Ricorso per cassazione motivo articolato in più profili di doglianza

Corte di Cassazione, civile, Sentenza|2 settembre 2022| n. 25969.

Ricorso per cassazione motivo articolato in più profili di doglianza

In materia di ricorso per cassazione, il fatto che un singolo motivo sia articolato in più profili di doglianza, ciascuno dei quali avrebbe potuto essere prospettato come un autonomo motivo, non costituisce, di per sé, ragione d’inammissibilità dell’impugnazione, dovendosi ritenere sufficiente, ai fini dell’ammissibilità del ricorso, che la sua formulazione permetta di cogliere con chiarezza le doglianze prospettate onde consentirne, se necessario, l’esame separato esattamente negli stessi termini in cui lo si sarebbe potuto fare se esse fossero state articolate in motivi diversi, singolarmente numerati.

Sentenza|2 settembre 2022| n. 25969. Ricorso per cassazione motivo articolato in più profili di doglianza

Data udienza 27 maggio 2022

Integrale

Tag/parola chiave: Trasporto – Improcedibilità del ricorso per cassazione – Presupposti – Principio di contestazione – Onere della allegazione dei fatti da parte di chi solleva la violazione del principio – Contratto di trasporto – Destinatario diverso dal mittente – Natura di contratto a favore di terzo – Consegna di cose – Dichiarazione di volerne profittare ex art. 1411 cc – Diritti verso il vettore – Spettanza al destinatario ex art. 1689 cc – Obbligo di pagare il vettore a carico del destinatario – Inserimento della clausola “franco di porto” – Deroga all’art. 1689 cc

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. FRASCA Raffaele – Presidente
Dott. CONDELLO Pasqualina A. P. – rel. Consigliere

Dott. AMBROSI Irene – Consigliere

Dott. SPAZIANI Paolo – Consigliere

Dott. ROSSELLO Carmelo Carlo – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA
sul ricorso iscritto al n. 32113/2019 R.G. proposto da:
(OMISSIS), rappresentato e difeso, in forza di mandato in calce al ricorso, dagli avv.ti (OMISSIS) e (OMISSIS) ed elettivamente domiciliato in Roma, piazza Cavour, presso la Cancelleria della Corte Suprema di Cassazione;
– ricorrente –
contro
(OMISSIS) S.P.A., in persona del legale rappresentante, rappresentata e difesa, in virtu’ di mandato a margine del controricorso, dagli avv.ti (OMISSIS) e (OMISSIS) ed elettivamente domiciliata presso lo studio dell’avv. (OMISSIS), in (OMISSIS);
– controricorrente –
avverso la sentenza della Corte di Appello di Salerno n. 393/2019 depositata in data 22 marzo 2019;
udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 27 maggio 2022 dal Consigliere Dott.ssa Condello Pasqualina Anna Piera;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale, Dott. Nardecchia Giovanni Battista, che ha chiesto dichiararsi l’inammissibilita’ del ricorso;
udito il difensore della parte ricorrente, avv.ti (OMISSIS) e (OMISSIS) udito il difensore della parte controricorrente, avv. (OMISSIS).

Ricorso per cassazione motivo articolato in più profili di doglianza

FATTI DI CAUSA

1. Il Tribunale di Salerno rigetto’ la domanda proposta dalla impresa individuale (OMISSIS) nei confronti della (OMISSIS) s.r.l. al fine di ottenere il pagamento delle differenze tariffarie ad essa asseritamente dovute dalla convenuta a fronte di trasporti effettuati negli anni 2000/2005, per “difetto di legittimazione passiva della societa’ convenuta”, e rigetto’ la domanda riconvenzionale, da quest’ultima spiegata, di nullita’ del contratto, compensando tra le parti le spese di lite.
2. La sentenza venne impugnata da (OMISSIS), che dedusse, tra l’altro, con il primo motivo d’appello, che l’eccezione svolta in primo grado dalla convenuta non involgeva il tema della legittimatio ad causam, questione rilevabile d’ufficio, ma la titolarita’ della situazione dedotta in giudizio, afferente al merito della controversia, che avrebbe dovuto essere provata dall’eccipiente, ai sensi dell’articolo 2697 c.c., la quale non aveva, invece, neppure indicato gli eventuali destinatari della merce trasportata. Chiese, pertanto, il rigetto dell’eccezione e l’applicabilita’ della L. n. 298 del 1974 e del Decreto Ministeriale 18 novembre 1982, articolo 8.
Respinta l’istanza di giuramento decisorio e la richiesta di prova orale, la Corte d’appello di Salerno rigetto’ il gravarne, condannando l’appellante al pagamento in favore dell’appellata delle spese del grado di giudizio. Osservo’, in particolare, che il primo motivo di gravame non era meritevole di accoglimento, ed assorbiva i restanti motivi di impugnazione, sia nella parte in cui si contestava l’eccezione di carenza di legittimazione passiva, sia nella parte in cui si censurava l’interpretazione della normativa applicabile alla fattispecie.

Ricorso per cassazione motivo articolato in più profili di doglianza

Sotto il primo profilo, rilevo’ che l’eccezione inerente alla titolarita’ passiva del rapporto obbligatorio non era eccezione in senso stretto, ma doveva essere verificata officiosamente dal giudice, se risultante dagli atti di causa, di tal che’ “il giudice di primo grado non aveva necessita’ di uno specifico fondamento probatorio per poter decidere su questione giuridica e non fattuale”. Ritenuta, inoltre, non pertinente l’assunta inapplicabilita’ alla fattispecie, contraddistinta da una pluralita’ di destinatari, della disciplina del Decreto Ministeriale 18 novembre 1982, articolo 7 e ritenuta ininfluente la dimostrazione della circostanza, non contestata, dell’avvenuto pagamento parziale dei trasporti da parte della (OMISSIS) s.r.l., la Corte territoriale richiamo’ la giurisprudenza di legittimita’ secondo la quale il trasporto di cose, quando il destinatario era persona diversa dal mittente, era un contratto tra mittente e vettore a favore del terzo destinatario, cosicche’ i diritti e gli obblighi del destinatario verso il vettore nascevano con la consegna delle cose a destinazione o con la richiesta di consegna. Evidenziando che il rapporto si scindeva in due fasi contrattuali, la prima, che si instaurava esclusivamente tra mittente e vettore, nella quale obbligato al pagamento del corrispettivo del trasporto (cd. porto) al vettore era, in linea generale, il mittente stipulante e, la seconda, in cui sorgevano diritti e rapporti reciproci tra vettore e destinatario, i giudici di secondo grado sottolinearono che la disciplina speciale avente il diverso oggetto delle tariffe cd. a forcella, applicabile ratione temporis, non disponesse deroghe alla norma generale dell’articolo 1692 c.c. e che, nella specie, l’appellante non avesse fornito prova che tra le parti fosse stata concordata una deroga all’articolo 1692 c.c.. Aggiunsero che la prova per testi richiesta dall’appellante al fine di dimostrare la circostanza che i contratti di trasporto fossero stati conclusi con la clausola porto franco, gia’ respinta dal giudice di primo grado, non era ammissibile perche’ incontrava il limite previsto dall’articolo 2721 c.c., comma 1, che, per quanto anacronistico per il valore ivi indicato, non poteva essere derogato ai sensi del comma 2 dello stesso articolo. Poiche’ il patto in deroga non poteva essere implicitamente dedotto dalla mancanza di “assegni” sulla merce, che lasciava inalterata l’obbligazione ex lege del destinatario che aveva accettato la riconsegna, ne’ dalla fatturazione dei trasporti a carico del mittente, i giudici del merito respinsero l’appello, confermando la sentenza di primo grado.
3. Contro la suddetta decisione (OMISSIS) ha proposto ricorso per cassazione, affidato a due motivi.
(OMISSIS) s.r.l. ha resistito con controricorso.
4. E’ stata disposta la trattazione in pubblica udienza. Con istanza del 21 aprile 2002 nell’interesse della (OMISSIS) s.p.a. e’ stata depositata richiesta di discussione orale, ai sensi di quanto previsto dal Decreto Legge n. 137 del 2020, articolo 23, comma 8-bis, convertito, con modificazioni, dalla L. n. 176 del 2020 e prorogato dal Decreto Legge n. 228 del 2021, articolo 16, comma 1, convertito, con modificazioni, dalla L. n. 15 del 2022.
Le parti hanno depositato memorie ex articolo 378 c.p.c.. Il Procuratore Generale presso questa Corte ha depositato conclusioni scritte.

Ricorso per cassazione motivo articolato in più profili di doglianza

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. In via preliminare, la societa’ controricorrente ha sollevato eccezione d’improcedibilita’ del ricorso.
Ha dedotto, a sostegno dell’eccezione, che: a) la copia della sentenza impugnata depositata agli atti e’ stata autenticata dall’avv. (OMISSIS) in data 30 ottobre 2019; b) la procura speciale e’ stata rilasciata il 13 ottobre 2019 agli avvocati (OMISSIS) e (OMISSIS), quest’ultimo difensore nel grado di appello dell’odierno ricorrente, ed il ricorso per cassazione e’ stato notificato il 19 ottobre 2019; c) l’avv. (OMISSIS) alla data del 30 ottobre 2019 non risultava iscritto nell’albo speciale per il patrocinio dinanzi alle magistrature superiori, come emergeva dall’albo del Consiglio Nazionale Forense, tanto che non aveva sottoscritto il ricorso per cassazione, ne’ proceduto alla sua notifica.
Rappresentando che l’attestazione di conformita’ della sentenza impugnata e’ stata, quindi, redatta dal difensore del giudizio di merito dopo che la parte aveva gia’ conferito procura ad altro difensore per il giudizio di legittimita’, la (OMISSIS) s.r.l. ha invocato l’applicazione del principio secondo cui “e’ improcedibile il ricorso per cassazione nel caso in cui la sentenza impugnata sia stata redatta in formato digitale e l’attestazione di conformita’ della copia analogica prodotta risulti sottoscritta, ai sensi della L. n. 53 del 1994, articolo 9, commi 1-bis e 1-ter, dal difensore che ha assistito la parte nel precedente grado di giudizio, dopo che il cliente aveva gia’ conferito il mandato alle liti per il giudizio di legittimita’ ad un altro difensore (Cass., sez. 1, 18/02/2021, n. 4401; Cass., sez. 6-1, 19/10/2021, n. 28764).

Ricorso per cassazione motivo articolato in più profili di doglianza

1.1. L’eccezione deve essere disattesa.
1.2. Gli arresti giurisprudenziali richiamati dalla controricorrente, nel ritenere l’improcedibilita’ del ricorso, hanno evocato due precedenti di questa Corte (Cass., sez. 6-3, 8/05/2018, n. 10941; Cass., sez. 1, 11/03/2020, n. 6907), che hanno affermato che “una volta conferita la procura speciale a ricorrere per cassazione il difensore non puo’ piu’ ritenersi munito di procura e non puo’ di conseguenza attestare la conformita’ all’originale del provvedimento impugnato”. E cio’ sull’osservazione che “ai sensi dell’articolo 83 c.p.c., u.c., la procura speciale si presume conferita soltanto per un determinato grado del processo, quando nell’atto non e’ espressa una volonta’ diversa, sicche’ i poteri rappresentativi del difensore si esauriscono nel momento in cui viene introdotto il grado successivo di giudizio con l’assistenza legale di un diverso avvocato”. Di conseguenza, si afferma in tali pronunce, l’avvocato che rende l’attestazione dopo che sia gia’ stata rilasciata ad altro avvocato la procura a ricorrere per cassazione, non essendo piu’ munito di procura, e’ anche privo del potere di attestazione di cui alla L. n. 53 del 1994, articolo 9, commi 1-bis e 1-ter.
1.3. Si impone, in primo luogo, precisare che il potere di attestare la conformita’ della copia analogica della sentenza all’originale digitale depositato nel fascicolo telematico non e’ previsto dalla L. n. 53 del 1994, articolo 9, commi 1-bis e 1-ter, che attiene alle notificazioni, bensi’ dal Decreto Legge n. 179 del 2012, articolo 16-bis, comma 9-bis, che stabilisce espressamente che “Le copie informatiche, anche per immagine, di atti processuali di parte e degli ausiliari del giudice, nonche’ dei provvedimenti di quest’ultimo, presenti nei fascicoli informatici o trasmessi in allegato alle comunicazioni telematiche dei procedimenti indicati nel presente articolo, equivalgono all’originale anche se prive della firma digitale del cancelliere di attestazione di conformita’ all’originale. Il difensore, il dipendente di cui si avvale la pubblica amministrazione per stare in giudizio personalmente, il consulente tecnico, il professionista delegato, il curatore ed il commissario giudiziale possono estrarre con modalita’ telematiche duplicati, copie analogiche o informatiche degli atti e dei provvedimenti di cui al periodo precedente ed attestare la conformita’ delle copie estratte ai corrispondenti atti contenuti nel fascicolo informatico” (in tal senso, Cass., sez. U, 25/03/2019, n. 8312).

Ricorso per cassazione motivo articolato in più profili di doglianza

1.4. Tale disposizione normativa, che disciplina l’ipotesi qui in esame, riconosce il potere di attestare la conformita’ della copia cartacea del provvedimento giurisdizionale redatto originariamente in forma telematica proprio al difensore costituito nel procedimento nell’ambito del quale il provvedimento e’ stato reso, il che rende irrilevante che il difensore che ha attestato la conformita’ sia privo di procura speciale per il ricorso in cassazione e che la parte abbia conferito incarico ad altro difensore per promuovere il giudizio di legittimita’, essendo al contrario sufficiente che il difensore che rende l’attestazione di conformita’ sia stato il difensore del ricorrente nel giudizio di merito chiusosi con la sentenza la cui copia autentica deve essere depositata ai sensi dell’articolo 369 c.p.c., comma 1.
In tal senso si muove Cass., sez. 1, 3/02/2021, n. 2445, che, sebbene si sia pronunciata in ipotesi in cui non era stata sollevata contestazione in merito alla ritualita’ della attestazione di conformita’ della sentenza depositata, ha statuito che, ai fini della presentazione del ricorso per cassazione, sia validamente attestata anche dal difensore del ricorrente nella fase di merito la conformita’ della copia analogica del provvedimento impugnato redatto in forma digitale, nonostante sia stato gia’ nominato altro legale per il procedimento davanti la Corte di Cassazione. Si e’ spiegato, al riguardo, che “il conferimento della successiva nomina non determina una conseguenziale perdita del potere certificativo in capo al precedente difensore, trattandosi “dell’autentica” di un provvedimento emesso all’esito della fase del giudizio di merito nel corso del quale il legale ha esercitato il munus difensivo e in forza del quale ha ricevuto – quale destinatario – formale comunicazione dell’atto da parte della cancelleria. Sarebbe, infatti, irragionevole che tale soggetto sia, per un verso, abilitato a ricevere la comunicazione telematica della copia digitale del provvedimento conclusivo di tale fase processuale, restandone “depositarlo” in quanto pertinente al fascicolo informatico del giudizio di merito e, per altro, privarlo del potere di attestarne la conformita’ rispetto ad un atto “originale” che e’ entrato in suo legittimo possesso, al quale ha potuto accedere in forza della persistenza di valide credenziali e destinato ad essere prodotto nell’ambito di una fase che ne costituisce un fisiologico epilogo. Cio’ non toglie, pero’, che tale potere di autentica possa essere alternativamente esercitato anche dal difensore nominato per il giudizio di cassazione laddove, successivamente al deposito in cancelleria della procura, abbia avanzato un’istanza di visibilita’ del fascicolo di merito al quale sia stato autorizzato ad accedere”.
1.5. D’altro canto, occorre considerare che, ai sensi dell’articolo 365 c.p.c., la procura conferita al difensore per promuovere il ricorso per cassazione o per resistere al medesimo ha, e deve avere, carattere speciale ed autonomo rispetto al mandato conferito per il giudizio di merito, pure se riferito al medesimo procuratore. Cio’ sta a significare che la rappresentanza conferita con la procura per il secondo grado non e’ affatto intaccata dal conferimento della procura speciale ex articolo 365 c.p.c., la quale si riferisce esclusivamente a quella fase del processo, e che il potere di autenticazione della sentenza non e’ riconducibile alla norma da ultimo richiamata, in quanto la procura speciale non costituisce indispensabile presupposto del potere di attestazione.
Tali considerazioni portano ragionevolmente a ritenere che, laddove la parte che intenda promuovere il giudizio di legittimita’ debba rivolgersi ad altro difensore, per essere il precedente difensore del giudizio di merito impossibilitato ad adempiere quel particolare mandato professionale, l’attivita’ prodromica alla proposizione del ricorso, quale la richiesta di copia autentica della sentenza impugnata e l’attestazione di conformita’ della copia della sentenza estratta dal fascicolo telematico con quella cartacea da depositare, possa essere posta in essere dal procuratore dotato di rappresentanza nel giudizio di merito. Invero, pur se esaurito il grado di giudizio di merito rispetto al quale era stata conferita la procura, il difensore puo’ legittimamente continuare a compiere e ricevere gli atti che si riferiscono a quel grado di giudizio, a nulla valendo il fatto che l’incarico per il successivo grado di legittimita’ sia stato affidato a diverso difensore in virtu’ di procura speciale.

Ricorso per cassazione motivo articolato in più profili di doglianza

1.6. Peraltro, la soluzione che consente che l’attestazione di conformita’ possa essere sottoscritta tanto dal difensore del merito, quanto dal difensore del giudizio di legittimita’ una volta ottenuta la procura trova giustificazione sia nel principio dell’assetto teleologico delle forme, che si ricava dall’articolo 156 c.p.c., comma 3, in forza del quale la nullita’ di un atto processuale non puo’ mai essere pronunciata se l’atto ha comunque raggiunto lo scopo a cui e’ destinato, sia nel principio della interpretazione conservativa, per effetto del quale le norme processuali, se ambigue, vanno comunque interpretate in modo da favorire una decisione nel merito, in linea con il principio dell’effettivita’ della tutela giurisdizionale.
2. Con il primo motivo, deducendo la “violazione e falsa applicazione del disposto di cui agli articoli 81, 99, 100, 101, 102 e 167 c.p.c., in relazione all’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3, ed error in procedendo del disposto di cui all’articolo 115 c.p.c., comma 1, in relazione all’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 4 in ordine alla carenza di titolarita’ passiva del rapporto obbligatorio dedotto in giudizio”, il ricorrente, richiamando la pronuncia delle Sezioni Unite n. 2951 del 2016, con la quale si e’ affermato che la titolarita’ passiva del rapporto obbligatorio puo’ essere negata dal convenuto con una mera difesa, non soggetta a decadenza ex articolo 167 c.p.c., sostiene che le stesse Sezioni Unite con la medesima pronuncia, ai punti n. 52 e n. 54, hanno espressamente previsto che la presa di posizione assunta dal convenuto puo’ servire a rendere superflua la prova dell’allegazione dell’attore in ordine alla titolarita’ del diritto, laddove il convenuto riconosca il fatto posto dall’attore a fondamento della domanda, oppure nel caso in cui articoli una difesa incompatibile con la negazione della sussistenza del fatto costitutivo.
Partendo da tale premessa, il ricorrente osserva che la societa’ controricorrente, nelle attivita’ difensive, non aveva mai contestato l’esistenza del rapporto contrattuale avente ad oggetto l’esecuzione dei servizi di autotrasporto in conto terzi da parte della impresa (OMISSIS), tanto che aveva affermato che i contratti erano affetti da nullita’ per mancanza di prova scritta degli stessi e non perche’ non eseguiti dal vettore; inoltre, con la proposizione della domanda riconvenzionale volta ad ottenere la ripetizione dell’indebito oggettivo, la (OMISSIS) s.r.l., aveva confermato l’esistenza del rapporto contrattuale, ammettendo di avere provveduto al pagamento del corrispettivo dei singoli trasporti, dopo la riconsegna delle merci, in tal modo riconoscendo l’esistenza di un patto in deroga all’articolo 1692 c.c..
In altri termini, secondo il ricorrente, l’effettivo pagamento delle spese di trasporto da parte della (OMISSIS) s.r.l. in favore del vettore costituiva fatto non contestato ai fini del giudizio, anche a seguito delle difese svolte dal vettore, cosicche’, in applicazione del principio di cui all’articolo 115 c.p.c., comma 1, il giudice d’appello avrebbe dovuto porre a fondamento della decisione tale fatto, determinante ai fini della decisione, che era, invece, stato trascurato.
3. Con il secondo motivo – rubricato: “Omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio che e’ stato oggetto di discussione tra le parti in merito all’esistenza del patto in deroga di cui al disposto di cui all’articolo 1692 c.c., comma 2 e degli articoli 1218 e 1362 c.c., derivante da atti processuali e dalla domanda riconvenzionale formulata dalla parte convenuta in danno dell’attore in relazione all’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 5” – il ricorrente, premesso che la doglianza deve essere esaminata alla luce del Decreto Legge 22 giugno 2012, n. 83, articolo 54, convertito nella L. 7 agosto 2012, n. 134, assume che il fatto storico, di cui la Corte avrebbe tralasciato l’esame, attiene all’esecuzione materiale dei servizi di autotrasporto dallo stesso resi nel periodo compreso tra il 2001 ed il 2005 per conto della controricorrente ed al pagamento del corrispettivo adempiuto dalla committente.
Ribadisce, al riguardo, che la (OMISSIS) s.r.l., costituendosi in giudizio, non si era limitata ad eccepire la nullita’ dei contratti di trasporto, ma aveva anche richiesto la ripetizione di quanto indebitamente versato, e lamenta che la Corte d’appello non avrebbe considerato tutte le risultanze probatorie che, se esaminate, avrebbero condotto all’accoglimento della domanda di pagamento delle differenze di tariffa di cui alla L. n. 298 del 1974.
Secondo il ricorrente, in particolare, la Corte salernitana, ritenendo non raggiunta la prova della esistenza di un patto in deroga all’articolo 1692 c.c., avrebbe omesso di valutare due aspetti fondamentali della vicenda, ovvero i fatti non contestati ed il giudicato sostanziale formatosi sull’accertata esecuzione dei servizi di trasporto da parte del vettore, e avrebbe fatto riferimento a precedenti della Corte di legittimita’ non pertinenti alla fattispecie in esame.

Ricorso per cassazione motivo articolato in più profili di doglianza

4. In controricorso la (OMISSIS) s.r.l. ha eccepito l’inammissibilita’ del primo motivo di ricorso in ragione della mescolanza di doglianze nello stesso contenute, volte ad una congiunta critica alla decisione gravata sia ai sensi del n. 3, sia ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., n. 4.
L’eccezione deve essere disattesa.
In materia di ricorso per cassazione, il fatto che un singolo motivo sia articolato in piu’ profili di doglianza, ciascuno dei quali avrebbe potuto essere prospettato come un autonomo motivo, non costituisce, di per se’, ragione d’inammissibilita’ dell’impugnazione, dovendosi ritenere sufficiente, ai fini dell’ammissibilita’ del ricorso, che la sua formulazione permetta di cogliere con chiarezza le doglianze prospettate onde consentirne, se necessario, l’esame separato esattamente negli stessi termini in cui lo si sarebbe potuto fare se esse fossero state articolate in motivi diversi, singolarmente numerati (Cass., sez. U, 06/05/2015, n. 9100).
La prospettazione di una pluralita’ di profili di doglianze non e’ ragione di pregiudiziale inammissibilita’ quando, come nel caso in esame, scandagliandone la formulazione, sia comunque possibile scindere il contenuto di ciascuna censura, che conserva una propria autonomia, e quando sia chiaramente identificabile il parametro normativo di riferimento.
4.1. I motivi di ricorso, strettamente connessi, possono essere trattati congiuntamente e sono inammissibili.
4.2. Entrambi i motivi formulati sono incentrati sul principio di non contestazione che, secondo la giurisprudenza di legittimita’, deve ritenersi operante a carico del convenuto, ai sensi dell’articolo 167 c.p.c., anche anteriormente alla formale introduzione del principio di “non contestazione” a seguito della modifica dell’articolo 115 c.p.c. per effetto della L. n. 69 del 2009, non applicabile ratione temporis al presente giudizio, introdotto nel 2005.
Gli arresti giurisprudenziali, anche recenti, sul tema, a cui questo Collegio intende dare continuita’, in difetto di ragioni che possano indurre a discostarsene, sono orientati nel senso di ritenere che il principio di non contestazione, con conseguente relevatio dell’avversario dall’onere probatorio, postula che la parte che lo invoca abbia per prima ottemperato all’onere processuale a suo carico di compiere una puntuale allegazione dei fatti di causa, in merito ai quali l’altra parte e’ tenuta a prendere posizione, sicche’ la mancata allegazione specifica dei fatti – costitutivi, modificativi o estintivi, rispetto ai quali opera il principio di non contestazione (Cass., sez. L, 13/09/2016, n. 17966; Cass., sez. L, 19/08/2019, n. 21460) – esonera il convenuto dall’onere di compiere una contestazione circostanziata, perche’ cio’ equivarrebbe a ribaltare sullo stesso convenuto l’onere di allegare il fatto costitutivo dell’avversa pretesa (Cass., sez. 3, 17/02/2016, n. 3023; v. pure Cass., sez. 2, 29/09/2020, n. 20525).
Come chiarito da Cass., sez. 6-3, 26/11/2020, n. 26908, l’onere di contestazione in ordine ai fatti costitutivi del diritto si coordina con l’allegazione dei medesimi e, considerato che l’identificazione del tema decisionale dipende in pari misura dall’allegazione e dall’estensione delle relative contestazioni o non contestazioni, l’onere di contribuire alla fissazione del thema decidendum opera identicamente rispetto all’una o all’altra delle parti in causa, sicche’, a fronte di una generica deduzione da parte dell’attore, la difesa della parte convenuta non puo’ che essere altrettanto generica, e pertanto idonea a far permanere gli oneri probatori gravanti sulla controparte (Cass., sez. 3, 19/10/2016, n. 21075).

Ricorso per cassazione motivo articolato in più profili di doglianza

Costituisce inevitabile corollario del superiore principio che il ricorso per cassazione con cui si deduca l’erronea applicazione, da parte del giudice di merito, del principio di non contestazione e, quindi, la sussistenza delle condizioni per ritenere che una circostanza sia stata o meno contestata, non possa prescindere, in omaggio al principio dell’autosufficienza, che trova il suo precipitato normativo nella norma dell’articolo 366 c.p.c., comma 1, n. 6, dalla trascrizione diretta del contenuto degli atti prodotti in giudizio e degli atti processuali, anche se non integrale, quanto meno nella misura necessaria ad individuare cio’ che sorregge la censura oppure- sempre a questo scopo – dalla riproduzione in modo indiretto, sempre per la parte di interesse, di detti atti, con precisazione della parte di ciascuno di essi cui corrisponde l’indiretta riproduzione, nonche’, nell’uno come nell’altro caso, dall’indicazione della sede in cui nel giudizio di legittimita’ gli atti siano esaminabili. Tali oneri sono funzionali, essendo il requisito dell’articolo 366 c.p.c., comma 1, n. 6, un requisito di contenuto-forma del ricorso, ad individuare in termini ascrivibili al ricorrente il motivo di impugnazione e nel contempo ad indicare alla Corte che cosa lo sorregge e su che cosa procedere al relativo controllo della sua fondatezza.
L’onere cosi’ imposto alla parte dalla norma citata, proprio perche’ costituente espressione di un requisito di contenuto-forma di un atto della parte a pena di inammissibilita’ e, dunque, con riferimento temporale al momento di compimento dell’atto stesso, qualora non venga assolto, esclude che la Corte possa procedere alla valutazione della censura espressa dal motivo ricercando di sua iniziativa cio’ che negli atti pervenuti alla Corte possa in ipotesi corrispondere a quanto espresso dal motivo.
Tali criteri non risultano soddisfatti dal ricorso in esame, giacche’ l’illustrazione dei mezzi di ricorso e le argomentazioni sulle quali sono state svolte le doglianze contengono continui rimandi al contenuto degli atti difensivi della odierna controricorrente, ed in particolare alla comparsa di risposta depositata in primo grado ed in secondo grado ed all’oggetto della domanda riconvenzionale spiegata dinanzi al Tribunale, in assenza di una preliminare trascrizione (diretta o indiretta) dei passaggi rilevanti degli atti introduttivi del giudizio di primo grado a mezzo dei quali l’attore ha svolto le proprie allegazioni ed il convenuto ha resistito alla domanda, replicando anche con una domanda riconvenzionale, non consentendo in tal modo di delimitare l’oggetto del thema disputandum e del thema probandum.
Non appaiono, d’altro canto, a tal fine sufficienti i fugaci e generici riferimenti al contenuto della domanda riconvenzionale, avente ad oggetto la restituzione delle somme versate a titolo di corrispettivo del trasporto all’odierno ricorrente, ne’ al capitolo di prova formulato in grado di appello dalla parte appellata, richiamato a pag. 6 del ricorso, dato che essi non consentono di valutare le allegazioni del (OMISSIS) nel loro complesso e di verificare, conseguentemente, sulla base di tali allegazioni e delle contestazioni svolte dalla (OMISSIS) s.r.l., se sussistessero o meno le condizioni per l’applicazione del principio di non contestazione e se risulti non corretta l’affermazione compiuta dal giudice di appello laddove ha ritenuto, pur a fronte della circostanza che l’odierna societa’ controricorrente aveva effettuato il pagamento dei trasporti, sia pure in misura inferiore rispetto a quella che il (OMISSIS) ritiene dovuta, che mancasse la prova che le parti avessero inteso derogare all’articolo 1692 c.c. e che i contratti di trasporto fossero stati conclusi con la clausola “franco porto” o con clausole equivalenti.
Si aggiunga che i motivi in esame omettono di localizzare in questo giudizio di legittimita’ gli atti cui fanno riferimento, non precisando se li si e’ prodotti e dove e nemmeno – come ammette Cass., sez. U, n. 22726 del 2011 – precisando che l’affermazione e’ essenziale per il rispetto dell’articolo 366 c.p.c., comma 1, n. 6, – se si sia inteso fare riferimento alla loro presenza nel fascicolo d’ufficio, di cui si e’ chiesta la trasmissione o nei fascicoli di controparte, in ipotesi pervenuti a questa Corte o ex adverso prodotti.

Ricorso per cassazione motivo articolato in più profili di doglianza

4.3. D’altra parte, come pure la giurisprudenza di questa Corte non ha mancato di precisare, con riferimento al novellato articolo 115 c.p.c., il motivo risulta inammissibile perche’ mira a porre in discussione l’apprezzamento della sussistenza o della insussistenza della non contestazione compiuta dal giudice di merito. Tale apprezzamento esige l’interpretazione della domanda e delle deduzioni delle parti ed e’ percio’ riservato al giudice di merito, essendo sindacabile in cassazione solo per difetto assoluto o apparenza di motivazione o per manifesta illogicita’ della stessa. Difatti, l’accertamento della sussistenza di una contestazione ovvero d’una non contestazione, quale contenuto della posizione processuale della parte, rientrando nel quadro dell’interpretazione del contenuto e dell’ampiezza dell’atto della parte, e’ funzione del giudice di merito, non sindacabile in sede di legittimita’ se non per vizio di motivazione (Cass., sez. L, 03/05/2007, n. 10182): spetta, infatti, solo al giudice del merito apprezzare, nell’ambito del giudizio di fatto al medesimo riservato, l’esistenza ed il valore di una condotta di non contestazione dei fatti rilevanti, allegati dalla controparte (Cass., sez. 6 – 1, 07/02/2019, n. 3680).
4.4. Peraltro, la doglianza contenuta nel primo motivo di ricorso concernente il rilievo del difetto di legittimazione passiva della (OMISSIS) s.r.l. – se fosse scrutinabile – risulterebbe inammissibile anche ai sensi dell’articolo 360-bis c.p.c., avendo la Corte d’appello deciso la questione ad essa sottoposta in modo conforme alla giurisprudenza di questa Corte, non offrendo l’esame del motivo elementi di segno contrario tali da poter giustificare un mutamento di tale orientamento.
Questa Sezione, gia’ con la sentenza n. 18300 del 2003, seguita da numerose pronunce conformi, ha definito il contratto di trasporto, qualora il destinatario sia una persona diversa dal mittente, come un contratto a favore di terzo, nel quale la consegna delle cose a destinazione o la richiesta di consegna integra la “dichiarazione di volerne profittare” prevista dall’articolo 1411 c.c.; a partire da quel momento, quindi, il destinatario fa propri gli effetti del contratto e il vettore puo’ rivolgersi solo a lui per il soddisfacimento del credito di rimborso e corrispettivo (Cass., sez. 3, 20/08/2013, n. 19225; Cass., sez. 3, 15/05/2018, n. 11744).
Piu’ precisamente, ai sensi dell’articolo 1689 c.c., i diritti nascenti dal contratto di trasporto verso il vettore spettano al destinatario solo dal momento in cui quest’ultimo, essendo a conoscenza che le cose sono giunte a destinazione, ovvero essendo scaduto il termine entro il quale le cose sarebbero dovute giungere a destinazione, richiede la consegna delle cose al vettore. Fino alla dichiarazione del destinatario, il contratto resta efficace nei confronti del mittente stipulante ed a questo fanno capo i diritti nei confronti del vettore promittente.
Da quanto esposto consegue che, indipendentemente dalla clausola di porto assegnato, il destinatario, a far tempo dalla richiesta di riconsegna, subentra al mittente non soltanto nei diritti nascenti dal contratto di trasporto verso il vettore, ma anche, come si ricava dall’articolo 1689 c.c., comma 2, nell’obbligo di pagare al vettore i crediti derivanti dal trasporto e, quindi, il corrispettivo del trasporto. Per cui, anche l’accertata assenza di “assegni” gravanti sulla merce, ossia di crediti del mittente verso il destinatario, non esclude il diritto del vettore di ottenere il pagamento del proprio credito non piu’ dal mittente, ma dal destinatario, essendo quest’ultimo obbligato ex lege a pagare al vettore il corrispettivo, per il solo fatto di avere chiesto e ottenuto la riconsegna della merce.
Soltanto qualora le parti, con espressa clausola contrattuale, cd. “franco di porto”, abbiano modificato o invertito l’onere delle spese di trasporto, possono derogare all’articolo 1692 c.c., ponendole a carico del mittente, nel qual caso il destinatario ha diritto alla riconsegna della merce senza il previo pagamento al vettore del prezzo del trasporto.
Ovviamente di tale pattuizione deve essere fornita adeguata prova, non potendo la stessa ne’ desumersi dalla mera mancanza di “assegni” sulla merce, ne’ tanto meno dalla fatturazione dei trasporti a carico del mittente, potendo attribuirsi valore solo ad eventuali accordi in deroga tra le parti del contratto (Cass., sez. 3, 18300/03 cit.).
4.5. Nel caso che ci occupa, la Corte d’appello, facendo buon governo della disciplina sopra richiamata, applicabile anche nell’ipotesi di trasporto assoggettato alla cd. tariffa a forcella (Cass., sez. 3, 15/05/2018, n. 11744), con accertamento di fatto, non censurabile in questa sede in quanto esaustivamente motivato, ha rilevato la mancanza di prova di un patto in deroga, confermando, di conseguenza, che fosse tenuto al pagamento del corrispettivo del trasporto non il mittente ( (OMISSIS) s.r.l.), bensi’ il destinatario dei singoli trasporti, in tal modo, del tutto correttamente, escludendo la titolarita’ del rapporto dedotto in giudizio in capo all’odierna controricorrente e la irrilevanza di eventuali pagamenti effettuati dal mittente.
4.6. Anche gli ulteriori profili di censura dedotti, ai sensi del n. 5 dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, con il secondo mezzo di ricorso non si sottraggono alla declaratoria d’inammissibilita’.
4.6.1. L’appello avverso la sentenza del Tribunale di Salerno e’ stato proposto con ricorso depositato in data 2 dicembre 2013, sicche’, ai sensi del Decreto Legge n. 83 del 2012, articolo 54, comma 2, convertito dalla L. n. 134 del 2012, e’ applicabile l’articolo 348-ter c.p.c., che, in caso di sentenza d’appello confermativa di quella di primo grado, consente la proposizione del ricorso per cassazione esclusivamente per i motivi di cui all’articolo 360 c.p.c., comma 1, nn. 1), 2), 3) e 4).
Il motivo e’, quindi, inammissibile perche’ contravviene al principio, per cui nell’ipotesi di “doppia conforme” prevista dall’articolo 348-ter c.p.c., comma 5, il ricorrente in cassazione, per evitare l’inammissibilita’ del motivo di cui al n. 5 dell’articolo 360 c.p.c., deve indicare le ragioni di fatto poste a base della decisione di primo grado e quelle poste a base della sentenza di rigetto dell’appello, dimostrando che esse sono tra loro diverse (Cass., sez. 2, 10/03/2014, n. 5528; Cass., sez. 1, 22/12/2016, n. 26774; C:ass., sez. 6-2, 9/03/2022, n. 7724), adempimento, nel caso di specie, non svolto dal ricorrente.
4.6.2. Con la doglianza in esame, il ricorrente muove, in sostanza, una critica al convincimento raggiunto dal giudice d’appello, all’esito dell’esame di tutto il materiale probatorio offerto dalle parti, ed insiste nel prospettare che il pagamento del corrispettivo del trasporto delle merci eseguito da (OMISSIS) s.r.l. in suo favore, fatto non contestato, avrebbe dovuto condurre ad una diversa decisione, trattandosi di comportamento concludente da quale si dovrebbe desumere l’esistenza del patto in deroga all’articolo 1692 c.c..
Le argomentazioni svolte sono, in realta’, finalizzate a sollecitare un diverso apprezzamento dei medesimi elementi probatori gia’ adeguatamente vagliati dai giudici di merito e non indicano il fatto storico controverso e decisivo, di cui sarebbe stato omesso l’esame: il vizio cosi’ come formulato si pone dunque al di fuori del paradigma dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 5, come novellato dal Decreto Legge 22 giugno 2012, n. 83, convertito, con modificazioni, nella L. 7 agosto 2012, n. 134.
Invero, la Corte d’appello ha espressamente escluso che il pagamento di parte del corrispettivo del trasporto da parte della (OMISSIS) s.r.l. in favore del (OMISSIS) potesse assumere rilevanza ai fini della decisione ed ha, quindi, negato alla circostanza valore dirimente e decisivo, stante la rilevata assenza di prova di un patto in deroga all’articolo 1692 c.c..
5. Conclusivamente, il ricorso va dichiarato inammissibile.
Le spese del giudizio di legittimita’ seguono la soccombenza e sono liquidate come in dispositivo.

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento, in favore della controricorrente, delle spese del giudizio di legittimita’ che liquida in Euro 8.000,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi, liquidati in Euro 200,00, ed agli accessori di legge.
Ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1 quater, da’ atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo, a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma dello stesso articolo 13, comma 1-bis, se dovuto.

 

In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.

Per aprire la pagina facebook @avvrenatodisa
Cliccare qui

Leave a Reply

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *