Scritture contabili ed il valore probatorio tra imprenditori anche dichiarati falliti

Corte di Cassazione, civile,
Ordinanza|11 gennaio 2023| n. 532.

Scritture contabili ed il valore probatorio tra imprenditori anche dichiarati falliti

Le disposizioni degli artt. 2709 e 2710 cod. civ., le quali regolano l’efficacia probatoria delle scritture contabili contro l’imprenditore e nei rapporti tra imprenditori, non precludono al giudice la possibilità di trarre dai libri contabili di una delle parti, regolarmente tenuti, elementi indiziari atti a concretare, in concorso con altre risultanze, una valida prova per presunzione anche a favore dell’imprenditore che i libri stessi ha prodotto in giudizio
L’art. 2710 cod. civ., il quale dispone che i libri bollati e vidimati nelle forme di legge, quando sono regolarmente tenuti, possono fare prova tra gli imprenditori per i rapporti inerenti all’esercizio dell’impresa, trova applicazione anche nel caso in cui una delle parti sia stata dichiarata fallita (o insolvente) ove si tratti di provare un rapporto obbligatorio sorto anteriormente alla dichiarazione di fallimento e nel quale l’organo concorsuale sia subentrato, riguardando le prove, anche in tal caso, un rapporto sorto tra imprenditori e proseguito con le medesime regole

Ordinanza|11 gennaio 2023| n. 532. Scritture contabili ed il valore probatorio tra imprenditori anche dichiarati falliti

Data udienza 7 dicembre 2022

Integrale

Tag/parola chiave: Vendita – Fallimento – Decreto ingiuntivo – Libri bollati e vidimarti – Art. 2710 cc – Scritture contabili – valore probatorio

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DI VIRGILIO Rosa Maria – Presidente

Dott. MOCCI Mauro – Consigliere

Dott. GRASSO Giuseppe – Consigliere

Dott. VARRONE Luca – rel. Consigliere

Dott. OLIVA Stefano – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 35721/2019 R.G. proposto da:
CURATELA FALLIMENTO (OMISSIS) SRL, domiciliato ex lege in ROMA, PIAZZA CAVOUR presso la CANCELLERIA della CORTE di CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato (OMISSIS) ((OMISSIS));
– ricorrente –
contro
(OMISSIS) SPA, elettivamente domiciliate in (OMISSIS) presso lo studio dell’avv.to (OMISSIS) ((OMISSIS)) che lo rappresenta e difende;
– controricorrente –
avverso la SENTENZA della CORTE D’APPELLO di MESSINA n. 16/2019 depositata il 14/01/2019;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 07/12/2022 dal Consigliere VARRONE LUCA.

Scritture contabili ed il valore probatorio tra imprenditori anche dichiarati falliti

FATTI DI CAUSA

1. Il Tribunale di Patti rigettava l’opposizione proposta dalla societa’ fratelli (OMISSIS) al decreto ingiuntivo emesso in favore del fallimento di (OMISSIS) per il pagamento della somma di Euro 53.322,67, dovuta dall’opponente secondo le risultanze dei libri contabili della fallita. A parere del Tribunale la societa’ opponente, la quale non aveva contestato l’esistenza del debito, non aveva dimostrato di aver provveduto al pagamento, non potendo valere allo scopo il timbro sulle fatture ne’ il mastrino conto della societa’ o l’estratto del libro giornale.
2. La societa’ (OMISSIS) proponeva appello avverso la suddetta sentenza.
3. Si costituiva in giudizio la curatela del fallimento (OMISSIS), chiedendo il rigetto del gravame.
4. La Corte d’Appello di Messina preliminarmente rigettava la richiesta di prova gia’ negativamente valutata dal primo giudice e non riproposta all’udienza di precisazione delle conclusioni in primo grado con evidente rinuncia secondo il consolidato orientamento giurisprudenziale.
5. Inoltre, la Corte d’Appello riteneva corretta la valutazione del primo giudice rispetto alla valutazione della prova documentale rispetto alle fatture prodotte dalla societa’ fratelli (OMISSIS) le quali non contenevano alcuna quietanza in favore della stessa ma solo il timbro dell’emittente (OMISSIS), quanto poi al maestrino conto altrettanto corretta era l’osservazione che si trattava di un mero documento di formazione interna alla ditta debitrice senza valenza di prova.
5.1 Invece, la Corte d’Appello riteneva erronea la valutazione del primo giudice circa l’esclusione della valenza probatoria delle risultanze del libro giornale perche’ mancante di vidimazione. Tale vidimazione al contrario era presente ed era costituita dal bollo apposto su ogni pagina dal notaio (OMISSIS). Trovava applicazione, pertanto, l’articolo 2710 c.c. secondo cui la scrittura, trattandosi di rapporti tra imprenditori, aveva valore di prova. D’altra parte, vi era annotato che il 24 marzo 2000 erano state pagate le fatture nn. (OMISSIS) emesse entrambe il 1 marzo 2000, mentre quanto alla fattura n. (OMISSIS), emessa il 5 aprile, risultava che in data 7 aprile 2000 era stato versato un acconto di Lire 6.000.000, nonche’ in data 26 aprile 2000 altro acconto per Lire 10.074.000 e poi era stato versato in data 3 maggio 2000 il saldo di Lire 2.899.238. In relazione alla fattura n. (OMISSIS) del 10 maggio 2000, il 16 maggio 2000 era stato versato l’acconto di Lire 1.500.000, altro acconto di Lire 10.700.000 il 16 maggio 2000 con assegno e il 17 maggio 2000 il saldo di Lire 764.000. In relazione alle fatture nn. (OMISSIS) del 12 giugno 2000 risultava versato un acconto di Lire 7.000.000 per la prima e di Lire 8.000.000 per la seconda, nella stessa giornata e il 16 giugno 2000 si provvedeva al saldo di entrambe con assegno. Le fatture nn. (OMISSIS) del 2 agosto 2000 erano state saldate con titoli in pari data. La medesima scrittura recava la precisazione, per ogni acconto e saldo, che la corresponsione era avvenuta per cassa o con assegno e con l’indicazione degli estremi del titolo. inoltre tutte le operazioni ivi registrate erano intervallate tra altre operazioni riscontrabili come il pagamento di stipendi dei contributi e delle spettanze di altri fornitori. In siffatta situazione non era difficile credere che la prova del pagamento con assegno non era stata possibile a causa del decorso del tempo che aveva comportato per la banca l’impossibilita’ di dare riscontro alla negoziazione. L’appello, pertanto, poteva essere accolto essendovi sufficiente prova del pagamento delle fatture azionate.
6. La curatela del fallimento (OMISSIS) ha proposto ricorso per cassazione avverso la suddetta sentenza sulla base di tre motivi di ricorso.
7. La societa’ Fratelli (OMISSIS) Srl poi divenuta (OMISSIS) S.p.A. ha resistito con controricorso.
8. La parte ricorrente, con memoria depositata in prossimita’ dell’udienza, ha insistito nella richiesta di accoglimento del ricorso.

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RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Il primo motivo di ricorso e’ cosi’ rubricato: violazione e falsa applicazione dell’articolo 2710 c.c. error in iudicando.
Secondo la societa’ ricorrente la Corte d’Appello avrebbe erroneamente applicato la citata disposizione codicistica che, invece, non puo’ applicarsi nei confronti del curatore fallimentare che mantiene la qualita’ di terzo. L’articolo 2710 c.c. conferisce efficacia probatoria ai libri regolarmente tenuti solo tra imprenditori per i rapporti inerenti all’esercizio dell’impresa, mentre non trova applicazione nei confronti del curatore del fallimento il quale agisce non in via di successione del rapporto precedentemente facente capo al fallito ma nella sua funzione di gestione del patrimonio del medesimo, non potendo pertanto in tale veste essere annoverato tra i soggetti considerati dalla norma. In latri termini, il dettato normativo di cui agli articoli 2709 e 2710 c.c., secondo il quale i libri e le altre scritture contabili delle imprese, quando sono regolarmente tenuti, possono fare prova tra gli imprenditori per i rapporti inerenti all’esercizio dell’impresa non si puo’ applicare nei confronti del curatore del fallimento nei casi in cui agisca non in via di successione di un rapporto precedentemente facente capo al fallito ma nella sua funzione di gestione del patrimonio di costui.
1.1 il primo motivo di ricorso e’ infondato.
Il collegio intende dare continuita’ al seguente principio di diritto: L’articolo 2710 c.c., il quale dispone che i libri bollati e vidimati nelle forme di legge, quando sono regolarmente tenuti, possono fare prova tra gli imprenditori per i rapporti inerenti all’esercizio dell’impresa, trova applicazione anche nel caso in cui una delle parti sia stata dichiarata fallita (o insolvente) ove si tratti di provare un rapporto obbligatorio sorto anteriormente alla dichiarazione di fallimento e nel quale l’organo concorsuale sia subentrato, riguardando le prove, anche in tal caso, un rapporto sorto tra imprenditori e proseguito con le medesime regole” (Sez. 1, Sentenza n. 7285 del 22/03/2013, Rv. 626044 – 01).
Tale principio si colloca in linea di continuita’ con quello affermato dalla sentenza delle sezioni Unite n. 4213 del 20/02/2013 citate dal ricorrente nel motivo di ricorso e cosi’ massimata: “L’articolo 2710 c.c., che conferisce efficacia probatoria tra imprenditori, per i rapporti inerenti all’esercizio dell’impresa, ai libri regolarmente tenuti, non trova applicazione nei confronti del curatore del fallimento il quale agisca non in via di successione di un rapporto precedentemente facente capo al fallito, ma nella sua funzione di gestione del patrimonio del medesimo, non potendo egli, in tale sua veste, essere annoverato tra i soggetti considerati dalla norma in questione, operante soltanto tra imprenditori che assumano la qualita’ di controparti nei rapporti d’impresa”.
In entrambi i casi si distingue il caso della curatela che agisca nella sua funzione di gestione del patrimonio del fallito da quello in cui agisca in via di successione di un rapporto precedentemente facente capo al fallito.

Scritture contabili ed il valore probatorio tra imprenditori anche dichiarati falliti

La curatela del fallimento nel presente giudizio ha agito per ottenere il pagamento di crediti maturati dalla fallita in relazione alla sua attivita’ imprenditoriale svolta nel periodo precedente il fallimento e, dunque, ha agito come successore della societa’ fallita nel diritto controverso, sicche’ in questo caso trova applicazione l’articolo 2710 c.c..
2. Il secondo motivo di ricorso e’ cosi’ rubricato: Violazione o falsa ed errata applicazione dell’articolo 2710 c.c. per omesso esame di fatti e circostanze decisive per il giudizio.
Secondo il ricorrente il valore probatorio delle scritture contabili, nella specie rappresentato dall’estratto del libro giornale, non sarebbe sufficiente a provare il pagamento delle fatture azionate in via monitoria. Le scritture contabili, infatti, non hanno valore di prova legale a favore dell’imprenditore che le ha redate e qualora lo stesso intenda utilizzarle come mezzo di prova, ai sensi dell’articolo 2710 c.c., pur se regolarmente tenute devono essere valutate liberamente dal giudice che deve stabilire se ed in quale misura siano attendibili, in concorso con altre risultanze probatorie idonee a dimostrarne la veridicita’.
Nella specie mancavano ulteriori elementi anche indiziari tali da consentire di interpretare le scritture a favore della controparte anche perche’ vi erano pagamenti in contanti registrati per cassa, circostanza che, a parere della ricorrente, sarebbe inverosimile. Peraltro, sarebbe erronea l’argomentazione della Corte d’Appello secondo cui il decorso del tempo aveva reso per la banca impossibile dare riscontro della negoziazione degli assegni. Le fatture erano emesse nell’anno 2000, come i pagamenti, mentre la richiesta ex articolo 210 c.p.c. e’ stata avanzata dalla Fratelli (OMISSIS) per la prima volta il 14 novembre 2014 ed e’ stata ritenuta inammissibile perche’ tardiva oltre che formulata in violazione dell’articolo 2697 c.c.. Il decreto ingiuntivo risaliva invece all’anno 2006 appena sei anni dopo l’asserito presunto pagamento sicche’ a quella data la Fratelli (OMISSIS) avrebbe potuto chiedere all’istituto di credito copia degli assegni atteso che l’articolo 119 TUB dispone che le banche devono fornire al cliente che lo richieda copia della documentazione inerente a singole operazioni poste in essere negli ultimi 10 anni.
3. Il terzo motivo di ricorso e’ cosi’ rubricato: violazione e falsa applicazione dell’articolo 116 c.p.c. per omesso esame di fatti e circostanze decisive per il giudizio.
La censura e’ in parte ripetitiva della precedente e fa riferimento al comportamento della societa’ Fratelli (OMISSIS) nel corso del processo. Infatti, era stata fatta una proposta transattiva e, dunque, vi era stato un sostanziale riconoscimento del debito.
3.1 Il secondo e il terzo motivo di ricorso sono inammissibili. Il ricorrente richiede una diversa valutazione delle prove e in particolare di quanto risultante dal libro giornale regolarmente tenuto con vidimazione costituita dal bollo su ogni pagina apposto dal notaio (OMISSIS).

Scritture contabili ed il valore probatorio tra imprenditori anche dichiarati falliti

La statuizione della Corte d’Appello e’ conforme alla giurisprudenza di questa Corte e non e’ sindacabile nel merito.
Deve premettersi che: Le scritture contabili, pur se regolarmente tenute, non hanno valore di prova legale a favore dell’imprenditore che le ha redatte, spettando sempre la loro valutazione al libero apprezzamento del giudice, ai sensi dell’articolo 116 c.p.c., comma 1, la cui valutazione, se congruamente motivata, e’ insindacabile in sede di legittimita’” (Sez. 3, Sentenza n. 26216 del 06/12/2011, Rv. 620315 – 01).
La Corte d’Appello ha espressamente affermato che alla documentazione prodotta dalla societa’ Fratelli (OMISSIS) poteva attribuirsi valore di prova ex articolo 2710 c.c. ma non ha in alcun modo attribuito alla stessa valore di prova legale. Infatti, la Corte d’Appello, con ampia motivazione, ha esposto le ragioni per le quali le risultanze del libro giornale dovevano ritenersi veritiere. Infatti, dopo aver riportato quanto vi era annotato in relazione ad ognuna delle fatture costituenti titolo per il decreto ingiuntivo opposto ha evidenziato che la scrittura recava la precisazione, per ogni acconto e saldo, che la corresponsione era avvenuta per cassa o con assegno e con indicazione degli estremi del titolo. Inoltre tutte le operazioni ivi registrate erano intervallate tra altre operazioni riscontrabili, come il pagamento degli stipendi, dei contributi e delle spettanze di altri fornitori. In siffatta situazione risultava credibile il fatto che la prova del pagamento con assegno non era stata possibile a causa del decorso del tempo che aveva comportato per la banca l’impossibilita’ di dare riscontro alla negoziazione.
La motivazione della Corte d’Appello circa la corrispondenza al vero di quanto riportato nel libro giornale e’ sindacabile da questa Corte solo nei limiti di cui all’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 5, e tuttavia, il ricorrente non indica alcun omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio oggetto di discussione tra le parti.
3.2 Il collegio intende dare continuita’ al seguente principio di diritto: “Le disposizioni degli articoli 2709 e 2710 c.c., le quali regolano l’efficacia probatoria delle scritture contabili contro l’imprenditore e nei rapporti tra imprenditori, non precludono al giudice la possibilita’ di trarre dai libri contabili di una delle parti, regolarmente tenuti, elementi indiziari atti a concretare, in concorso con altre risultanze, una valida prova per presunzione anche a favore dell’imprenditore che i libri stessi ha prodotto in giudizio” (Sez. 2, Sentenza n. 9968 del 16/05/2016, Rv. 639753 – 01).
Peraltro, deve ribadirsi anche che: “in tema di presunzioni semplici, gli elementi assunti a fonte di prova non debbono essere necessariamente piu’ d’uno, ben potendo il giudice fondare il proprio convincimento su uno solo di essi, purche’ grave e preciso, dovendo il requisito della “concordanza” ritenersi menzionato dalla legge solo in previsione di un eventuale, ma non necessario, concorso di piu’ elementi presuntivi. La valutazione della rilevanza di tale elemento nell’ambito del processo logico applicato in concreto non e’ sindacabile in sede di legittimita’ purche’ sia sorretta da motivazione adeguata e logicamente non contraddittoria” (ex plurimis Sez. 1, Ord. n. 23153 del 2018; Sez. 5, Sent. n. 656 del 2014; Sez. 2, Sent. n. 4406 del 1999).
3.3 Quanto alla dedotta violazione dell’articolo 116 c.p.c., in aggiunta alle motivazioni esposte e’ sufficiente richiamare la pronuncia di questa Corte a Sezioni Unite secondo la quale: la doglianza circa la violazione dell’articolo 116 c.p.c. e’ ammissibile solo ove si alleghi che il giudice, nel valutare una prova o, comunque, una risultanza probatoria, non abbia operato – in assenza di diversa indicazione normativa – secondo il suo “prudente apprezzamento”, pretendendo di attribuirle un altro e diverso valore oppure il valore che il legislatore attribuisce ad una differente risultanza probatoria (come, ad esempio, valore di prova legale), oppure, qualora la prova sia soggetta ad una specifica regola di valutazione, abbia dichiarato di valutare la stessa secondo il suo prudente apprezzamento, mentre, ove si deduca che il giudice ha solamente male esercitato il proprio prudente apprezzamento della prova, la censura e’ ammissibile, ai sensi del novellato articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 5, solo nei rigorosi limiti in cui esso ancora consente il sindacato di legittimita’ sui vizi di motivazione. (Sez. U, Sent. n. 20867 del 2020).

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D’altra parte, il ricorrente fa riferimento alla erronea valutazione da parte della Corte d’Appello del comportamento processuale della controparte, in particolare con riferimento alle trattative intercorse per la bonaria composizione della controversia. Tuttavia, le trattative per la soluzione bonaria da un lato non hanno quale precipuo presupposto l’ammissione totale o parziale della pretesa avversaria e dall’altro, trattandosi di attivita’ riconducibile al difensore della parte e non a questa personalmente, non rappresentano alcun riconoscimento dell’altrui diritto. Infatti, le ammissioni presenti negli atti difensivi, sottoscritti unicamente dal procuratore ad litem, non hanno natura confessoria, ma valore di indizi liberamente valutabili dal giudice per la formazione del suo convincimento mentre, qualora siano contenute in atti stragiudiziali, non hanno neppure tale ultimo valore. (Sez. 6-2, Ord. n. 7702 del 2019).
4. Il ricorso e’ rigettato.
5. Le spese del giudizio seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo.
6. Ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1-quater, si da’ atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso principale, a norma del comma 1-bis dello stesso articolo 13, se dovuto.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimita’ nei confronti della parte controricorrente che liquida in Euro 5600, piu’ 200 per esborsi, oltre al rimborso forfettario al 15% IVA e CPA come per legge;
ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1 quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, articolo 1, comma 17, dichiara la sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso principale, a norma dello stesso articolo 13, comma 1-bis, se dovuto;

 

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