Il limite di trenta metri delle costruzioni da linee ferroviarie

Consiglio di Stato, Sentenza|16 novembre 2021| n. 7622.

Il limite di trenta metri delle costruzioni da linee ferroviarie imposto dall’articolo 49 del d.P.R. 11 luglio 1980, n. 753, non riguarda le opere pubbliche (come risulta dal precedente articolo 36) ma soltanto le costruzioni private, dovendosi ritenere che in caso di accostamento o sovrappasso fra strade pubbliche e ferrovie, la verifica di reciproca compatibilità sia rimessa all’accordo fra le autorità competent, ciò che a fortiori vale allorché l’opera pubblica sia essa stessa un’infrastruttura ferroviaria.

Sentenza|16 novembre 2021| n. 7622. Il limite di trenta metri delle costruzioni da linee ferroviarie

Data udienza 8 luglio 2021

Integrale

Tag- parola chiave: Interventi edilizi – Linee ferroviarie – Fascia di rispetto – Articolo 49 del d.P.R. 11 luglio 1980, n. 753 – Applicazione per le opere pubbliche – Esclusione – Risvolti pratici

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale
Sezione Quarta
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 9410 del 2020, proposto dal signor Gi. Fe., rappresentato e difeso dagli avvocati Ip. Ma. e Fo. Ma. La., con domicilio digitale come da registri di Giustizia,
contro
– il Comune di (omissis), in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dall’avvocato Er. Fu., con domicilio digitale come da registri di Giustizia,
– il Comune di (omissis), in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dall’avvocato Ra. Ma., con domicilio digitale come da registri di Giustizia,
– R.F. – Re. Fe. It. S.p.a., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’avvocato Ge. Ma. Ca., con domicilio digitale come da registri di Giustizia,
– il Ministero per i beni e le attività culturali e per il turismo, in persona del Ministro pro tempore, rappresentato e difeso dall’Avvocatura Generale dello Stato, domiciliataria ex lege in Roma, via (…),
– la Regione Campania ed altri, in persona dei rispettivi legali rappresentanti pro tempore, non costituiti in giudizio,
per la riforma
della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per la Campania, sede di Salerno (sezione seconda), n. 1821 del 30 novembre 2020.
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio del Ministero per i beni e le attività culturali e per il turismo, del Comune di (omissis), del Comune di (omissis) e di R.F. – Re. Fe. It. S.p.a.;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatrice nell’udienza pubblica del giorno 8 luglio 2021 il consigliere Emanuela Loria e nessuno presente;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

Il limite di trenta metri delle costruzioni da linee ferroviarie

FATTO e DIRITTO

1. L’oggetto del presente contenzioso è costituito dall’atto con il quale è stato dato inizio ai lavori di realizzazione di una passerella pedonale nel Comune di (omissis), in funzione sostitutiva del passaggio a livello ferroviario, a mezzo di una scala avente forma a “U” dotata di un vano ascensore che risulterebbe addossata al muro di recinzione del giardino di proprietà del signor Gi. Fe..
Oggetto del giudizio è anche l’accordo di programma del 17 ottobre 2015, concernente la realizzazione di una passerella pedonale al km. (omissis), limitatamente al tratto di interesse della proprietà dell’interessato.
1.1. Con la sentenza impugnata il T.A.R. per la Campania, sede di Salerno, ha dichiarato il ricorso in parte inammissibile per difetto di giurisdizione in relazione al primo motivo, con il quale l’istante ha censurato l’occupazione di una porzione della proprietà (marciapiedi addossato alla recinzione del giardino) da parte dell’area di sedime della struttura da realizzare, ritenendo che trattandosi di fattispecie corrispondente alla occupazione usurpativa rientri nella giurisdizione del giudice ordinario; ha respinto giudicandole infondate le ulteriori censure, osservando che:
“- quanto alla dedotta violazione del PUC del 2018, come risulta pacifico, e anche confermato dalla cronologia degli eventi analiticamente rappresentata da RF. S.p.a., i lavori de quibus sono esecutivi dell’accordo di programma del 17 ottobre 2005 (oltre che, fra l’altro, in modo specifico dell’accordo esecutivo con il Comune di (omissis) n. 8/2010), pubblicato sul Burc della Regione Campania n. 56 del 4 dicembre 2006. Tale accordo, perfezionato ai sensi dell’art. 34, co.4 D.Lgs. n. 267/2000, e in linea
con la specifica, omologa disposizione prevista, per le opere ferroviarie, anche dall’art. 25 L.210/85, determina le corrispondenti modifiche delle regolamentazioni urbanistiche, che all’uopo, anche nella fattispecie in esame, sono state variate in esecuzione del citato accordo di programma, atto convenzionale con funzione pianificatoria e programmatoria (cfr., Consiglio di Stato, 5.2.2015, n. 566; Tar Catania, 18.1.2016, n. 163), la cui natura è assimilabile a quella degli accordi di diritto pubblico ex art. 15 L.n. 241/90 (v., in tal senso, Consiglio di Stato, 16.3.2016, n. 1053).

 

Il limite di trenta metri delle costruzioni da linee ferroviarie

(…) peraltro, l’art. 7, co.1 D.p.r. n. 380/2001 stabilisce che le opere di interesse pubblico, deliberate fra le amministrazioni interessate, non sono soggette all’acquisizione di ulteriori titoli, né (più in generale) alle disposizioni del Titolo III (“Titoli abilitativi”) del Testo Unico Edilizia, risultando quindi condizione necessaria e sufficiente l’accertamento della compatibilità urbanistica, attuata mediante la corrispondente variazione degli strumenti urbanistici con le manifestazioni di assenso formulate dalla amministrazioni coinvolte.
L’inapplicabilità (per le opere pubbliche) espressa delle disposizioni recate dal suddetto titolo del Testo Unico Edilizia comporta altresì, nello specifico, l’impossibilità di tenere conto della regola fissata dall’art. 15, co.4, secondo cui la disciplina urbanistica sopravvenuta comporta la decadenza del titolo rilasciato in vigore della disciplina previgente (salvo che per i lavori già iniziati e completati entro tre anni dall’inizio).
Peraltro, giova evidenziare che il ricorrente non ha nemmeno (tempestivamente) coltivato alcuna impugnazione nei riguardi delle previsioni urbanistiche, siccome variate in esecuzione dell’accordo di programma del 2005.”
Ed ancora il primo giudice ha osservato:
– quanto al posizionamento della passerella, che “la contestazione mossa dal ricorrente denunzia un mero vizio di merito dell’azione amministrativa, come tale non sindacabile in sede di giurisdizione di legittimità ; ”
– quanto alla presunta necessità di tenere conto dell’art. 146 (da intendersi ragionevolmente riferito al d.Lgs. n. 42 del 2004), “circa il rinnovo dell’autorizzazione paesaggistica, anche a voler tacere del fatto che l’assenso della Soprintendenza è antecedente all’entrata in vigore del suddetto decreto legislativo, si evidenzia che, per quanto già chiarito, l’accordo di programma, costituendo atto di natura convenzionale e titolo unisussistente, non necessita di ulteriori atti di assenso o di manifestazioni di volontà .”
– quanto al procurato nocumento alla privacy, la doglianza è stata formulata in modo alquanto generico e, pertanto, non è accoglibile, per quanto precede in ordine all’inapplicabilità del PUC del 2018 ai lavori de quibus e, vieppiù, rientra nella cognizione del giudice ordinario laddove preordinata a contestare aspetti che non attengono all’esercizio della potestà amministrativa, quanto piuttosto alla corretta realizzazione dei manufatti, ad aspetti tecnico esecutivi ovvero all’applicazione corretta delle leges artis.

 

Il limite di trenta metri delle costruzioni da linee ferroviarie

2. Il signor Gi. Fe. ha proposto l’appello in esame, deducendo:
1) Difetto di omessa pronuncia. Violazione del principio del chiesto e del pronunciato. Riproposizione dei motivi ex art. 101 C.P.A. Illogicità manifesta.
Contraddittorietà intrinseca ed estrinseca. Violazione degli artt. 22 e 53 del PUC del comune di (omissis) e della tabella pag. 17 del previgente P.R.G. del comune di (omissis). Violazione delle distanze legali.
2) Error in iudicando. Difetto assoluto di motivazione. Violazione e falsa applicazione dell’art. 146 del d.lgs. n. 42 del 2004.
3. Si sono costituiti in giudizio per resistere al gravame, il Ministero per i beni e le attività culturali, i Comuni di (omissis) e di (omissis) e Re. Fe. It. S.p.a.
In particolare, R.F. S.p.a. prospetta i seguenti tre profili di inammissibilità dell’appello:
1. per la prestata acquiescenza alla censure di difetto di giurisdizione del Giudice Amministrativo;
2. per omessa impugnazione di tutti i capi decisionali della sentenza;
3. per tardività e per la impossibilità di sindacare la discrezionalità tecnica della P.A. ed il merito amministrativo.
4. Con decreto monocratico n. 6954 del 4 dicembre 2020 è stata accolta l’istanza di misure cautelari ed è stato disposto il deposito di documentazione fotografica a cura della parte più diligente.
4.1. In data 7 gennaio 2021 il signor Fe. ha depositato la documentazione.
5. Con ordinanza collegiale n. 132 del 18 gennaio 2021 la domanda cautelare è stata respinta.
6. E’ seguito il deposito di memorie, di memorie di replica da parte delle parti del giudizio nonché di una relazione tecnica da parte dell’appellante.
7. Alla udienza pubblica del giorno 8 luglio 2021 la causa è stata trattenuta in decisione.
8. Il Collegio ritiene che – in accoglimento della istanza contenuta nella memoria di R.F. S.p.a. del 16 giugno 2021 – vada preliminarmente dichiarata la inammissibilità del deposito della nuova perizia tecnica depositata dall’appellante per la prima volta nel presente grado d’appello, giacché il deposito risulta effettuato in violazione dell’art. 104, comma 2, c.p.a., trattandosi di un nuovo mezzo di prova.
9. Si può, altresì, prescindere dall’esame delle eccezioni di inammissibilità sollevate da R.F. S.p.a., essendo l’appello infondato nel merito.
9.1. Con il primo motivo l’appellante, nel riproporre sostanzialmente il contenuto del primo motivo del ricorso di primo grado, sostiene che i lavori per cui è causa, e in particolare l’apposizione della struttura metallica, risulterebbero in violazione della distanza (5 metri dal confine) prescritta dall’articolo 22 del P.U.C., sarebbero oltre la fascia di rispetto ferroviaria di cui all’art. 55 del P.U.C. e dalla tabella del previgente P.R.G., e sarebbero altresì progettati in violazione del limite massimo di altezza stabilito in mt. 11 dal vigente strumento urbanistico, consentito in zona B1, poiché l’altezza della erigenda struttura risulterebbe essere di mt. 15.
L’appellante osserva inoltre che l’Accordo di programma sottoscritto nel 2005 non potrebbe derogare alle prescrizioni in materia di distanze e di altezze previste dagli strumenti urbanistici.
9.2. Il motivo è infondato.
Il Collegio osserva che l’opera per cui è causa rientra ed è realizzata in attuazione della previsione dell’art. 2 della legge 8 ottobre 1998, n. 354 (“Piano triennale per la soppressione di passaggi a livello sulle linee ferroviarie dello Stato. Misure per il potenziamento di itinerari ferroviari di particolare rilevanza”).
Tale disposizione, nel prevedere, fra l’altro, la realizzabilità degli interventi mediante accordo di programma, stabilisce che questi possono essere autorizzati “anche in difformità dalle prescrizioni e dai vincoli delle norme e dei piani urbanistici ed edilizi”, con una formulazione che, pertanto, risulta essere particolarmente ampia e onnicomprensiva e che si applica certamente anche in funzione derogatoria dei limiti di distanze di altezze previsti dagli strumenti urbanistici comunali, come è avvenuto nel caso dell’accordo di programma per cui è causa (la variante è stata approvata con decreto regionale del 24 novembre 2006 che ha approvato l’accordo di programma), che ha disposto le varianti allo strumento urbanistico per la realizzazione delle opere pubbliche ivi stabilite.
9.3. Costituisce, inoltre, una censura nuova e come tale è da dichiarare inammissibile, quella relativa alla violazione delle distanze tra costruzioni di cui all’art. 873 c.c., evocato nella giurisprudenza richiamata dall’interessato.
9.4. Con il primo motivo di appello (punto 1.1.), l’istante riprende anche il tema del rispetto della fascia di rispetto ferroviaria.
Anche tale censura è infondata.
Può richiamarsi, sul punto, l’orientamento della giurisprudenza per cui il limite di trenta metri delle costruzioni da linee ferroviarie imposto dall’articolo 49 del d.P.R. 11 luglio 1980, n. 753, non riguarda le opere pubbliche (come risulta dal precedente articolo 36) ma soltanto le costruzioni private, dovendosi ritenere che in caso di accostamento o sovrappasso fra strade pubbliche e ferrovie, la verifica di reciproca compatibilità sia rimessa all’accordo fra le autorità competenti (cfr. T.A.R. Lazio, sez. I, 29 ottobre 1984, n. 977), ciò che a fortiori vale allorché, come nel caso di specie, l’opera pubblica in questione sia essa stessa un’infrastruttura ferroviaria.
10. Con il secondo motivo – con il quale viene reiterato il secondo motivo del ricorso di prime cure – l’appellante sostiene che l’opera da realizzare sarebbe priva dell’autorizzazione paesaggistica, poiché il nulla osta della competente Soprintendenza BB.AA., del quale si dà atto nell’accordo di programma, risalirebbe al 6 novembre 2003, laddove l’art. 146 del d.lgs. n. 42 del 2004 prescrive espressamente che: “L’autorizzazione è efficace per un periodo di cinque anni, scaduto il quale l’esecuzione dei progettati lavori deve essere sottoposta a nuova autorizzazione”.
L’autorizzazione sarebbe pertanto scaduta e non sarebbe nuovamente acquisibile per la vicinanza dei lavori interessanti la proprietà Fe. dal canale Sa. To..
10.1. Il motivo è infondato.
In primo luogo, l’accordo di programma ha ricevuto il parere della Soprintendenza il 6 novembre 2003, e quindi prima dell’entrata in vigore della disposizione che ha previsto la scadenza quinquennale dell’autorizzazione, ossia l’art. 146 del d.lgs. n. 42 del 2004 che l’appellante assume, erroneamente, essere stato violato.
In secondo luogo, l’art. 159, comma 8, dello stesso d.lgs. n. 42 del 2004 (come modificato dal d.lgs. n. 63 del 2008), disciplinante la fase transitoria, ha espressamente fatto salvi i provvedimenti adottati nel regime anteriore alle modifiche introdotte dalla medesima novella del 2008 (“8. Sono fatti salvi gli atti, anche endoprocedimentali, ed i provvedimenti adottati dalla data di entrata in vigore del decreto legislativo 26 marzo 2008, n. 63, fino alla data di entrata in vigore della presente disposizione, in applicazione dell’articolo 159 del presente codice, nel testo vigente anteriormente alla data di entrata in vigore del decreto legislativo 26 marzo 2008, n. 63”), per cui il parere già reso sull’accordo di programma è rimato fermo senza necessità di espressione di ulteriore parere della Soprintendenza sull’opera in questione.
11. Alla luce delle suesposte motivazioni l’appello è da respingere.
12. Sussistono tuttavia giusti motivi, in relazione alla complessità delle questioni trattate, per disporre la compensazione delle spese del giudizio tra le parti.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale
Sezione Quarta, definitivamente pronunciando sull’appello r.g.n. 9410/2020, come in epigrafe proposto, lo respinge.
Compensa tra le parti le spese di giudizio.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso, in Roma, nella camera di consiglio del giorno 8 luglio 2021 con l’intervento dei magistrati:
Raffaele Greco – Presidente
Oberdan Forlenza – Consigliere
Luca Lamberti – Consigliere
Alessandro Verrico – Consigliere
Emanuela Loria – Consigliere, Estensore

 

 

In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.

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