Sequestro di persona in danno di minori

Corte di Cassazione, penale, Sentenza|3 giugno 2021| n. 21729.

In tema di sequestro di persona in danno di minori, può essere concessa la circostanza attenuante dell’essersi adoperato concretamente affinché il minore riacquisti la propria libertà, di cui all’art. 605, comma quarto, n. 1, cod. pen., solo qualora venga accertato che il rilascio della vittima sia stato determinato da un comportamento oggettivamente rilevante e non da fattori esterni al sequestrante, non potendo coincidere la liberazione della persona offesa con il mero esaurimento della condotta criminosa. (In applicazione del principio, la Corte ha ritenuto immune da censure la decisione che aveva escluso l’attenuante in favore dell’imputato che aveva rilasciato i minori sequestrati solo perché intimorito dal sopraggiungere delle forze dell’ordine).

Sentenza|3 giugno 2021| n. 21729. Sequestro di persona in danno di minori

Data udienza 5 maggio 2021

Integrale

Tag – parola: MISURE CAUTELARI – REALI – Sequestro di persona in danno di minori

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE QUINTA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PALLA Stefano – Presidente

Dott. PEZZULLO Rosa – Consigliere

Dott. SCARLINI Enrico V. – rel. Consigliere

Dott. DE MARZO Giuseppe – Consigliere

Dott. SESSA Renata – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
(OMISSIS), IN QUALITA’ DI RAPPRESENTANTE DELLA DITTA (OMISSIS) S.R.L. nato a (OMISSIS);
avverso l’ordinanza del 25/01/2020 del TRIB. LIBERTA’ di BOLOGNA;
udita la relazione svolta dal Consigliere ENRICO VITTORIO STANISLAO SCARLINI;
lette le conclusioni del PG LUIGI BIRRITTERI che ha chiesto l’inammissibilita’ del ricorso.

Sequestro di persona in danno di minori

RITENUTO IN FATTO

1. Con ordinanza del 25 gennaio 2020, il Tribunale di Bologna, sezione per il riesame, confermava il provvedimento con il quale il Gip del medesimo Tribunale aveva rigettato l’istanza promossa da (OMISSIS), quale legale rappresentante della srl (OMISSIS), volta ad ottenere la revoca del sequestro preventivo, adottato il 24 marzo 2020, dei beni, delle autovetture, di proprieta’ della societa’ dalla medesima rappresentata.
I beni erano stati sottoposti al vincolo reale, per equivalente, nell’ambito del procedimento instaurato nei confronti di Compierchio Duilio, ed altri, per reati fiscali e fallimentari, consumati quale amministratore della fallita srl (OMISSIS) e quale amministratore di fatto delle srl (OMISSIS) ed (OMISSIS), che ne avevano continuato l’attivita’, quest’ultima formalmente amministrata dall’odierna ricorrente, moglie del medesimo. A queste sarebbe poi succeduta, con tutta verosimiglianza, l’appena costituita srl (OMISSIS).
Erano stati cosi’ sequestrati i beni dell’indagato (OMISSIS) fino alla concorrenza della somma, corrispondente al profitto dei ricordati delitti fiscali, di Euro 1.075.952, essendo del tutto incapiente la srl (OMISSIS) (amministrando la quale l’indagato aveva commesso i delitti ascrittigli), ed essendo, i reati fiscali consumati nel 2015, titolo per ordinarne, ai sensi della L. n. 244 del 2007, articolo 1, comma 143 e dell’articolo 322 ter c.p.p., l’ablazione.
1.1. Per quanto qui di interesse, in risposta ai motivi di gravame, il Tribunale osservava quanto segue.
Non dovevano dichiararsi inutilizzabili gli atti di indagine compiuti dopo la scadenza del relativo termine, perche’ erano quelli indicati dal Gip nel provvedimento di rigetto della richiesta di archiviazione, e gia’ oggetto di una delega del pubblico ministero a cui non era stata data attuazione.
In assenza di beni della societa’ fallita, amministrando la quale erano stati consumati i contestati delitti fiscali, si era, come si e’ detto, ordinato il sequestro dei beni del (OMISSIS), eseguendo la misura anche sulle autovetture di proprieta’ delle srl (OMISSIS) e (OMISSIS) che dovevano considerarsi nella disponibilita’ del (OMISSIS), essendosi accertato che:
– l’attivita’ dell’indagato, di compravendita di vetture, iniziata con la fallita srl (OMISSIS), era proseguita prima con la srl (OMISSIS) e poi con la srl (OMISSIS), solo formalmente amministrata, la seconda, dalla ricorrente, societa’ che altro non erano che gli schermi sociali utilizzati dal (OMISSIS) per proseguire la sua attivita’ (trasferendone beni, risorse economiche e locali in cui operare);
– di tali societa’ egli ne era l’amministratore di fatto (come emergeva dalle indicate conversazioni intercettate).
Si affermava infine che non potevano essere oggetto di doglianza le modalita’ esecutive del sequestro (Cass. 29862/2017, 41073/2015, 11590/2011; 36464/2015, 24785/2015, 37848/2014, 20776/2014).
2. Propone ricorso l’istante, a mezzo del suo difensore, articolando le proprie censure in due motivi.
2.1. Con il primo deduce la violazione di legge in ordine alla utilizzazione delle indagini che avevano condotto al sequestro di cui si era chiesta la revoca.
Il pubblico ministero aveva chiesto l’archiviazione del procedimento nei confronti dei diversi indagati – (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS) – anche considerando che erano appunto decorsi i termini per le indagini preliminari.
Il Gip aveva rigettato la richiesta considerando che non era stata data attuazione alla delega di indagini rinvenuta in atti, fissando un termine, per il loro compimento, di mesi quattro. Senza cosi’ indicare nel dettaglio le indagini da compiersi.
Le indagini esperite quindi non erano ne’ nuove ne’ ulteriori e erano pertanto inutilizzabili.
2.2. Con il secondo motivo lamenta la violazione di legge ed in particolare della L. n. 244 del 2007, articolo 1, comma 143, articoli 322 ter e 321 c.p.p..
Non si erano rispettati i principi di diritto fissati dalle Sezioni unite con la sentenza n. 10561/2014 posto che non si era accertata l’impossidenza degli imputati (OMISSIS) e (OMISSIS).
Ne’ vi era prova che le srl (OMISSIS) e (OMISSIS) fossero state utilizzate come mero schermo per l’attivita’ del (OMISSIS). Doveva poi considerarsi che, dai fatti addebitati, del 2013 e del 2014, erano trascorsi anni.
Si erano pertanto sequestrati beni appartenenti a terzi senza un adeguato approfondimento (Cass. n. 10194/2015, 4195/2016).
Le diverse societa’ non erano affatto fittizie ed il fatto che il prevenuto ne fosse il dominus altro non era che una mera supposizione.
3. Il Procuratore generale della Repubblica presso questa Corte, nella persona del sostituto Luigi Birritteri, ha concluso per l’inammissibilita’ del ricorso.

 

Sequestro di persona in danno di minori

CONSIDERATO IN DIRITTO

Il ricorso promosso nell’interesse della ricorrente, quale legale rappresentante della societa’ di cui era amministratore, non merita accoglimento.
1. Il primo motivo, sulla inutilizzabilita’ degli atti di indagini compiuti oltre il termine di durata delle indagini preliminari, e’ manifestamente infondato dovendosi prendere atto che il pubblico ministero aveva esperito proprio le indagini richiestegli dal Gip, che aveva rigettato la richiesta di archiviazione, e, quindi nel rispetto del disposto dell’articolo 409 c.p.p., comma 4, e come tale indicazione fosse stata precisa avendo, il Gip, fatto riferimento ad una delega di indagini gia’ disposta dal pubblico ministero che non aveva trovato attuazione.
Non puo’, infatti, affermarsi che il provvedimento in questione non possa avere un contenuto determinato per relationem ad un atto proveniente proprio dalla parte, la pubblica accusa, deputato a compierle, tanto piu’ quando tale atto indichi quelle attivita’ di indagine che la stessa pubblica accusa aveva in precedenza ritenuto necessarie, salvo poi non coltivarle.
2. Il secondo motivo e’, invece, complessivamente infondato.
Deve, innanzitutto, ricordarsi che il ricorso per cassazione contro ordinanze emesse in materia di sequestro preventivo e’ ammesso solo per violazione di legge, in tale nozione dovendosi comprendere sia gli “errores in iudicando” o “in procedendo”, sia quei vizi della motivazione cosi’ radicali da rendere l’apparato argomentativo posto a sostegno del provvedimento del tutto mancante o privo dei requisiti minimi di coerenza, completezza e ragionevolezza e quindi inidoneo a rendere comprensibile l’itinerario logico seguito dal giudice (ex plurimis: Sez. 2, n. 18951 del 14/03/2017, Napoli, Rv. 269656).
In questa ottica, certo non puo’ affermarsi che il provvedimento impugnato abbia reso una motivazione meramente apparente ne’ abbia compiuto degli errori nell’applicazione di norme processuali o sostanziali.
Incontestato, infatti, il fumus dei delitti che avevano costituito il titolo del vincolo reale, le violazioni della normativa fiscale, si era proceduto all’apprensione dei beni apparentemente di proprieta’ delle societa’ che si ritenevano amministrate da prestanome del (OMISSIS), in quanto gli stessi si erano ritenuti direttamente riconducibili al patrimonio di costui.
Si era cosi’ applicato il principio di diritto gia’ enunciato da questa Corte secondo il quale, in tema di confisca per equivalente, la “disponibilita’” del bene, quale presupposto del provvedimento, non coincide con la nozione civilistica di proprieta’, ma con quella di possesso, ricomprendendo tutte quelle situazioni nelle quali il bene stesso ricade nella sfera degli interessi economici del reo, ancorche’ il potere dispositivo su di esso venga esercitato tramite terzi, e si estrinseca in una relazione connotata dall’esercizio dei poteri di fatto corrispondenti al diritto di proprieta’ (da ultimo Sez. 3, n. 4887 del 13/12/2018, dep. 31/01/2019, De Nisi, Rv. 274852).
E la “disponibilita’” in capo al (OMISSIS) delle vetture intestate alle srl (OMISSIS) ed (OMISSIS) era circostanza tratta da una pluralita’ di elementi di fatto, tutti convergenti nel confermarla: il succedersi di tali realta’ societarie nel rivestire l’attivita’ di compravendita di autovetture condotta dal (OMISSIS), costantemente negli anni, nei medesimi locali ed attraverso lo stesso sito internet (gia’ peraltro utilizzati nel gestire la srl (OMISSIS), attivita’ dalla quale erano derivate al (OMISSIS) le accuse mossegli), le conversazioni intercettate dalle quali si era potuto evincere come egli avesse la diretta disponibilita’ dei beni, delle autovetture, formalmente intestate alle societa’.
4. Difetta, poi, di specificita’ la censura relativa alla mancata verifica della eventuale capienza del residuo patrimonio del (OMISSIS) (e di altro indagato, mai attinto da alcuna ulteriore argomentazione o doglianza per cui non e’ dato comprendere il ruolo) perche’ solo ipotizza che il medesimo possieda altri beni e perche’ non tiene conto del fatto che, come si e’ ricordato, il Decreto Legislativo n. 74 del 2000, articolo 12 sexies consente, comunque, di apporre il vincolo ai beni di cui l’indagato abbia la “disponibilita’”, senza posporli a quelli di cui l’indagato vanti anche la proprieta’ formale.
5. Al complessivo rigetto del ricorso segue la condanna della ricorrente al pagamento delle spese processuali.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali.

 

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