Rito sommario ed il termine per l’impugnazione dell’ordinanza

Corte di Cassazione, civile, Sentenza|5 ottobre 2022| n. 28975.

Rito sommario ed il termine per l’impugnazione dell’ordinanza

Nelle controversie regolate dal rito sommario, il termine (di trenta giorni) per l’impugnazione dell’ordinanza ai sensi dell’art. 702 quater c.p.c. decorre, per la parte costituita, dalla sua comunicazione o notificazione e non dal giorno in cui essa sia stata eventualmente pronunciata e letta in udienza, secondo la previsione dell’art. 281 sexies c.p.c.; in mancanza delle suddette formalità l’ordinanza, a norma dell’art. 327 c.p.c., può essere impugnata nel termine di sei mesi dalla pubblicazione.

Sentenza|5 ottobre 2022| n. 28975. Rito sommario ed il termine per l’impugnazione dell’ordinanza

Data udienza 13 settembre 2022

Integrale

Tag/parola chiave: Immigrazione – Protezione internazionale – Presupposti – Articoli 281 sexies e 702 quater cpc – Impugnazioni – Articoli 134 e 176 cpc – Criteri – Articolo 327 cpc – Termine per impugnare – Decorrenza – Articoli 133 e 702 bis cpc – Contraddittorio – Legge 133 del 2018 – Difetto di motivazione

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONI UNITE CIVILI

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SPIRITO Angelo – Primo Presidente f.f.

Dott. VIRGILIO Biagio – Presidente di Sez.

Dott. SESTINI Danilo – Consigliere

Dott. PATTI Adriano Piergiovanni – rel. Consigliere

Dott. GARRI Fabrizia – Consigliere

Dott. GIUSTI Alberto – Consigliere

Dott. MERCOLINO Guido – Consigliere

Dott. FALASCHI Milena – Consigliere

Dott. VINCENTI Enzo – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
(OMISSIS), elettivamente domiciliato in ROMA presso CANCELLERIA DELLA CORTE DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato (OMISSIS);
– ricorrente –
contro
MINISTERO DELL’INTERNO, in persona del Ministro pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO;
– resistente –
avverso la sentenza n. 4473/2019 della CORTE D’APPELLO di VENEZIA, depositata il 18/10/2019.
Udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 13/09/2022 dal Consigliere ADRIANO PIERGIOVANNI PATTI;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.ssa SANLORENZO Rita, che ha concluso per l’accoglimento del ricorso.

 

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FATTO

1. Con sentenza 18 ottobre 2019, la Corte d’appello di Venezia ha dichiarato inammissibile l’appello proposto da (OMISSIS), cittadino pakistano, avverso l’ordinanza di primo grado, che ne aveva rigettato le domande di protezione internazionale e umanitaria.
2. Essa ha cio’ ritenuto per la tardiva proposizione dell’impugnazione (notificata il 25 gennaio 2018), ben oltre il termine (che, se non rispettato, “produce gli effetti di cui all’articolo 2909 del codice civile”) di trenta giorni prescritto dall’articolo 702quater c.p.c. dalla data di lettura in essa dell’ordinanza impugnata (all’udienza dell’11 ottobre 2017): avendo negato la necessita’ di una sua comunicazione, a norma dell’articolo 176 c.p.c., a causa dell’assenza a tale lettura in udienza della parte costituita, per la ricostruzione della disciplina “coordinando le disposizioni dettate per il procedimento sommario di cognizione, con quelle relative alle ordinanze pronunciate nel corso del giudizio, ed infine con quanto previsto in materia di impugnazione in generale”.
3. Con atto notificato il 27 gennaio 2020, lo straniero ha proposto ricorso per cassazione con due motivi; il Ministero dell’Interno intimato ha depositato un atto di costituzione ai fini dell’eventuale partecipazione all’udienza di discussione ai sensi dell’articolo 370, comma 1, ultimo alinea c.p.c., cui non ha fatto seguito alcuna attivita’ difensiva.
4. All’adunanza camerale fissata, il collegio ha rinviato la trattazione del ricorso alla pubblica udienza, ravvisando la necessita’ di un approfondimento dell’Ufficio del Massimario e del Ruolo in ordine alla questione relativa alla decorrenza, per la parte costituita nelle controversie regolate dal rito sommario, del termine di impugnazione dell’ordinanza ai sensi dell’articolo 702quater c.p.c., anche quando ve ne sia stata comunicazione integrale da parte della cancelleria, dal giorno in cui essa sia stata pronunciata e letta in udienza, senza alcuna rilevanza della circostanza dell’avvenuta lettura alla fine dell’udienza, in assenza della parte, ne’ contestualmente alla trattazione della singola causa o di previo avviso ai difensori.

 

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5. Acquisita la relazione dell’Ufficio del Massimario, il Presidente Titolare della Sezione Lavoro, ritenendo la questione riguardare non soltanto l’ambito della protezione internazionale, ma essere di carattere generale e segnalando un contrasto di giurisprudenza, ha investito il Primo Presidente di questa Corte, con nota del 16 febbraio 2022, per valutare l’opportunita’ di rimettere il ricorso alle Sezioni Unite.
Esso e’ stato quindi fissato dal Primo Presidente per essere trattato all’odierna pubblica udienza, nella quale e’ intervenuto il solo Sostituto Procuratore Generale, richiedente la pubblica discussione, che ha concluso, previo deposito di memoria, per l’accoglimento del ricorso.

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo, il ricorrente deduce violazione e falsa applicazione, ai sensi dell’articolo 281sexies c.p.c., per erronea conformazione ad un modello procedimentale, a trattazione orale con pronuncia di sentenza al termine della discussione con lettura del dispositivo contestuale alla concisa esposizione delle ragioni della decisione, di uno diverso, quale quello sommario di cognizione, decisorio con ordinanza emessa fuori udienza nei confronti del richiedente, parte odierna ricorrente, non contumace, destinataria di comunicazione da parte della cancelleria, avvenuta soltanto il 28 dicembre 2017.
2. Con il secondo, egli deduce violazione e falsa applicazione, ai sensi dell’articolo 281sexies c.p.c., per non essere stato il difensore del richiedente avvisato, all’udienza dell’H ottobre 2017, che il giudice avrebbe letto il dispositivo in udienza dopo la camera di consiglio.
3. Essi, congiuntamente esaminabili per ragioni di stretta connessione, sono fondati.
4. La questione devoluta a queste Sezioni Unite comporta la risoluzione del quesito se, anche quando la cancelleria abbia provveduto alla sua comunicazione integrale, il termine di impugnazione dell’ordinanza ai sensi dell’articolo 702quater c.p.c. decorra, per la parte costituita nelle controversie regolate dal rito sommario, dal giorno in cui essa sia stata pronunciata e letta in udienza, senza alcuna rilevanza delle circostanze dell’avvenuta lettura alla fine dell’udienza, in assenza della parte e non contestualmente alla trattazione della singola causa, ne’ di alcun avviso previo ai difensori.

 

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5. Essa e’ stata segnalata dal Presidente Titolare della Sezione Lavoro di questa Corte, in data 16 febbraio 2022, “al fine di evitare la formazione di un contrasto” in merito alla questione prospettata, rilevante non solo nell’ambito della protezione internazionale, ma di carattere generale. E cio’ alla luce dell’orientamento assunto dalla sentenza della Corte di Cassazione 6 giugno 2018, n. 14478, secondo cui, in tema di procedimento sommario di cognizione, il termine per proporre appello avverso l’ordinanza resa in udienza e inserita a verbale decorre, pur se questa non sia stata comunicata o notificata, dalla data dell’udienza stessa, equivalendo la pronuncia in tale sede a “comunicazione” ai sensi degli articoli 134 e 176 c.p.c.; neppure essendo applicabile, limitatamente all’appello, l’articolo 327, comma 1 c.p.c., poiche’ la decorrenza del termine per proporre tale mezzo di impugnazione dal deposito dell’ordinanza e’ logicamente e sistematicamente esclusa dalla previsione, contenuta nell’articolo 702quater c.p.c., di decorrenza dello stesso termine, per finalita’ acceleratorie, dalla comunicazione o dalla notificazione dell’ordinanza medesima.
5.1. La segnalazione richiama, quale espressione di un “indirizzo recente ma minoritario”, l’ordinanza di questa Corte 18 maggio 2021, n. 13439, che ha invece affermato la decorrenza del termine breve di impugnazione dell’ordinanza, a norma dell’articolo 702quater c.p.c., dalla comunicazione o dalla notificazione dell’ordinanza medesima, escludendola, per la parte costituita, dalla data dell’udienza in cui essa sia stata eventualmente resa mediante lettura in udienza ed inserimento a verbale: in quanto inapplicabile la diversa disciplina dell’articolo 281sexies c.p.c. (“norma, peraltro, dettata per i procedimenti davanti al tribunale in composizione monocratica e per la decisione a seguito di trattazione orale”: cosi’ in motivazione, sub p.to 2, terzo capoverso).
In relazione a tale ultima norma, questa Corte ha chiarito che la lettura della sentenza in udienza e la sottoscrizione, da parte del giudice, del verbale che la contiene, non solo equivalgano alla pubblicazione prescritta nei casi ordinari dall’articolo 133 c.p.c., ma anche esonerino il cancelliere dall’onere della comunicazione: sull’assunto che la lettura del provvedimento in udienza debba ritenersi conosciuta, con presunzione assoluta di legge, dalle parti presenti o che avrebbero dovuto essere presenti (Cass. 5 aprile 2017, n. 8832, in motivazione, sub p.ti 9 e 10, con richiamo di precedenti conformi).
5.2. Inoltre, sussiste pure contrasto in ordine all’appellabilita’ dell’ordinanza ai sensi dell’articolo 702ter, comma 6 c.p.c. nel termine semestrale stabilito dall’articolo 327 c.p.c., in quanto esclusa dalla citata sentenza n. 14478 del 2018 e invece ritenuta da un’ordinanza della stessa Corte, di poco successiva (Cass. 27 giugno 2018, n. 16893, in motivazione, sub p.ti da 1.2 a 1.4.2).

 

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6. Queste Sezioni Unite reputano che la questione prospettata meriti un esame esaustivo dei profili processuali implicati, in riferimento tanto alla decorrenza del termine cd. “breve” di impugnazione, tanto all’applicabilita’ del termine semestrale stabilito dall’articolo 327 c.p.c. (cd. “lungo”), ancorche’ questo secondo non sia stata esplicitato nella specifica formulazione dei due motivi di gravame.
Anch’esso e’ comunque oggetto di devoluzione, avendo il ricorrente impugnato l’inammissibilita’ dell’appello (proposto con ricorso del 25 gennaio 2018) statuita dalla Corte d’appello veneziana, a fronte della comunicazione dell’ordinanza del Tribunale (pronunciata con lettura all’udienza dell’H ottobre 2017) da parte della Cancelleria nel suo testo integrale il 28 dicembre 2017 e della scadenza del termine semestrale, decorrente dalla data di pubblicazione dell’ordinanza, coincidente con quello della sua lettura in udienza, in data 11 aprile 2018.
6.1. Al riguardo, sono noti i requisiti di formazione del giudicato, individuati con la locuzione giurisprudenziale di “minima unita’ suscettibile di acquisire stabilita’”, costituita dalla sequenza logica di fatto, norma ed effetto giuridico: con la conseguenza che la censura motivata anche in ordine ad uno solo di tali elementi riapre la cognizione sull’intera statuizione, perche’, impedendo la formazione del giudicato interno, impone al giudice di verificare la norma applicabile e la sua corretta interpretazione (Cass. 4 febbraio 2016, n. 2217; Cass. 16 maggio 2017, n. 12202; Cass. 26 giugno 2018, n. 16853; Cass. 28 ottobre 2021, n. 30441). Sicche’, esso non si e’ formato sull’applicabilita’ del suddetto termine semestrale, pertanto ben esaminabile.
6.2. Inoltre, puo’ essere pure utilmente ribadito, nel merito della questione, il principio di accoglibilita’ del ricorso per una ragione di diritto anche diversa da quella prospettata dalla parte ricorrente, purche’ fondata sui fatti come prospettati dalle parti, fermo restando che l’esercizio del potere di qualificazione non puo’ comportare la modifica officiosa della domanda per come definita nelle fasi di merito o l’introduzione nel giudizio d’una eccezione in senso stretto (Cass. s.u. 11 febbraio 2015, n. 19704, in motivazione, sub p.to 1, con richiamo di precedenti conformi).

 

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7. Nel suo inquadramento normativo, il procedimento sommario di cognizione (inserito dal L.n. 69 del 18 giugno 2009, articolo 51, comma 1 nel Libro IV, Titolo I, come Capo IIIbis, articoli da 702bis a 702quater c.p.c.), deve essere inteso, secondo l’insegnamento maggioritario della dottrina e della giurisprudenza di legittimita’, riferendo la sommarieta’ al rito, non alla cognizione, che e’ invece piena (Cass. s.u. 10 luglio 2012, n. 11512; Cass. 27 giugno 2018, n. 16893, in motivazione, sub p.to 1.3.1), cosi’ come quella degli altri due riti, cui viene affiancato: ordinario di cognizione e del lavoro.
Originariamente, esso era stato previsto come puramente alternativo al rito ordinario, nella facolta’ selettiva del solo attore (secondo l’incipit dell’articolo 702bis c.p.c.: “Nelle cause in cui il tribunale giudica in composizione monocratica, la domanda puo’ essere proposta… 3, soggetta al vaglio di ammissibilita’ del giudice (il quale, “se rileva che la domanda non rientra tra quelle indicate nell’articolo 702bis,… con ordinanza non impugnabile, la dichiara inammissibile”: articolo 702ter, comma 2 c.p.c.).
Successivamente, la possibilita’ di applicazione del procedimento sommario e’ stata estesa anche alla valutazione del giudice. In base all’articolo 183bis c.p.c. (introdotto dall’articolo 14, comma 1 Decreto Legge 12 settembre 2014, n. 132, conv. con mod. da L. n. 162 del 10 novembre 2014), esso puo’ infatti disporre, non piu’ soltanto il passaggio dal rito sommario a quello ordinario (articolo 702ter, comma da 2 a 4 c.p.c.), ma pure (previo contraddittorio tra le parti, anche mediante trattazione scritta e invitando le medesime a indicare, a pena di decadenza, nella stessa udienza i mezzi di prova, compresi i documenti e la relativa prova contraria; e, se richiesto, fissando una nuova udienza con termine perentorio per detta offerta probatoria) il passaggio dal rito ordinario a quello sommario, “valutata la complessita’ della lite e dell’istruzione probatoria”.
Ben si comprende allora come la sommarieta’ si riferisca alla strutturale semplicita’ dell’oggetto del processo e alla natura “non complessa” della sua istruttoria, che si risolvono in una trattazione della causa “semplificata”, condotta dal giudice, che, “sentite le parti, omessa ogni formalita’ non essenziale al contraddittorio, procede nel modo che ritiene piu’ opportuno agli atti di istruzione rilevanti in relazione all’oggetto del provvedimento richiesto” (articolo 702ter, comma 5 c.p.c.).
8. Il procedimento e’ definito con ordinanza (di accoglimento o di rigetto delle domande: articolo 702ter, comma 5, ultima parte c.p.c.) provvisoriamente esecutiva e che costituisce titolo per l’iscrizione di ipoteca giudiziale e per la trascrizione (articolo 702ter, comma 6 c.p.c.), con la quale il giudice provvede in ogni caso sulle spese, ai sensi degli articoli 91 ss. c.p.c. (articolo 702ter, ultimo comma c.p.c.). Ed essa produce gli effetti previsti dall’articolo 2909 c.c., “se non e’ appellata entro trenta giorni dalla sua comunicazione o notificazione” (articolo 702quater, prima parte c.p.c.).

 

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Appare evidente come, ancorche’ ordinanza in senso formale, essa abbia natura di sentenza in senso sostanziale (Cass. 27 giugno 2018, n. 16893, in motivazione, sub p.to 1.3.1): sia per la funzione, in ragione della sua idoneita’ decisoria del giudizio di primo grado, sintomaticamente significata anche dalla definizione con provvedimento sulle spese processuali, in applicazione del principio di soccombenza (Cass. s.u. 20 luglio 1999, n. 480; Cass. 13 febbraio 2004, n. 2851; Cass. 19 giugno 2007, n. 14281; Cass. 21 aprile 2016, n. 8101); sia per la stabilita’, quale attitudine alla formazione del giudicato (Cass. 19 dicembre 2014, n. 27127; Cass. 19 febbraio 2018, n. 3945).
9. Il quadro normativo illustrato consente di escludere immediatamente la corretta possibilita’ di assimilare, nel suo regime di appellabilita’, l’ordinanza in esame, di natura e funzione decisoria, all’ordinanza (tale nella sostanza, oltre che nella forma) che il giudice abbia pronunciato in udienza, sotto il profilo di equivalenza di una tale conoscibilita’ alla comunicazione, per le parti presenti o che avrebbero dovuto esserlo (articoli 134 e 176 c.p.c.), in quanto ritenuta di valenza generale (come invece ritenuto da: Cass. 6 giugno 2018, n. 14478, in motivazione, sub p.to 3.10).
9.1. Parimenti deve essere negata la pertinenza, ai fini in questione, del richiamo alla precedente sperimentazione, nell’ordinamento processual civilistico, della tecnica acceleratoria basata sulla previsione della decorrenza, nel testo novellato nel 2005 dell’articolo 669terdecies c.p.c., del termine per la proposizione del reclamo cautelare “dalla pronuncia in udienza ovvero dalla comunicazione o dalla notificazione”: per quest’ultimo caso con la significativa aggiunta dell’inciso “se anteriore” (Cass. 6 giugno 2018, n. 14478, in motivazione, sub p.to 3.4)
Occorre, infatti, distinguere il tipo di cognizione alla base del provvedimento al quale e’ riferito il termine di impugnazione: piena, nel procedimento sommario di cognizione; limitata alla sussistenza dei requisiti di fumus boni iuris e di periculum in mora, nel procedimento di reclamo cautelare. E senza neppure trascurare il diverso regime di stabilita’: nel primo caso, idoneo al passaggio in giudicato; nel secondo, meramente strumentale (sia pure con le diverse gradazioni previste dall’articolo 669novies c.p.c.) alla tutela cognitiva.

 

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9.2. Tanto meno appropriato e’, infine sul punto, il richiamo alla reiterazione di una tale tecnica di regime impugnatorio, con l’introduzione dal legislatore nel 2012 dell’articolo 348ter c.p.c. (Cass. 6 giugno 2018, n. 14478, in motivazione, ancora sub p.to 3.4), relativo alla pronuncia sulla inammissibilita’ dell’appello, in quanto individuante, ai fini qui d’interesse, soltanto un nuovo termine per l’impugnazione della sentenza di primo grado, per la diversa funzione dell’ordinanza che decide sul “filtro” introdotto dall’articolo 348bis c.p.c., inidonea ad un effetto sostitutivo.
A questo proposito, e a rinforzo delle ragioni esposte a fondamento della natura decisoria dell’ordinanza ai sensi dell’articolo 702ter, comma 6 c.p.c., giova altresi’ sottolineare l’esigenza di un’impugnazione avverso di essa, che ne garantisca un esame a cognizione piena, non limitato ad una mera delibazione di (in)ammissibilita’, sul presupposto di una “non… ragionevole probabilita’ di essere accolta” (articolo 348bis, comma 1 c.p.c.), essendo per essa esplicitamente negata l’applicabilita’ del suddetto filtro (articolo 348bis, comma 2, lettera b c.p.c.).
10. Piu’ articolato e’ il discorso riguardante la comparazione tra il procedimento sommario di cognizione e il modello decisorio previsto dall’articolo 281sexies c.p.c.
Entrambi costituiscono “rimedi preventivi”, a norma dell’articolo iter L. 24 marzo 2001, n. 89, volti ad accelerare il corso del processo, prima che il termine di durata massima sia maturato. E sono “modelli procedimentali alternativi” tra loro, come si evince dalla lettera del comma 1 dell’articolo citato, secondo cui: “… Nelle cause in cui non si applica il rito sommario di cognizione, ivi comprese quelle in grado di appello, costituisce rimedio preventivo proporre istanza di decisione a seguito di trattazione orale a norma dell’articolo 281sexies del codice di procedura civile… “.
La Corte costituzionale (che ha dichiarato non fondata la questione di legittimita’ costituzionale, in riferimento agli articoli 11, ancorche’ impropriamente richiamato, non venendo in rilievo limitazione alcuna della sovranita’ nazionale e 117, comma 1 Cost., in relazione agli articoli 6 e 13 CEDU, degli articoli Ibis, comma 2, iter, comma 1 e 2, comma 1 della L. n. 89 del 2001, per la subordinazione dell’ammissibilita’ della domanda di equo indennizzo per durata non ragionevole del processo al ricorso a tali rimedi preventivi) ha ritenuto la sanzione non irragionevole o non sproporzionata, per il richiamo della parte del processo all’osservanza dell’onere di diligenza stabilito dall’iter ovvero alla proposizione dei suddetti modelli, ritenuti preferibili, eventualmente in combinazione con quelli indennitari, anche dalla giurisprudenza Europea.

 

Rito sommario ed il termine per l’impugnazione dell’ordinanza

E cio’ perche’ l’eventuale limitato margine di compressione della tutela giurisdizionale (peraltro con riguardo alle sole modalita’ del suo esercizio e non alla qualita’ del relativo approfondimento, che possa derivare alla parte dal passaggio al rito semplificato) riflette una legittima opzione del legislatore nel quadro di un bilanciamento di valori di pari rilievo costituzionale, quali il diritto di difesa e il valore del giusto processo, per il profilo della ragionevole durata delle liti, che trova ostacolo nella gia’ abnorme mole del contenzioso (Corte Cost. 23 giugno 2020, n. 121). In particolare, essa ha chiarito la diversita’ dei rimedi preventivi esperibili individuati dall’articolo iter, comma 1 della L. n. 89 del 2001: “uno strumento attinente alla trattazione del processo, ove sia proposta l’istanza di mutamento del rito da ordinario di cognizione in sommario di cognizione ai sensi dell’articolo 183bis c.p.c…. ovvero uno strumento riguardante le forme di svolgimento della decisione, ove… sia avanzata richiesta di definizione del contenzioso secondo lo schema piu’ duttile e concentrato della pronuncia della sentenza semplificata immediatamente a seguito di discussione orale” (Corte Cost. 23 giugno 2020, n. 121, in motivazione, sub p.to 3.5).
10.1. Non e’ pertanto in discussione la comune ratio acceleratoria dei due modelli procedimentali tra loro alternativi, che l’arresto di legittimita’ oggetto di contrasto riconosce anche al procedimento sommario di cognizione (Cass. 6 giugno 2018, n. 14478, in motivazione, sub p.to 3.1). Detta ratio che lo permea trova una sintomatica corrispondenza, ai fini qui d’interesse, nella funzione acceleratoria della comunicazione dell’ordinanza ai sensi dell’articolo 702quater c.p.c., che, come e’ stato opportunamente osservato, sottrae alle parti la decisione (tramite la notificazione, a norma dell’articolo 326 c.p.c.) sull’applicazione del termine breve di impugnazione, in quanto effetto automatico della conoscenza del provvedimento.
E bene essa si salda con la previsione, introdotta dall’articolo 183bis c.p.c., di attribuzione (anche) al giudice del potere di disporre il passaggio dal rito ordinario a quello sommario, “con ordinanza non impugnabile”, cosi’ rafforzando, con il conferimento di un tale potere officioso, la finalita’ di accelerazione processuale immanente al procedimento sommario di cognizione.

 

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11. L’articolo 702quater c.p.c. stabilisce che “l’ordinanza emessa ai sensi del comma 6 dell’articolo 702ter produce gli effetti di cui all’articolo 2909 del codice civile se non e’ appellata entro trenta giorni dalla sua comunicazione o notificazione…. “.
Come noto, la questione della sua legittimita’ costituzionale, per asserita violazione degli articoli 3, 24 e 111 Cost., nella parte in cui stabilisce che l’ordinanza conclusiva del procedimento sommario di cognizione e’ appellabile entro il termine breve di trenta giorni dalla sua comunicazione ad opera della cancelleria, e’ stata ritenuta manifestamente infondata, trattandosi di una scelta discrezionale del legislatore, ragionevolmente in linea con la natura celere del procedimento, ne’ lesiva del diritto di difesa, in quanto il detto termine decorre dalla piena conoscenza dell’ordinanza, che si ha con la comunicazione predetta ovvero con la notificazione ad istanza di parte (Cass. 9 maggio 2017, n. 11331).
11.1. Appare evidente che il tenore letterale del testo sia insuscettibile di un’interpretazione ricalcata sul modello decisorio dell’articolo 281sexies c.p.c.: ossia di decorrenza del termine per proporre appello avverso l’ordinanza resa in udienza e inserita a verbale, pur se questa non sia stata comunicata o notificata, dalla data dell’udienza stessa, equivalendo la pronuncia in tale sede a “comunicazione” ai sensi degli articoli 134 e 176 c.p.c. (Cass. 6 giugno 2018, n. 14478, in motivazione, sub p.to 3.10). E pertanto con irrilevanza della comunicazione medesima, che, pure essendo (insieme con la notificazione) esclusivo e puntuale riferimento normativo di individuazione del dies a quo, sarebbe del tutto obliterato. Per giunta, senza neppure applicabilita’ del termine stabilito dall’articolo 327 c.p.c., invece prevista per la fattispecie dell’articolo 281sexies c.p.c. (con decorrenza del termine per proporre l’impugnazione, ai sensi della norma citata, dalla data della pronuncia, equivalente, unitamente alla sottoscrizione del relativo verbale da parte del giudice, alla pubblicazione prescritta nei casi ordinari dall’articolo 133 c.p.c., con esonero, della cancelleria dalla comunicazione della sentenza a norma dell’articolo 176 c.p.c.: Cass. 31 agosto 2015, n. 17311; Cass. 30 maggio 2017, n. 13617; Cass. 11 febbraio 2021, n. 3394). E cio’ sull’assunto di avere il legislatore volutamente omesso il suo richiamo, per incompatibilita’ dell’ipotesi di un’applicazione del termine “lungo”, decorrente dal deposito dell’ordinanza, con la scelta acceleratoria, che permea l’articolo 702quaterc.p.c., della decorrenza dello stesso termine dalla comunicazione o dalla notificazione dell’ordinanza medesima (Cass. 6 giugno 2018, n. 14478, in motivazione, sub p.ti 3.4 e 3.10).
11.2. Ma giova ora concentrare maggiormente l’attenzione sulla funzione della comunicazione dell’ordinanza e sulla sua specialita’ rispetto a quella dell’articolo 133, comma 2 c.p.c.

 

Rito sommario ed il termine per l’impugnazione dell’ordinanza

E’ bene allora ribadire che, nel procedimento sommario di cognizione, ai fini della decorrenza del termine di trenta giorni previsto dall’articolo 702quater c.p.c. per la proposizione dell’appello avverso l’ordinanza emessa a norma dell’articolo 702ter, comma 6 c.p.c., la comunicazione di cancelleria debba avere ad oggetto il testo integrale della decisione, comprensivo del dispositivo e della motivazione; con la conseguenza che, ai detti fini, occorra fare riferimento alla data di notificazione del provvedimento ad istanza di parte, ovvero, se anteriore, alla comunicazione di cancelleria in forma integrale, ossia comprensiva di dispositivo e motivazione (Cass. 23 marzo 2017, n. 7401; Cass. 16 febbraio 2022, n. 5079). Sicche’, appare evidente la sua finalita’ di veicolare un’informazione chiara e completa della decisione, nel suo testo integrale, per l’equipollenza istituita tra la comunicazione (che e’ atto del cancelliere dell’ufficio giudiziario: articolo 136 c.p.c.) e la notificazione (che l’ufficiale giudiziario effettua a richiesta di parte); non potendo farsi decorrere il termine breve d’impugnazione dalla sola notizia del dispositivo, per evidenti esigenze di difesa della parte soccombente, essendole necessaria la conoscenza della motivazione al fine di correlare ad essa i motivi a sostegno del gravame, anche sotto il profilo della relativa specificita’ (cosi’: Cass. 23 marzo 2017, n. 7401, in motivazione, con ampio richiamo di precedenti).
11.3. Si tratta pertanto di una comunicazione che ha un carattere di palese specialita’ rispetto a quella della sentenza, ordinariamente prevista dall’articolo 133, comma 2 c.p.c., in quanto produttiva di uno specifico effetto (decorrenza del termine di appellabilita’), che la norma citata esclude invece espressamente (“… La comunicazione non e’ idonea a far decorrere i termini per le impugnazioni di cui all’articolo 325.”).
11.4. Il regime di specialita’ cosi’ istituito dall’articolo 702quater c.p.c. presenta un’evidente analogia con quello del reclamo, ai sensi dell’articolo 1, comma 58 della L. n. 92 del 2012.
Questo prevede, infatti, che il termine breve di trenta giorni per la proposizione del reclamo alla corte di appello avverso la sentenza del tribunale sulla impugnativa di licenziamento, a norma dell’articolo 18 L. n. 300 del 1970 come novellato dalla citata L. n. 92 del 2012, decorra solo dalla comunicazione della sentenza o dalla notificazione della stessa se all’udienza ai sensi dell’articolo 429 c.p.c., attesa la specialita’ del rito rispetto alla disciplina ordinaria e la necessita’ di interpretare restrittivamente la norma in tema di decadenza dall’impugnazione, escludendosi pertanto la possibilita’ di individuare un momento di decorrenza della stessa diverso da quello indicato dalla legge (Cass. 11 luglio 2016, n. 14098; Cass. 26 luglio 2018, n. 19862).

 

Rito sommario ed il termine per l’impugnazione dell’ordinanza

Sul punto, questa Corte in particolare ha chiarito, ai fini qui d’interesse in relazione alla disposizione contenuta nell’articolo 281sexies c.p.c., che “la lettura della sentenza in udienza e la sottoscrizione, da parte del giudice, del verbale che la contiene, non solo equivalgono alla pubblicazione prescritta nei casi ordinari dall’articolo 133 c.p.c., ma anche esonerano il cancelliere dall’onere della comunicazione”. Ed ha precisato che “l’affermazione trova fondamento nel fatto che la lettura del provvedimento in udienza debba ritenersi conosciuta, con presunzione assoluta di legge, dalle parti presenti o che avrebbero dovuto essere presenti (Cass. 22659/ 2010, 20417/ 2006, 16304/ 2007, 4401/2006; Cass. ord. 17665/2004) e, inoltre, che siffatta soluzione e’ applicabile anche all’analoga disciplina introdotta per il rito del lavoro dall’articolo 429, comma 1 c.p.c., come modificato dall’articolo 53, comma 2 del Decreto Legge n. 112 del 2008, convertito nella L. n. 133 del 2008, in mancanza di diversa previsione ed atteso che l’articolo 430 c.p.c. si riferisce ormai ai soli casi in cui il giudice non dia contestuale lettura del dispositivo e della motivazione della sentenza, ovverosia qualora, attesa la “particolare complessita’ della controversia”, egli decida di limitarsi alla lettura del dispositivo (Cass. n. 24805 del 07/12/2015)”. Inoltre, essa ha esplicitamente affermato che i “principi sopra richiamati non possono trovare applicazione nella fattispecie in esame perche’ essa e’ regolata dalla L. n. 92 del 2012, che ha introdotto un nuovo rito speciale, la cui disciplina puo’ essere integrata dai principi processuali generali solo per gli aspetti in cui vi e’ lacuna del dettato normativo “(Cass. 5 aprile 2017, n. 8832, in motivazione, p.ti da 9 a 11).
11.5. Si comprende allora come la comunicazione, lungi dal poter essere (nonostante la sua positiva previsione di legge) pretermessa, sia anzi essenziale nel microsistema impugnatorio istituito dall’articolo 702quater c.p.c., in funzione della stabilizzazione degli effetti (“di cui all’articolo 2909 del codice civile”) della decisione soltanto “se non… appellata entro trenta giorni dalla sua comunicazione o notificazione”. Essa e’ pertanto necessaria anche laddove l’ordinanza sia stata pronunciata in udienza, perche’, come condivisibilmente e’ stato affermato in dottrina, “dire che l’ordinanza pronunciata in udienza e’ conosciuta dalle parti e quindi si ha per pubblicata e’… cosa diversa dall’affermare che tale pronuncia e’ idonea a soddisfare il requisito della comunicazione, prescritto dall’articolo 702quater c.p.c. per il decorso del termine breve”.

 

Rito sommario ed il termine per l’impugnazione dell’ordinanza

Si puo’ quindi affermare che la cadenza acceleratoria del procedimento sommario di cognizione abbia avvio e perno di modulazione, non gia’ nella volonta’ delle parti, ma proprio nella comunicazione, intesa come “completezza e certezza della notizia sulla possibilita’ di accedere al provvedimento e come disponibilita’ del suo testo”.
12. Dalle argomentazioni appena svolte consegue l’applicabilita’ all’ordinanza ai sensi dell’articolo 702quater c.p.c., qualora essa non sia stata comunicata, anche del termine semestrale di impugnazione, in corrispondenza coerente all’esigenza di stabilizzazione della decisione, in funzione di certezza dei rapporti giuridici.
Questa Corte ha gia’ affermato (sia pure in contrasto con l’altro suo arresto del 6 giugno 2018, n. 14478) l’applicabilita’ del termine “lungo” di impugnazione nel procedimento sommario di cognizione (Cass. 27 giugno 2018, n. 16893), in una controversia che le ha devoluto solo tale esame, ma non anche di quello “breve” in riferimento alla comunicazione in caso di pronuncia dell’ordinanza in udienza, peraltro oggetto di un rapido passaggio (neppure vincolante, per la sua evidente natura di obiter dictum: Cass. 27 maggio 1997, n. 4686; Cass. 23 luglio 2004, n. 13824; Cass. 8 febbraio 2012, n. 1815; Cass. 8 febbraio 2019, n. 3793).
In particolare, essa ha affermato che “l’introduzione… di una norma specifica per regolare il termine breve per la proposizione dell’appello… cioe’ l’articolo 702quater, nell’ottica sistemica non puo’ intendersi come manifestazione di una voluntas legis escludente il termine lungo; esclusione che, d’altronde, sul piano letterale non puo’ neppure ricavarsi dal riferimento agli “effetti di cui all’articolo 2909 del codice civile”, poiche’ quest’ultimo riferimento va inquadrato in quanto si e’ finora illustrato. Vale a dire, il provvedimento decisorio e’ impugnabile sempre o entro termine breve o entro termine lungo; l’introduzione di una specifica disciplina attinente al termine breve e agli effetti del suo decorso non puo’ quindi assorbire in modo meramente implicito la via dell’articolo 327. Nel contesto sistemico, allo scopo il legislatore avrebbe dovuto espressamente negare l’applicazione del termine lungo” (Cass. 27 giugno 2018, n. 16893, in motivazione, sub p.to 1.3.3). E cio’ ritengono pure queste Sezioni unite, in esito alla ricostruzione del quadro normativo del procedimento sommario di cognizione (in particolare, al superiore punto 7), come speciale alternativo rispetto a quello ordinario di cognizione, dal quale ben possono essere attinte le disposizioni di ordine generale, a chiusura del sistema (nel caso di specie: in riferimento alla decadenza dall’impugnazione), quale e’ l’articolo 327 c.p.c. in discussione: con la sua decorrenza dalla data di pubblicazione dell’ordinanza, che, come noto, si effettua con il deposito del provvedimento in cancelleria e costituisce l'”atto conclusivo del grado di giudizio” (Cass. 25 luglio 1997 n. 6987, citata con altri precedenti da: Cass. 27 giugno 2018, n. 16893, in motivazione, sub p.to 1.4.2.).
13. L’interpretazione offerta dell’articolo 702quater c.p.c., sotto i profili sia di letteralita’, sia di sistematicita’, appare anche rispondente all’esigenza di individuare un punto di equilibrio della ratio acceleratoria (indubbiamente sussistente, al pari che nel modello decisionale configurato dall’articolo 281sexies c.p.c., anche nel procedimento sommario), quale prospettiva di interpretazione normativa assunta dal citato arresto in contrasto (Cass. 6 giugno 2018, n. 14478, in motivazione, sub p.to 3.2), con l’attuazione del giusto processo, sotto i profili della garanzia di accesso al giudice e di tutela giurisdizionale dei diritti, in riferimento alla conoscenza certa (e non soltanto ad una conoscibilita’ presunta) della data di decorrenza del termine di appellabilita’ dell’ordinanza emessa ai sensi dell’articolo 702ter, comma 6 c.p.c., al fine di evitarne alla parte la decadenza.
13.1. Il tema dell’esigenza di una conoscenza effettiva e non di una conoscenza legale, che si risolva in una conoscibilita’ mera, e’ stato recentemente affrontato da queste Sezioni unite, in specifico riferimento all’individuazione, ai fini di decorrenza del termine di riassunzione del giudizio interrotto (ancorche’ automaticamente, per effetto della dichiarazione di fallimento di una delle parti, ai sensi dell’articolo 43 L. Fall.), dal momento in cui la dichiarazione giudiziale dell’interruzione stessa sia portata a conoscenza di ciascuna parte; sicche’ tale dichiarazione, qualora non sia gia’ conosciuta in ragione della sua pronuncia in udienza ai sensi dell’articolo 176, comma 2 c.p.c., deve essere notificata alle parti o al curatore da uno degli interessati o comunque comunicata dall’ufficio giudiziario (Cass. s.u. 7 maggio 2021, n. 12154).
In quel caso, si e’ ritenuto che la conoscenza dell’evento interruttivo debba attingere la parte interessata nello specifico processo, in cui i suoi effetti siano esplicitati mediante una dichiarazione, una notificazione o una certificazione rappresentative di esso, assistite da fede privilegiata e che non sia sufficiente una conoscenza altrimenti acquisita: con attribuzione cosi’ di rilievo non soltanto al mezzo di diffusione della notizia, ma anche alla sua fonte. Come e’ stato osservato, una tale istanza esprime nel suo nucleo irriducibile il principio costituzionale del giusto processo (articoli 24 e 111, primo e comma 2 Cost.), che esige il suo effettivo inveramento nel processo, con il pieno rispetto delle sue regole.
13.2. Nell’odierna controversia, parimenti certa deve essere la conoscenza del momento di decorrenza del termine di appellabilita’ dell’ordinanza emessa ai sensi dell’articolo 702ter, comma 6 c.p.c.: e derivare da un mezzo di diffusione della notizia, garantito nella sua fonte, cosi’ da essere assistita da una fede privilegiata, nell’insufficienza di una conoscenza altrimenti acquisita.
E mentre nel caso richiamato in comparazione la certezza (idest: effettivita’) della conoscenza, in assenza di una esplicita norma positiva, e’ stata ricavata in via di interpretazione sistematica, nel presente una tale certezza di individuazione del momento rilevante (decorrenza del termine di trenta giorni per l’appellabilita’ dell’ordinanza) e’ stata posta dal legislatore con una norma positiva (“dalla sua comunicazione o notificazione”).
Sicche’, solo una tale interpretazione assicura quell’interazione sinergica di valori tra il diritto, da una parte, di agire in giudizio (attraverso una tempestiva impugnazione) a tutela dei propri diritti ed interessi e, dall’altra, il principio di una ragionevole durata del processo. Il rispetto dell’articolo 3 Cost. sarebbe invece negato da un regime di decadenza dall’impugnazione, dipendente dalla scelta del singolo ufficio giudiziario di modalita’ processuali ed operative.

 

Rito sommario ed il termine per l’impugnazione dell’ordinanza

13.3. L’osservanza degli articoli 24 Cost. e 6 Cedu e’ infine garantita, sotto i profili di accesso al giudice e di tutela giurisdizionale dei diritti, dal rispetto del principio di proporzionalita’, rispondente ad obiettive esigenze di buona amministrazione della giustizia, soprattutto se si tratti, come nel caso di specie, di regole prevedibili e di sanzioni prevenibili con l’ordinaria diligenza, anche in eligendo; sicche’, l’inammissibilita’ dell’impugnazione, conseguente all’inosservanza di tali formalita’ anche quando integrano un termine, non costituisce sanzione sproporzionata rispetto alla finalita’ di salvaguardare elementari esigenze di certezza giuridica (CEDU del 30 marzo 2021, Oorzhak c. Russia, in C-4830/18).
In ogni caso, le restrizioni applicate non devono limitare l’accesso aperto all’individuo in una maniera o a un punto tali da pregiudicare l’esercizio del diritto nella sua stessa sostanza: conciliandosi, anzi, le limitazioni di accesso a un giudizio con l’articolo 6, comma 1 CEDU, solo se perseguano uno scopo legittimo e se esista un rapporto ragionevole di proporzionalita’ tra i mezzi impiegati e lo scopo perseguito, rispondente ad obiettive esigenze di buona amministrazione della giustizia, soprattutto se si tratti di regole prevedibili e di sanzioni prevenibili con l’ordinaria diligenza, anche in eligendo (CEDU 15 settembre 2016, Trevisanato c. Italia, in C32610/07; Cass. 8 maggio 2019, n. 12134). E la soluzione adottata pare davvero assicurare l’efficace protezione del diritto, a tutela del quale e’ preordinata l’azione promossa, realizzando, in definitiva, quell’accesso alla giustizia garantito dall’articolo 24 Cost.
14. Dalle superiori argomentazioni discende allora l’accoglimento del ricorso, con la cassazione della sentenza impugnata e rinvio, anche per la regolazione delle spese del giudizio di legittimita’, alla Corte d’appello di Venezia in diversa composizione, sulla base del seguente principio di diritto:
“Il termine (di trenta giorni) di impugnazione dell’ordinanza ai sensi dell’articolo 702quater c.p.c. decorre, per la parte costituita nelle controversie regolate dal rito sommario, dalla sua comunicazione o notificazione e non dal giorno in cui essa sia stata eventualmente pronunciata e letta in udienza, secondo la previsione dell’articolo 281sexies c.p.c. In mancanza delle suddette formalita’, l’ordinanza puo’ essere impugnata nel termine di sei mesi dalla sua pubblicazione, a norma dell’articolo 327 c.p.c.

 

Rito sommario ed il termine per l’impugnazione dell’ordinanza

P.Q.M.

La Corte
accoglie il ricorso; cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per la regolazione delle spese del giudizio di legittimita’, alla Corte d’appello di Venezia in diversa composizione.

 

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