Nel corso del giudizio di opposizione il debitore esecutato venga dichiarato fallito

Corte di Cassazione, sezione terza civile, Sentenza 5 settembre 2019, n. 22166

Massima estrapolata:

Se nel corso del giudizio di opposizione il debitore esecutato venga dichiarato fallito, il processo dovrà essere dichiarato interrotto, secondo la regola generale di cui all’art. 43, comma terzo, L.F.; la pretesa del terzo opponente dovrà essere accertata nel concorso degli altri creditori e, quindi, trasferirsi in sede fallimentare

Sentenza 5 settembre 2019, n. 22166

Data udienza 23 maggio 2019

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DE STEFANO Franco – Presidente

Dott. RUBINO Lina – Consigliere

Dott. ROSSETTI Marco – rel. Consigliere

Dott. TATANGELO Augusto – Consigliere

Dott. D’ARRIGO Cosimo – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA
sul ricorso 15237-2016 proposto da:
(OMISSIS) SRL in persona del legale rappresentante pro tempore Dott. (OMISSIS), domiciliata ex lege in ROMA, presso la CANCELLERIA DELLA CORTE DI CASSAZIONE, rappresentata e difesa dall’avvocato (OMISSIS);
– ricorrente –
contro
(OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), FALLIMENTO (OMISSIS) SAS, (OMISSIS) SPA, (OMISSIS), (OMISSIS);
– intimati –
avverso la sentenza n. 4753/2015 della CORTE D’APPELLO di ROMA, depositata il 04/08/2015;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 23/05/2019 dal Consigliere Dott. MARCO ROSSETTI;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. CARDINO ALBERTO che ha concluso per l’inammissibilita’ del ricorso in subordine l’accoglimento del 2 motivo del ricorso;
udito l’Avvocato (OMISSIS).

FATTI DI CAUSA

1. La societa’ (OMISSIS) s.p.a., creditrice della societa’ (OMISSIS) s.a.s. di (OMISSIS), nel 1997 inizio’ la procedura di espropriazione forzata su un immobile della societa’ debitrice.
Nelle more della procedura il credito azionato pervenne alla Societa’ (OMISSIS) – (OMISSIS) s.r.l.” odierna ricorrente.
2. Nel 2007 i coniugi (OMISSIS) e (OMISSIS) proposero opposizione di terzo all’esecuzione, ex articolo 619 c.p.c., esponendo che:
-) l’immobile pignorato apparteneva in passato, in parti uguali e pro indiviso, a (OMISSIS) e (OMISSIS), genitori dell’opponente (OMISSIS);
-) deceduta (OMISSIS) il (OMISSIS), la quota di lei (pari ad 1/2) si trasferi’ in parti uguali ai tre unici eredi: e dunque per 1/6 al coniuge (OMISSIS), per 1/6 al figlio (OMISSIS), e per 1/6 alla figlia (OMISSIS);
-) il 16.2.1985 (OMISSIS), con atto ricevuto dal cancelliere della Pretura di Latina, dichiaro’ di rinunciare alla sua quota di eredita’ in favore dei figli (OMISSIS) e (OMISSIS);
-) tale rinuncia era tuttavia inefficace, perche’ al momento dell’apertura della successione di (OMISSIS), (OMISSIS) si trovava gia’ nel possesso dell’immobile, ove esercitava l’attivita’ di, impresa alberghiera, e la rinuncia era avvenuta oltre il termine per il compimento di essa, imposto all’articolo 485 c.c. nel caso in cui l’erede si trovi nel possesso dei beni ereditari;
-) il 28.9.1985 (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS) con scrittura privata autenticata conferirono nella costituenda societa’ (OMISSIS) di (OMISSIS) s.a.s. le rispettive quote di proprieta’ dell’immobile;
-) i conferenti, reputando erroneamente che la rinuncia all’eredita’ da parte di (OMISSIS) fosse valida ed efficace, nell’atto di conferimento dichiararono che (OMISSIS) era comproprietario dell’immobile per 1/2, e che tale quota egli intendeva conferire nel capitale sociale della costituenda societa’; dichiararono altresi’ che (OMISSIS) e (OMISSIS) erano comproprietari dell’immobile ciascuno per 1/4, e che tale quota essi intendevano conferire nel capitale sociale della costituenda societa’;
-) tuttavia, per effetto della inefficacia della dichiarazione di rinuncia all’eredita’ da parte di (OMISSIS):
(a) questi aveva conferito nella societa’ la sola quota dichiarata nell’atto (1/2), e non la maggior quota di cui era effettivamente titolare (4/6);
(b) i due figli avevano potuto conferire nella societa’ la sola quota di cui erano effettivamente titolari (1/6 ciascuno), e non la maggior quota dichiarata nell’atto di conferimento (1/4 ciascuno);
-) (OMISSIS) era rimasto, percio’, proprietario dell’immobile pignorato per la residua quota di un sesto, che non aveva mai ceduto ad altri; ed alla sua morte (avvenuta il (OMISSIS)) tale diritto si era trasferito jure successionis ad (OMISSIS) (oltre che, in pari misura, a (OMISSIS)), nella misura di un dodicesimo.
Conclusero pertanto gli opponenti chiedendo:
-) l’accertamento della titolarita’ in capo ad (OMISSIS) della suddetta quota di comproprieta’ dell’immobile;
-) la dichiarazione di nullita’ dell’esecuzione;
-) la dichiarazione di inefficacia dell’atto di conferimento delle suddette quote di proprieta’ immobiliari nel capitale sociale della (OMISSIS) s.a.s..
3. Nel giudizio intervenne l’altra figlia di (OMISSIS), (OMISSIS), allegando i medesimi fatti appena esposti, e formulando domande coincidenti con quelle proposte da (OMISSIS).
4. Nelle more del giudizio la societa’ (OMISSIS), per effetto del trasferimento delle quote, muto’ ragione sociale in (OMISSIS) s.a.s..
5. Con sentenza 20.10.2011 n. 2705 il Tribunale di Latina rigetto’ l’opposizione.
Ritenne il Tribunale che:
-) l’articolo 485 c.c. non s’applica quando il chiamato all’eredita’ sia nel possesso dei beni non a titolo successorio, ma “per altro e diverso titolo”, come era avvenuto nel caso di specie, in cui (OMISSIS) gia’ prima della morte della moglie possedeva l’immobile in quanto gestore dell’impresa alberghiera ivi esercitata;
-) di conseguenza la rinuncia all’eredita’ compiuta da (OMISSIS) era valida ed efficace.
6. La sentenza venne appellata da (OMISSIS) e (OMISSIS) in via principale e da (OMISSIS) in via incidentale adesiva.
Nelle more del giudizio d’appello la (OMISSIS) s.a.s. venne dichiarata fallita.
7. La Corte d’appello di Roma con sentenza 4.8.2015 n. 4753 accolse parzialmente il gravame.
La Corte d’appello ritenne che:
-) l’eccezione con cui la (OMISSIS) aveva invocato il principio della salvezza dell’acquisto compiuto dall’erede apparente (articolo 534 c.c.) era inammissibile perche’ tardiva (in quanto sollevata nella comparsa conclusionale depositata in primo grado, e non rilevabile d’ufficio); -) la decadenza dal diritto di rinunciare all’eredita’ prevista dall’articolo 485 c.c. s’applica in ogni caso, quale che sia il titolo in base al quale il chiamato all’eredita’ si trovi nel possesso dei beni caduti in successione;
-) (OMISSIS), pertanto, non aveva mai rinunciato all’eredita’ pervenutagli dalla moglie;
-) di conseguenza, quando venne costituita la (OMISSIS) s.a.s., egli conferi’ in essa una quota di proprieta’ immobiliare minore di quella di cui era effettivamente titolare; i suoi due figli, per contro, conferirono nel capitale sociale una quota superiore a quella di cui erano effettivamente titolari.
Sulla base di questi argomenti la Corte d’appello:
-) dichiaro’ integralmente nulla la procedura esecutiva;
-) dichiaro’ di “rigettare” la domanda formulata dagli opponenti di dichiarazione di inefficacia, limitatamente alla quota di 1/6, dell’atto con cui (OMISSIS) e (OMISSIS) conferirono nella (OMISSIS) s.a.s.. le quote di loro proprieta’ dell’immobile, sul presupposto che essi non avevano interesse all’accoglimento di tale domanda, “avendo gli stessi opponenti dato causa alla costituzione di (OMISSIS) s.a.s. ed al conferimento alla stessa delle quote del complesso immobiliare”.
8. La sentenza d’appello e’ stata impugnata per cassazione dalla (OMISSIS), con ricorso fondato su due motivi ed illustrato da memoria.
Nessuno degli intimati si e’ difeso.

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. I motivi di ricorso.
1.1. Col primo motivo la societa’ ricorrente lamenta la nullita’ della sentenza, ai sensi dell’articolo 132 c.p.c., n. 4, per contraddittorieta’ insanabile.
Osserva che la Corte d’appello da un lato ha dichiarato nulla la procedura esecutiva, perche’ avente ad oggetto l’espropriazione d’un bene che era in parte di proprieta’ dell’opponente, terzo estraneo; dall’altro, pero’, ha rigettato la domanda di dichiarazione di inefficacia dell’atto con cui i (OMISSIS) avevano previamente conferito nella (OMISSIS) s.a.s. le rispettive quote di comproprieta’ dell’immobile.
Deduce la ricorrente che le due affermazioni sono tra loro inconciliabili, poiche’ se l’atto di conferimento era valido ed efficace, il conferimento aveva prodotto i suoi effetti e la societa’ esecutata era dunque proprietaria esclusiva dell’immobile pignorato.
La dichiarazione di inefficacia dell’atto era dunque “il logico presupposto” per l’accoglimento dell’opposizione, sicche’, mancando quella, non poteva pronunciarsi questa.
1.2. Col secondo motivo la ricorrente lamenta la violazione delle regole sull’interpretazione dei contratti.
Il motivo formula una censura cosi’ riassumibile:
-) quando (OMISSIS) (OMISSIS) e (OMISSIS) conferirono nella (OMISSIS) s.a.s. le rispettive quote di comproprieta’ dell’immobile, il loro intento era quello di attribuire alla societa’ l’intera proprieta’ dell’immobile;
-) questo intento e’ stato accertato dalla stessa Corte d’appello;
-) la Corte, pertanto, ha interpretato l’atto di conferimento dell’immobile nel capitale sociale senza tenere conto della effettiva volonta’ delle parti, ne’ della causa concreta del negozio.
2. Inammissibilita’ dell’opposizione proposta da (OMISSIS).
2.1. Risulta dalla sentenza impugnata che l’opposizione di terzo all’esecuzione, ex articolo 619 c.p.c., e’ stata proposta anche da (OMISSIS), coniuge di (OMISSIS).
(OMISSIS) si afferma, in tesi, comproprietario dell’immobile oggetto dell’espropriazione, ed e’ incontroverso che tale quota gli sia pervenuta a titolo successorio.
Tuttavia i beni acquisiti da uno dei coniugi a titolo successorio dopo il matrimonio non cadono in comunione, ai sensi dell’articolo 179 c.c., comma 1, lettera (b). Ove, poi, quel bene fosse stato acquistato da (OMISSIS) prima del matrimonio, esso sarebbe ugualmente sottratto alla comunione legale, ai sensi dell’articolo 179 c.c., comma 1, lettera (a).
Questa Corte deve di conseguenza rilevare d’ufficio l’inammissibilita’ dell’opposizione esecutiva proposta da (OMISSIS), per difetto di interesse ai sensi dell’articolo 100 c.p.c. e, di conseguenza, cassare senza rinvio in parte qua la sentenza impugnata, giacche’ quella opposizione non poteva essere proposta.
3. Inammissibilita’ del ricorso nei confronti del fallimento.
3.1. Il 21.10.2013, nel corso del giudizio di appello, la societa’ esecutata (OMISSIS) s.a.s. e’ stata dichiarata fallita.
La societa’ qui ricorrente non ha tuttavia indicato se il processo di esecuzione sia stato dichiarato improcedibile, ne’ se e quali istanze abbia, in quel processo, rivolto il curatore al giudice dell’esecuzione, ed in particolare se abbia formulato istanza di subentro nella posizione del debitore esecutato, oppure di improcedibilita’, ai sensi dell’articolo 107 L. Fall., nel testo applicabile ratione temporis.
La (OMISSIS), nondimeno, ha allegato al proprio ricorso copia di un “rapporto sullo stato della procedura”, inviato dal curatore fallimentare della (OMISSIS) s.a.s. al giudice delegato al fallimento, dal quale risulta che:
(a) (OMISSIS) e (OMISSIS) hanno formulato domanda di rivendica in sede fallimentare, ai sensi (deve ritenersi) dell’articolo 93, comma 1, L. Fall.;
(b) su tali domande il Giudice Delegato ha deliberato di “accogliere la domanda di rivendica subordinatamente all’esito del giudizio in corso”.
Il “giudizio in corso” cui fa riferimento il suddetto rapporto non puo’ che essere il presente.
La societa’ qui ricorrente, (OMISSIS) s.r.l., sulla base di tale provvedimento del Giudice Delegato al fallimento ha dedotto (p. 8, primo capoverso, del ricorso) di avere, per effetto di esso, interesse alla coltivazione del presente giudizio, dal momento che dall’esito di questo dipendera’ la sorte della domanda di rivendica proposta dagli odierni intimati in sede fallimentare.
3.2. Per stabilire se persista un interesse della (OMISSIS) alla coltivazione del presente giudizio, nonostante il debitore esecutato sia stato dichiarato fallito ed i terzi opponenti abbiano proposto domanda di rivendica in sede fallimentare, fondata sugli stessi fatti posti a fondamento dell’opposizione esecutiva, occorre brevemente ricordare, ai limitati fini che qui rilevano, quali interrelazioni vengano a costituirsi tra la procedura concorsuale e il processo civile di opposizione all’esecuzione, quando l’opponente sia un terzo che rivendichi la proprieta’ d’una parte del bene pignorato.
3.3. Chi rivendica la proprieta’ d’un bene immobile acquisito dal curatore all’attivo fallimentare ha l’onere di proporre la domanda di rivendicazione in sede fallimentare, con ricorso al giudice delegato, ex articolo 93, comma 1, L. Fall..
Su tale domanda decidera’ il giudice delegato con decreto, ai sensi dell’articolo 96 L. Fall., avverso il quale il rivendicante potra’ proporre opposizione al Tribunale, ai sensi dell’articolo 98, comma 2 e articolo 99, L. Fall..
3.4. Il giudizio di opposizione di terzo all’esecuzione ex articolo 619 c.p.c., proposto da chi intenda vantare la proprieta’, la comproprieta’ od altro diritto reale sul bene pignorato, non ha invece ad oggetto l’accertamento della proprieta’ di quel bene, e non e’ assimilabile ad una azione di rivendica.
L’opposizione di terzo ex articolo 619 c.p.c., infatti, ha lo scopo non gia’ di fare stabilire con efficacia di giudicato a chi appartenga il bene pignorato, ma quello di sottrarre all’esecuzione uno dei beni che ne era stato colpito, mediante un accertamento solo incidentale, e non idoneo al giudicato, della sussistenza del diritto reale del terzo opponente sul bene stesso (ex permultis, Sez. 3, Sentenza n. 19761 del 13/11/2012, Rv. 624413; Sez. 3, Sentenza n. 694 del 29/01/1981, Rv. 411161 – 01; Sez. 3, Sentenza n. 6497 del 15/12/1980, Rv. 410268 – 01; Sez. 3, Sentenza n. 2639 del 25/05/1978, Rv. 392000 – 01; Sez. 3, Sentenza n. 3277 del 05/12/1962, Rv. 254819 – 01).
L’oggetto del giudizio introdotto dall’opposizione di terzo ex articolo 619 c.p.c. e’ dunque costituito non gia’ dall’accertamento della proprieta’, ma dall’accertamento dell’illegittimita’ dell’esecuzione. Ne discende che esso non puo’ che celebrarsi nei confronti del debitore esecutato: una medesima esecuzione, infatti, non potrebbe mai ritenersi legittima nei confronti del debitore, ed illegittima nei confronti del terzo opponente.
Pertanto, se nel corso del giudizio di opposizione il debitore esecutato venga dichiarato fallito, il processo dovra’ essere dichiarato interrotto, secondo la regola generale di cui all’articolo 43, comma 3, L. Fall.; la pretesa del terzo opponente dovra’ essere accertata nel concorso degli altri creditori e quindi trasferirsi in sede fallimentare; l’eventuale riassunzione del processo nei confronti della curatela, compiuta da qualunque parte vi avesse interesse, potra’ mettere capo ad una sentenza meramente dichiarativa e non di condanna, inopponibile al fallimento, ed il cui unico scopo potrebbe essere soltanto quello di costituire un titolo da far valere, da parte del terzo opponente o del creditore procedente, nei confronti del fallito se questi dovesse tornare in bonis, oppure se il bene oggetto dell’opposizione dovesse restare invenduto all’esito della chiusura del fallimento.
3.5. E’ alla luce di questi principi che deve giudicarsi la vicenda processuale che oggi ci occupa.
Dall’applicazione di essi discende che il giudice delegato, quando ha ritenuto di “accogliere la domanda di rivendica” proposta dagli eredi (OMISSIS) “subordinatamente all’esito del giudizio in corso”, ha pronunciato in sostanza un provvedimento analogo all’ammissione con riserva dei crediti al passivo fallimentare, secondo la previsione di cui all’articolo 96, comma 3, n. 3, L. Fall., evidentemente apparentando la domanda di rivendicazione, sulla quale vi era gia’ stata una pronuncia in sede di opposizione all’esecuzione, a quella di insinuazione al passivo di crediti accertati con sentenza non passata in giudicato, pronunziata prima della dichiarazione di fallimento.
3.5.1. Vero e’ che la domanda di rivendicazione proposta in sede fallimentare puo’ essere dal giudice delegato accolta tout court o rigettata, ma non puo’ essere ammessa con riserva, poiche’ l’ammissione con riserva e’ consentita nei soli casi tassativamente previsti dalla legge (articolo 96, comma 2, L. Fall.), e tra questi non rientra l’ipotesi in cui il Giudice Delegato dubiti della proprieta’ del bene rivendicato (cosi’ Sez. 1 -, Sentenza n. 20191 del 18/08/2017, Rv. 645395 – 01; per l’affermazione dello stesso principio, Sez. 1, Sentenza n. 7297 del 10/04/2015, Rv. 635250 – 01).
Tuttavia non risulta che la suddetta decisione del giudice delegato abbia formato oggetto di opposizione ai sensi dell’articolo 98 L. Fall., ne’ la (OMISSIS), la quale ne aveva il relativo onere, ex articolo 366 c.p.c., nn. 3 e 6, ha mai dedotto che una simile opposizione sia stata da essa proposta.
In mancanza di quell’opposizione, pertanto, non puo’ in questa sede sindacarsi la correttezza della suddetta scelta del giudice delegato, ovvero quella di ammettere con riserva una domanda di rivendicazione. Diversamente opinando, si perverrebbe al non consentito esito di trasformare questo giudizio di opposizione in un riesame della decisione adottata dal Giudice delegato.
3.6. Occorre ora chiedersi se la sentenza impugnata dinanzi a questa Corte, conclusiva del giudizio di opposizione di terzo all’esecuzione, nuoccia alla posizione della (OMISSIS), e se di conseguenza questa abbia un interesse giuridico, ex articolo 100 c.p.c., alla sua rimozione.
A tale ultimo quesito deve darsi risposta negativa.
Del giudizio di opposizione all’esecuzione, anche dopo il fallimento della (OMISSIS), la Corte d’appello non rilevo’ l’avvenuta interruzione ope legis, ai sensi dell’articolo 43, comma 3, L. Fall..
Ne’ la (OMISSIS) risulta mai avere provveduto, anche di sua iniziativa, a notificare alla curatela un atto di riassunzione o di denuntiatio litis.
Il grado di appello del giudizio di opposizione, in definitiva, si e’ celebrato e si e’ concluso in assenza della curatela della (OMISSIS) s.a.s.: al fallimento, pertanto, la sentenza d’appello che ha accolto l’opposizione degli eredi (OMISSIS) non potrebbe mai essere opposta.
Orbene, se il giudizio di opposizione ex articolo 619 c.p.c. si e’ concluso con una sentenza inopponibile al fallimento, cio’ vuol dire che la pretesa del terzo opponente nei confronti della curatela non ha trovato conferma giudiziale; che di conseguenza la “condizione” posta dal giudice delegato all’accoglimento della domanda di rivendica proposta dagli eredi (OMISSIS) in sede fallimentare non si e’ avverata; e che pertanto la sentenza impugnata per cassazione non nuoce alla posizione della (OMISSIS), ma anzi le giova, perche’ comportera’ in sede fallimentare il rigetto della pretesa dei terzi.
Sarebbe stato onere dei terzi opponenti (ovvero i germani (OMISSIS), per il gia’ visto difetto di legittimazione della sua coniuge (OMISSIS)), semmai, impugnare per cassazione una sentenza d’appello che, non essendo stata pronunciata nei confronti della giusta parte (il fallimento), precludeva loro di far valere il relativo accertamento in sede fallimentare, secondo la “riserva” apposta dal giudice delegato all’accoglimento della domanda di rivendica.
3.7. In conclusione, il ricorso proposto dalla (OMISSIS) e’ inammissibile per carenza di interesse, in quanto:
(a) la mancata riassunzione del processo d’appello nei confronti della curatela fallimentare ha fatto si’ che la sentenza d’appello fosse a questa inopponibile;
(b) l’inopponibilita’ della sentenza d’appello alla curatela fallimentare comporta ex se il mancato avveramento della “condizione” apposta dal giudice delegato all’accoglimento della domanda di rivendica proposta dai germani (OMISSIS) (condizione della cui apposizione nessuna delle parti risulta essersi tempestivamente doluta nelle sedi e con le forme appropriate);
(c) il mancato avveramento della suddetta condizione comportera’ il rigetto della domanda di rivendica in sede fallimentare, e priva la (OMISSIS) di interesse ad impugnare una sentenza che, lungi dal nuocerle, le giova.
4. Il residuo (ed eventuale) interesse della (OMISSIS).
4.1. S’e’ gia’ detto (supra, § 3.4 della motivazione) come l’esito del presente giudizio di opposizione di terzo, inopponibile al fallimento che non vi ha preso parte, avrebbe potuto conservare una astratta rilevanza per il creditore procedente (OMISSIS), nell’eventualita’ in cui la societa’ fallita dovesse tornare in bonis, oppure il fallimento dovesse chiudersi senza che il bene oggetto dell’esecuzione forzata sia stato venduto.
La sussistenza di tale residuo interesse impedisce di dichiarare sic et simpliciter inammissibile il ricorso proposto dalla (OMISSIS) ed impone di esaminarne il merito, beninteso al limitato fine e per la sola eventualita’ di cui si e’ appena detto.
4.2. Nei circoscritti limiti di cui si e’ detto, ambedue i motivi di ricorso sono fondati.
Fondato e’, innanzitutto, il motivo col quale la societa’ ricorrente lamenta la nullita’ della sentenza per insanabile contraddittorieta’ della motivazione.
La Corte d’appello, infatti, investita (anche) d’una domanda di dichiarazione di inefficacia dell’atto con cui i congiunti (OMISSIS) conferirono nel capitale sociale della (OMISSIS) s.a.s. l’immobile oggetto del contendere, da un lato ha ritenuto che l’atto di conferimento ebbe un oggetto diverso da quanto in esso dichiarato e sulla base di questo rilievo ha accolto l’opposizione; dall’altro pero’ ha ritenuto che gli opponenti non “avessero interesse” ad una sentenza di inefficacia di quell’atto.
Cosi’ giudicando, pero’, la Corte d’appello ha in definitiva sancito l’inefficacia parziale dell’atto di conferimento compiuto dai tre signori (OMISSIS) (reputando che (OMISSIS) avesse conferito meno di quanto dichiarato ed i suoi figli avessero conferito piu’ di quanto dichiarato) e nello stesso tempo ha rigettato la domanda di accertamento dell’inefficacia del suddetto atto.
La Corte d’appello ha percio’ compiuto due affermazioni oggettivamente contraddittorie, da un lato accertando l’inefficacia parziale d’un atto e dall’altro reputando inammissibile per difetto di interesse la domanda di accertamento della suddetta inefficacia.
4.3. Fondato, altresi’, e’ il secondo motivo di ricorso.
E’ noto che i contratti ed i negozi giuridici unilaterali debbano essere interpretati non solo in base alla lettera, ma anche, e principalmente, indagando la volonta’ delle parti che li hanno posti in essere (articolo 1362 c.c., comma 1); e che tale volonta’ debba desumersi dalla condotta complessiva delle parti, anche posteriore alla stipula (articolo 1362 c.c., comma 2).
Nel caso di specie, la Corte d’appello doveva stabilire quali fossero gli effetti di un atto di conferimento di un immobile nel capitale sociale d’una societa’ di persone.
L’atto venne compiuto dai tre comproprietari dell’immobile, ciascuno dei quali dichiaro’ di voler conferire per intero la quota di cui riteneva di essere titolare.
Evidente era dunque l’intento dei tre soggetti conferenti di attribuire alla societa’ l’intera proprieta’ del complesso immobiliare.
Dunque il conferimento, da parte dei due germani (OMISSIS), di una quota nominale di proprieta’ superiore a quella effettivamente posseduta, costituiva per la societa’ un acquisto a non domino, e per i conferenti un atto dispositivo avente ad oggetto una cosa altrui.
Ma poiche’ il reale dominus della quota ceduta da chi non ne aveva la legittimazione ( (OMISSIS)) era presente all’atto, non solo nulla osservo’, ma anzi diede volontariamente esecuzione al negozio, manifesto’ in tal modo ha facta concludentia la volonta’ di ratificare il conferimento in societa’ dell’intera sua quota, sebbene compiuto in parte non da lui, ma dai suoi figli.
4.4. Dai fatti sopra evidenziati discende, quale conseguenza giuridica, una duplice violazione dell’articolo 1362 c.c., comma 2, da parte della Corte d’appello.
Questa, infatti, in primo luogo ha ritenuto che una quota dell’immobile conferito in societa’ fosse rimasta in proprieta’ del conferente (OMISSIS), nonostante la evidente volonta’ delle parti di conferire nel capitale sociale della (OMISSIS) s.a.s. tutte le quote di cui erano titolari nella convinzione che la loro somma corrispondesse appunto alla totalita’ delle quote, e quindi di rendere la costituenda societa’ proprietaria dell’intero immobile.
In secondo luogo, ed in ogni caso, la Corte d’appello ha violato l’articolo 1362 c.c., comma 2, per non avere tenuto conto che (OMISSIS), quand’anche per ipotesi avesse davvero conferito nel capitale sociale una quota di proprieta’ dell’immobile inferiore a quella di cui era effettivamente titolare, in ogni caso nulla oppose al conferimento in societa’ della sua quota restante di proprieta’ immobiliare da parte dei suoi figli, in tal modo manifestando la volonta’ di accettarne l’operato e ratificarlo, volonta’ di per se’ idonea a rendere valido e produttivo di effetti il negozio dispositivo compiuto da parte di un soggetto diverso da quello avente la proprieta’ della cosa che ne costituisce l’oggetto (cosi’ gia’ Sez. 3, Sentenza n. 1838 del 19/03/1980, Rv. 405457 – 01, sia pure in fattispecie in parte diversa da quella qui in esame).
4.5. La ritenuta erroneita’ della sentenza impugnata non ne impone la cassazione con rinvio.
Infatti, non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, la causa puo’ essere decisa nel merito, rigettando l’opposizione proposta da (OMISSIS) con l’originario ricorso e da (OMISSIS) con atto di intervento.
5. Le spese.
5.1. Nei rapporti tra la (OMISSIS) da un lato, ed i tre opponenti dall’altro, le spese seguono la soccombenza.
La decisione nel merito impone a questa Corte di provvedere anche sulle spese dei gradi di merito, che saranno liquidate nel dispositivo.
5.2. Nei rapporti tra la (OMISSIS) e le altre parti non e’ luogo a provvedere sulle spese, attesa la indefensio degli intimati in questa sede.

P.Q.M.

la Corte di cassazione:
(-) cassa senza rinvio la sentenza impugnata nella parte in cui ha provveduto sull’opposizione per come proposta da (OMISSIS), perche’ la domanda non poteva essere proposta;
(-) dichiara inammissibile il ricorso proposto nei confronti della curatela del fallimento della (OMISSIS) s.a.s.;
(-) cassa la sentenza impugnata nei confronti di (OMISSIS) e (OMISSIS) e, decidendo nel merito, rigetta l’opposizione da questi ultimi proposta, nei limiti e per gli effetti di cui in motivazione;
(-) condanna (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS), in solido, alla rifusione in favore di (OMISSIS) s.r.l. delle spese del primo grado di giudizio, che si liquidano nella somma di Euro 10.543, di cui 200 per spese vive, oltre I.V.A., cassa forense e spese forfettarie Decreto Ministeriale 10 marzo 2014, n. 55, ex articolo 2, comma 2;
(-) condanna (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS), in solido, alla rifusione in favore di (OMISSIS) s.r.l. delle spese del giudizio di appello, che si liquidano nella somma di Euro 8.266, di cui 200 per spese vive, oltre I.V.A., cassa forense e spese forfettarie Decreto Ministeriale 10 marzo 2014, n. 55, ex articolo 2, comma 2;
(-) condanna (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS), in solido, alla rifusione in favore di (OMISSIS) s.r.l. delle spese del presente giudizio di legittimita’, che si liquidano nella somma di Euro 6.271, di cui 200 per spese vive, oltre I.V.A., cassa forense e spese forfettarie Decreto Ministeriale 10 marzo 2014, n. 55, ex articolo 2, comma 2.

 

In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.

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