Corte di Cassazione, civile, Ordinanza|9 ottobre 2024| n. 26345.
Rigetto implicito nella decisione assunta
Massima: Non ricorre il vizio di omessa pronuncia quando la motivazione accolga una tesi incompatibile con quella prospettata, implicandone il rigetto, dovendosi considerare adeguata la motivazione che fornisce una spiegazione logica ed adeguata della decisione adottata, evidenziando le prove ritenute idonee e sufficienti a suffragarla, ovvero la carenza di esse, senza che sia necessaria l’analitica confutazione delle tesi non accolte o la particolare disamina degli elementi di giudizio non ritenuti significativi (Nel caso di specie, relativo ad un giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo emesso per ottenere il pagamento di una somma rivendicata a titolo di indennità per la mancata restituzione dei beni oggetto del contratto di leasing concluso da una impresa individuale, a favore della quale il ricorrente ingiunto aveva prestato fideiussione, la Suprema Corte, richiamato l’enunciato principio, ha ritenuto incensurabile la sentenza impugnata di reiezione dell’opposizione, in quanto, nella circostanza, la corte di merito non era affatto incorsa in omessa pronuncia, avendo, al contrario, espresso un motivato rigetto del proposto gravame). (Riferimenti giurisprudenziali: Cassazione, sezione civile V, ordinanza 30 gennaio 2020, n. 2153).
Ordinanza|9 ottobre 2024| n. 26345. Rigetto implicito nella decisione assunta
Data udienza 14 maggio 2024
Integrale
Tag/parola chiave: Procedimento civile – Poteri del giudice – Omessa pronuncia – Rigetto di una domanda o di un’eccezione implicito nella decisione assunta – Vizio di omessa pronuncia su un punto decisivo – Esclusione – Adeguatezza della motivazione – Esame delle sole questioni giustificatrici del convincimento – Sufficienza. (Cpc, articoli 112 e 132)
REPUBBLICA ITALIANA
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. SCARANO Luigi Alessandro – Presidente
Dott. TASSONE Stefania – Consigliere-Rel.
Dott. CRICENTI Giuseppe – Consigliere
Dott. MOSCARINI Anna – Consigliere
Dott. GORGONI Marilena – Consigliere
ha pronunciato la seguente
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 26480/2022 R.G. proposto da:
Ma.Vi., elettivamente domiciliato presso l’avvocato SA.AD. ((Omissis)) che lo rappresenta e difende, giusta procura speciale in calce al ricorso.
– ricorrente –
contro
MP.LE. Spa, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso, congiuntamente e disgiuntamente, dall’avvocato Al.Fa. ((Omissis)) e dall’avvocato Pa.Ro. ((Omissis)), giusta procura speciale in calce al controricorso, ed elettivamente domiciliato presso lo studio dell’Avv. Vi.La. ((Omissis)) in Roma, via Ni.Ta..
– controricorrente –
avverso la sentenza della Corte d’Appello di Firenze n. 1662/2022 depositata il 04/08/2022.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 14/05/2024 dal Consigliere dr.ssa STEFANIA TASSONE.
Rigetto implicito nella decisione assunta
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
1. Il sig. Ma.Vi., nella sua qualità di fideiussore, proponeva opposizione al decreto ingiuntivo, reso dal Tribunale di Siena su ricorso della società Mo.De. Spa, con cui gli veniva ingiunto il pagamento della indennità per mancata restituzione dei beni (attrezzature casearie) oggetto del contratto di leasing concluso della debitrice, l’impresa individuale denominata Be. della sig. Da.An..
A fondamento dell’opposizione deduceva la nullità della fideiussione, disconoscendo le sottoscrizioni apposte in calce al documento fideiussorio.
Si costituiva resistendo la Banca, in particolare deducendo che la fideiussione prestata dal Ma.Vi. era già stata oggetto di altro procedimento monitorio innanzi al Tribunale di Salerno, Sezione distaccata di Eboli, con emissione di decreto ingiuntivo che il Ma.Vi. non aveva opposto e che pertanto era passato in giudicato, tra l’altro, anche in merito alla validità dell’atto di fideiussione, che pertanto non poteva più essere messa nuovamente in discussione.
2. Con sentenza n. 27/2019 del 5 gennaio 2019 il Tribunale di Siena rigettava l’opposizione.
3. Avverso tale sentenza il Ma.Vi. proponeva appello; si costituiva resistendo al gravame la società MP.Le. Spa
3.1. Con sentenza n. 1662/2022 del 4 agosto 2022 la Corte di Appello di Firenze rigettava l’appello, confermando integralmente la sentenza di primo grado.
4. Avverso tale sentenza il Ma.Vi. propone ora ricorso per cassazione, affidato a quattro motivi.
Resiste con controricorso la società MP.Le. Spa
5. La trattazione del ricorso è stata fissata in adunanza camerale ai sensi dell’art. 380-bis.1, cod. proc. civ.
Le parti hanno depositato rispettiva memoria illustrativa.
Rigetto implicito nella decisione assunta
MOTIVI DELLA DECISIONE
1. Con il primo motivo il ricorrente denuncia “Violazione e falsa applicazione di legge in relazione alle affermazioni in diritto contenute nella sentenza gravata, sull’opponibilità del giudicato esterno formatosi per mancata opposizione a decreto ingiuntivo, in contrasto con l’interpretazione della fattispecie fornita dalla giurisprudenza di legittimità, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3”.
Lamenta che la corte territoriale ha attribuito rilevanza di giudicato esterno al precedente decreto ingiuntivo richiesto ed ottenuto dalla concedente il leasing e da lui non opposto, traendone la conseguenza della definitiva validità ed efficacia della fideiussione da lui prestata a garanzia, ed ha omesso di considerare i precedenti di legittimità, in senso diverso, da lui citati, così decidendo in difformità rispetto agli insegnamenti della Suprema Corte.
2. Con il secondo motivo denuncia “Violazione dell’art. 132 c.p.c. per non avere il giudice di secondo grado adeguatamente motivato in sentenza in relazione alle critiche mosse alla CTU da parte del CTP, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5”.
Lamenta che la corte di merito si è limitata a fare proprie le conclusioni del CTU, senza svolgere giusta ed adeguata motivazione, ed in particolare senza prendere posizioni sulle specifiche e puntuali critiche mosse dal proprio CTP alla relazione peritale e già del tutto trascurate dall’ausiliario del giudice.
Rigetto implicito nella decisione assunta
3. Con il terzo motivo denuncia “Motivazione apparente ed intrinsecamente contraddittoria, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5”.
Lamenta che la Corte di Appello di Firenze, rispetto alle puntuali e specifiche critiche alla CTU, ha ritenuto che la sentenza di prime cure fosse esente dalle proposte censure, con motivazione apparente ed intrinsecamente contraddittoria rispetto a quanto affermato dal CTU nella relazione peritale.
4. Con il quarto motivo deduce “Nullità della Sentenza – Omessa pronuncia su una domanda ex art. 112 c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4”.
Lamenta che, non essendosi l’espletata CTU espressa in termini di certezza della veridicità della sottoscrizione, ma solo di “alta probabilità”, la corte di merito avrebbe dovuto ritenere la firma apocrifa, come richiesto dall’allora appellante ed odierno ricorrente, mentre ha deciso invece, diversamente, nel senso della sua autenticità.
5. Il primo motivo è infondato.
Prevalente orientamento di questa Corte, a cui si intende dare continuità, è quello per cui “il principio del giudicato (che spiega i suoi effetti non solo sulla pronuncia esplicita della decisione, ma anche sulle ragioni che ne costituiscono, sia pure implicitamente, il presupposto logico-giuridico) trova applicazione anche in riferimento al decreto ingiuntivo di condanna al pagamento, il quale, ove non sia proposta opposizione, acquista efficacia di giudicato non solo in ordine al credito azionato, ma anche in relazione al titolo posto a fondamento del credito, precludendo ogni ulteriore esame delle ragioni addotte a giustificazione della relativa domanda. In materia di decreto ingiuntivo, in applicazione del principio del giudicato implicito, è stato così codificato il principio del “giudicato per implicazione discendente” secondo il quale l’efficacia preclusiva del decreto ingiuntivo non opposto si estende anche a tutte le relative questioni che possono dare vita (in successivo giudizio) ad un nuovo esame di esse. Ed in effetti il decreto ingiuntivo non opposto è assimilabile ad una sentenza di condanna passata in giudicato. Il giudicato sostanziale conseguente alla mancata opposizione di un decreto ingiuntivo copre non soltanto l’esistenza del credito azionato, del rapporto di cui esso è oggetto e del titolo su cui il credito ed il rapporto stessi si fondano, ma anche l’inesistenza di fatti impeditivi, estintivi e modificativi del rapporto e del credito precedenti al ricorso per ingiunzione e non dedotti con l’opposizione (v. Cass., 28/11/2017, n. 28318; Cass., 03/07/2008, n. 18205).
Rigetto implicito nella decisione assunta
In altre parole, il decreto ingiuntivo acquista, al pari di una sentenza di condanna, autorità ed efficacia di cosa giudicata sostanziale, in relazione al diritto in esso consacrato, tanto in ordine ai soggetti ed alla prestazione dovuta quanto all’inesistenza di fatti estintivi, impeditivi o modificativi del rapporto e del credito (Cass., 6628/2006; Cass., 8937/2024).
È stato inoltre precisato che “In ordine ai rapporti giuridici di durata e alle obbligazioni periodiche che eventualmente ne costituiscano il contenuto, sui quali il giudice pronuncia con accertamento su una fattispecie attuale ma con conseguenze destinate ad esplicarsi anche in futuro, l’autorità del giudicato impedisce il riesame e la deduzione di questioni tendenti ad una nuova decisione di quelle già risolte con provvedimento definitivo, il quale pertanto esplica la propria efficacia anche nel tempo successivo alla sua emanazione, con l’unico limite di una sopravvenienza, di fatto o di diritto, che muti il contenuto materiale del rapporto o ne modifichi il regolamento” (v. Cass., 29/11/2021, n. 37269; Cass., 17/08/2018, n. 20765).
Orbene, là dove ha affermato “Il suddetto decreto ingiuntivo, emesso in relazione al pagamento dei canoni scaduti contemplati nello stesso contratto di leasing e al medesimo obbligo fideiussorio di cui è causa, costituisce giudicato opponibile: identico è infatti il titolo contrattuale da cui sono sorte le pur distinte obbligazioni garantite e la cui validità non è stata contestata né nella precedente sede né nella presente; identico soprattutto è l’obbligo fideiussorio, la cui validità ed efficacia, per effetto della mancata opposizione al precedente decreto ingiuntivo, è da ritenersi oramai irretrattabile”, l’impugnata sentenza ha fatto puntuale applicazione dei suindicati principi di diritto.
6. Il secondo motivo è sotto plurimi profili inammissibile.
Anzitutto, perché risulta dal ricorrente con esso denunziato il vizio di cui al n. 5 dell’art. 360 cod. proc. civ. in presenza di cd. “doppia conforme”, in violazione pertanto dell’art. 348-ter cod. proc. civ. (v. Cass., 09/08/2022, n. 24508: “Nell’ipotesi di “doppia conforme” prevista dall’art. 348 ter c.p.c., comma 5, il ricorrente in cassazione, per evitare l’inammissibilità del motivo di cui all’art. 360 c.p.c., n. 5, deve indicare le ragioni di fatto poste a base della decisione di primo grado e quelle poste a base della sentenza di rigetto dell’appello, dimostrando che esse sono tra loro diverse; v. anche Cass. 5528/2014).
Per altro verso in quanto il suddetto vizio risulta dedotto in maniera non conforme agli insegnamenti delle note sentenze delle Sezioni Unite n. 8053 e 8054 del 2014, secondo cui il nuovo testo dell’art. 360 c.p.c., n. 5), introduce nell’ordinamento un vizio specifico che concerne l’omesso esame di un fatto storico, principale o secondario, la cui esistenza risulti dal testo della sentenza o dagli atti processuali, che abbia costituito oggetto di discussione tra le parti e abbia carattere decisivo (vale a dire che se esaminato avrebbe determinato un esito diverso della controversia), per cui l’omesso esame di elementi istruttori non integra di per sé vizio di omesso esame di un fatto decisivo, se il fatto storico rilevante in causa sia stato comunque preso in considerazione dal giudice, benché la sentenza non abbia dato conto di tutte le risultanze probatorie.
Rigetto implicito nella decisione assunta
Infine, perché, se è vero, secondo consolidato orientamento di questa Suprema Corte, che allorché ad una consulenza tecnica d’ufficio siano mosse critiche puntuali e dettagliate da un consulente di parte, il giudice che intenda disattenderle ha l’obbligo di indicare nella motivazione della sentenza le ragioni di tale scelta, senza che possa limitarsi a richiamare acriticamente le conclusioni del proprio consulente, ove questi a sua volta non si sia fatto carico di esaminare e confutare i rilievi di parte (v. Cass. 21/11/2016 n. 23637, Cass. 02/12/2011 n. 25862, Cass. 24/04/2008 n. 10688), per altro verso, tuttavia, occorre che “La parte che addebita alla consulenza tecnica d’ufficio lacune di accertamento o errori di valutazione oppure si duole di erronei apprezzamenti contenuti in essa (o nella sentenza che l’ha recepita) ha l’onere di trascrivere integralmente nel ricorso per cassazione almeno i passaggi salienti e non condivisi e di riportare, poi, il contenuto specifico delle critiche ad essi sollevate, al fine di evidenziare gli errori commessi dal giudice del merito nel limitarsi a recepirla e nel trascurare completamente le critiche formulate in ordine agli accertamenti ed alle conclusioni del consulente d’ufficio (Cass., 17/05/2022, n. 15837), mentre nel caso di specie il ricorrente si limita a richiamare soltanto genericamente le osservazioni del proprio consulente di parte, senza trascriverne specificatamente il contenuto.
Dalla lettura dell’impugnata sentenza risulta, peraltro, che la corte di merito ha analiticamente preso posizione in relazione alle critiche svolte dal consulente di parte, anche dando espressamente atto che già il consulente del giudice le aveva tenute in considerazione, e facendo espresso riferimento a vari passaggi della relazione peritale (v. p. 8 e ss. della sentenza).
Il motivo finisce dunque per risolversi nella inammissibile sollecitazione di un riesame delle risultanze peritali da parte di questa Corte.
7. Il terzo motivo è inammissibile.
Il ricorrente denunzia con esso il vizio di omesso esame è dedotto in relazione all’omesso esame delle osservazioni del CTP, dunque non in relazione ad un fatto storico e quindi in maniera non conforme agli insegnamenti delle citate Sezioni Unite n. 8053/2014.
Anche il vizio di motivazione intrinsecamente contraddittoria ed apparente non è dedotto conformemente agli insegnamenti di questa Suprema Corte, perché viene riferito al raffronto tra la motivazione medesima e le risultanze istruttorie, nel caso di specie le risultanze peritali, e non al contenuto intrinseco della motivazione, come precisato da Cass., Sez. Un., 07/04/2014, n. 8053 e successive conformi.
8. Il quarto motivo è manifestamente infondato.
Rigetto implicito nella decisione assunta
Come questa Corte ha già avuto modo di affermare, “Non ricorre il vizio di omessa pronuncia quando la motivazione accolga una tesi incompatibile con quella prospettata, implicandone il rigetto, dovendosi considerare adeguata la motivazione che fornisce una spiegazione logica ed adeguata della decisione adottata, evidenziando le prove ritenute idonee e sufficienti a suffragarla, ovvero la carenza di esse, senza che sia necessaria l’analitica confutazione delle tesi non accolte o la particolare disamina degli elementi di giudizio non ritenuti significativi” (v. Cass., n. 2153/2020).
Orbene, nel caso di specie la corte di merito non ha affatto omesso di pronunciare, avendo espresso un motivato rigetto del proposto gravame.
9. All’inammissibilità e infondatezza dei motivi consegue il rigetto del ricorso.
10. Le spese del giudizio di legittimità, liquidate nella misura indicata in dispositivo in favore della società controricorrente, seguono la soccombenza.
Rigetto implicito nella decisione assunta
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso. Condanna il ricorrente al pagamento, in favore della società controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 6.000,00 per compensi, oltre spese forfettarie nella misura del 15 per cento, esborsi, liquidati in Euro 200,00, ed accessori di legge.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del D.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17 della L. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, al competente ufficio di merito, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1-bis, dello stesso articolo 13, se dovuto.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio della Terza Sezione Civile della Corte Suprema di Cassazione il 14 maggio 2024.
Depositato in Cancelleria il 9 ottobre 2024.
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