Articolo

Corte di Cassazione, sezione VI, sentenza 19 novembre 2014, n. 47897. In tema di evasione dagli arresti domiciliari in una fattispecie in tutto sovrapponibile a quella di specie, agli effetti dell'art. 385 cod. pen. deve intendersi per abitazione il luogo in cui la persona conduce la propria vita domestica e privata con esclusione di ogni altra appartenenza (aree condominiali, dipendenze, giardini, cortili e spazi simili) che non sia di stretta pertinenza dell'abitazione e non ne costituisca parte integrante; e ciò al fine di agevolare i controlli di polizia sulla reperibilità dell'imputato, che devono avere il carattere della prontezza e della non alcatorietà (fattispecie in cui l'imputato, all'atto del controllo, si trovava in uno spazio condominiale esterno alla sua abitazione e proveniva da un altro appartamento). E' stato chiarito che il concetto di abitazione comprende sia il luogo in cui il soggetto conduce la propria vita domestica che le sue pertinenze esclusive. Se ne inferisce che, nel concetto di domicilio, si devono comprendere i terrazzi ed i giardini di pertinenza esclusiva dell'abitazione, ma non gli ambienti condominiali, quali i pianerottoli, le scale ed i cortili interni, in quanto di libero accesso ed in uso da parte di altri, come i condomini e coloro i quali siano legittimati da essi ad accedervi. L'allontanamento dal luogo di restrizione (in regime di arresti domiciliari così come di detenzione domiciliare) può dunque essere legittimamente sanzionato solo ed in quanto il soggetto si allontani dall'abitazione propriamente detta, ovvero dai luoghi che, in quanto in uso esclusivo delle persone che dispongano dell'alloggio, debbano considerarsi a tutti gli effetti parti di essa, in quanto – giusta il delineato carattere di esclusività -precluse all'accesso dei terzi estranei (salvo, ovviamente, il consenso dell'avente diritto)

Suprema Corte di Cassazione sezione VI sentenza 19 novembre 2014, n. 47897 Ritenuto in fatto 1. Con sentenza del 9 maggio 2013, la Corte d’appello di Caltanissetta ha confermato la sentenza dell’11 novembre 2010, con la quale il Tribunale di Gela condannava P.C.O. alla pena di mesi sei di reclusione, in relazione al reato di...

Articolo

Corte di Cassazione, sezioni unite, sentenza 6 novembre 2014, n. 23676. l'istituto dell'impresa familiare risulta incompatibile con la disciplina societaria

Suprema Corte di Cassazione sezioni unite sentenza 6 novembre 2014, n. 23676 REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE SEZIONI UNITE CIVILI Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Dott. ROVELLI Luigi Antonio – Primo Presidente f.f. Dott. RORDORF Renato – Presidente di Sez. Dott. DI PALMA Salvatore – Consigliere Dott. BERNABAI...

Articolo

Corte di Cassazione, sezione VI, ordinanza 19 novembre 2014, n. 24678. Ai sensi dell'art. 82 del r.d. n. 37 del 1934, il procuratore che eserciti il suo ministero fuori della circoscrizione del tribunale cui è assegnato deve eleggere domicilio, all'atto di costituirsi in giudizio, nel luogo dove ha sede l'ufficio giudiziario presso il quale è in corso il processo, intendendosi, in difetto, che egli abbia eletto domicilio presso la cancelleria della stessa autorità giudiziaria. Ne consegue che tale domicilio assume rilievo ai fini della notifica della sentenza per il decorso del termine breve per l'impugnazione, nonché per la notifica dell'atto di impugnazione, rimanendo di contro irrilevante l'indicazione della residenza o anche l'elezione del domicilio fatta dalla parte stessa nella procura alle liti. Né risulta che l'odierno ricorrente abbia comunicato l'indirizzo di posta elettronica certificata idoneo a sostituire la domiciliazione ex lege di cui al citato art. 82.

Suprema Corte di Cassazione sezione VI ordinanza 19 novembre 2014, n. 24678 Svolgimento del processo E stata depositata la seguente relazione. “1. La Telecom Italia s.p.a. convenne in giudizio, davanti al Tribunale di Milano, M.G. , in proprio e nella qualità di titolare dell’impresa omonima, chiedendo che fosse condannato al risarcimento dei danni conseguenti al...

Articolo

Corte di Cassazione, sezione II, sentenza 20 novembre 2014, n. 24707. Non è illegittimo adibire l'abitazione privata condominiale ad attività commerciale di “affitta camere”, purché non si dimostri l'effettivo pregiudizio in danno ai vicini di casa. Le disposizioni contenute nel regolamento condominiale che si risolvano nella compressione delle facoltà e dei poteri inerenti al diritto di proprietà dei singoli partecipanti, devono essere espressamente e chiaramente manifestate dal testo o, comunque, devono risultare da una volontà desumibile in modo non equivoco da esso. L'interpretazione del giudice di merito del regolamento condominiale è insindacabile dalla Cassazione salvo vizi logici. E il giudice di appello, nel caso di specie, con ragionamento «coerente» e «logico» ha ritenuto che il regolamento non vietasse l'attività ricettiva «tenuto conto che la destinazione a civile abitazione costituisce il presupposto per la utilizzazione di una unità abitativa ai fini dell'attività di bed and breakfast». Una affermazione coerente anche con il regolamento regionale del Lazio n. 16 del 2008, in cui si chiarisce che l'utilizzo degli appartamenti a tale scopo non comporta il cambio di destinazione d'uso ai fini urbanistici.

Suprema Corte di Cassazione sezione II sentenza 20 novembre 2014, n. 24707 Svolgimento del processo Con atto di citazione notificato il 23 settembre 2003. il condominio di via (omissis) – via (OMISSIS) , sito in XXXX, evocava dinanzi al Tribunale di Roma B.M.A. e M.M.L. dolendosi che le convenute, esercitando negli appartamenti di loro proprietà...

Articolo

Corte di Cassazione, sezione tributaria, sentenza 5 novembre 2014, n. 23550. Il contribuente non può appellare la sentenza della Ctr contestando come la decisione sia stata presa solo sulla scorta di operazioni oggettivamente e non anche soggettivamente inesistenti, come appurato dall'Agenzia delle entrate in fase di accertamento

Suprema Corte di Cassazione sezione tributaria sentenza 5 novembre 2014, n. 23550 REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE SEZIONE TRIBUTARIA Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Dott. PICCININNI Carlo – Presidente Dott. CIRILLO Ettore – Consigliere Dott. VALITUTTI Antonio – rel. Consigliere Dott. MARULLI Marco – Consigliere Dott. TRICOMI Laura...

Articolo

Corte di Cassazione, sezione V, sentenza 18 novembre 2014, n. 47584. Perché possa ritenersi sussistente I'impossibilità assoluta a comparire per legittimo impedimento la quale costituisce condizione per il rinvio dell'udienza, è necessario che il difensore indichi le ragioni che non hanno consentito la nomina di un sostituto, atteso che provvedere alta propria sostituzione non è facoltà discrezionale del difensore medesimo e che anzi integra un suo preciso dovere indicare le ragioni per cui gli è impossibile farlo; cosicchè è onere del difensore che presenta istanza di rinvio dell'udienza per legittimo impedimento dare giustificazione della mancata nomina dì un sostituto la cui necessità è desumibile, oltreché da ragioni d'ordine sistematico, dall'ultimo periodo dell'art. 420 ter comma c.p.p.Nel caso si specie si è, pertanto, correttamente posta nell'alveo di legittimità la decisione della Corte terriroiale che ha rigettato la doglianza relativa all'omesso riconoscimento dell'assoluto impedimento del difensore rispetto ad un ricovero programmato ed iniziato quasi una settimana prima dell'udienza prevista – ad onta della asserita urgenza del suo verificarsi – considerando non assoluto l'impedimento e ingiustificata la non sostituibilità dello stesso professionista nell'espletamento dell'incarico nell'ambito dei quale aveva chiesto di far valere l'impedimento per ottenere il rinvio della udienza

Suprema Corte di Cassazione sezione V sentenza 18 novembre 2014, n. 47584 Ritenuto in fatto 1. Con sentenza del 11.12.2012 la Corte di appello di Napoli, a seguito di gravame interposto dall’imputato M.G. avverso la sentenza emessa il 14.5.2008 dal Tribunale della stessa città, ha confermato detta sentenza con la quale l’imputato è stato riconosciuto...