Ricusazione ed ordinanza di accoglimento dell’istanza

Corte di Cassazione, penale, Sentenza|10 maggio 2021| n. 18120.

Ricusazione ed ordinanza di accoglimento dell’istanza.

In tema di incompatibilità, l’art. 34, comma 2-bis cod. proc. pen. prevede che il giudice per le indagini preliminari non possa in alcun caso partecipare al dibattimento, neppure qualora, nella fase delle indagini, si sia limitato al compimento di atti non comportanti alcuna valutazione nel merito della fondatezza dell’accusa nei confronti dell’imputato successivamente chiamato a giudicare in sede di merito. (Fattispecie in cui è stata confermata l’incompatibilità del giudice del dibattimento che, nella fase delle indagini preliminari, si era limitato ad adottare un decreto di convalida dell’intercettazione disposta d’urgenza dal pubblico ministero e un decreto di proroga delle intercettazioni telefoniche, atti nei quali non veniva specificamente in rilievo la posizione dell’imputato).

Sentenza|10 maggio 2021| n. 18120. Ricusazione ed ordinanza di accoglimento dell’istanza

Data udienza 23 marzo 2021

Integrale

Tag – parola chiave: Ricusazione – Ordinanza di accoglimento dell’istanza – Ricorribilità per cassazione – Verifica dell’interesse ad impugnare – Pregiudizio all’imparzialità del giudice quando il giudizio già compiuto investe il vaglio della posizione oggetto di scrutinio – Impossibilità per il giudice che ha svolto funzioni di GIP di partecipare alla fase del giudizio – Rigetto

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PETRUZZELLIS Anna – Presidente

Dott. VILLONI Orlan – rel. Consigliere

Dott. GIORGI Maria Silv – Consigliere

Dott. VIGNA Maria Sabi – Consigliere

Dott. DI GERONIMO Paolo – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
1. (OMISSIS), n. (OMISSIS);
2. (OMISSIS), n. (OMISSIS);
avverso l’ordinanza n. 875/20 della Corte di appello di Catanzaro del 08/01/2021;
letti gli atti, i ricorsi e l’ordinanza impugnata;
udita la relazione del consigliere Orlando Villoni;
letta la requisitoria scritta del pubblico ministero in persona del Sostituto Procuratore generale Fimiani Pasquale, che ha concluso per l’inammissibilita’ per carenza di interesse.

Ricusazione ed ordinanza di accoglimento dell’istanza

RITENUTO IN FATTO

1. Con l’ordinanza impugnata la Corte di appello di Catanzaro ha accolto la dichiarazione proposta dalla Procura della Repubblica – Direzione Distrettuale Antimafia di Catanzaro di ricusare ai sensi dell’articolo 37 c.p.p., comma 1, lettera a) e b), la d.ssa (OMISSIS), quale componente e presidente del collegio giudicante designato per la trattazione del procedimento nei confronti degli imputati (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS) a giudizio con rito immediato dinanzi al Tribunale di Vibo Valentia in ordine ai reati di partecipazione alla âEuroËœndrangheta vibonese (articolo 416-bis c.p.) ( (OMISSIS) e (OMISSIS)), di concorso esterno a detta associazione (articoli 110 e articolo 416-bis c.p.) ( (OMISSIS)), di intestazione fittizia (articolo 512-bis c.p.) e rivelazione di segreti di ufficio (articolo 326 c.p.) e falso (articoli 476 e 479 c.p.) ( (OMISSIS)).
Ritenendo fondata l’istanza dell’ufficio requirente, la Corte territoriale ha ritenuto la d.ssa (OMISSIS) versare in situazione di incompatibilita’ funzionale di cui all’articolo 34 c.p.p., comma 2-bis, per avere emesso provvedimenti implicanti valutazioni sul merito dell’accusa in veste di giudice delle indagini preliminari, provvedimenti consistenti nell’emissione di un decreto di convalida dell’intercettazione disposta d’urgenza dal Pubblico Ministero (RIT 1476/2018) e nell’adozione di un decreto di proroga dell’intercettazione (RIT 901/2018).
2. Avverso l’ordinanza hanno proposto ricorso per cassazione gli imputati (OMISSIS) e (OMISSIS) che deducono identici motivi di censura di seguito sinteticamente esposti.
2.1. Violazione dell’articolo 38 c.p.p., comma 1 e articolo 491 c.p.p., commi 1 e 2, e tardivita’ dell’istanza di ricusazione.
Alla prima udienza di comparizione del 9 novembre 2020, il Tribunale di Vibo Valentia in composizione collegiale ha rilevato la regolare presenza di tutte le parti processuali conseguente alla regolare notifica del decreto di giudizio immediato a ciascuna di esse.
Accogliendo la richiesta di rinvio dell’Ufficio della Procura della Repubblica, motivata dalla possibilita’ di riunire il troncone del processo con quello a carico di altri imputati che avevano scelto il rito ordinario, il processo veniva differito alla successiva udienza del 13 gennaio 2021.

 

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Medio tempore l’ufficio della Procura della Repubblica – Direzione Distrettuale Antimafia di Catanzaro presentava istanza di ricusazione, depositandola presso la Corte di appello in data 14 dicembre 2020.
Cio’ premesso, i ricorrenti deducono la violazione delle predette previsioni, le quali stabiliscono che la dichiarazione di ricusazione puo’ essere proposta nel giudizio fino a che non sia stato compiuto per la prima volta l’accertamento della costituzione delle parti (articolo 491 c.p.p., comma 1) o qualora la causa di ricusazione sia sorta o divenuta nota dopo la scadenza di quel termine (nella specie nel corso dell’udienza del 9 novembre 2020 secondo la prospettazione del PM), entro i tre giorni successivi.
2.2. Violazione dell’articolo 38 c.p.p., comma 3, relativo alle modalita’ di deposito dell’istanza di ricusazione, previste a pena di inammissibilita’ ai sensi dell’articolo 41 c.p.p., comma 1.
Deducono i ricorrenti che la dichiarazione di ricusazione e’ stata presentata in assenza dei documenti di supporto, tra cui va annoverata la prova del previo deposito di copia della stessa dichiarazione presso la cancelleria del giudice ricusato. Nella specie e’, invece, accaduto – come risulta dalla stessa ordinanza impugnata (pag. 6) – che la dichiarazione sia stata depositata presso la Corte di appello in data 14 dicembre 2020, il giorno prima del deposito della relativa copia presso la cancelleria (Tribunale di Vibo Valentia) del giudice ricusato (15 dicembre 2020).
2.3. Violazione di legge in relazione agli articoli 34 e 37 c.p.p..
I provvedimenti adottati dalla d.ssa (OMISSIS) in qualita’ di giudice delle indagini preliminari, seppur genericamente riferibili al contesto investigativo mafioso che fa da sfondo all’indagine (OMISSIS) – (OMISSIS) nulla avevano a che vedere con le posizioni degli imputati ed in particolare non erano caratterizzati sotto il profilo probatorio da contenuti direttamente o indirettamente riferibili a condotte attribuibili agli imputati.
Secondo la piu’ recente giurisprudenza di legittimita’ l’effetto pregiudizievole per l’imparzialita’ del giudice derivante dall’adozione di determinati provvedimenti avviene soltanto quando il giudizio gia’ compiuto investe necessariamente il vaglio della posizione oggetto di scrutinio, per cui Sez. 5, n. 11982 del 7/12/2017, Di Marco ha escluso i presupposti per la ricusazione ai sensi dell’articolo 37, comma 1, lettera a) in relazione ai casi previsti dall’articolo 36, comma 1, lettera g) quando il G.i.p. abbia emesso decreti di intercettazione in cui non ha svolto alcuna valutazione di merito in ordine alla responsabilita’ dell’imputato ricusante (conf. Sez. 2, n. 2819 del 20/11/2008, dep. 2009, Marabiti, Rv. 242652).

 

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Al fine di confermare il sospetto di pregiudizio occorre, dunque, procedere a valutazione caso per caso, che tenga conto dello specifico contenuto dell’atto compiuto dal giudice ricusato, onde stabilire la possibile incidenza sull’imparzialita’ del medesimo, valutazione che deve essere condotta non solo in relazione al fatto sul quale il giudice e’ chiamato a pronunciarsi ma anche nei confronti del medesimo soggetto protagonista del secondo processo (Corte Cost. n. 283 del 2000).
Numerosi, dunque, sono i casi in cui la giurisprudenza di legittimita’ ha escluso la sussistenza delle condizioni per la ricusazione pur in presenza di un medesimo contesto mafioso di accadimento dei reati (Sez. 1, n. 21064 del 12/05/2010, Abruzzese, Rv. 247578; Sez. 1, n. 22794 del 13/05/2009, Bontempo Scavo, Rv. 244381; Sez. 5, n. 15201 del 10/02/2016, Acri, Rv. 266865 in motivazione).
Nel caso di specie non sussiste alcuna identita’ soggettiva ed oggettiva tra il fatto o i fatti asseritamente vagliati dal giudice ai fini dell’emissione dei provvedimenti precedentemente adottati e quelli oggetto di scrutinio nel procedimento in itinere.
Non puo’ mai integrare manifestazione indebita del convincimento del giudice la motivazione espressa nel provvedimento di autorizzazione alla intercettazione, qualora la stessa sia riferita ai presupposti richiesti dalla legge per l’autorizzazione ovvero all’esistenza di gravi indizi e nel caso di specie di sufficienti indizi (L. n. 203 del 1991, articolo 13) di reato ed all’assoluta indispensabilita’ (nella specie alla necessita’) delle intercettazioni ai fini della prosecuzione delle indagini (Sez. 3 n. 15849 del 25/10/2016, D.M., Rv. 269870 riferita all’ipotesi ordinaria).
Secondo il ricorrente dell’articolo 34 c.p.p., il comma 2-bis non segna una incompatibilita’ funzionale tra G.i.p. e giudicante, come ritiene la Corte di appello, fatte salve le eccezioni previste dai commi 2-ter e 2-quater, occorrendo per contro verificare, volta per volta, se l’atto assunto in sede di indagine abbia qualita’ tali da pregiudicare le future valutazioni sul merito.

 

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In altri termini e’ la valutazione contenutistica della consistenza dell’ipotesi accusatoria (Corte Cost. 12 novembre 1991, n. 401) ad indicare se il giudice abbia o meno manifestato il proprio convincimento sul merito dell’accusa.
E’ proprio ragionando sulla portata obiettivamente derogatoria del comma 2-quater del principio apparentemente dettato in via assoluta dal comma 2-bis, che Sez. 4, n. 12744 del 27/11/2002 ha indicato quale criterio discretivo della incompatibilita’ quello dell’adozione di un provvedimento implicante l’esame del merito dell’imputazione.
Lo stesso principio e’ stato del resto seguito dalla Corte di appello di Catanzaro nel respingere la dichiarazione di ricusazione di altro membro del collegio avanzato da un imputato (all. 6 al ricorso) ed in tali termini si era espressa anche la Procura Distrettuale Antimafia nella memoria prodotta alla Corte il 14 settembre 2020 (all. 7).
Il mutato orientamento riferito alla posizione della d.ssa (OMISSIS) non trova giustificazione riguardo alla natura degli atti assunti da detto giudice.
Il provvedimento del 5 ottobre 2018 contiene, infatti, unicamente una verifica, entro gli stretti limiti valutativi propri della fase di autorizzazione del mezzo di ricerca della prova, della sufficienza indiziaria del reato ma non gia’ di indizi di colpevolezza in capo all’intercettato e tanto meno riguardo agli odierni imputati e a quel presupposto non puo’ essere attribuito alcun connotato probatorio ne’ di fondatezza dell’accusa (Sez. 5, n. 41131 del 08/10/2003, Liscai, Rv. 227053; Sez. 3, n. 14954 del 02/12/2014; Sez. U n. 45189 del 17/11/2004, Esposito, Rv. 229247; Sez. U n. 21 del 29/11/2005, Campenini, Rv. 232605).
2.4. Violazione di legge processuale in relazione agli articoli 125 e 34 cod. proc. pen. in relazione alla mancata risposta alle doglianze difensive diverse dalla eccezione di tardivita’ della ricusazione e in particolare alla eccepita assenza, data la posizione processuale degli istanti, di qualsiasi attivita’, pregiudicante compiuta dal G.i.p., il quale non ha mai svolto in quei provvedimenti argomenti o valutazioni di condotte ascrivibili ad alcuno dei ricorrenti.
Nel caso del ricorrente (OMISSIS), imputato del delitto di cui all’articolo 416-bis c.p., sono state ritenute pregiudicanti le valutazioni espresse dal G.i.p. in punto di sufficienza indiziaria circa la sussistenza di alcune consorterie criminali; nel caso del ricorrente (OMISSIS), imputato di concorso esterno nel predetto reato associativo, non ricorre per contro alcuna interdipendenza di merito tra il contenuto dei provvedimenti precedentemente adottati dal giudice ricusato e il contenuto dell’accusa.

 

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CONSIDERATO IN DIRITTO

1. I ricorsi sono infondati e vanno come tali rigettati.
2. Prima di esaminare le questioni poste dalla difesa dei ricorrenti, il Collegio reputa, tuttavia, di doversi pronunciare sulla deduzione preliminare svolta dal Procuratore generale nella sua requisitoria scritta.
Il Procuratore generale pone, infatti, la questione dell’individuazione dello interesse rilevante ai fini dell’ammissibilita’ del ricorso per cassazione della ordinanza che, accogliendola, decide l’istanza di ricusazione.
Secondo la sua prospettazione, nel caso in esame non verrebbe allegata la sussistenza di alcun concreto interesse ad impugnare, che non puo’ individuarsi “per implicito e d’ufficio, nella violazione del principio del giudice naturale, in quanto la diversa composizione del collegio consegue all’accoglimento dell’istanza di ricusazione all’esito di un procedimento svoltosi secondo le regole processuali, mentre il citato principio viene leso quando siano violate le regole di organizzazione dell’ufficio e si determini uno stravolgimento dei canoni essenziali dell’ordinamento giudiziario”.
Il Collegio non condivide tale prospettazione.
Il dato normativo da cui occorre prendere le mosse e’ rappresentato dall’articolo 41 c.p.p., comma 3, il quale prevede che sul merito della ricusazione la corte di appello decide a norma dell’articolo 127 c.p.p., dopo aver assunto, se necessario, le opportune informazioni; il richiamato articolo 127, prevede a sua volta in termini generali (comma 7) l’impugnabilita’ dell’ordinanza mediante ricorso per cassazione.
Il Procuratore generale usa l’argomento secondo cui il mutamento di uno o piu’ componenti del collegio non implica di per se’ stravolgimento delle regole poste a disciplina dell’ordinamento giudiziario e non comporta nullita’ assoluta ai sensi dell’articolo 178 c.p.p., lettera a) in tema di capacita’ del giudice.
Ora e’ innegabile che la giurisprudenza di questa Corte di cassazione ha piu’ volte affermato il principio che le irregolarita’ in tema di formazione dei collegi incidono sulla capacita’ del giudice, con conseguente nullita’ ex articolo 178 c.p.p., lettera a), solo quando sono volte ad eludere o violare il principio del giudice naturale precostituito per legge, attraverso assegnazioni extra ordinem perche’ del tutto al di fuori di ogni criterio tabellare (Sez. 6, n. 39239 del 04/07/2013, Rossoni, Rv. 257087; Sez. 1, n. 16214 del 05/04/2006, Moccia, Rv. 234216).

 

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L’argomento viene, tuttavia, utilizzato in un senso e in una prospettiva diversa da quelli per cui il principio e’ stato affermato.
Una cosa, infatti, e’ stabilire i casi in cui il principio di rango costituzionale del giudice naturale non viene ad essere violato per effetto di specifici provvedimenti di natura organizzativo – tabellare nella formazione dei collegi giudicanti, altra cosa, invece, e’ sostenere che ogni volta che si modifichi la composizione di un collegio giudicante per effetto dell’accoglimento di una istanza di ricusazione, per definizione il principio del giudice naturale deve ritenersi salvaguardato, di conseguenza difettando sempre un interesse ad impugnare.
Si vorrebbe in sostanza per tale strada affermare un principio che, oltre a dover superare l’obiezione di una mancata previsione espressa di inammissibilita’ dell’impugnazione, precluderebbe in ogni caso la possibilita’ di intervenire in via processuale a correzione di provvedimenti adottati sulla base di una procedura formalmente corretta, ma in ipotesi concretamente viziati da ragioni sostanziali illecite o adottati al deliberato scopo di impedire la partecipazione al giudizio ad un determinato magistrato, magari per ragioni ideologiche o di altro genere.
In conclusione e a prescindere dal fatto che in due lontani precedenti questa Corte di cassazione si e’ gia’ espressamente pronunciata per la ricorribilita’ della ordinanza che decide sul merito della ricusazione (Sez. 1, n. 5251 del 29/09/1999, Marfia, Rv. 21439; Sez. 6, n. 3853 del 24/11/1999, Papalia, Rv. 216836), si deve ritenere che in tema di ricusazione, proprio per il principio che viene in rilievo (articolo 25 Cost., comma 1), il sistema delle impugnazioni avverso i provvedimenti resi in tale materia presuppone sempre la sussistenza di un interesse in tal senso.
3. Passando all’esame delle doglianze dei ricorrenti, la prima di esse attiene alla dedotta tardivita’ dell’istanza di ricusazione.
Si sostiene in particolare che si sarebbe consumata violazione dell’articolo 38 c.p.p., comma 1 e articolo 491 c.p.p., commi 1 e 2, che fissano termini invalicabili per la presentazione della dichiarazione di ricusazione, da eseguirsi in corso di giudizio fino a che non sia stato compiuto per la prima volta l’accertamento della costituzione delle parti (articolo 491 c.p.p., comma 1) ovvero, qualora la causa di ricusazione sia sorta o divenuta nota dopo la scadenza di quel termine, entro i tre giorni successivi, nella specie decorrenti dall’udienza del 9 novembre 2019 stando alla stessa prospettazione dell’ufficio del pubblico ministero.
La censura e’ infondata.
L’esame dei verbali del procedimento evidenza che, con statuizione non impugnabile nell’ambito della presente procedura (articolo 586 c.p.p.), nel corso dell’udienza del 9 novembre 2020 celebratasi dinanzi al Tribunale di Vibo Valentia non sono state completate le formalita’ di costituzione delle parti processuali, avendo il collegio espressamente disposto di riservare a successiva udienza l’ammissione delle numerose parti civili, con la conseguenza che non poteva dirsi compiuto l’accertamento della relativa costituzione.
Le parti processuali avrebbero, pertanto, potuto presentare istanza di ricusazione in ogni momento fino all’udienza di rinvio fissata per il 13 gennaio 2021 ed e’ quanto accaduto con la proposizione della dichiarazione della parte pubblica direttamente dinanzi alla Corte di appello.

 

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Per quanto emerge dal verbale d’udienza del 9 novembre 2019 e dagli altri atti allegati ai ricorsi, sembra, inoltre, di comprendere che a quella data nessuna delle parti processuali avesse maturato la convinzione che si potesse configurare una situazione di incompatibilita’ del presidente del collegio, essendo solo emerse su alcuni organi di stampa indiscrezioni sul fatto che la d.ssa (OMISSIS) avesse autorizzato delle intercettazioni, indiscrezioni che avevano avuto eco nel corso dell’udienza preliminare in svolgimento a Roma.
Risulta, dunque, quanto meno non confermato il presupposto di fatto in base al quale i ricorrenti lamentano la violazione del termine di cui all’articolo 38 c.p.p., comma 2, e cioe’ che la parte pubblica fosse consapevole gia’ dall’udienza del 9 novembre 2019 dell’esistenza di una causa d’incompatibilita’ del magistrato poi effettivamente ricusato, mentre e’ verosimile piuttosto ritenere che solo successive verifiche del ponderoso incarto processuale abbiano comprovato l’attendibilita’ di quelle indiscrezioni.
4. La seconda doglianza attiene alla ritualita’ della dichiarazione di ricusazione sotto il profilo della mancata attestazione del deposito di copia della medesima presso la cancelleria del giudice ricusato: in concreto e come risulta dalla stessa ordinanza impugnata (pag. 6), la dichiarazione e’ stata depositata presso la Corte di appello in data 14 dicembre 2020, il giorno prima (15 dicembre) del deposito della relativa copia presso la cancelleria del Tribunale di Vibo Valentia, ufficio del giudice ricusato.
Anche tale censura e’ infondata.
La giurisprudenza piu’ risalente di questa Corte di legittimita’ configurava effettivamente come causa di inammissibilita’ (Sez. 6, n. 48560 del 18/11/2009, Di Napoli, Rv. 245654; Sez. 1, n. 35719 del 17/10/2006, Piras, Rv. 235073; Sez. 2, n. 46189 del 25/10/2005, Abruzzese, Rv. 232782; Sez. 2, n. 3123 del 05/12/2003, dep. 2004, Gallo, Rv. 227645) il mancato rispetto della formalita’ stabilita dall’articolo 38 c.p.p., comma 3, di produrre tra i documenti allegati alla dichiarazione di ricusazione, anche l’attestazione del deposito di copia della medesima presso la cancelleria del giudice ricusato.
Noto e’ peraltro il revirement di quell’indirizzo interpretativo a partire dal 2011 sul condivisibile assunto che non e’ ravvisabile alcuna causa d’inammissibilita’ nella citata previsione di legge.

 

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La costante giurisprudenza di legittimita’ oggi afferma, dunque, l’opposto principio che la mancata attestazione dell’avvenuto deposito di copia della dichiarazione di ricusazione presso la cancelleria del giudice ricusato non e’ causa di inammissibilita’ della stessa (Sez. 2, n. 35416 del 23/05/2019, Arzu, Rv. 27643; Sez. 5, n. 13380 del 12/02/2014, Ibello, Rv. 260561; Sez. 6, n. 42395 del 27/09/2013, Di Napoli, Rv. 256683; Sez. 6, n. 38660 del 28/09/2011, Copertino, Rv. 251051).
5. Possono ora essere esaminate congiuntamente le questioni dedotte, secondo prospettive solo in parte diverse, con i due ultimi motivi di ricorso e che investono propriamente le ragioni alla base dell’ordinanza di accoglimento della dichiarazione di ricusazione.
Dai rilevanti atti del procedimento, allegati anche ai ricorsi, risulta che nel periodo in cui svolgeva le funzioni di Giudice per le indagini preliminari del Tribunale Distrettuale di Catanzaro, la Presidente del collegio, d.ssa (OMISSIS), adottava i seguenti provvedimenti:
a) in data 5 ottobre 2018, un decreto di convalida delle intercettazioni disposte di urgenza dal Pubblico Ministero, esprimendosi nel merito circa l’esistenza nel territorio vibonese di alcune cosche mafiose affiliate alla âEuroËœndrangheta calabrese (cosche (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS)) e ritenendo sul piano processuale che l’attivita’ di captazione fosse necessaria ai sensi della L. n. 203 del 1991, articolo 13 alla prosecuzione delle indagini al fine di acquisire informazioni utili per individuare i soggetti coinvolti e procedere alla compiuta descrizione delle relative condotte;
b) in data 10 ottobre 2018, un decreto di proroga delle intercettazioni su richiesta dal Pubblico Ministero, che a sua volta rinviava al contenuto di una informativa di reato riguardante tale (OMISSIS), operatore del Tribunale di Vibo Valentia sospettato di agevolare a vario titolo soggetti coinvolti in processi di mafia.
La tesi sostenuta dai ricorrenti e’ che in nessun modo le valutazioni espresse dalla d.ssa Madri nei citati provvedimenti hanno potuto pregiudicare quelle a lei demandate in sede dibattimentale sul conto degli imputati ricorrenti, in primo luogo perche’ tale effetto non puo’ essere esplicato da considerazioni di ordine generale in punto di sufficienza indiziaria in ordine alla sussistenza di alcune consorterie criminali, nel caso del ricorrente (OMISSIS) e nel caso del ricorrente (OMISSIS), imputato di concorso esterno nel reato di partecipazione ad associazione mafiosa, poiche’ non ricorre alcuna interdipendenza tra il merito di quei provvedimenti e il contenuto dell’accusa.
Le citate argomentazioni discendono dalla tesi sostenuta dalla difesa dei ricorrenti, articolatamente illustrata con il supporto di copiosa giurisprudenza costituzionale e di legittimita’ (v. supra), secondo cui l’effetto pregiudizievole per l’imparzialita’ del giudice derivante dall’adozione di determinati provvedimenti avviene soltanto quando il giudizio gia’ compiuto investe necessariamente il vaglio della posizione oggetto di scrutinio, involgendo valutazioni di merito in ordine alla responsabilita’ dell’imputato ricusante.
Tale prospettazione sostanzia, com’e’ noto, l’approccio ermeneutico cd. casistico o contenutistico dell’articolo 34 c.p., comma 2-bis, a dispetto di una interpretazione fondata sulla lettera delle legge che recita: “Il giudice che nel medesimo procedimento ha esercitato funzioni di giudice per le indagini preliminari non puo’ emettere il decreto penale di condanna, ne’ tenere l’udienza preliminare; inoltre, anche fuori dei casi previsti dal comma 2, non puo’ partecipare al giudizio”.
Come del pari ampiamente esposto in ricorso, e’ stata l’interpretazione fondata sulla valutazione contenutistica della consistenza dell’ipotesi accusatoria ad avere orientato la Corte Costituzionale nell’individuazione dei casi in cui il giudice abbia o meno manifestato il proprio convincimento sul merito dell’accusa, per cui l’assunto difensivo costituente il nucleo essenziale del ricorso e’ assolutamente chiaro: il provvedimento del 5 ottobre 2018 adottato dalla d.ssa (OMISSIS) e’ consistito in una semplice verifica, entro gli stretti limiti valutativi propri della fase di autorizzazione del mezzo di ricerca della prova, della sufficienza indiziaria del reato ma non gia’ di indizi di colpevolezza in capo ai soggetti intercettati e tanto meno riguardo agli odierni imputati e a quella verifica non puo’ essere attribuito alcun connotato probatorio o di vaglio di fondatezza dell’accusa; l’altro provvedimento riguarda specificamente un imputato in posizione non collegata a quella dei ricorrenti.

 

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Costoro aggiungono pure che l’orientamento interpretativo sostenuto trova riscontro nella piu’ recente giurisprudenza di legittimita’, ma il Collegio osserva che tale ultima affermazione trova smentita proprio nelle piu’ recenti decisioni di questa Corte di cassazione che tralasciano l’interpretazione casistica in favore di una interpretazione letterale dell’articolo 34 c.p.p., comma 2-bis.
In particolare Sez. 2, n. 55231 del 10/12/2018, Clemente, Rv. 274300 evidenzia in maniera molto efficace che proprio perche’ il metodo contenutistico era stato quello seguito dalla Corte Costituzionale nel processo di individuazione di casi di incompatibilita’ non previsti dall’originario articolo 34, con il Decreto Legislativo 19 febbraio 1998, n. 51 in tema di giudice unico e con l’inserimento del comma 2-bis il legislatore intese superare l’approccio casistico, al fine di stabilire una netta demarcazione dei casi di incompatibilita’, per quanto successivamente in parte derogata con la L. 16 dicembre 1999, n. 479 mediante introduzione del comma 2-ter e con la L. 5 giugno 2000, n. 144, ed inserimento del comma 2-quater.
L’introduzione delle deroghe ai principi stabiliti con l’articolo 34 c.p.p., comma 2-bis – per contro enfatizzata da Sez. 4, n. 12744 del 27/11/2002 (ampiamente citata in ricorso ma i cui estremi non sembrano correttamente indicati, non trovando corrispondenza negli archivi telematici) al fine di stigmatizzare l’insufficienza della regola della incompatibilita’ secca tra funzioni di G.u.p. e G.i.p. – viene, infatti, ricondotta al rapporto intercorrente tra regola ed eccezione fissato dall’articolo 14 preleggi, secondo cui e’ vietata l’applicazione in via analogica dell’eccezione.
L’abbandono dell’impostazione casistica si rinviene, infine, almeno in termini generali e di principio, in una pronuncia ancor piu’ recente di questa Corte di legittimita’ sull’incompatibilita’ derivante dal provvedimento di autorizzazione alla riapertura delle indagini preliminari (Sez. 1, n. 7558 del 28/01/2021, Ierullo, Rv. 280501), anche se lo sviluppo della motivazione finisce per operare una commistione tra i diversi orientamenti, che la massima debitamente registra.
Il tema principale posto dai ricorsi non e’, dunque, affatto nuovo e ben tracciati appaiono i differenti percorsi argomentativi per la soluzione dei problemi che esso propone.
Premesso quanto sopra, il Collegio reputa di dover privilegiare l’interpretazione letterale del cbn. disp. dell’articolo 34 c.p.p., commi 2-bis, 2-ter e 2-quater osservando che il diverso approccio ermeneutico si traduce nella pratica abrogazione del comma 2-bis e lascia margini di obiettiva opinabilita’ nella valutazione del singolo caso che mal si conciliano con l’esigenza di dirimere situazioni incidenti sulla piena imparzialita’ dell’organo giudicante.
Correttamente, pertanto, la Corte di appello ha accolto la dichiarazione di ricusazione della d.ssa (OMISSIS) per avere la stessa svolto funzioni di giudice per le indagini preliminari nell’ambito dello stesso procedimento, originariamente unitario, non potendo, pertanto, partecipare alla fase del giudizio.
6. Al rigetto dei ricorsi segue, come per legge, la condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali.

P.Q.M.

rigetta i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali.

 

Ricusazione ed ordinanza di accoglimento dell’istanza

In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.

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