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Corte di Cassazione, sezione IV, sentenza 10 luglio 2015, n. 29799. Il conducente del veicolo può andare esente da responsabilità, in caso di investimento del pedone, non per il solo fatto che risulti accertato un comportamento colposo (imprudente o in violazione di una specifica regola comportamentale) del pedone (una tale condotta risulterebbe, invero, concausa dell’evento lesivo, come anche nella specie ritenuto, penalmente non rilevante per escludere la responsabilità del conducente: cfr. art. 41, comma primo, cod. pen.), ma occorre che la condotta del pedone configuri, per i suoi caratteri, una vera e propria causa eccezionale, atipica, non prevista né prevedibile, che sia stata da sola sufficiente a produrre l’evento (cfr. art. 41, secondo comma, cod. pen.). Ciò che può ritenersi solo allorquando il conducente del veicolo investitore (nella cui condotta non sia ovviamente ravvisabile alcun profilo di colpa, vuoi generica vuoi specifica) si sia trovato, per motivi estranei ad ogni suo obbligo di diligenza, nella oggettiva impossibilità di avvistare il pedone e di osservarne, comunque, tempestivamente i movimenti, attuati in modo rapido, inatteso, imprevedibile. Solo in tal caso, infatti, l’incidente potrebbe ricondursi, eziologicamente, proprio ed esclusivamente alla condotta del pedone, avulsa totalmente dalla condotta del conducente ed operante in assoluta autonomia rispetto a quest’ultima

Suprema Corte di Cassazione sezione IV sentenza 10 luglio 2015, n. 29799 Ritenuto in fatto 1. Con sentenza del 17/7/2014 la Corte d’appello di Campobasso, ribadito il giudizio di penale responsabilità, con le già concesse attenuanti generiche considerate prevalenti sulla contestata aggravante, e la diminuente per il rito abbreviato, riduceva a cinque mesi e dieci...

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Corte di Cassazione, sezione V, sentenza 10 luglio 2015, n. 29859. E’ configurabile il delitto di “stalking” quando, come previsto dall’articolo 612 bis cod.pen., comma 1, il comportamento minaccioso o molesto di taluno, posto in essere con condotte reiterate, abbia cagionato nella vittima o un grave e perdurante stato di turbamento emotivo ovvero abbia ingenerato un fondato timore per l’incolumità propria o di un prossimo congiunto o di persona al medesimo legata da relazione affettiva ovvero ancora abbia costretto lo stesso ad alterare le proprie abitudini di vita, bastando, inoltre, ad integrare la reiterazione quale elemento costitutivo del suddetto reato come dianzi affermato, anche due sole condotte di minaccia o di molestia. Trattasi, in tutta evidenza, di un reato che prevede eventi alternativi, la realizzazione di ciascuno dei quali è, dunque, idonea ad integrarlo, dovendosi, in particolare, intendere per alterazione delle proprie abitudini di vita, ogni mutamento significativo e protratto per un apprezzabile lasso di tempo dell’ordinaria gestione della vita quotidiana, indotto nella vittima, come nel caso in esame, dalla condotta persecutoria altrui (quali danneggiamenti e atti idonei a provocare lesioni), finalizzato ad evitare l’ingerenza nella propria vita privata del molestatore

Suprema Corte di Cassazione sezione V sentenza 10 luglio 2015, n. 29859 Ritenuto in fatto 1. La Corte di Appello di Brescia, con sentenza del 31 ottobre 2014, ha confermato la sentenza del Tribunale di Brescia dell’11 aprile 2014 che aveva condannato N.Y. per il delitto di atti persecutori in danno dell’ex compagna e madre...

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Corte di Cassazione, sezione III, sentenza 24 giugno 2015, n. 26517. Il giudizio sul fumus commissi delicti, che giustifica il sequestro preventivo in vista della confisca, non si accontenta dell’astratta configurabilità del reato e impone al giudice di valutare le concrete risultanze processuali insieme con gli elementi forniti dalle parti e di indicare le ragioni a sostegno di un giudizio prognostico negativo sull’indagato

Suprema Corte di Cassazione sezione III sentenza 24 giugno 2015, n. 26517 REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE SEZIONE TERZA PENALE Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Dott. SQUASSONI Claudia – Presidente Dott. AMORESANO Silvio – Consigliere Dott. ORILIA Lorenzo – rel. Consigliere Dott. RAMACCI Luca – Consigliere Dott. GAZZARA...

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Corte di Cassazione, sezione II, sentenza 7 luglio 2015, n. 28827. In tema di durata della custodia cautelare, l’astensio­ne dei difensori dalle udienze, proclamato in conformità del codice di autoregolamentazione e prontamente comunicato al giudice, costi­tuendo un esercizio di un diritto di libertà, determina la sospensione dei termini di durata della custodia cautelare ex art. 304, comma pri­mo, lett. a) cod. proc. pen., con la conseguenza che nel computo del limite temporale massimo, pari al doppio dei termini di fase, deve te­nersi conto anche del periodo relativo al rinvio della udienza; a) L’astensione del difensore dalle udienze, in adesione a disposi­zione indette dalle organizzazioni professionali di categoria, non è riconducibile nell’ambito dell’istituto del legittimo impe­dimento, perché è espressione dell’esercizio di un diritto di li­bertà il cui corretto esercizio, attuato in ottemperanza a tutte le prescrizione formali e sostanziali indicate dalla pluralità delle fonti regolatrici, impone il rinvio dell’udienza (anche delle udienze camerali); b) L’astensione del difensore dall’attività di udienza quale condot­ta susseguente all’adesione alle iniziative di categoria profes­sionale ed in quanto esercizio di un diritto, rientra fra le ipotesi di cui all’art. 304 I^ comma lett. a) c.p.p. ; c) L’ipotesi di cui all’art. 304 I^ comma lett. a) cod.proc.pen. prevede la sospensione dei termini di custodia cautelare, con il limite massimo previsto dal VI comma del doppio dei termini di fase

Suprema Corte di Cassazione sezione II sentenza 7 luglio 2015, n. 28827 Motivi della decisione A.A., imputato della violazione dell’art. 416 bis c.p., in atti sottoposto al regime della carcerazione preventiva, trami­te il difensore ricorre per Cassazione avverso l’ordinanza 9.10.2014 con la quale il Tribunale di Catanzaro, giudicando in fase di appello ex art. 3...