Riprese audio e video eseguite presso un istituto di istruzione

Corte di Cassazione, sezione sesta penale, Sentenza 1 aprile 2019, n. 14150.

La massima estrapolata:

Le riprese audio e video eseguite presso un istituto di istruzione (procedendosi nella specie per il reato di cui all’articolo 572 del codice penale in danno di minori, in ipotesi commesso da insegnanti) sono ritualmente eseguite ove autorizzate ex articolo 266 del codice di procedura penale, senza peraltro la necessità del rispetto delle condizioni di cui al comma 2 del citato articolo, non trattandosi di intercettazioni da eseguire in luogo di privata dimora.

Sentenza 1 aprile 2019, n. 14150

Data udienza 14 febbraio 2019

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PAOLONI Giacomo – Presidente

Dott. CALVANESE Ersilia – Consigliere

Dott. BASSI Alessandra – Consigliere

Dott. VIGNA Maria S. – rel. Consigliere

Dott. SILVESTRI Pietro – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
(OMISSIS), nato a (OMISSIS);
avverso l’ordinanza del 19/11/2018 del TRIB. LIBERTA’ di BARI;
udita la relazione svolta dal Consigliere Dott. MARIA SABINA VIGNA;
sentite le conclusioni del PG Dott. ANIELLO Roberto, che ha chiesto il rigetto del ricorso.
udito il difensore, avvocato (OMISSIS), del foro di BARI quale sostituto processuale dell’avvocato (OMISSIS) del foro di BARI, che dopo discussione, insiste nell’accoglimento dei motivi di ricorso.

RITENUTO IN FATTO

1. Con il provvedimento impugnato, il Tribunale di Bari, in funzione di tribunale del riesame, ha accolto, con riguardo alla tipologia di misura applicata, la richiesta di riesame presentata nell’interesse di (OMISSIS) avverso l’ordinanza del Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Bari del 19 ottobre 2018 con la quale era stata applicata la misura degli arresti domiciliari in relazione al concorso, anche mediante omissione, nel reato di maltrattamenti ai danni dei minori della scuola materna per l’infanzia ove la stessa svolgeva le funzioni di insegnante (articoli 110 e 572 c.p. tra il 18 settembre 2017 e il 10 aprile 2018), sostituendo la misura con quella del divieto di esercitare la professione di insegnante e di educatore per un periodo di dodici mesi.
1.1. Con concorde valutazione di entrambi i giudici della fase cautelare e’ stata ritenuta sussistente la gravita’ indiziaria dell’indicato delitti,con riguardo a una serie di episodi di maltrattamenti perpetrati da quattro insegnanti, due titolari e due supplenti, della scuola materna in danno di alcuni minori dell’eta’ di eta’ compresa tra tre e quattro anni loro affidati.
Secondo il Tribunale, gli illeciti sono stati svelati a seguito delle indagini avviate sulla scorta della denuncia della madre di un minore, arricchite dalle dichiarazioni di altri genitori nonche’ dalle intercettazioni audio-video operate presso la struttura educativa.
Ad avviso del Tribunale del riesame, le testimonianze raccolte e la visione dei video esprimono il clima di tensione emotiva sistematicamente instaurato all’interno della scuola, connotato da urla, reazioni esagerate aventi ad oggetto la punizione e la correzione degli alunni, nonche’ episodi di compressione della liberta’ di locomozione, caratterizzati non da comportamenti isolati, ma da condotte ripetute nel tempo nei confronti di una pluralita’ di minori affidati alle cure delle insegnanti) condotte che hanno costituito risposte certamente sproporzionate rispetto alle cause e alle finalita’ perseguite. In particolare, le condotte delineate nei resoconti dei genitori e quelle estrapolate dei video descrivono dettagliatamente, secondo il tribunale del riesame, l’utilizzo in funzione educativa da parte delle insegnanti di metodi di natura fisica, psicologica e morale lesivi della dignita’ dell’alunno e umilianti per le modalita’ di esecuzione che trasmodano dal contesto di una risposta educativa dell’istituzione scolastica proporzionata alla gravita’ del comportamento deviante dell’alunno.
Quanto alla (OMISSIS), in particolare si contestano:
-condotte commissive costituite da spintonamenti strattonamenti, trascinamenti dei bambini (fino a farli cadere e/o urlare), schiaffi sulle mani, colpi e/o schiaffi sul capo, punizioni umilianti, rimproveri insultanti;
– concorso mediante omissione in altrui condotte commissive, consistito nel non fare cessare le condotte vessatorie perpetrate dalla collega (OMISSIS).
I giudici della cautela hanno, percio’, ritenuto di essere al cospetto di comportamenti esorbitanti dai limiti del mero rinforzo della proibizione o del messaggio educativo, esorbitanza derivante dall’assenza di gravi presupposti legittimanti e dall’eccesso nella misura della risposta correttiva anche tenuto conto della tenera eta’ dei bambini.
2. Ricorre (OMISSIS), a mezzo del difensore avv. (OMISSIS), che chiede l’annullamento dell’ordinanza impugnata, formulando due motivi di ricorso.
2.1. Con il primo motivo denuncia la violazione di legge, in relazione all’articolo 266 c.p.p., con riguardo alla ritenuta utilizzabilita’ delle intercettazioni che, pur autorizzate, sono state effettuate in un luogo di privata dimora, tale dovendosi qualificare la struttura scolastica, e percio’ in violazione di legge.
2.2. Con il secondo motivo denuncia la violazione di legge, in relazione all’articolo 273 c.p.p., e il vizio della motivazione con riguardo ai gravi indizi di colpevolezza.
Ad avviso della ricorrente la lettura delle dichiarazioni dei genitori e la visione dei video non consentono di ritenere sussistente l’ipotesi delittuosa di cui all’articolo 572 c.p., in proposito segnalando:
– l’errata qualificazione del fatto per mancanza dell’abitualita’ e dell’elemento soggettivo. Le condotte qualificate come violente hanno raggiunto sempre soggetti diversi, sicche’ difetta l’abitualita’. D’altra parte difetta l’elemento soggettivo tipico del reato abituale poiche’ la ricorrente non ha inteso sottoporre le persone soggette alla sua autorita’ a un’abituale condizione di soggezione psicologica e sofferenza, proprio in ragione dell’incertezza e variabilita’ della persona offesa;
– l’assenza di materiale probatorio a carico, con particolare riguardo alle dichiarazioni dei genitori che non hanno mai fatto riferimento alla ricorrente nel descrivere le condotte qualificate come violente, emergendo comunque da alcune dichiarazioni testimoniali che i bambini venivano colpiti da altri compagni per ragioni di gioco o per dissidi interni;
– l’assenza di materiale probatorio a carico, con particolare riguardo alle intercettazioni audio e video. Premesso che la difesa in sede di riesame ha contestato soltanto quegli elementi probatori che erano stati posti a fondamento dell’ordinanza genetica da parte del G.i.p., mentre il Tribunale del riesame ha valorizzato ulteriori elementi, cosi’ palesando la nullita’ dell’ordinanza per difetto di precisione, la difesa prende in esame varie riprese filmate che riguardano i comportamenti asseritamente violenti posti in essere da altra insegnante alla presenza della ricorrente ovvero dalla stessa ricorrente, evidenziando come da tali atti non emerga alcuna concreta condotta violenta se non gli interventi posti in essere a tutela dell’incolumita’ dei minori ovvero altri interventi di correzione dei comportamenti inurbani o irrispettosi tenuti dai minori. D’altra parte, deve escludersi che, sulla base dei pochi elementi raccolti, la ricorrente fosse a conoscenza dell’esistenza di condotte delittuose poste in essere davanti alla medesima da parte dell’altra insegnante, sicche’ non puo’ operare la clausola di cui all’articolo 40 c.p., comma 2, mentre la semplice presenza ad alcuni rimproveri verbali non puo’ fondare l’obbligo di intervenire posto che si tratta di un atto che si attua e si estingue in un unico contesto.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso e’ inammissibile.
2. E’ inammissibile il primo motivo di ricorso poiche’ generico e reiterativo di argomentazioni gia’ sviluppate nel giudizio di merito motivatamente respinte dal Tribunale del riesame con puntuale applicazione del consolidato orientamento della giurisprudenza di legittimita’ che il ricorso contesta.
2.1. Conformemente ai principi espressi da S.u. D’Amico (Sez. U, n. 31345 del 23/03/2017, D’Amico, Rv. 270076), la giurisprudenza di legittimita’ ha affermato, proprio con riguardo agli istituti scolastici di istruzione, che “non e’ configurabile il reato di violazione di domicilio, qualora, nel corso di una manifestazione di protesta, taluni soggetti, interrompendo l’attivita’ didattica, accedano nella sede di un istituto scolastico, poiche’ tale luogo non e’ riconducibile alla nozione di privata dimora, nell’ambito della quale rientrano esclusivamente i luoghi non aperti al pubblico, ne’ accessibili a terzi senza il consenso del titolare e nei quali si svolgono non occasionalmente atti della vita privata” (Sez. 5, n. 10498 del 16/01/2018, Sarchi, Rv. 272667).
Analogamente si e’ affermato che “non e’ configurabile il reato previsto dall’articolo 624-bis c.p. qualora il furto sia commesso nel corridoio di un istituto scolastico, trattandosi di luogo non riconducibile alla nozione di privata dimora, nell’ambito della quale rientrano esclusivamente i luoghi non aperti al pubblico, ne’ accessibili a terzi senza il consenso del titolare e nei quali si svolgono non occasionalmente atti della vita privata” (Sez. 5, n. 51113 del 19/10/2017, Capizzano, Rv. 271629).
Come correttamente rilevato dal Tribunale di Bari, il provvedimento autorizzativo posto a fondamento delle attivita’ di intercettazione audio e video eseguite presso l’istituto di istruzione ove si sono svolti i fatti e’ rispettoso dei limiti stabiliti dall’articolo 266 c.p.p. perche’, come chiarito dalla giurisprudenza di legittimita’, non trattandosi di una privata dimora non ricorre l’ipotesi prevista dal comma 2 del citato articolo.
3. E’ inammissibile anche il secondo motivo di ricorso perche’ generico e assertivo e perche’ non si confronta con la motivazione del provvedimento impugnato.
3.1. Con riguardo al requisito della abitualita’ e all’elemento soggettivo, che secondo il ricorso non sarebbero ravvisabili per la variabilita’ della persona offesa, e’ il caso di precisare che la contestazione riguarda gli atti di maltrattamento posti in essere in danno dei minori affidati alle insegnanti nell’ambito di una specifica classe dell’istituto d’istruzione, sicche’, a prescindere dall’eventuale assenza di specifiche condotte violente in danno di alcuni minori, resta pur sempre posta a fondamento dell’ipotesi accusatoria la commissione di condotte in grado di determinare in tutti i minori un grave stato di soggezione psicologica in relazione al quale il Tribunale del riesame appresta un’adeguata motivazione, evidenziando in particolare quanto riferito dai genitori in ordine alle ansie, alle paure e ai timori dei figli.
Il ricorso e’ sul punto del tutto silente e percio’ inammissibile per genericita’ in quanto non si confronta con la motivazione del provvedimento impugnato che ha ricostruito un grave quadro di sofferenze e di soggezione psicologica con effetti traumatici sui minori, venendo tra l’altro evidenziato che quasi la meta’ di essi ha abbandonato la classe nel periodo in cui si sono svolti i fatti.
3.2. Sono, del pari, inammissibili le doglianze relative alla adeguatezza del panorama indiziario (non probatorio, come lo qualifica il ricorso) derivante dalle dichiarazioni dei genitori e dalle intercettazioni audio e video perche’ introducono censure in fatto, peraltro contraddette dall’ampio apparato motivazionale dell’ordinanza impugnata.
Se, per un verso, e’ erronea l’affermazione contenuta nel ricorso secondo la quale il nominativo della ricorrente non comparirebbe mai nelle dichiarazioni dei genitori, risultando la medesima invece chiaramente indicata dai testi (OMISSIS) e (OMISSIS), per altro verso l’ampia illustrazione delle risultanze delle videoriprese, con specifica ricostruzione e valutazione in fatto dei singoli episodi in esse ritratti, rende evidente la inammissibilita’ della deduzione la quale, dopo avere estrapolato alcuni video nell’ambito di quelli posti a fondamento dell’ordinanza, e’ finalizzata unicamente a fornire una diversa ricostruzione e valutazione degli stessi, cosi’ investendo la Corte di legittimita’ di questioni estranee a questo giudizio.
3.3. E’, d’altra parte, manifestamente infondata la doglianza che riguarda la motivazione del provvedimento impugnato nella parte in cui ha arricchito la descrizione contenuta nell’ordinanza genetica, descrivendo ulteriori condotte rispetto al Giudice per le indagini preliminari.
E’ superfluo, in proposito, richiamare la giurisprudenza di legittimita’ relativa ai poteri del Tribunale del riesame che puo’ procedere a colmare un’eventuale carenza della motivazione del G.i.p. (Sez. 6, n. 10590 del 13/12/2017, P.M. in proc. Liccardo, Rv. 272596; Sez. 5, n. 643 del 06/12/2017 dep. 2018, Pohl, Rv. 271925), poiche’ il giudice di secondo grado ha correttamente proceduto, arricchendo la descrizione del primo giudice, a una valutazione complessiva dei vari elementi probatori disponibili nel procedimento e noti alla ricorrente.
D’altra parte, non essendo stata formulata in sede di riesame una specifica questione di nullita’ dell’ordinanza genetica, la deduzione di imprecisione e incompletezza di detta ordinanza, perche’ descriverebbe – rispetto a quella stesa dal tribunale del riesame – un numero minore di episodi e’ generica, perche’ non deduce alcuna specifica nullita’, e comunque manifestamente infondata perche’ l’arricchimento dell’apparato motivazionale non determina alcuna violazione in quanto finalizzato a fornire risposta alla richiesta di riesame che contestava la gravita’ indiziaria.
3.4. E’, infine, inammissibile perche’ generica, la doglianza concernente la responsabilita’ ex articolo 40 c.p., comma 2, derivante dalla posizione di garanzia ricoperta rispetto alle condotte poste in essere dall’altra insegnante, come documentate dalle riprese audio-video.
In effetti, il ricorso non si confronta con l’ampia motivazione stesa dal tribunale del riesame che ha evidenziato i comportamenti (spesso violenti e comunque qualificati come vessatori e umilianti) posti in essere dall’altra insegnante, qualificandoli alla stregua dell’articolo 572 c.p., in presenza e sotto la vigilanza della ricorrente che, proprio perche’ insegnante di ruolo e destinataria di una specifica posizione di garanzia, che peraltro il ricorso non contesta, avrebbe dovuto indurla a far cessare nell’immediatezza detti comportamenti della collega supplente o comunque, come correttamente evidenziato dal giudice di merito, a riferire – anche quale insegnante vicario del direttore dell’istituto – ai superiori tali accadimenti invece di negarne l’esistenza ai genitori che li hanno evidenziati in occasione della riunione scolastica del 6 dicembre 2017.
4. All’inammissibilita’ del ricorso consegue, ai sensi dell’articolo 616 c.p.p., la condanna della ricorrente al pagamento delle spese processuali e, in mancanza di elementi atti a escludere la colpa nella determinazione della causa di inammissibilita’ (Corte Cost., sentenza n. 186 del 2000), anche la condanna al versamento di una somma in favore della Cassa delle ammende nella misura che si stima equo determinare in Euro 2.000,00.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro duemila in favore della Cassa delle ammende.

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