Servizio reso nella qualifica di tecnico laureato

Consiglio di Stato, Sentenza|12 novembre 2021| n. 7544.

Servizio reso nella qualifica di tecnico laureato.

Le funzioni dei tecnici laureati – di ausilio ai docenti universitari e di gestione dei laboratori – sono diverse da quelle dei ricercatori; nonostante una certa assimilazione dei rispettivi compiti, rimane una essenziale differenziazione tra le due categorie. La previsione di un meccanismo di transito agevolato da un ruolo all’altro, come il concorso riservato, non è di per sé sufficiente a colmare queste differenze e, tuttavia, di questo meccanismo, previsto dalla L. n. 4 del 1999, i tecnici laureati potevano beneficiare solo se, alla data di entrata in vigore della legge stessa, avessero svolto almeno tre anni di attività di ricerca. Ciò dimostra che il Legislatore del 1999 ha voluto dare riconoscimento a una situazione di fatto, data dall’utilizzazione della figura del tecnico laureato come canale di accesso alla carriera universitaria e dal conseguente svolgimento di attività di ricerca da parte dei tecnici laureati.

Sentenza|12 novembre 2021| n. 7544. Servizio reso nella qualifica di tecnico laureato

Data udienza 28 ottobre 2021

Integrale

Tag- parola chiave: Pubblico impiego – Ricostruzione della carriera – Servizio reso nella qualifica di tecnico laureato – Ricercatore – Equivalenza – Sussistenza

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale
Sezione Sesta
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 3490 del 2015, proposto da
Pi. Ma., rappresentato e difeso dall’avvocato Lo. Gr. Tr., domiciliato in via digitale come da pubblici registri e domicilio fisico eletto presso il suo studio in Roma, via (…);
contro
Università di Trieste, Ministero dell’Istruzione dell’Università e della Ricerca Scientifica, rappresentati e difesi dall’Avvocatura Generale dello Stato, domiciliati in via digitale come da pubblici registri e domicilio fisico in Roma, via (…);
per la riforma
della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per il Friuli Venezia Giulia Sezione Prima n. 491/2014, resa tra le parti, concernente il diniego riconoscimento servizio prestato come funzionario tecnico.
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio di Università di Trieste e di Ministero dell’Istruzione dell’Università e della Ricerca Scientifica;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 28 ottobre 2021 il Cons. Fabrizio D’Alessandri e uditi per le parti gli avvocati;
Viste le conclusioni delle parti come da verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

Servizio reso nella qualifica di tecnico laureato

FATTO

La parte appellante ha impugnato la sentenza n. 491/2014 pronunciata dal TAR del Friuli Venezia Giulia, sez. I, che ha respinto il ricorso R.G. 502/2009, volto a ottenere l’annullamento del provvedimento prot. n. 14629 del 5 giugno 2009 dell’Università di Trieste, che aveva
rigettato l’istanza di riconoscimento, ai soli fini della carriera, del servizio prestato come funzionario tecnico presso la stessa Università degli Studi di Trieste, dal 26.01.1990 al 18.12.1995,
In particolare, il ricorrente in appello è attualmente un professore presso l’Università degli Studi di Trieste.
Dal 26.01.1990 al 18.12.1995 è stato assunto dall’Ateneo triestino come funzionario tecnico, anche se svolgente di fatto attività di ricerca.
Dal 19.12.1995, all’esito di concorso aperto per titoli ed esami, il medesimo appellante è stato immesso in ruolo come ricercatore universitario, con decreto rettorale n. 469 dell’11.6.1996, presso la medesima Università, e poi confermato far dal 19.12.1998, con decreto rettorale n. 368 dell’11.10.1999.
Ha chiesto il riconoscimento, ai soli fini di carriera, del servizio prestato come funzionario tecnico, ai sensi dell’art. 103, comma 3, del D.P.R. n. 382/1980 avente a oggetto il “Riordinamento della docenza universitaria, relativa fascia di formazione nonché sperimentazione organizzativa e didattica”, così come modificato dall’articolo 23 L. n. 488/1999, in applicazione della pronuncia della Corte costituzionale n. 191/2008.
L’istanza è stata rigettata e l’odierno appellante ha gravato il provvedimento di diniego dinanzi al TAR del Friuli Venezia Giulia, chiedendone l’annullamento, unitamente al parere reso dall’Avvocatura Generale dello Stato in data 26.11.2008 relativo a “Sentenza della Corte Costituzionale n. 191/2008- Richiesta parere”.
Ha chiesto, altresì, l’accertamento del suo diritto a ottenere il riconoscimento, ai soli fini della carriera, del servizio prestato presso l’Università degli Studi di Trieste come funzionario tecnico e la condanna dell’Università degli Studi di Trieste a riconoscere, ai soli fini della carriera, il servizio prestato dal ricorrente come funzionario tecnico.
La sentenza impugnata ha rigettato il ricorso di prime cure per le motivazioni di seguito riportate:
“La Consulta, come già ricordato in narrativa, con decisione n. 191/2008 ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’articolo 103, III^ comma, D.P.R. n. 382/1980, così come modificato dall’articolo 23 L. n. 488/1999, “nella parte in cui non riconosce ai ricercatori universitari, all’atto della loro immissione nella fascia dei ricercatori confermati, per intero ai fini del trattamento di quiescenza e previdenza e per i due terzi ai fini della carriera, l’attività effettivamente prestata nelle università in qualità di tecnici laureati con almeno tre anni di attività di ricerca”.
Ora, se la parte dispositiva non pare porre alcuna distinzione all’interno della categoria dei ricercatori confermati, a conclusioni diverse si giunge necessariamente dalla lettura della motivazione.
Invero, la Corte ricorda il proprio costante orientamento per cui il legislatore può riconoscere ai pubblici dipendenti all’atto dell’assunzione i servizi pregressi a condizione che vi sia quanto meno una identità ordinamentale fra la nuova funzione e quella precedente. Ora, pur a fronte di una riconfermata differenza fra le funzioni dei tecnici laureati e quella dei ricercatori, la Consulta ammetta la sussistenza del presupposto dell’identità ordinamentale, laddove il transito da un ruolo (quello dei tecnici laureati) all’altro (quello dei ricercatori) sia avvenuto in forza del concorso riservato ai sensi della L. n. 4/1999. La L. n. 4/1999 – secondo il Giudice delle leggi – ha voluto prendere atto della prassi instaurata negli atenei italiani per cui la figura di tecnico laureato era il canale di accesso alla carriera universitaria, e lo ha fatto prevedendo un concorso per ricercatore riservato a coloro che, pur se inquadrati nella figura del tecnico laureato, avessero effettivamente svolto attività di ricerca per almeno un triennio.
Questo significa che il concorso riservato ai sensi della L. n. 4/1999, in quanto garantiva lo svolgimento per un congruo lasso di tempo di attività di ricerca, era condizione necessaria per poter sostenere l’esistenza di quella identità ordinamentale che consente il riconoscimento dei servizi pregressi presso una P.A..
In assenza del concorso riservato (che imponeva precisi requisiti di partecipazione), o – detto in altri termini – in presenza di un diverso concorso da ricercatore vinto dall’interessato, non dandosi una situazione di identità ordinamentale delle funzioni, non vi può essere riconoscimento dell’attività pregressa. Né la soluzione configura una disparità di trattamento, visto che, per le ragioni sopra esposte, non possono equipararsi le situazioni di coloro che hanno vinto un concorso di ricercatore riservato, e quelli che ne hanno vinto uno aperto.
In definitiva, non avendo vinto il prof. Ma. un concorso da ricercatore riservato ai sensi della L. n. 4/1999, non ha diritto a vedersi applicato il disposto dell’articolo 103, comma III^, D.P.R. n. 382/1980, così come risulta all’esito della pronuncia additiva della Corte costituzionale n. 191/2008″.
Avverso l’indicata sentenza, parte ricorrente ha formulato i motivi di ricorso in appello di seguito in sintesi riportati:
– Violazione e falsa applicazione dell’art. 103, comma 3, del decreto del Presidente della Repubblica 11 luglio 1980, n. 382 e succ. mod. e int., come risultante dalla sentenza della Corte Costituzionale n. 191/2008. Eccesso di potere per carenza e contraddittorietà della motivazione. Disparità di trattamento.
La parte appellante sostiene l’erroneità della motivazione della sentenza appellata che ha interpretato in modo immotivatamente restrittivo il portato della decisione n. 191/2008 della Corte Costituzionale.
Deduce al riguardo che l’art. 103 del D.P.R. n. 382/1980 è stato dichiarato incostituzionale nella parte in cui non riconosce ai ricercatori universitari, all’atto della loro immissione nella fascia dei ricercatori confermati, per intero ai fini del trattamento di quiescenza e previdenza e per i due terzi i fini della carriera, l’attività effettivamente prestata nelle università in qualità di tecnici laureati con almeno tre anni di attività di ricerca, senza che vi sia nella parte dispositiva della sentenza del Giudice delle leggi alcun riferimento alla legge n. 4/1999, ovverosia alla procedura concorsuale riservata che ha consentito un accesso agevolato ai tecnici laureati alla carriera di ricercatore universitario.
La sentenza sarebbe contraddittoria nella parte in cui riconosce che il presupposto per ottenere il riconoscimento è l’avere svolto per almeno tre anni attività di ricerca in qualità di tecnico laureato o figura tecnica equivalente e, al tempo stesso, opera una disparità di trattamento applicando il principio ai solo tecnici laureati che accedono tramite il concorso riservato, di cui alla legge n. 4/1999, e non a quelli che accedono al pubblico impiego con il concorso esterno, sebbene tutti presentino una identica attività pregressa di tecnici laureati, svolgenti identiche funzioni ordinamentali.
Inoltre, l’interpretazione seguita dall’adito T.A.R. non coglierebbe il reale portato della decisione n. 191/2008 della Corte Costituzionale, che non opera tale discrimine.
In sintesi, la parte appellante sostiene che la decisione della Consulta avrebbe riconosciuto una equiparazione effettuata dal legislatore del 1999 tra l’attività di ricerca svolta dal tecnico laureato e l’attività di ricerca svolta dal ricercatore, e ciò comporterebbe il riconoscimento di questa attività anche ai fini della carriera.
Questo riconoscimento di equipollenza operato dal legislatore dovrebbe valere anche per l’appellante, nonostante quest’ultimo non si sia avvalso del concorso agevolato previsto dalla normativa del 1999, ma sia divenuto ricercatore (poi confermato) all’esito di un “ordinario” concorso aperto per titoli ed esami.
Il presupposto per il riconoscimento della carriera sarebbe, infatti, costituito dall’aver svolto per un triennio attività di ricerca e non dall’aver fruito di un accesso agevolato al posto di ricercatore.
Il legislatore del 1999, pur non rendendo omogenee le due categorie di tecnico e ricercatore, avrebbe inteso dare riconoscimento a una situazione di fatto, data dall’utilizzazione della figura del tecnico laureato come canale di accesso alla carriera universitaria, e dal conseguente svolgimento di attività di ricerca da parte dei tecnici laureati.
In questo quadro fattuale e normativo, l’appellante pone anche in rilievo la differenza manifestamente irragionevole, evidenziata anche dalla Consulta, tra il trattamento che la disposizione impugnata riserva ai tecnici laureati che diventino ricercatori, rispetto a quello riservato ai tecnici laureati che diventino professori.
Per il transito dei tecnici laureati al ruolo dei professori associati, l’art. 50 del decreto del Presidente della Repubblica n. 382 del 1980 prevedeva un meccanismo molto simile a quello previsto nel 1999 per il transito al ruolo dei ricercatori confermati, con un giudizio di idoneità al quale potevano accedere i tecnici laureati che avessero svolto tre anni di attività didattica e scientifica.
La parte appellante ha chiesto, altresì, che nel caso in cui l’adito Consiglio di Stato volesse ritenere corretta l’interpretazione proposta dall’Università, nonché espressa nella sentenza gravata, sollevi un’ulteriore questione di legittimità costituzionale dell’art. 103 del D.P.R. n. 382 del 1980, per la parte in cui non riconosce anche ai tecnici laureati, poi divenuti ricercatori a seguito di un pubblico concorso, il diritto di veder riconosciuto, ai fini della carriera, l’attività di ricerca prestata in favore dell’Università in qualità di tecnico laureato. Ciò per un’evidente violazione degli arti. 3 e 97 della Costituzione, verificandosi una disparità di trattamento tra situazioni di identica professionalità maturata nella pregressa carriera.
Si sono costituiti in giudizio l’Università di Trieste e il Ministero dell’Istruzione dell’Università e della Ricerca Scientifica, rappresentati e difesi dall’Avvocatura Generale dello Stato.
La parte appellante ha successivamente depositato una memoria difensiva ribadendo la richiesta di accoglimento del ricorso.
L’appello è passato in decisione all’udienza pubblica del 28.10.2021.

 

Servizio reso nella qualifica di tecnico laureato

DIRITTO

1. L’appello si palesa fondato per le ragioni che seguono.
Il Collegio ritiene che in base a una corretta interpretazione del portato della sentenza della Corte Costituzionale n. 191/2008, alla luce del principio di uguaglianza previsto nell’art. 3 della Costituzione, debba essere data prevalenza all’elemento dello svolgimento per un triennio di identiche funzioni al momento dell’entrata in vigore della legge n. 4/1999, piuttosto che a quello, che appare recessivo, dell’accesso alla carriera universitaria mediante il concorso riservato contemplato nella stessa legge n. 4/1999.
La circostanza che l’accesso alla posizione di ricercatore universitario sia avvenuta mediante un concorso “ordinario”, piuttosto che tramite il concorso riservato più volte richiamato, non si palesa motivo sufficiente per non applicare l’articolo 103, comma 3, del D.P.R. n. 382/1980, così come emendato in senso additivo dalla pronuncia della Consulta.
In particolare, la Corte Costituzionale ha osservato come debba riconoscersi “la possibilità che il legislatore preveda, a favore dei dipendenti pubblici all’atto dell’assunzione, il riconoscimento dei servizi già prestati in pubbliche amministrazioni, limitandolo “ai casi di passaggi di carriera tra diverse amministrazioni, in presenza però di un’identità ordinamentale che consenta di ravvisare una corrispondenza di qualifiche, ovvero addirittura all’ipotesi di omogeneità di carriera per il servizio prestato anteriormente alla nomina” (sentenza n. 305 del 1995). In presenza di un simile presupposto, peraltro, il riconoscimento deve essere operato in modo da evitare irragionevoli disparità di trattamento.
Il presupposto dell’identità ordinamentale sussiste per i tecnici laureati che, in base alle previsioni della legge 14 gennaio 1999, n. 4 (Disposizioni riguardanti il settore universitario e della ricerca scientifica, nonché il servizio di mensa nelle scuole), siano stati inquadrati nel ruolo dei ricercatori confermati a seguito di concorsi riservati. Questa Corte è consapevole del fatto che le funzioni dei tecnici laureati – di ausilio ai docenti e di gestione dei laboratori – sono diverse da quelle dei ricercatori e ha più volte affermato, anche in epoca recente, che, nonostante una certa assimilazione dei rispettivi compiti, rimane l'”essenziale differenziazione” tra le due categorie (ordinanze n. 160 del 2003 e nn. 262 e 94 del 2002). La Corte è consapevole anche del fatto che la previsione di un meccanismo di transito agevolato da un ruolo all’altro, come il concorso riservato, non è di per sé sufficiente a colmare queste differenze.

 

Servizio reso nella qualifica di tecnico laureato

Occorre tuttavia osservare che di questo meccanismo, previsto dalla citata legge n. 4 del 1999, i tecnici laureati potevano beneficiare solo se, alla data di entrata in vigore della legge stessa, avessero svolto almeno tre anni di attività di ricerca. Ciò dimostra che – pur non rendendo omogenee le due categorie – il legislatore del 1999 ha voluto dare riconoscimento a una situazione di fatto, data dall’utilizzazione della figura del tecnico laureato come canale di accesso alla carriera universitaria e dal conseguente svolgimento di attività di ricerca da parte dei tecnici laureati.
In questo quadro, la differenza tra il trattamento che la disposizione impugnata riserva ai tecnici laureati che diventino ricercatori, rispetto a quello riservato ai tecnici laureati che diventino professori, è manifestamente irragionevole”.
Il giudice di primo grado, nel caso qui in esame, ha ritenuto di trarre dalla pronuncia della Corte costituzionale la conseguenza secondo cui il beneficio previsto dalla norma sarebbe stato limitato ai tecnici laureati immessi nei ruoli dei ricercatori tramite concorso riservato.
Il Collegio, tuttavia, rileva come sul versante sostanziale la limitazione in questione sarebbe del tutto illogica e fonte di una palese disparità di trattamento e, al tempo stesso, sul versante formale la medesima sentenza della Corte costituzionale non impone tale limitazione laddove conclude nel senso che, nel quadro ordinamentale vigente, la differenza tra il trattamento che la disposizione impugnata riserva ai tecnici laureati che diventino ricercatori, rispetto a quello riservato ai tecnici laureati che diventino professori, è manifestamente irragionevole (Cons. Stato Sez. VI, 8 aprile 2019, n. 2291).
Non è, infatti, rintracciabile nella legge, così come nella più volte citata sentenza n. 191/2008, alcuna delimitazione a favore dei ricercatori confermati a seguito del concorso c.d. riservato, bandito ai sensi dell’art. 1, comma 10, L. n. 4 del 1999, rispetto a coloro immessi nel ruolo a seguito di superamento di concorso ordinario e confermati dopo 3 anni di attività di ricerca.
Come ancora di recente evidenziato dalla Sezione (Cons. Stato, Sez. VI, 13 novembre 2018, n. 6368), la circostanza, meramente fattuale, che la sentenza della Corte costituzionale 191/2008 abbia riguardato tecnici laureati inquadrati nel ruolo dei ricercatori confermati per effetto del superamento di un concorso riservato indetto ex art. 1, comma 10, L. n. 4 del 1999, mentre l’appellato è stato vincitore di un normale concorso pubblico per collaboratore tecnico e poi inquadrato quale funzionario tecnico, costituisce circostanza inidonea di per sé a giustificare una disparità di trattamento tra le due categorie.
D’altronde l’interpretazione limitativa propugnata nell’impugnata sentenza, oltre a non trovare un univoco appiglio nella pronuncia additiva della Corte costituzionale, si espone a seri dubbi di costituzionalità sotto il profilo della disparità di trattamento e di irragionevolezza, non apparendo sorretta da adeguata ratio giustificativa una diversità di trattamento, in punto di riconoscimento dei servizi pre-ruolo di laureato tecnico (o di funzionario tecnico; sul punto Cons. Stato, Sez. VI, 26 giugno 2013 n. 3499), tra chi, come l’odierno appellante, pur essendo nel possesso dei requisiti per l’accesso al concorso riservato, abbia partecipato per motivi del tutto contingenti a un precedente concorso ordinario e sia acceduto al ruolo dei ricercatori confermati decorso del triennio e dopo il conseguimento del giudizio positivo di conferma, e chi vi sia entrato attraverso il concorso riservato ex art. 1, comma 10, L. n. 4 del 1999 (Cons. Stato Sez. VI, 8 aprile 2019, n. 2291).

 

Servizio reso nella qualifica di tecnico laureato

La tesi posta a base dell’appello e qui condivisa, trova anche conforto sulla scorta dell’individuazione della ratio di fondo della disciplina vigente; infatti, i miglioramenti economici e di inquadramento non significano, automaticamente, attribuzione di nuovi, ulteriori compiti, in particolare uguali a quelli propri degli altri profili inseriti nella medesima qualifica.
Il servizio reso nella qualifica di tecnico laureato (ora funzionario tecnico) può essere considerato equivalente a quello del ricercatore, poiché per questa figura (a differenza di quanto previsto per il collaboratore tecnico) è evidente l’attinenza specifica allo svolgimento autonomo di compiti di ricerca e di sperimentazione, tale da giustificare una continuità di carriera nella nuova veste professionale assunta in esito al concorso riservato (Cons. Stato, Sez. VI, 6 maggio 2013 n. 2412).
Alla luce di quanto indicato sussistono, nel caso di specie, i presupposti per l’applicazione dell’art. 103, comma 3, D.P.R. 382/1980, come modificato dall’art. 23 L. 488/1999, e conseguentemente per il riconoscimento in favore dell’appellante, ai fini della carriera, del servizio prestato, avendo svolto per più di tre anni attività di ricerca in qualità di tecnico laureato.
2) Il ricorso in appello deve, quindi, essere accolto, con annullamento dell’atto gravato e per il riconoscimento, ai soli fini della carriera, del servizio prestato come funzionario tecnico dell’Università degli studi di Trieste dal 26.1.1990 al 18.12.1995, entro i limiti di legge.
Le questioni appena vagliate esauriscono la vicenda sottoposta al Collegio, essendo stati toccati tutti gli aspetti rilevanti a norma dell’art. 112 c.p.c., in aderenza al principio sostanziale di corrispondenza tra il chiesto e pronunciato (come chiarito dalla giurisprudenza costante, ex plurimis, per le affermazioni più risalenti, Cassazione civile, sez. II, 22 marzo 1995 n. 3260 e, per quelle più recenti, Cassazione civile, sez. V, 16 maggio 2012 n. 7663). Gli argomenti di doglianza non espressamente esaminati sono stati dal Collegio ritenuti non rilevanti ai fini della decisione e comunque inidonei a supportare una conclusione di tipo diverso.
Le specifiche circostanze inerenti al ricorso in esame costituiscono elementi che militano per l’applicazione dell’art. 92 c.p.c., come richiamato espressamente dall’art. 26, comma 1, c.p.a. e depongono per la compensazione delle spese di giudizio tra le parti.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale
Sezione Sesta, definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, lo accoglie nei termini di cui in motivazione e, per l’effetto, riforma la impugnata sentenza di primo grado (sentenza n. 491/2014 pronunciata dal TAR del Friuli Venezia Giulia, sez. I), accogliendo il ricorso introduttivo (N.R.G. 502/2009) in quella sede proposto.
Spese del doppio grado compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 28 ottobre 2021 con l’intervento dei magistrati:
Giancarlo Montedoro – Presidente
Vincenzo Lopilato – Consigliere
Luigi Massimiliano Tarantino – Consigliere
Giordano Lamberti – Consigliere
Fabrizio D’Alessandri – Consigliere, Estensore

 

 

In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.

Per aprire la pagina facebook @avvrenatodisa
Cliccare qui

Leave a Reply

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *