Rigetto di altro motivo implicante la reiezione del motivo non espressamente esaminato

Corte di Cassazione, civile, Ordinanza|2 febbraio 2024| n. 3171.

Rigetto di altro motivo implicante la reiezione del motivo non espressamente esaminato

Non ricorre il vizio di omessa pronuncia di una sentenza di appello quando, pur non essendovi un’espressa statuizione da parte del giudice in ordine ad un motivo di impugnazione, tuttavia la decisione adottata comporti necessariamente la reiezione di tale motivo, dovendosi ritenere che tale vizio sussista solo nel caso in cui sia stata completamente omessa una decisione su di un punto che si palesi indispensabile per la soluzione del caso concreto (Nel caso di specie, relativo ad un giudizio di risarcimento danni derivanti da responsabilità medico-sanitaria, la Suprema Corte, pur riaffermando l’enunciato principio, ha cassato con rinvio la sentenza impugnata, ravvisando, nella circostanza, il prospettato vizio di omessa pronuncia in relazione a taluni motivi dell’appello incidentale proposto dalla struttura ospedaliera, odierna ricorrente). (Riferimenti giurisprudenziali: Cassazione, sezione civile VI, ordinanza 4 giugno 2019, n. 15255).

Ordinanza|2 febbraio 2024| n. 3171. Rigetto di altro motivo implicante la reiezione del motivo non espressamente esaminato

Data udienza 12 gennaio 2024

Integrale

Tag/parola chiave: Procedimento civile – Poteri del giudice – Vizio di omessa pronuncia – Mancata statuizione su un motivo di impugnazione – Rigetto di altro motivo implicante la reiezione del motivo non espressamente esaminato – Omessa pronuncia – Configurabilità – Esclusione – Fondamento – Fattispecie relativa ad azione di risarcimento danni da responsabilità sanitaria. (Cpc, articol0 112) – Responsabilità sanitaria – Decesso del paziente – Procedimento – Sentenza di appello – Vizio di omessa pronuncia – Art. 360, co. 1, n. 3, cpc – Omessa decisione su di un punto indispensabile per la soluzione del caso concreto

REPUBBLICA ITALIANA

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati

Dott. TRAVAGLINO Giacomo -Presidente

Dott. SCODITTI Enrico -Relatore

Dott. RUBINO Lina -Consigliere

Dott. DELL’UTRI Marco -Consigliere

Dott. SPAZIANI Paolo -Consigliere

Ha pronunciato la seguente
ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 13239/2020 R.G. proposto da:

AZIENDA OSPEDALIERA COMPLESSO OSPEDALIERO SAN GIOVANNI ADDOLORATA, elettivamente domiciliato in ROMA LARGO TRIONFALE 7, presso lo studio dell’avvocato ma.Lu. (omissis) che lo rappresenta e difende

– ricorrente –

contro

Ca. DI ASSICURAZIONE SOCIETÁ COOPERATIVA, elettivamente domiciliato in ROMA VIALE (…), presso lo studio dell’avvocato Co.Pi. (omissis) che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato Co.St. (omissis)

– controricorrente –

nonchè contro

FI.RO., FL.VI., FL.AR., elettivamente domiciliati in ROMA (…), presso lo studio dell’avvocato Ne.Is. (omissis) che li rappresenta e difende

– controricorrenti –

nonchè contro

FI.RO., FL.VI., FL.AR.

– intimati –

avverso SENTENZA di CORTE D’APPELLO ROMA n. 7448/2019 depositata il 02/12/2019.

Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 12 gennaio 2024 dal consigliere ENRICO SCODITTI

Fi.Ro., Fl.Vi., in proprio e nella qualità di esercenti la potestà unitamente a La.Ba. sulle minori Ga.Gi. e La.Fl., Fl.Ar., in proprio e nella qualità di esercente la potestà sulla minore Au.Ma., convennero in giudizio innanzi al Tribunale di Roma l’Azienda Ospedaliera Complesso Ospedaliero San Giovanni Addolorata chiedendo il risarcimento del danno per la morte di Gu.Fl. per responsabilità del personale medico-sanitario del nosocomio convenuto, in relazione ai due interventi di data 4 agosto 2011 e di data 22 agosto 2011. La convenuta chiamò in garanzia Società Ca. di Assicurazione soc. coop. Il Tribunale adito accolse parzialmente la domanda, condannando la struttura ospedaliera al pagamento in favore di Fi.Ro. della somma di Euro 317.057,30, in favore di Fl.Vi. e Fl.Ar. della somma di Euro 274.703,00 ciascuno, in favore di Ga.Gi., La.Fl. e Au.Ma. della somma di Euro 134.465,52 ciascuna, ed accolse la domanda di garanzia. Avverso detta sentenza propose appello la società assicuratrice. Proposero appello incidentale la parte danneggiata e la struttura ospedaliera. Con sentenza di data 2 dicembre 2019 la Corte d’appello di Roma rigettò la domanda di manleva.

Rigetto di altro motivo implicante la reiezione del motivo non espressamente esaminato

Osservò la corte territoriale che il primo motivo dell’appello principale, relativo alla responsabilità sanitaria, doveva essere rigettato alla luce della corretta argomentazione del Tribunale e della genericità ed assenza di argomentazioni scientifiche ed inoltre perché non era stato impugnato il capo della sentenza in cui era stato spiegato perché la scelta di procedere all’immediata ricanalizzazione, senza risolvere prima le problematiche presentate dal paziente, avesse determinato una serie di conseguenze che avrebbero condotto all’exitus. Aggiunse che, infatti, il CTU aveva spiegato che il paziente, dopo il primo intervento d’urgenza, era stato dimesso e, tornato in ospedale dopo qualche giorno astenico, disidratato, con segni di insufficienza renale, era stato sottoposto, senza una precisa indicazione, ad intervento di ricanalizzazione intestinale, intervento che una condotta più accorta e prudente avrebbe dovuto procrastinare ad altra data (le complicanze dell’intervento avevano poi portato al decesso del paziente).

Aggiunse che fondato era il secondo motivo di appello relativo all’inoperatività della garanzia assicurativa in presenza di clausola claims made. Osservò in primo luogo che infondata era l’eccezione di inammissibilità del documento, prodotto dall’appellante, di data 22 luglio 2008, relativo al bando di gara pubblico con prezzo al ribasso, perché già nel processo di primo grado la società assicuratrice aveva fatto riferimento al detto bando, pur non producendolo, documento conoscibile in quanto pubblicato sul Bollettino ufficiale della Comunità europea. Osservò quindi, in base a Cass. Sez. U. n. 22437 del 2018 che aveva posto l’accento sull’indagine sulla causa concreta del contratto in relazione agli interessi perseguiti dalle parti, che la clausola in questione non poteva essere considerata vessatoria, pur estendendosi la copertura ai fatti commessi durante la vigenza del contratto a condizione che vi fosse stata anche la richiesta da parte del danneggiato nello stesso termine, sia perché il contenuto della garanzia, più ristretto, era stato oggetto di pattuizione fra le parti, sia perché non era sostenibile alcuno squilibrio fra le prestazioni posto che l’entità del premio per il rischio assicurato era stata addirittura fissata dall’assicurato in un’asta pubblica come prezzo al ribasso. Aggiunse che, benché nella clausola vi fosse una minore copertura assicurativa, ad essa corrispondeva una premio più contenuto, ragione per la quale l’Azienda San Giovanni aveva scelto la polizza in oggetto, per cui mancava qualsiasi elemento per poter sostenere la ricorrenza di uno squilibrio sinallagmatico nel contratto.

Rigetto di altro motivo implicante la reiezione del motivo non espressamente esaminato

Ha proposto ricorso per cassazione l’Azienda Ospedaliera Complesso Ospedaliero San Giovanni Addolorata sulla base di quattro motivi e resistono con distinti controricorsi Società Ca. di Assicurazione soc. coop. da una parte, e Fi.Ro., Fl.Vi., Fl.Ar., Ga.Gi., La.Fl. e Au.Ma. dall’altra. È stato fissato il ricorso in camera di consiglio ai sensi dell’art. 380 bis.1 cod. proc. civ. È stata presentata memoria.

con il primo motivo si denuncia violazione e falsa applicazione dell’art. 1322, comma 1, cod. civ., ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 3, cod. proc. civ., nonché omesso esame del fatto decisivo e controverso ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 5, cod. proc. civ.. Osserva la parte ricorrente che la circostanza che il corrispettivo sia stato determinato attraverso un’asta pubblica con prezzo al ribasso è perfettamente legittimo ai sensi del d. lgs. n. 163 del 2006, per cui non è determinante ai fini della illegittimità della clausola, e che la polizza nulla stabiliva in un caso come quello di specie, in cui l’evento era avvenuto durante la vigenza della polizza ma contestato dopo la scadenza contrattuale, per cui si realizza un vuoto di tutela, lasciando il termine per la copertura assicurativa alla disponibilità di un terzo (il danneggiato), il quale di contro possiede un termine assai lungo (dieci anni) per contestare l’evento dannoso (soprattutto ove si consideri i danni c.d. lungo latenti nella responsabilità medica), con preclusione peraltro della possibilità di ottenere la copertura nel caso di evento dannoso verificatosi a ridosso della scadenza del contratto. Aggiunge che il criterio per la verifica della validità della clausola claims made non può essere unicamente quello della congruità del premio, che nella specie non poteva essere diverso da quello del c.d. prezzo a ribasso, ma deve anche essere la tipologia del rischio assicurato e l’effettiva copertura assicurata, e che la clausola in discorso crea anche effetti distorsivi della concorrenza, determinando un effetto c.d. fidelizzante del contraente.

Rigetto di altro motivo implicante la reiezione del motivo non espressamente esaminato

Il motivo è infondato. Va preliminarmente disattesa l’eccezione di giudicato esterno sollevata dalla controricorrente società assicuratrice. Viene opposto che sarebbe intervenuta sentenza della Corte d’appello di Roma, avente ad oggetto la polizza n. 2106/32/1004 fra le stesse parti, nella quale vi sarebbe un accertamento di fatto, non impugnato dalla struttura sanitaria, su una serie di circostanze, che avrebbe condotto ad un giudizio positivo circa gli obiettivi avuti di mira dalle parti e l’assenza di squilibrio (risulta depositata ai sensi dell’art. 372 c.p.c. la sentenza di legittimità – Cass. n. 9275 del 2023). La premessa dell’opponibilità di un simile giudicato è l’identità del rapporto giuridico dedotto in giudizio, ma nella sentenza di merito manca un accertamento di identificazione della polizza, che non può essere svolto dalla Corte di Cassazione, per i noti limiti del giudizio di legittimità. La parte controricorrente avrebbe potuto opporre l’eventuale giudicato esterno solo proponendo un ricorso incidentale condizionato, denunciando, sotto il profilo dell’art. 360, comma 1, n. 5 c.p.c., la mancata identificazione della polizza, ed indicando quale ragione di decisività della circostanza l’intervenuto giudicato.

Rigetto di altro motivo implicante la reiezione del motivo non espressamente esaminato

La giurisprudenza di questa Corte, alla luce degli arresti delle sezioni unite, è giunta alla conclusione che il modello di assicurazione della responsabilità civile con clausole “on claims made basis”, quale deroga convenzionale all’art. 1917, comma 1, c.c., consentita dall’art. 1932 c.c., è riconducibile al tipo dell’assicurazione contro i danni e, pertanto, non è soggetto al controllo di meritevolezza di cui all’art. 1322, comma 2, c.c., ma alla verifica, ai sensi dell’art. 1322, comma 1, c.c., della rispondenza della conformazione del tipo, operata attraverso l’adozione delle suddette clausole, ai limiti imposti dalla legge, da intendersi come l’ordinamento giuridico nella sua complessità, comprensivo delle norme di rango costituzionale e sovranazionale. Tale indagine riguarda, innanzitutto, la causa concreta del contratto, sotto il profilo della liceità e dell’adeguatezza dell’assetto sinallagmatico rispetto agli specifici interessi perseguiti dalle parti, ma non si arresta al momento della genesi del regolamento negoziale, investendo anche la fase precontrattuale (in cui occorre verificare l’osservanza, da parte dell’impresa assicurativa, degli obblighi di informazione sul contenuto delle “claims made”) e quella dell’attuazione del rapporto (come nel caso in cui nel regolamento contrattuale “on claims made basis” vengano inserite clausole abusive), con la conseguenza che la tutela invocabile dall’assicurato può esplicarsi, in termini di effettività, su diversi piani, con attivazione dei rimedi pertinenti ai profili di volta in volta implicati (Cass. Sez. U. n. 22437 del 2018; conforme, da ultimo, Cass. n. 12981 del 2022).

Nell’ottica dell’indagine sulla causa concreta, le sezioni unite hanno chiarito quanto segue: “l’analisi dell’assetto sinallagmatico del contratto assicurativo rappresenta un veicolo utile per apprezzare se, effettivamente, ne sia realizzata la funzione pratica, quale assicurazione adeguata allo scopo (tale da superare le criticità innanzi ricordate: p. 17), là dove l’emersione di un disequilibrio palese di detto assetto si presta ad essere interpretato come sintomo di carenza della causa in concreto dell’operazione economica. Ciò in quanto, come già affermato da questa Corte, la determinazione del premio di polizza assume valore determinante ai fini dell’individuazione del tipo e del limite del rischio assicurato, onde possa reputarsi in concreto rispettato l’equilibrio sinallagmatico tra le reciproche prestazioni (Cass., 30 aprile 2010, n. 10596; ma, in forza di analoga prospettiva, anche Cass., S.U., 28 febbraio 2007, n. 4631). Non è, dunque, questione di garantire, e sindacare perciò, l’equilibrio economico delle prestazioni, che è profilo rimesso esclusivamente all’autonomia contrattuale, ma occorre indagare, con la lente del principio di buona fede contrattuale, se lo scopo pratico del regolamento negoziale “on claims made basis” presenti un arbitrario squilibrio giuridico tra rischio assicurato e premio, giacché, nel contratto di assicurazioni contro i danni, la corrispettività si fonda in base ad una relazione oggettiva e coerente con il rischio assicurato, attraverso criteri di calcolo attuariale. Del resto, una significativa chiave interpretativa in tal senso è fornita dal considerando n. 19 della direttiva 93/13/CEE, che, sebbene abbia riguardo specificamente alla tutela del consumatore, esprime, tuttavia, un principio di carattere più generale, che trae linfa proprio dall’anzidetta relazione oggettiva rischio/premio, sterilizzando la valutazione di abusività della clausola di delimitazione del rischio assicurativo e dell’impegno dell’assicuratore “qualora i limiti in questione siano presi in considerazione nel calcolo del premio pagato dal consumatore””.

Rigetto di altro motivo implicante la reiezione del motivo non espressamente esaminato

In questo quadro, richiamando l’estraneità del disposto dell’art. 2965 cod. civ. al giudizio relativo alla clausola claims made, la quale costituisce una delimitazione dell’oggetto del contratto, secondo quanto affermato dalle sezioni unite (Cass. Sez. U. n. 9140 del 2016 e poi la stessa Cass. Sez. U. n. 22437 del 2018), è stato affermato che “non può essere affetta da nullità, ex art. 2965 c.c., la clausola claims made “perché fa dipendere la decadenza dalla scelta di un terzo”, giacché l’atteggiarsi della richiesta del terzo, quale evento futuro, imprevisto ed imprevedibile, è del tutto coerente con la struttura propria del contratto di assicurazione contro i danni (nel cui ambito, come detto, è da ricondursi la polizza con clausola claims made), in cui l’operatività della copertura deve dipendere da fatto non dell’assicurato” (Cass. n. 12908 del 2022 – diversamente si era orientata sulla questione dell’art. 2965 c.c. Cass. n. 8894 del 2020, rimasta isolata, e si veda, in senso contrario, già Cass. n. 30309 del 2019).

Al fine dell’indagine in ordine alla causa concreta, correttamente il giudice del merito ha svolto l’analisi dell’assetto sinallagmatico del contratto assicurativo, dando valore determinante al premio di polizza, costituente anch’esso parametro corretto alla stregua della giurisprudenza di questa Corte. La conclusione cui il giudice del merito è pervenuto è nel senso della liceità della clausola alla luce del “premio più contenuto”, in relazione alla minore copertura assicurativa, fissato dalla medesima parte assicurata. La circostanza, richiamata nel motivo di ricorso, che il corrispettivo sia stato determinato attraverso un’asta pubblica con prezzo al ribasso, in conformità ad un precetto legislativo, attiene all’indagine di fatto riservata al giudice del merito. Ciò che, invero, in sede di legittimità deve essere scrutinato è se il parametro di valutazione della legittimità della clausola sia conforme a diritto, ed il parametro, come si è visto, coincide con quello identificato dalla giurisprudenza di questa Corte. Spetta poi al giudice del merito, sulla base di tale parametro, giudicare dell’assenza di squilibrio sinallagmatico e tale è stata la conclusione della corte territoriale, non censurabile nella presente sede di legittimità nel suo esito di accertamento di fatto.

Rigetto di altro motivo implicante la reiezione del motivo non espressamente esaminato

Con il secondo motivo si denuncia violazione dell’art. 112 cod. proc. civ., ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 4, cod. proc. civ.. Osserva la parte ricorrente che nella sentenza impugnata non vi è alcun accenno all’appello incidentale proposto dall’Azienda Ospedaliera, per cui ricorre il vizio di omessa pronuncia. L’appello è stato, in particolare, afferma la parte, proposto per i seguenti motivi: in violazione dell’art. 2236 c.c. non era stata valutata la speciale complessità dell’intervento sanitario, in relazione al quadro clinico del paziente, ed il crollo delle condizioni fisiche di quest’ultimo costituiva un evento imprevedibile, mentre il CTU aveva concluso nel senso che l’intervento di ricanalizzazione era stato eseguito correttamente; doveva essere escluso il risarcimento attribuito alle nipoti per perdita del rapporto parentale, non essendovi prova della coabitazione; non si comprendeva il giudizio di responsabilità sanitaria alla luce delle gravissime condizioni cliniche del paziente e della correttezza sia del primo intervento che della ricanalizzazione, per cui sul punto si chiedeva la rinnovazione di CTU.

Il motivo è parzialmente fondato. Non ricorre il vizio di omessa pronuncia di una sentenza di appello quando, pur non essendovi un’espressa statuizione da parte del giudice in ordine ad un motivo di impugnazione, tuttavia la decisione adottata comporti necessariamente la reiezione di tale motivo, dovendosi ritenere che tale vizio sussista solo nel caso in cui sia stata completamente omessa una decisione su di un punto che si palesi indispensabile per la soluzione del caso concreto (fra le tante Cass. n. 15255 del 2019).

Il giudice del merito ha effettivamente omesso di statuire sull’appello incidentale dell’odierna ricorrente, ma il rigetto del primo motivo di appello dell’appellante principale, avente per oggetto la responsabilità sanitaria della struttura, comporta necessariamente la reiezione del motivo di appello incidentale, avente oggetto analogo. La valutazione del giudice del merito, dopo avere rilevato delle carenze nell’impugnazione, è stata comunque, recependo le conclusioni del CTU, nel senso che il paziente, dopo il primo intervento d’urgenza, era stato dimesso e, tornato in ospedale dopo qualche giorno astenico, disidratato, con segni di insufficienza renale, era stato sottoposto, senza una precisa indicazione, ad intervento di ricanalizzazione intestinale, intervento che una condotta più accorta e prudente avrebbe dovuto procrastinare ad altra data (le complicanze dell’intervento portarono poi al decesso del paziente). Tale valutazione è incompatibile con i motivi di appello dell’appellante incidentale relativi alla responsabilità sanitaria.

Rammentato che, secondo la giurisprudenza di questa Corte, il rapporto di convivenza non assurge a contenuto minimo di esistenza della relazione parentale, vi è invece reale omissione di pronuncia in relazione al danno per perdita parentale liquidato in favore delle nipoti. La sentenza va cassata per tale ragione.

Con il terzo motivo si denuncia violazione dell’art. 345, comma 3, cod. proc. civ., ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 3, cod. proc. civ.. Osserva la parte ricorrente che, in base alla nuova norma di cui all’art. 345, vi è il divieto assoluto di nuovi mezzi di prova in appello, essendone consentita la produzione solo in presenza di mancata produzione in primo grado per causa non imputabile. Aggiunge che il documento di data 22 luglio 2008, relativo al bando di gara, non è stato prodotto in primo grado e che la circostanza della pubblicazione nel Bollettino ufficiale dell’Unione europea dimostra che avrebbe potuto essere prodotto innanzi al Tribunale.

Il motivo è inammissibile. Il ricorrente non ha specificatamente indicato se la circostanza del “premio più contenuto”, in relazione alla minore copertura assicurativa, sia stata accertata dal giudice del merito sulla base del documento richiamato nel motivo. Dalla motivazione della sentenza non risulta, invero, che tale circostanza sia stata accertata mediante il detto documento. La corte territoriale ha anche affermato che al bando di gara si era fatto riferimento nel processo di primo grado, per cui il documento, a questo punto, avrebbe potuto rilevare solo in funzione di prova di circostanza controversa in primo grado, ma neanche tale specificazione risulta fatta dalla ricorrente. Deve pertanto concludersi che, in mancanza della specifica indicazione di un pregiudizio per la posizione difensiva della parte, la denunciata violazione processuale è priva di decisività.

Rigetto di altro motivo implicante la reiezione del motivo non espressamente esaminato

Con il quarto motivo si denuncia violazione e falsa applicazione dell’art. 2059 cod. civ., ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 3, cod. proc. civ.. Osserva la parte ricorrente che con l’appello incidentale è stata denunciata l’erroneità della sentenza di primo grado in relazione al riconoscimento del danno parentale.

Il motivo è fondato. Ricorre anche con riferimento a tale motivo il medesimo vizio della sentenza rilevato in relazione al secondo motivo. In relazione al motivo di appello incidentale vi è omessa pronuncia, ed in tali termini deve essere considerata la censura.

Con riferimento al rapporto processuale fra la ricorrente e la società assicuratrice, rapporto per il quale non vi è rinvio al giudice del merito, le spese del giudizio di cassazione, liquidate come in dispositivo, seguono la soccombenza.

P.Q.M.

Accoglie il secondo motivo parzialmente ed il quarto motivo, rigettando per il resto il ricorso; cassa la sentenza in relazione ai motivi accolti; rinvia alla Corte di appello di Roma in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimità, in relazione al rapporto processuale con Fi.Ro., Fl.Vi., Fl.Ar., Ga.Gi., La.Fl. e Au.Ma.

Condanna la ricorrente al pagamento, in favore di Società Ca. di Assicurazione soc. coop, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 18,000,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in Euro 200,00, ed agli accessori di legge.

Così deciso in Roma il giorno 12 gennaio 2024.

Depositato in Cancelleria il 02 febbraio 2024.

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