Riciclaggio, l’elemento soggettivo integrato anche dal dolo eventuale

Corte di Cassazione, sezione seconda penale, Sentenza 17 dicembre 2018, n. 56633.

La massima estrapolata:

Nel delitto di riciclaggio, come nel delitto di ricettazione, l’elemento soggettivo puo’ essere integrato anche dal dolo eventuale quando l’agente si rappresenta la concreta possibilita’, accettandone il rischio, della provenienza delittuosa del denaro ricevuto ed investito.
Integra di per se’ un autonomo atto di riciclaggio, essendo il reato di cui all’articolo 648-bis cod. pen. a forma libera e potenzialmente a consumazione prolungata, attuabile anche con modalita’ frammentarie e progressive, qualsiasi prelievo o trasferimento di fondi successivo a precedenti versamenti, ed anche il mero trasferimento di denaro di provenienza delittuosa da un conto corrente bancario ad un altro diversamente intestato, ed acceso presso un differente istituto di credito.

Sentenza 17 dicembre 2018, n. 56633

Data udienza 23 ottobre 2018

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DE CRESCIENZO Ugo – Presidente

Dott. PELLEGRINO Andrea – Consigliere

Dott. AIELLI Lucia – Consigliere

Dott. COSCIONI Giusep – rel. Consigliere

Dott. MONACO Marco Maria – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
(OMISSIS) nato a (OMISSIS);
(OMISSIS) nato a (OMISSIS);
avverso la sentenza del 06/06/2017 della CORTE APPELLO di FIRENZE;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere GIUSEPPE COSCIONI;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore LORI Perla, che ha concluso chiedendo l’annullamento con rinvio per (OMISSIS) con riferimento al capo A) e per la posizione di (OMISSIS);
Udito il difensore della parte civile (OMISSIS), Avv. (OMISSIS) in sostituzione dell’Avv. (OMISSIS), che ha concluso come da conclusioni e nota spese depositate;
Udito il difensore Avv. (OMISSIS) per (OMISSIS) e (OMISSIS) che ha chiesto l’accoglimento dei ricorsi;
Udito il difensore Avv. (OMISSIS) per gli imputati che si e’ riportato alla memoria depositata;
Udito il difensore Avv. (OMISSIS) per (OMISSIS), che ha chiesto l’annullamento con rinvio della sentenza impugnata.

RITENUTO IN FATTO

1. Con sentenza del 6 giugno 2017, la Corte di Appello di Firenze
dichiarava non doversi procedere nei confronti di (OMISSIS) per il reato di cui al capo B relativo all’anno 2007 e per i reati di cui ai capi F e G perche’ estinti per intervenuta prescrizione, rideterminando la pena per i residui reati e respingeva l’appello di (OMISSIS), confermando le statuizioni civili a carico di (OMISSIS); (OMISSIS) era imputato dei reati di cui al Decreto Legislativo n. 74 del 2000, articolo 5 (capo A), Decreto Legislativo n. 74 del 2000, articolo 5 (capo B), Decreto Legislativo n. 74 del 2000, articolo 8 (capo C), Decreto Legislativo n. 74 del 2000, articolo 2 (capo D), articolo 648 bis cod. pen. (capo E), articoli 56 e 648 bis cod. pen. (capo F) e articolo 640 cod. pen. (capo G); (OMISSIS) era imputato del reato di cui all’articolo 648 bis cod. pen. (capo H).
1.1 Avverso la predetta sentenza ricorre per cassazione il difensore di (OMISSIS), eccependo come erroneamente fosse stata ritenuta sussistente la giurisdizione del giudice italiano, in quanto non vi era un solo frammento di condotta oggettivamente rilevante che fosse stato commesso in Italia, poiche’ gli spostamenti di denaro erano tutti avvenuti dalla (OMISSIS) a (OMISSIS); la Corte di appello aveva rilevato come (OMISSIS) aveva accettato in Italia l’incarico da parte di (OMISSIS) di svolgere attivita’ per poter disporre della somma depositata all’estero, senza considerare che il riferimento era all’incarico per la costituzione di una societa’ a (OMISSIS), che costituiva un ante factum non punibile, in quanto la societa’ niente aveva a che fare con i trasferimenti di denaro; comunque, la semplice accettazione di un incarico non poteva costituire di per se’ frammento di condotta del reato di riciclaggio, avente natura commissiva.
1.2 Il difensore eccepisce inoltre che il reato presupposto del reato di riciclaggio (Decreto Legislativo n. 74 del 2000, articolo 4) era insussistente, non essendovi la prova che il denaro trasferito fosse di provenienza illecita, in quanto l’esistenza di somme sul conto corrente svizzero nel 2003 non significava che le stesse fossero state generate nel 2003 (il teste (OMISSIS) aveva riferito che le somme erano da lui detenute in (OMISSIS) da oltre venti anni, circostanza confermata dalla moglie); inoltre, ai fini della configurabilita’ del reato, presupposto fondamentale era risalire all’annualita’ di imposta in cui le somme avrebbero dovuto essere inserite in dichiarazioni, e se il reato tributario presupposto si fosse verificato antecedentemente all’entrata in vigore del Decreto Legislativo n. 74 del 2000, il reato di riciclaggio non avrebbe potuto dirsi integrato per insussistenza del reato presupposto e si sarebbe comunque estinto per prescrizione antecedentemente allo spirare del termine di consumazione del reato di riciclaggio, ne’ a cio’ ostava il disposto dell’articolo 170 cod. pen..
1.3 Il difensore osserva inoltre che mancava il tipico effetto dissimulatorio della condotta di trasferimento del denaro attribuita a (OMISSIS), essendo state effettuate movimentazioni di denaro alla luce del sole tramite bonifici bancari che assicuravano una completa tracciabilita’ dei flussi finanziari.
1.4 Il difensore osserva poi che il dolo rappresentato dalla conoscenza da parte di (OMISSIS) della provenienza illecita del denaro doveva essere provato e non semplicemente presunto: l’incarico conferito da (OMISSIS) a (OMISSIS) non riguardava il rientro dei capitali in Italia, ma la costituzione di una societa’ londinese, operazione che niente aveva a che fare con i trasferimenti di denaro; ne’ la (OMISSIS), ne’ (OMISSIS), avevano riferito di avere informato (OMISSIS) sull’origine del denaro depositato sul conto corrente in (OMISSIS); non essendo poi stato contestato a (OMISSIS) alcun reato tributario in riferimento ai soldi detenuti in (OMISSIS), non si poteva escludere che lo stesso (OMISSIS) avesse l’esatta consapevolezza di aver commesso un reato.
1.5 In relazione al capo G dell’imputazione, ai soli effetti delle statuizioni civili, il difensore eccepisce l’insussistenza dell’elemento oggettivo del reato di truffa e degli artifici e raggiri, che erano stati individuati nella condotta di (OMISSIS) concretizzatasi nel vantare esperienze nei servizi segreti, conoscenze presso l’ (OMISSIS) di (OMISSIS) e nell’essere esperto di finanza internazionale, al fine di convincere la (OMISSIS) a conferirgli l’incarico professionale; dall’analisi dei fatti, risultava che la (OMISSIS) si era determinata a conferire l’incarico a (OMISSIS) non solo e non tanto perche’ lo stesso si era “sponsorizzato”, ma soprattutto perche’ presentatole dai suoi amici e conoscenti (OMISSIS) e (OMISSIS), dei quali si fidava; inoltre, qualunque condotta successiva posta in essere dal professionista relativa ad un mancato adempimento di una o piu’ obbligazioni assunte potevano assumere valore esclusivamente sotto il profilo civilistico nell’ambito dell’inadempimento contrattuale, per cui i compensi percepiti da (OMISSIS) non erano elemento costitutivo del reato di truffa, visto che l’eventuale inadempimento o parziale adempimento del mandato ricevuto era questione prettamente civilistica, priva di rilevanza penale: il compenso percepito da (OMISSIS) come acconto per l’incarico ricevuto poteva risultare piu’ o meno eccessivo in relazione all’attivita’ svolta fino a quando non gli era stato revocato il mandato, ma non poteva certo essere considerato profitto ingiusto del reato di truffa.
1.6 Il difensore eccepisce l’inattendibilita’ della teste (OMISSIS), viste le contraddizioni ed imprecisioni della sua testimonianza, che la stessa Corte di appello aveva riconosciuto attendibile solo “nel suo nucleo essenziale”; vi erano state significative incongruenze nel riferire sul conferimento dell’incarico e ancora piu’ nebulosa era stata la testimonianza relativamente all’oggetto del contratto di mandato; ulteriore elemento inficiante la credibilita’ della (OMISSIS) era quella riguardo al perche’ la stessa non aveva mai intentato nessuna causa giudiziaria nei confronti del suo ex fidanzato, che le aveva fatto perdere ben tre milioni di Euro.
1.7 In relazione al capo A) dell’imputazione, per il solo periodo di imposta 2008, il difensore lamenta la violazione del Decreto Legislativo n. 74 del 2000, articolo 5 e la mancanza di prova in merito al superamento delle soglie di punibilita’: non era stato considerato che tutti coloro che avevano effettuato pagamenti a (OMISSIS) erano persone fisiche, per cui, anche a voler considerare i pagamenti quali compensi per attivita’ professionale, dovevano essere considerati gia’ comprensivi di IVA, che andava scorporata e non aggiunta; neppure erano stati considerati i costi afferenti i ricavi ripresi a tassazione; entrambe le doglianze avevano trovato pieno accoglimento in sede tributaria, per cui si otteneva un’imposta evasa al di sotto della soglia minima di punibilita’.
1.8 In relazione ai capi C) e D) dell’imputazione, il difensore eccepisce la mancanza di prova in merito alla fittizieta’ delle due fatture oggetto di giudizio: le due fatture non potevano ritenersi oggettivamente inesistenti, in quanto vi era l’effettivita’ dell’operazione sottostante, costituita dalla valorizzazione, ristrutturazione e risanamento di un grosso complesso agricolo/industriale, nonche’ del reperimento di finanziamenti a tale scopo.
1.8 In data 5 ottobre 2018 venivano depositati motivi aggiunti, nei quali si ribadiva l’eccezione del difetto di giurisdizione del giudice italiano, sottolineando che non vi era alcuna prova che al ricorrente fosse stato conferito un incarico in Italia.
1.9 Inoltre la difesa del ricorrente osserva che il capo di imputazione sub E) indicava come reato presupposto quello di cui al Decreto Legislativo n. 74 del 2000, articolo 4 che prevede una pena da 1 a 3 anni di reclusione: poiche’ il comma 3 dell’articolo 648 bis cod. pen. prevede che la pena per il reato di riciclaggio vada diminuita se il denaro i beni o le altre utilita’ provengono da delitto per il quale e’ stabilita la pena della reclusione inferiore nel massimo a 5 anni, doveva essere operata tale diminuzione.
1.10 In relazione ai secondo motivo del ricorso principale, il difensore eccepisce come mancasse la prova che al ricorrente fosse stato conferito un incarico professionale quale agente in attivita’ finanziaria di persone fisiche e non semplicemente quale persona in possesso di conoscenze idonee a suggerire il modo di risolvere i problemi di (OMISSIS) e (OMISSIS); l’attivita’ svolta da (OMISSIS) poteva essere svolta da qualsiasi soggetto, non essendo necessaria l’iscrizione ad un particolare elenco.
2.1 Propone ricorso anche il difensore di (OMISSIS), osservando come dall’istruttoria dibattimentale era risultato che la villa acquistata dalla (OMISSIS) S.r.l. (attraverso l’acquisto al 100% delle quote della ” (OMISSIS)” s.r.l. proprietaria della villa) era stata adibita a residenza di (OMISSIS), che si era sempre occupato anche della gestione della (OMISSIS) s.r.l., ma non che (OMISSIS) avesse mai soggiornato presso la (OMISSIS) o si fosse occupato della sua gestione, visto che la sua attivita’ era sempre stata quella di venditore ambulante in Calabria; nessuna delle tre condotte attribuite a (OMISSIS) (aver sottoscritto il 5% del capitale della (OMISSIS), aver assunto formalmente la carica di amministratore unico della (OMISSIS) s.r.l. e aver effettuato un bonifico di Euro 50.000,00 in favore della (OMISSIS) s.r.l.) rientrava nella previsione incriminatrice; non poteva sopperire alle lacune probatorie il ricondurre, come fatto dai giudici di merito, a (OMISSIS) la proprieta’ delle somme versate da (OMISSIS) in quanto per lo stesso sarebbe stato difficile sostenere effettivamente in proprio i costi suddetti.
2.2 Il difensore eccepisce inoltre che l’elemento soggettivo del reato era stato ritenuto sussistente per la presunzione che (OMISSIS) avesse chiesto spiegazioni al fratello, per la considerazione che non era pensabile che (OMISSIS) non si fosse interrogato sul perche’ il fratello gli avesse chiesto di svolgere quelle attivita’ anziche’ acquistare direttamente da solo la tenuta e per l’accettazione del rischio assunto da (OMISSIS) nel fare cio’ che il fratello gli chiedeva; abbandonando tale giudizi presuntivi e passando ad esaminare gli elementi emersi dall’istruttoria dibattimentale, si giungeva ad una conclusione opposta a quella cui era pervenuta la Corte di appello.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1.Il ricorso di (OMISSIS) e’ parzialmente fondato, nei limiti di quanto si dira’ piu’ avanti.
1.1 Quanto al primo motivo, l’articolo 6 c.p., comma 2 prevede che “Il reato si considera commesso nel territorio dello stato quando l’azione o l’omissione che lo costituisce e’ ivi avvenuta in tutto o in parte, ovvero si e’ ivi verificato l’evento che e’ la conseguenza dell’azione o dell’omissione”, mentre l’articolo 9 c.p.p., comma 1 dispone che “Se la competenza non puo’ essere determinata a norma del’articolo 8, e’ competente il giudice dell’ultimo luogo in cui e’ avvenuta parte dell’azione o dell’omissione.”
Nel caso in esame, dalla sentenza di primo grado risulta che l’incarico dato da (OMISSIS) a (OMISSIS) avesse proprio ad oggetto il rientro dei capitali detenuti in (OMISSIS), come si ricavava dal conferimento di incarico dell’8.9.2008, di cui ha parlato il teste (OMISSIS) (pag.29 sentenza di primo grado) e delle sommarie informazioni testimoniali di (OMISSIS), che ha dichiarato di essersi rivolto a (OMISSIS) “volendo far rientrare tale capitale in Italia” (pag.30 sentenza di primo grado); del tutto irrilevante e’ quindi il fatto che il mezzo originariamente scelto (la costituzione della societa’ (OMISSIS)) non sia poi servito, posto che oggetto dell’incarico non era la costituzione della societa’, ma il rientro dei capitali; corretta sul punto e’ la motivazione della Corte di appello contenuta a pag 27 della sentenza impugnata, secondo la quale una parte dell’azione si e’ svolta in Italia, con conseguente giurisdizione del giudice italiano.
Sul punto, si deve rilevare come il ricorrente proponga una diversa ricostruzione in fatto per sostenere il difetto di giurisdizione, limitandosi a reiterare i motivi gia’ disattesi dalla Corte di appello; il motivo e’ pertanto inammissibile.
1.2 Passando al secondo motivo di ricorso, la pubblica accusa, ai fini di dimostrare la sussistenza del reato presupposto del riciclaggio, e cioe’ il reato previsto dal Decreto Legislativo n. 74 del 2000, articolo 4 doveva provare l’omessa dichiarazione dei redditi e l’evasione dell’imposta relativamente all’anno in contestazione; tale prova non puo’ pero’ dirsi raggiunta, soprattutto a fronte delle dichiarazioni di (OMISSIS) secondo le quali le somme erano detenute in (OMISSIS) da oltre venti anni.
Premesso quindi che non e’ condivisibile l’assunto difensivo secondo il quale il reato di riciclaggio non sarebbe configurabile in caso di intervenuta prescrizione del reato presupposto, in quanto contrario all’articolo 648 cod. pen., comma 3 (richiamato dall’articolo 648 bis cod. pen.), si deve rilevare come, non essendo stata raggiunta la prova del reato presupposto, la sentenza deve essere annullata sul punto.
1.3 Deve essere comunque dichiarata l’infondatezza del terzo motivo di ricorso, richiamando la costante giurisprudenza di questa Corte secondo cui “Integra di per se’ un autonomo atto di riciclaggio, essendo il reato di cui all’articolo 648-bis cod. pen. a forma libera e potenzialmente a consumazione prolungata, attuabile anche con modalita’ frammentarie e progressive, qualsiasi prelievo o trasferimento di fondi successivo a precedenti versamenti, ed anche il mero trasferimento di denaro di provenienza delittuosa da un conto corrente bancario ad un altro diversamente intestato, ed acceso presso un differente istituto di credito” (Sez. 2, sentenza n. 43881 del 09/10/2014; Matarrese, Rv. 260694, ove si precisa che “riguardo alla dedotta non ipotizzabilita’, nel caso di specie, del reato di cui all’articolo 648 bis c.p., in presenza di una completa tracciabilita’ dei flussi finanziari, si rileva come, secondo la giurisprudenza di questa Corte, il riciclaggio si considera integrato anche nel caso in cui venga depositato in banca denaro di provenienza illecita, atteso che, stante la natura fungibile del bene, per il solo fatto dell’avvenuto deposito il denaro viene automaticamente sostituito, essendo l’istituto di credito obbligato a restituire al depositante il mero tantundem”).
1.4 Infondato e’ anche il quarto motivo di ricorso, in quanto sull’elemento psicologico la Corte di appello ha fornito una motivazione perfettamente logica e coerente con le risultanze processuali a pag. 28 della sentenza impugnata; a tale motivazione, il ricorrente contrappone una diversa valutazione delle prove, senza comunque confutare ne’ l’argomentazione secondo la quale non vi e’ nessuna spiegazione alternativa all’aver costruito il ricorrente un complesso marchingegno per far rientrare le somme in Italia, ed all’avere (OMISSIS), di fronte alla minaccia della moglie di (OMISSIS) di rivolgersi alla Guardia di Finanza, ricordato che non le conveniva farlo in quanto rischiavano una denuncia; il motivo e’ pertanto privo di specificita’, non confrontandosi in modo puntuale con le argomentazioni della Corte di appello.
Inoltre, secondo i piu’ recenti arresti di questa Corte nel delitto di riciclaggio, come nel delitto di ricettazione, l’elemento soggettivo puo’ essere integrato anche dal dolo eventuale quando l’agente si rappresenta la concreta possibilita’, accettandone il rischio, della provenienza delittuosa del denaro ricevuto ed investito (vedi Cass. Sez. 2, Sentenza n. 8330 del 26/11/2013, Rv. 259010).
1.5 Per quanto riguarda il reato di truffa contestato a (OMISSIS), nell’ottica del reato di truffa contrattuale l’attivita’ fraudolenta deve generare come risultato l’errore della vittima; l’errore, in questa prospettiva, e’ dunque una falsa rappresentazione di circostanze di fatto capaci di incidere sul processo di formazione della volonta’, a cui il soggetto passivo e’ stato indotto dagli artifici e raggiri posti in essere dall’agente. Cio’ che contraddistingue l’errore, nella truffa, e’ quindi la peculiarita’ di essere, ad un tempo, causa dell’atto di disposizione patrimoniale della vittima ed effetto degli artifici e raggiri. Applicando i sopra indicati principi alla fattispecie in esame, non vi e’ dubbio che correttamente sia stato ritenuto integrato il reato di truffa (poi dichiarato estinto per prescrizione) da parte di (OMISSIS) che, oltre ad aver posto comportamenti ingannevoli quali le mendaci affermazioni di avere lavorato nei servizi segreti e di vantare conoscenze alla (OMISSIS) di (OMISSIS) ed essersi cosi’ assicurato il profitto di 130.000 Euro, nel corso del suo esame non ha offerto alcuna spiegazione del modo in cui pensava di poter far recuperare alla parte offesa (OMISSIS) il denaro da lei investito (pag. 30 sentenza impugnata).
1.6 Relativamente alla attendibilita’ delle dichiarazioni delle persona offesa (OMISSIS), il collegio condivide la giurisprudenza di questa Corte, secondo cui le regole dettate dall’articolo 192 c.p.p., comma 3, non si applicano alle dichiarazioni della persona offesa, le quali possono essere legittimamente poste da sole a fondamento dell’affermazione di responsabilita’, previa verifica, corredata da idonea motivazione, della credibilita’ soggettiva del dichiarante e dell’attendibilita’ intrinseca del suo racconto, che in tal caso deve essere piu’ penetrante e rigoroso rispetto a quello a cui vengono sottoposte le dichiarazioni di qualsiasi testimone.
Peraltro questa Corte, anche quando prende in considerazione la possibilita’ di valutare l’attendibilita’ estrinseca della testimonianza dell’offeso attraverso la individuazione di precisi riscontri, si esprime in termini di “opportunita’” e non di “necessita’”, lasciando al giudice di’ merito un ampio margine di apprezzamento circa le modalita’ di controllo della attendibilita’ nel caso concreto; peraltro, costituisce principio incontroverso nella giurisprudenza di legittimita’ l’affermazione che la valutazione della attendibilita’ della persona offesa dal reato rappresenta una questione di fatto che ha una propria chiave di lettura nel compendio motivazionale fornito dal giudice e non puo’ essere rivalutata in sede di legittimita’, salvo che il giudice non sia incorso in manifeste contraddizioni (ex plurimis Sez. 6, n. 27322 del 2008, De Ritis, cit.; Sez. 3, n. 8382 del 22/01/2008, Finazzo, Rv. 239342; Sez. 6, n. 443 del 04/11/2004, dep. 2005, Zamberlan, Rv. 230899; Sez. 3, n. 3348 del 13/11/2003, dep. 2004, Pacca, Rv.227493; Sez. 3, n. 22848 del 27/03/2003, Assenza, Rv. 225232).
Contraddizioni che non si rinvengono nel caso in esame, nel quale la Corte di appello ha fornito congrua motivazione della attendibilita’ del racconto della persona offesa sulle cui dichiarazioni, peraltro, sono stati individuati riscontri consistiti nelle dichiarazioni degli altri testimoni e nelle inverosimili spiegazioni rese dall’imputato nel corso del suo esame (vedi pagine da 20 a 26 della sentenza di primo grado).
1.7 Con riferimento al settimo motivo di ricorso, anche se le sentenze del giudice tributario (e quelle del giudice amministrativo in genere) non sono vincolanti per il giudice penale in quanto, nel vigente ordinamento processuale, l’articolo 238-bis cod. proc. pen. si limita a consentire l’acquisizione in dibattimento di sentenze (non necessariamente solo penali) divenute irrevocabili, ma dispone che esse siano valutate a norma dell’articolo 187 c.p.p. e articolo 192c.p.p., comma 3, ai fini della prova del fatto in esse accertato (Sez. 6, n. 10210 del 24/02/2011, Musumeci, Rv. 249592; Sez. 6, n. 10136 del 24/06/1998, Ottaviano, Rv. 211566), tale elemento deve comunque essere oggetto di valutazione; anche su tale punto, che assume carattere decisivo in quanto comporterebbe il non superamento delle soglie di punibilita’, la sentenza impugnata deve quindi essere annullata per nuova valutazione, che non risulta essere stata effettuata.
1.8 Con riferimento alla mancanza di prova relativamente alla fittizieta’ delle due fatture oggetto dei capi C) e D) dell’imputazione, il ricorrente propone una ricostruzione alternativa a quella dei giudici di merito, non supportata da alcun elemento, sostenendo che la Azienda Agricola (OMISSIS) avrebbe conferito incarico alla (OMISSIS), che a sua volta lo avrebbe “girato” alla (OMISSIS), senza pero’ che vi sia alcuna documentazione confermativa di questo doppio passaggio; la sentenza di primo grado ha invece sottolineato come il teste (OMISSIS), maresciallo della Guardia di Finanza, ha riferito che la (OMISSIS) S.r.l. non era operativa (e quindi non poteva avere svolto alcuna attivita’) e che le due societa’ avevano lo stesso oggetto ed erano amministrate entrambe da (OMISSIS), per cui non aveva alcun senso che la (OMISSIS) avesse incaricato la (OMISSIS) una attivita’ che poteva svolgere lei stessa.
1.9 Passando ai motivi aggiunti, l’eccezione secondo la quale non vi sarebbe la prova che l’incarico da (OMISSIS) a (OMISSIS) sia stato conferito in Italia doveva essere provata dal ricorrente, non risulta proposta in appello; pertanto, il motivo e’ inammissibile in quanto non possono essere dedotte con il ricorso per cassazione questioni sulle quali il giudice di appello abbia correttamente omesso di pronunciare perche’ non devolute alla sua cognizione. (Sez. 5, Sentenza n. 28514 del 23/04/2013 Ud. Rv. 255577).
1.10 I motivi sulla pena e sulla esclusione della aggravante non risultano essere stati proposti in appello; gli stessi sono comunque da ritenere assorbiti, vista la nuova valutazione che dovra’ effettuare la Corte di appello.
2.1 Passando al ricorso di (OMISSIS), la sentenza di primo grado aveva messo in luce, alle pagine 37 e seguenti, che l’operazione tramite la quale le somme acquisite illecitamente da (OMISSIS) derivanti dai delitti contestati nel presente procedimento sono state “ripulite” mediante l’acquisto delle quote della ” (OMISSIS) s.a.s., proprietaria di un complesso immobiliare pagato Euro 2.300.000,00, era stata resa possibile anche grazie all’attivita’ di (OMISSIS), che aveva costituito con (OMISSIS) la (OMISSIS) s.r.l., societa’ che aveva acquistato le quote della (OMISSIS) s.a.s., ed era stato amministratore unico di quest’ultima societa’, partecipando in tale veste alla fusione per incorporazione della societa’ nella (OMISSIS) s.r.l..
Non appare pero’ essere stato valutato correttamente l’elemento psicologico, ritenuto sussistente dalla Corte di appello sulla base della considerazione che si trattava di attivita’ completamente estranee a quelle usualmente svolte da (OMISSIS) (venditore ambulante), il quale non aveva le risorse economiche per svolgere operazioni di quel tipo, per cui necessariamente avrebbe ricevuto somme ed istruzioni dal fratello, dovendosi rappresentare che non vi era alcuna spiegazione logica per la quale il fratello non avrebbe potuto agire da solo, se non quella che il denaro adoperato non era di lecita provenienza; trattasi di semplici presunzioni, che non possono, in quanto tali, essere ritenute idonee a configurare la sussistenza del dolo, per cui anche su questo punto la sentenza impugnata deve essere annullata.
3. In virtu’ del principio della soccombenza, (OMISSIS) deve essere condannato al pagamento delle spese sostenute nel grado dalla parte civile.

P.Q.M.

Annulla la sentenza impugnata limitatamente alla dichiarazione di penale responsabilita’ per i reati di cui ai capi A) ed E) riferiti a (OMISSIS), nonche’ limitatamente alla posizione di (OMISSIS), con rinvio ad altra sezione della Corte di appello di Firenze per nuovo giudizio sul punto.
Dichiara inammissibile nel resto il ricorso di (OMISSIS).
Condanna (OMISSIS) alla rifusione delle spese sostenute nel grado dalla costituita parte civile (OMISSIS), che liquida in Euro 3.510,00, oltre spese generali al 15%, CPA ed IVA.

Avv. Renato D’Isa

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