fra l'appaltatore e il direttore dei lavori, i cui rispettivi inadempimenti abbiano concorso in modo efficiente a produrre il danno risentito dal committente, trova fondamento nel principio di cui all'articolo 2055 del Cc, il quale, anche se dettato in tema di responsabilità extracontrattuale, si estende all'ipotesi in cui taluno degli autori del danno debba rispondere a titolo di responsabilità contrattuale.

Accertamento anche letterale della volontà degli stipulanti
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Accertamento anche letterale della volontà degli stipulanti

Corte di Cassazione, civile, Ordinanza|15 marzo 2024| n. 7007.

L'accertamento, anche in base al significato letterale delle parole, della volontà degli stipulanti, in relazione al contenuto dei negozi inter partes, si traduce in un'indagine di fatto affidata in via esclusiva al giudice di merito. Ne consegue che tale accertamento è censurabile in sede di legittimità soltanto per vizio di motivazione, nel caso in cui la motivazione stessa risulti talmente inadeguata da non consentire di ricostruire l'iter logico seguito dal giudice per attribuire all'atto negoziale un determinato contenuto, oppure nel caso di violazione delle norme ermeneutiche; con la precisazione che nessuna di tali censure può risolversi in una critica del risultato interpretativo raggiunto dal giudice, che si sostanzi nella mera contrapposizione di una differente interpretazione. Per sottrarsi al sindacato di legittimità, infatti, quella data dal giudice del merito al contratto non deve essere l'unica interpretazione possibile, o la migliore in astratto, ma una delle possibili e plausibili interpretazioni, sì che quando di una clausola contrattuale siano possibili due o più interpretazioni, non è consentito, alla parte che aveva proposto la interpretazione poi disattesa dal giudice del merito, dolersi in sede di legittimità che sia stata privilegiata l'altra.

Il ricorso per cassazione e l’esposizione sommaria dei fatti di causa
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Il ricorso per cassazione e l’esposizione sommaria dei fatti di causa

Corte di Cassazione, civile, Ordinanza|15 marzo 2024| n. 7094.

Il disposto dell'articolo 366, comma 2, n. 3, del Cpc - secondo cui il ricorso per cassazione deve contenere, a pena di inammissibilità, l'esposizione sommaria dei fatti di causa - risponde non ad un'esigenza di mero formalismo, ma a quella di consentire alla Corte di legittimità di conoscere dall'atto, senza attingerli aliunde, gli elementi indispensabili per una precisa cognizione dell'origine e dell'oggetto della controversia, dello svolgimento del processo e delle posizioni in esso assunte dalle parti. Per soddisfare tale requisito occorre che il ricorso per cassazione contenga, in modo chiaro e sintetico, l'indicazione delle reciproche pretese delle parti, con i presupposti di fatto e le ragioni di diritto che le hanno giustificate, delle eccezioni, delle difese e delle deduzioni di ciascuna parte in relazione alla posizione avversaria, dello svolgersi della vicenda processuale nelle sue articolazioni e, dunque, delle argomentazioni essenziali, in fatto e in diritto, su cui si è fondata la sentenza di primo grado, delle difese svolte dalle parti in appello e, infine, del tenore della sentenza impugnata. La mancanza di tali elementi si traduce, pertanto, in una prima ragione di inammissibilità del ricorso.

La erronea intitolazione del motivo di ricorso per cassazione
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La erronea intitolazione del motivo di ricorso per cassazione

Corte di Cassazione, civile, Ordinanza|15 marzo 2024| n. 6983.

La erronea intitolazione del motivo di ricorso per cassazione non osta alla riqualificazione della sua sussunzione in altre fattispecie di cui all'articolo 360, comma 1, Cpc, né determina l'inammissibilità del ricorso, se dall'articolazione del motivo sia chiaramente individuabile il tipo di vizio denunciato.

Esame contabile ed acquisizione da parte del consulente dei documenti necessari
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Esame contabile ed acquisizione da parte del consulente dei documenti necessari

Corte di Cassazione, civile, Ordinanza|15 marzo 2024| n. 7030.

In materia di esame contabile, ai sensi dell'articolo 198 del Cpc, il consulente nominato dal giudice, nei limiti delle indagini commessegli e nell'osservanza della disciplina del contraddittorio delle parti ivi prevista, può acquisire, pure prescindendo dall'attività di allegazione delle parti, tutti i documenti necessari al fine di rispondere ai quesiti sottopostigli, anche se diretti a provare i fatti principali posti dalle parti a fondamento della domanda e delle eccezioni. Ovviamente, come stabilito dall'articolo 198 del Cpc, tale attività presuppone che siano state sentite le parti e che le medesime abbiano prestato il consenso, necessario anche per fare menzione di tale documentazione nei processi verbali o nella relazione redatta. Comunque, l'eventuale nullità, derivante dall'impiego di tale documentazione senza il consenso delle parti, costituisce una nullità relativa, disciplinata dall'articolo 157, comma 2, del Cpc, perché si correla a un interesse primario ma disponibile della parte.

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Responsabilità professionale e la prescrizione 

Corte di Cassazione, civile, Ordinanza|14 marzo 2024| n. 6947.

In tema di risarcimento del danno per responsabilità professionale, la prescrizione decorre dalla effettiva verificazione del danno risarcibile, quale conseguenza riconducibile causalmente al comportamento del professionista evocato in giudizio.

Litisconsorzio e l’attore che non abbia compiutamente attivato o integrato il contraddittorio senza nulla eccepire 
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Litisconsorzio e l’attore che non abbia compiutamente attivato o integrato il contraddittorio senza nulla eccepire 

Corte di Cassazione, civile, Ordinanza|14 marzo 2024| n. 6815.

In tema di litisconsorzio, l'attore che non abbia compiutamente attivato o integrato il contraddittorio, senza nulla eccepire innanzi al giudice di primo grado, e che sia rimasto soccombente non è legittimato ad interporre appello contro la sentenza per denunciare il difetto di integrità del contraddittorio, in quanto l'unico vantaggio perseguito è quello di "guadagnarsi una replica del giudizio di primo grado" nella speranza che un nuovo giudizio si concluda con esito diverso da quello già celebrato, restando, invece, estranea l'esigenza di rimediare ad un vulnus recato al diritto di difesa ed al diritto al contraddittorio dalla mancata partecipazione al giudizio dei litisconsorti necessari pretermessi; tale interesse non è però meritevole di tutela, né trova copertura nell'articolo 100 c.p.c., e, anzi, la scelta processuale di trascurare nel giudizio di primo grado la questione dell'integrità del contraddittorio - salvo sollevarla dopo la sentenza secundum eventum litis - è idonea a tradursi in un'ipotesi di abuso del processo e di violazione del principio di ragionevole durata del processo.

Il contratto di ormeggio é sempre caratterizzato da una struttura minima essenziale
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Il contratto di ormeggio é sempre caratterizzato da una struttura minima essenziale

Corte di Cassazione, civile, Ordinanza|14 marzo 2024| n. 6839.

Il contratto di ormeggio, pur rientrando nella categoria dei contratti atipici, é sempre caratterizzato da una struttura minima essenziale, consistente nella semplice messa a disposizione ed utilizzazione delle strutture portuali con conseguente assegnazione di un delimitato e protetto spazio acqueo; il suo contenuto può, tuttavia, estendersi anche ad altre prestazioni, quali la custodia del natante o delle cose in esso contenute, nel qual caso compete a chi fonda un determinato diritto o la responsabilità dell'altro contraente, sullo specifico oggetto della convenzione, fornire, anche a mezzo presunzioni, la relativa prova.

Quando il contenuto del contratto non corrispondente alla comune e reale volontà delle parti
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Quando il contenuto del contratto non corrispondente alla comune e reale volontà delle parti

Corte di Cassazione, civile, Ordinanza|14 marzo 2024| n. 6908.

Il contenuto del contratto non corrispondente alla comune e reale volontà delle parti, per la sua erronea formulazione, redazione o trascrizione, non integra la fattispecie dell'errore ostativo, ma quella del mero errore materiale per cui, non trovando applicazione la normativa per l'annullamento del contratto, il giudice deve desumere la effettiva volontà delle parti sulla scorta delle trattative e di tutto il materiale probatorio acquisito.