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Consiglio di Stato, adunanza plenaria, sentenza 28 gennaio 2015, n. 1. La prova di ammissione ad un corso universitario può essere richiesta per il solo accesso al primo anno di studi e non anche nel caso di domande di trasferimento da università di altri Stati membri per gli anni successivi, in conformità al principio di libera circolazione dei cittadini dell'Unione europea e nel rispetto degli obiettivi perseguiti dalle norme nazionali in materia

Consiglio di Stato adunanza plenaria sentenza 28 gennaio 2015, n. 1 REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO IL CONSIGLIO DI STATO IN SEDE GIURISDIZIONALE ADUNANZA PLENARIA ha pronunciato la presente SENTENZA sul ricorso numero di registro generale 24 di A.P. del 2014, proposto da: Università degli Studi di Messina, in persona del legale rappresentante...

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Consiglio di Stato, sezione IV, sentenza 27 gennaio 2015, n. 375. Il dispositivo integra esercizio della potestà giurisdizionale, e costituisce momento decisorio che si consuma con l'esternazione del comando, come normalmente è per ogni manifestazione giurisdizionale. La sentenza non può quindi mai contenere motivazioni, ed un correlato comando, tali da porsi in radicale ed insanabile contrasto con il comando innanzi reso pubblico. Ove ciò avvenga, l'antinomia può essere contestata dalla parte soccombente, a mezzo di gravame, e determina la nullità della sentenza, ossia della complessiva manifestazione giurisdizionale costituita dal dispositivo anticipato e dalla successiva incompatibile motivazione. Non v'è invece spazio per il procedimento di correzione di errore materiale – al più esperibile in caso di contrasto tra dispositivo e motivazione quando essi siano contestuali, e sempre che dal contesto emerga con evidenza il refuso – posto che, quando il dispositivo è reso pubblico anticipatamente, l'ordinamento è proteso ad elidere la possibilità, od anche il solo sospetto, che vi possa essere un successivo "ripensamento" del giudice

Consiglio di Stato sezione IV sentenza 27 gennaio 2015, n. 375 REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO IL CONSIGLIO DI STATO IN SEDE GIURISDIZIONALE SEZIONE QUARTA ha pronunciato la presente SENTENZA sul ricorso numero di registro generale 7896 del 2014, proposto da: L’O. Soc.Coop. Arl in proprio ed in qualità di Mandataria del RTI...

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Consiglio di Stato, sezione IV, sentenza 27 gennaio 2015, n. 371. La normativa di cui al D.Lgs. 17-8-1999 n. 334, costituisce l'applicazione della direttiva 96/82/CE relativa al controllo dei rischi di incidenti rilevanti connessi con determinate sostanze pericolose. Le principali misure di prevenzione previste sono tese ad imporre cautela e controlli suoi luoghi e sul processo produttivo, in modo che il rischio sia neutralizzato e depotenziato nella sua fonte. Altre e più avanzate misure di prevenzione si rivolgono invece al territorio circostante la fonte di rischio e sono tese ad evitare che l'inurbamento aggravi gli effetti di un eventuale fallimento delle misure di prevenzione primarie. L' aggravamento del rischio è evitato, in particolare, attraverso l'imposizione di "opportune distanze" tra stabilimenti a rischio ed insediamenti ed infrastrutture. Il legislatore italiano con l'art. 14 del d.lgs cit. ha previsto che: 1) gli enti locali debbano revisionare la pianificazione urbanistica in modo che gli insediamenti residenziali risultino ubicati ad "opportuna distanza" da quelli industriali a rischio; 2) nella more dell'aggiornamento della pianificazione (luogo deputato al contemperamento dell'interesse urbanistico con quello alla sicurezza) il titolo edilizio debba essere rilasciato "previo parere tecnico dell'autorità competente…, sui rischi connessi alla presenza dello stabilimento". Le esigenze di prevenzione legate al rischio industriale sono state cioè esaurientemente garantite sul versante urbanistico, per il necessario tramite della pianificazione: livello in cui evidentemente l'interesse alla sicurezza si confronta con armonico e funzionale sviluppo edilizio, la conservazione e valorizzazione degli ambiti di godimento e fruizione collettiva, ossia con tutti gli aspetti del possibile utilizzo del territorio secondo criteri urbanistici ma anche socio economici, calibrati sulla realtà territoriale di riferimento considerata nella sua specificità locale. A livello edilizio, ossia attuativo delle previsioni urbanistiche, se e sino a quando queste ultime non siano state ancora revisionate in funzione di prevenzione, le esigenze di prevenzione invece sfuggono a considerazioni di carattere generale e complessivo tipiche della pianificazione, e non possono che concentrarsi sull'eventuale aggravamento del rischio legate al nuovo insediamento residenziale. Talché, ove l'organo tecnico, nell'esercizio delle proprie valutazioni tecnico discrezionali, ravvisi, alla luce della dimensione, dell'ubicazione e delle caratteristiche della progettata iniziativa edilizia e del contesto territoriale nella quale si insedia, un aggravamento del rischio o comunque, non possa escluderlo con ragionevole certezza in forza del principio di cautela, l'amministrazione procedente non ha ulteriori margini. Pretendere che a fronte di un parere tecnico che rileva dei rischi o un aggravamento di quelli esistenti, il funzionario possa valorizzare, in occasione della singola istanza edilizia, altri interessi che consentano l'accettazione del rischio, o addirittura, elementi infrastrutturali o contingenti che ne consentano il superamento, costituisce un quid pluris non previsto dalla legge ed, a ben vedere, sul piano della ragionevolezza, una vera e propria ipocrisia giuridica. I margini d'azione sono piuttosto quelli forniti, ed anzi resi doverosi, dal principio di proporzionalità, sicché se il rischio risiede nelle dimensioni o nell'ubicazione di parti del complesso edilizio non v'è ragione per inibire in radice l'iniziativa edificatoria, dovendosi valutare modifiche idonee a rendere eventualmente compatibile il progetto

Consiglio di Stato sezione IV sentenza 27 gennaio 2015, n. 371 REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO IL CONSIGLIO DI STATO IN SEDE GIURISDIZIONALE SEZIONE QUARTA ha pronunciato la presente SENTENZA sul ricorso numero di registro generale 5373 del 2013, proposto da: Comune di Genova, in persona del Sindaco p.t., rappresentato e difeso dagli...

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Consiglio di Stato, sezione VI, sentenza 2 febbraio 2015, n. 463. In sede di ricorso innanzi al Consigli di Stato, con la rinuncia al ricorso esperito in primo grado e conseguentemente, agli effetti della sentenza annullata, si verifica l'annullamento senza rinvio di quest'ultima, configurandosi un'ipotesi di sopravvenuta difetto di interesse alla decisione

Consiglio di Stato sezione VI sentenza 2 febbraio 2015, n. 463 REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO IL CONSIGLIO DI STATO IN SEDE GIURISDIZIONALE SEZIONE SESTA ha pronunciato la presente SENTENZA sul ricorso numero di registro generale 152 del 2014, proposto dall’ Autorita’ per l’energia elettrica e il gas (AEEG), rappresentata e difesa per...

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Consiglio di Stato, sezione III, sentenza 3 febbraio 2015, n. 520. In conseguenza dell'entrata in vigore del D.P.R. n. 761 del 1979, il riconoscimento della qualifica di preposto ad una Sezione di Specialità (ex art. 9, D.P.R. 128 del 1969) opera solo su un piano strettamente morale e professionale del sanitario, dando risalto alla specialità dell'impegno, ma non esplica alcun effetto ai fini della differenziazione del trattamento economico dell'aiuto che vi sia preposto

Consiglio di Stato sezione 3 Sentenza 3 febbraio 2015, n. 520 REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO IL CONSIGLIO DI STATO IN SEDE GIURISDIZIONALE SEZIONE TERZA ha pronunciato la presente SENTENZA sul ricorso numero di registro generale 1048 del 2009, proposto da: Ma.Ma.Fi.An., rappresentato e difeso dall’avv. An.Ni., con domicilio eletto presso lo studio...