SUPREMA CORTE DI CASSAZIONE SEZIONE III SENTENZA 30 settembre 2015, n. 19552 Ritenuto in fatto S.P. citò in giudizio dinanzi al Tribunale di Trieste la SANTANDER CONSUMER BANK S.p.A., già BANCA FINCONSUMO S.p.A., chiedendo accertarsi nulla essere da lui dovuto alla convenuta in forza ed in conseguenza del contratto in data 20 dicembre 2003, nonché...
Categoria: Diritto Civile e Procedura Civile
Corte di Cassazione, sezione III, sentenza 29 settembre 2015, n. 19212. L’acquisizione da parte del medico del consenso informato costituisce prestazione altra e diversa da quella dell’intervento medico richiestogli, assumendo autonoma rilevanza ai fini dell’eventuale responsabilità risarcitoria in caso di relativa mancata prestazione da parte del paziente. Trattasi di due distinti diritti. Il consenso informato attiene al diritto fondamentale della persona all’espressione della consapevole adesione al trattamento sanitario proposto dal medico, e quindi alla libera e consapevole autodeterminazione del paziente, atteso che nessuno può essere obbligato ad un determinato trattamento sanitario se non per disposizione di legge (anche quest’ultima non potendo peraltro in ogni caso violare i limiti imposti dal rispetto della persona umana: art. 32, 2 co., Cost.). Il trattamento medico terapeutico ha viceversa riguardo alla tutela del (diverso) diritto fondamentale alla salute (art. 32, 1 co., Cost.). L’autonoma rilevanza della condotta di adempimento della dovuta prestazione medica ne impone pertanto l’autonoma valutazione rispetto alla vicenda dell’acquisizione del consenso informato. Si è al riguardo precisato che, a fronte dell’allegazione di inadempimento da parte del paziente, è onere del medico provare l’adempimento dell’obbligazione di fornirgli un’informazione completa ed effettiva sul trattamento sanitario e sulle sue conseguenze , senza che sia dato presumere il rilascio del consenso informato sulla base delle qualità personali del paziente, potendo esse incidere unicamente sulle modalità dell’informazione, la quale deve sostanziarsi in spiegazioni dettagliate ed adeguate al livello culturale del paziente, con l’adozione di un linguaggio che tenga conto del suo particolare stato soggettivo e del grado delle conoscenze specifiche di cui dispone. In mancanza di consenso informato l’intervento del medico – al di fuori dei casi di trattamento sanitario per legge obbligatorio o in cui ricorra uno stato di necessità – è pertanto sicuramente illecito, anche quando sia nell’interesse del paziente. Il consenso libero e informato, che è volto a garantire la libertà dell’individuo e costituisce un mezzo per il migliore perseguimento dei suoi interessi, consentendogli di scegliere tra le diverse possibilità di trattamento medico o anche di rifiutare (in tutte le fasi della vita, pure in quella terminale) la terapia e di decidere consapevolmente di interromperla , salvo che ricorra uno stato di necessità non può mai essere presunto o tacito, ma deve essere fornito espressamente, dopo avere ricevuto un’adeguata informazione, anch’essa esplicita. Presuntiva può essere invece la prova che un consenso informato sia stato effettivamente ed in modo esplicito prestato, ed il relativo onere ricade sul medico.
Suprema Corte di Cassazione sezione III sentenza 29 settembre 2015, n. 19212 Svolgimento del processo Con sentenza del 13/11/2012 la Corte d’Appello di Roma ha respinto il gravame interposto dalla sig. E.C.J. in relazione alla pronunzia Trib. Roma n. 39600/03, di rigetto della domanda proposta nei confronti del sig. F.F. e delle chiamate Società Assitalia...
Corte di Casaszione, sezione III, sentenza 29 settembre 2015, n. 19211. La mancata adozione da parte del giudice di merito delle Tabelle di Milano
Suprema Corte di Cassazione sezione III sentenza 29 settembre 2015, n. 19211 Svolgimento del processo Con sentenza del 25/10/2011 la Corte d’Appello di Firenze, in parziale accoglimento del gravame interposto dalla società Assicurazioni Generali s.p.a. e in conseguente parziale riforma della pronunzia Trib. Livorno n. 416/2001, ha dichiarato la concorrente responsabilità del sig. P.R. (nella...
Corte di Cassazione, sezione VI, ordinanza 25 settembre 2015, n. 19115. Tutti coloro che esercitano l’attività di mediazione per conto di imprese organizzate, anche in forma societaria, devono essere iscritti nell’apposito ruolo professionale, a norma dell’art. 3, comma quinto, della legge 3 febbraio 1989, n. 39, mentre secondo l’art. 11 del relativo regolamento di attuazione, emanato con D.M. 21 dicembre 1990, n. 452, in caso di esercizio dell’attività di mediazione da parte di una società, i requisiti per l’iscrizione nel ruolo debbono essere posseduti dal legale rappresentante di essa ovvero da colui che da quest’ultima è preposto a tale ramo di attività. Ne consegue che per gli ausiliari della società di mediazione è prescritta riscrittone nel ruolo solo quando, per conto della società, risultino assegnati allo svolgimento di attività mediatitela in senso proprio, della quale compiono gli atti a rilevanza esterna, con efficacia nei confronti dei soggetti intermediati, ed impegnativi per l’ente da cui dipendono; essa non è invece richiesta per quei dipendenti della società che esplicano attività accessoria e strumentale a quella di vera e propria mediazione, in funzione di ausilio ai soggetti a ciò preposti. A nulla rileva, quand’anche fosse provata, la circostanza che l’attività di mediazione non si sia articolata con ulteriori contatti tra le parti. Per attività di mediazione non si intende infatti solo il materiale contatto tra il mediatore e l’acquirente, ma tutta la attività che precede e segue la visita dell’immobile (reperimento dell’altro cliente, nella specie il venditore, ricezione dell’incarico, assunzione di informazioni sul bene venduto, organizzazione della struttura di intermediazione etc.) e che, tramite il complesso di attività, pone fruttuosamente in contatto l’aspirante acquirente con il venditore
Suprema Corte di Cassazione sezione VI ordinanza 25 settembre 2015, n. 19115 Fatto e diritto Il tribunale di Ivrea con sentenza n. 368/2009, emessa in data 11.07.2009, condannava B.L. al pagamento di Euro 9.180,00 in favore della Società Pirelli RE franchising, a titolo di provvigione per la mediazione nella compravendita di un immobile. Il B....
Corte di Cassazione, sezione II, sentenza 28 settembre 2015, n. 19131. In tema di condominio, le maggioranze necessarie per approvare le deliberazioni sono quelle inderogabilmente previste dalla legge, ai fini sia del conteggio del “quorum” costitutivo che di quello deliberativo, ed includono anche i condomini in potenziale conflitto di interesse con il condominio, che possono astenersi dall’esercitare il diritto di voto, ferma la possibilità, per ogni partecipante, di adire l’autorità giudiziaria per impossibilità di funzionamento del collegio in caso di mancato raggiungimento della maggioranza necessaria.
Suprema Corte di Cassazione sezione II sentenza 28 settembre 2015, n. 19131 Svolgimento del processo S.A., B.G., M.I., G.L., P.M., I.R., Z.D., C.M., Pa.Ma.Gi., P.R., Q.E. e Sp.Ma. convenivano in giudizio, dinnanzi al Tribunale di Roma, il Supercondominio (OMISSIS) , chiedendo l’annullamento della delibera adottata dall’assemblea in data 25 maggio 1999, limitatamente ai punti 2...
Corte di Cassazione, sezione VI, ordinanza 28 settembre 2015, n. 19194. Ai fini della determinazione dell’assegno di mantenimento, il giudice deve valutare le potenzialità reddituali di entrambe le parti e, pertanto, tenere conto degli oneri e delle ulteriori responsabilità dell’obbligato, in conseguenza della nascita di un figlio da una successiva unione
Suprema Corte di Cassazione sezione VI ordinanza 28 settembre 2015, n. 19194 Fatto e diritto Rilevato che in data 4 maggio 2015 è stata depositata relazione ex art. 380 bis c.p.c. che qui si riporta: Rilevato che: 1. L.C. ha proposto domanda di separazione con addebito a carico del marito A.F. che si è costituito...
Corte di Cassazione, sezione III, sentenza 20 agosto 2015, n. 17020. Le clausole di polizza che delimitino il rischio assicurato, ove inserite in condizioni generali su modulo predisposto dall’assicuratore, sono soggette al criterio ermeneutico posto dall’art. 1370 cod. civ.; e pertanto, nel dubbio, devono essere intese in senso sfavorevole ali’assicuratore medesimo
Suprema Corte di Cassazione Sezione III Sentenza 20 agosto 2015, n. 17020 Svolgimento del giudizio Nel maggio 2005 l’avvocato V. V. conveniva in giudizio Assicurazioni Generali S.p.A., chiedendone la condanna al pagamento dell’ indennizzo dovutogli in forza di polizza assicurativa stipulata per suo conto nel 2001 dalla Cassa Nazionale Forense; ed avente ad oggetto le spese...
Corte di Cassazione, sezione VI, sentenza 29 settembre 2015, n.19267. Nell’ipotesi di morte della parte verificatasi e dichiarata regolarmente nel corso del giudizio di primo grado, gli atti successivamente compiuti, senza che sia stata dichiarata l’interruzione del giudizio, compresa la sentenza, devono considerarsi nulli. Tale nullità è soggetta al principio generale della conversione dei motivi di nullità in motivi di impugnazione (art. 161 cod. proc. civ.) e deve, pertanto, essere dedotta dalla parte colpita dall’evento interruttivo, con il mezzo di impugnazione previsto per la sentenza. Consegue perciò al disposto dell’art. 161 cod. proc. civ. che oggetto dell’impugnazione debba essere la sentenza conclusiva del giudizio e che il regime impugnatorio sia quello dettato dal legislatore per la sentenza medesima
SUPREMA CORTE DI CASSAZIONE SEZIONE VI SENTENZA 29 settembre 2015, n.19267 Ritenuto in fatto Con la decisione ora impugnata la Corte d’Appello di Lecce ha dichiarato inammissibile l’appello proposto da P. R., in proprio e quale erede di D.R., nei confronti del Ministero dell’Economia e delle Finanze, avverso la sentenza del Tribunale di Lecce, con...
Corte di Cassazione, sezione II, sentenza 8 settembre 2015, n. 17752. Sulle modalità di quantificazione del danno che sia dipeso da inadempimento contrattuale; quando sia possibile allegare i criteri per il suo accertamento, non si può addivenire ad una liquidazione dello stesso in via equitativa
Suprema Corte di Cassazione sezione II sentenza 8 settembre 2015, n. 17752 REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE SEZIONE SECONDA CIVILE Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Dott. PICCIALLI Luigi – Presidente Dott. BURSESE Gaetano Antonio – rel. Consigliere Dott. NUZZO Laurenza – Consigliere Dott. MATERA Lina – Consigliere Dott....
Corte di Cassazione, sezione III, sentenza 24 settembre 2015, n. 18878. In materia di arricchimento senza causa, perché possa configurarsi il diritto all’indennizzo ex art. 2041 c.c., è necessario che l’impoverimento e l’arricchimento derivino, in via immediata, dal medesimo fatto causativo, così aderendosi alla c.d. teoria del fatto unico (cui si contrappone la c.d. teoria della causalità storica), con la conseguenza che il fondamento dell’indennizzo viene meno qualora lo spostamento patrimoniale, pur se ingiustificato, tra due soggetti sia determinato da una successione di fatti che hanno inciso su due diverse situazioni patrimoniali soggettive, in modo del tutto indipendente l’uno dall’altro. Sono pertanto esclusi i casi di cosiddetto arricchimento indiretto, nei quali l’arricchimento è realizzato da persona diversa rispetto a quella cui era destinata la prestazione dell’impoverito, pur ritenendosi, tuttavia, che, avendo l’azione di ingiustificato arricchimento uno scopo di equità, il suo esercizio deve ammettersi anche nel caso di arricchimento indiretto nei soli casi in cui lo stesso sia stato realizzato dalla P.A., in conseguenza della prestazione resa dall’impoverito ad un ente pubblico, ovvero sia stato conseguito dal terzo a titolo gratuito
SUPREMA CORTE DI CASSAZIONE SEZIONE III SENTENZA 24 settembre 2015, n. 18878 Ritenuto in fatto Con atto di citazione notificato il 30 maggio 2005, Bo.Fr. esponeva che in data (OMISSIS) si era verificata una perdita d’acqua dalle tubazioni dell’appartamento di sua proprietà, che aveva danneggiato il bagno dell’appartamento sottostante, di proprietà di B.G. ; il...