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Corte di Cassazione, sezione II, sentenza 14 maggio 2014, n. 10599. Prove raccolte in differenti procedimenti, siano essi civili e penali. La possibilità per il giudice civile, a seguito dell'entrata in vigore del nuovo codice di procedura penale, di accertare autonomamente, con pienezza di cognizione, i fatti dedotti in giudizio e di pervenire a soluzioni e qualificazioni non vincolate all'esito del processo penale, non comporta alcuna preclusione per detto giudice di utilizzare come fonte del proprio convincimento le prove raccolte in un giudizio penale e di fondare il proprio giudizio su elementi e circostanze già acquisiti con le garanzie di legge in quella sede, procedendo a tal fine a diretto esame del contenuto del materiale probatorio ovvero ricavandoli dalla sentenza penale o, se necessario, dagli atti del relativo processo, in modo da individuare esattamente i fatti materiali accertati per poi sottoporli a proprio vaglio critico svincolato dalla interpretazione e dalla valutazione che ne abbia dato il giudice penale

Suprema Corte di Cassazione sezione II sentenza 14 maggio 2014, n. 10599 Svolgimento del processo Con atto di citazione notificato il 26 luglio 1995, M.E. conveniva in giudizio, dinnanzi al Tribunale di Roma, U.M.D. , esponendo che era figlia naturale riconosciuta di P.A. , deceduto in (omissis) ; che il riconoscimento era avvenuto con testamento...

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Corte di Cassazione, sezione III, sentenza 14 maggio 2014, n. 19883. Ai fini di presentazione di un ricorso per il riesame di una misura di custodia cautelare, nel caso di comunicazione di copia di atti per mezzo telefax, da ufficio ad ufficio, la data di pervenimento dell’impugnazione, ai fini del decorso dei termini (5 giorni), previsti dall’art. 309, comma 5, c.p.p., è quella in cui il fax con la copia dell’istanza originale perviene alla cancelleria del tribunale del riesame competente

Suprema Corte di Cassazione sezione III sentenza 14 maggio 2014, n. 19883 Svolgimento del processo Con l’ordinanza in epigrafe il tribunale del riesame di Torino confermò l’ordinanza emessa il 21.6.2013 dal Gip del tribunale di Torino, che aveva applicato a T.M. la misura cautelare della custodia in carcere in relazione ai reati di cui all’art....

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Corte di Cassazione, sezione III, sentenza 14 maggio 2014, n. 19848. Il Tribunale di Vasto dichiarava colpevole la titolare di uno stabilimento balneare della contravvenzione di cui agli artt. 81 cpv, 8 comma 1 e 26 comma 2 della legge n. 977/1967 (come modificati dagli artt. 9 e 14 del D. Lvo 345/1999) per avere, in tempi diversi ed in esecuzione del medesimo disegno criminoso, assunto due minori con le mansioni di bagnino senza sottoporli a preventiva visita medica al fine di stabilire l'idoneità psicofisica all'attività lavorativa cui sarebbero stati adibiti. Accolto il ricorso in cassazione poichè nel caso di specie i due giovani in servizio presso lo stabilimento balneare gestito dall'imputata, essendo risultati in possesso di regolare abilitazione alla attività di "bagnino di salvataggio" circostanza pacifica oltre che documentata, avevano già superato favorevolmente la visita medica finalizzata proprio ad accertarne l'idoneità psicofisica alla particolare attività lavorativa a cui sono stati adibiti e quindi il reato non sussiste

Suprema Corte di Cassazione sezione III sentenza 14 maggio 2014, n. 19848 Ritenuto in fatto 1. Il Tribunale di Vasto con sentenza 14.11.2008 ha dichiarato M.A. colpevole della contravvenzione di cui agli artt. 81 cpv, 8 comma 1 e 26 comma 2 della legge n. 977/1967 (come modificati dagli artt. 9 e 14 del D....

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Corte di Cassazione, sezione lavoro, sentenza 14 maggio 2014, n. 10425. La responsabilità dell'imprenditore ex art. 2087 cod. civ. non configura un'ipotesi di responsabilità oggettiva, ma non è circoscritta alla violazione di regole d'esperienza o di regole tecniche preesistenti e collaudate, essendo sanzionata dalla norma l'omessa predisposizione di tutte le misure e cautele atte a preservare l'integrità psicofisica del lavoratore nel luogo di lavoro, tenuto conto della concreta realtà aziendale e della maggiore o minore possibilità di indagare sull'esistenza di fattori di rischio in un determinato momento storico. Pertanto, qualora sia accertato che il danno è stato causato dalla nocività dell'attività lavorativa per esposizione all'amianto, è onere del datore di lavoro provare di avere adottato, pur in difetto di una specifica disposizione preventiva, le misure generiche di prudenza necessarie alla tutela della salute dal rischio espositivo secondo le conoscenze del tempo di insorgenza della malattia, essendo irrilevante la circostanza che il rapporto di lavoro si sia svolto in epoca antecedente all'introduzione di specifiche norme per il trattamento dei materiali contenenti amianto, quali quelle contenute nel d.lgs. 15 agosto 1991, n. 277, successivamente abrogato dal d.lgs. 9 aprile 2008, n. 81.

Suprema Corte di Cassazione sezione lavoro sentenza 14 maggio 2014, n. 10425 Fatto e diritto l. Con sentenza del 5.2.2007, la Corte d’appello di Catanzaro ha confermato la sentenza del tribunale di Paola che aveva accolto la domanda, proposta dagli eredi di R.S. nei confronti di Rete Ferroviaria Italiana spa, avente ad oggetto il risarcimento...

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Corte di Cassazione, sezione I, sentenza 5 maggio 2014, n. 18332. In tema di omicidio, la reiterazione di colpi di coltello può integrare l'aggravante dell'avere agito con crudeltà qualora, il numero dei colpi inferti, non sia soltanto funzionale al delitto, ma costituisca espressione della volontà di infliggere alla vittima sofferenze che esulano dal normale processo di causazione dell'evento morte

suprema CORTE DI CASSAZIONE sezione I sentenza 5 maggio 2014, n. 18332 Rilevato in fatto  Con sentenza in data 2.2.2012 il GUP del Tribunale di Forlì, a seguito di giudizio abbreviato, ha condannato L.L. alla pena complessiva di anni trenta di reclusione per i seguenti delitti: – capo a) omicidio in danno di G.S. ,...