Corte di Cassazione, sezione settima penale, Ordinanza 4 marzo 2019, n. 9210.

La massima estrapolata:

In tema di reati edilizi ai fini della revoca o sospensione dell’ordine di demolizione delle opere abusive in presenza di una istanza di condono o di sanatoria, il giudice dell’esecuzione investito della questione è tenuto ad una attenta disamina dei possibili esiti e tempi di definizione della procedura ed in particolare ad accertare il possibile risultato dell’istanza e se esistono cause ostative al suo accoglimento, e, nel caso di insussistenza di tali cause, a valutare i tempi di definizione del procedimento amministrativo e sospendere l’esecuzione solo in prospettiva di un rapido esaurimento dello stesso

Ordinanza 4 marzo 2019, n. 9210

Data udienza 11 gennaio 2019

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SETTIMA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. RAMACCI Luca – Presidente

Dott. GENTILI Andrea – Consigliere

Dott. DI STASI Antonell – rel. Consigliere

Dott. SCARCELLA Alessio – Consigliere

Dott. MENGONI Enrico – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
(OMISSIS), nato a (OMISSIS);
avverso l’ordinanza del 25/07/2018 del TRIBUNALE di TORRE ANNUNZIATA;
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere Dott. ANTONELLA DI STASI.

RITENUTO IN FATTO

1. Con ordinanza emessa depositata in data 23.7.2018, il Tribunale di Torre Annunziata, in funzione di Giudice dell’esecuzione rigettava l’istanza proposta nell’interesse di (OMISSIS) di sospensione dell’ingiunzione a demolire.
2 Avverso tale provvedimento, (OMISSIS) ha proposto ricorso per cassazione, per il tramite del difensore di fiducia, chiedendone l’annullamento, lamentando vizio di violazione di legge e mancata assunzione di prove.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso e’ inammissibile perche’ fondato su motivi generici e manifestamente infondati.
2. Va richiamata la costante giurisprudenza di questa Corte, secondo la quale, l’ordine di demolizione delle opere abusive emesso con la sentenza penale passata in giudicato puo’ essere revocato esclusivamente se risulta assolutamente incompatibile con atti amministrativi o giurisdizionali resi dalla autorita’ competente, e che abbiano conferito all’immobile altra destinazione o abbiano provveduto alla sua sanatoria (Sez. 3, 16 aprile 2002, Cassarino, m. 221.974), mentre puo’ essere sospeso solo quando sia ragionevolmente prevedibile, sulla base di elementi concreti, che, nel giro di brevissimo tempo, sia adottato dall’autorita’ amministrativa o giurisdizionale un provvedimento che si ponga in insanabile contrasto con il detto ordine di demolizione, non essendo invece sufficiente una mera possibilita’ del tutto ipotetica che si potrebbe verificare in un futuro lontano o comunque entro un tempo non prevedibile ed in particolare la semplice pendenza della procedura amministrativa o giurisdizionale, in difetto di ulteriori concomitanti elementi che consentano di fondare positivamente la valutazione prognostica (Sez. 3, 30 marzo 2000, Ciconte, m. 216.071; Sez. 3, 30 gennaio 2003, Ciavarella, m. 224.347; Sez. 3, 16 aprile 2004, Cena, m. 228.691;Sez. 3, 30 settembre 2004, Cacciatore, m. 230.308; Sez. 3, n. 42978 del 17/10/2007, Rv.238145); inoltre, costituisce principio consolidato quello secondo cui in tema di reati edilizi ai fini della revoca o sospensione dell’ordine di demolizione delle opere abusive in presenza di una istanza di condono o di sanatoria, il giudice dell’esecuzione investito della questione e’ tenuto ad una attenta disamina dei possibili esiti e tempi di definizione della procedura ed in particolare ad accertare il possibile risultato dell’istanza e se esistono cause ostative al suo accoglimento, e nel caso di insussistenza di tali cause a valutare i tempi di definizione del procedimento amministrativo e sospendere l’esecuzione solo in prospettiva di un rapido esaurimento dello stesso (Sez. 3 26/9/2007 n 38997 Di Somma; sez. 4 10/4/2008 n 15210; sez. 3 23/12/2004 n. 3992; Sez. 3 del 4/2/2000 n 3683; Sez.3, n. 6530 del 2013, non massimata).
Facendo buon governo di tali principi il Giudice dell’esecuzione, procedendo previamente alla audizione del responsabile dell’ufficio dei lavori pubblici e dell’urbanistica del Come di Massa Lubrense, ha correttamente disatteso le doglianze difensive qui riproposte, rimarcando che non era stato emesso alcun provvedimento di sanatoria ne’ erano pendenti procedimenti di sanatoria.
Il ricorrente, peraltro, neppure si confronta con le argomentazioni del Giudice dell’esecuzione riproponendo le stesse censure gia’ ritenute infondate e dilungandosi in considerazioni in punto di fatto, che non possono trovare ingresso nel giudizio di legittimita’, non essendo demandato alla Corte di cassazione un riesame critico delle risultanze istruttorie.
3.Tenuto conto della sentenza 13 giugno 2000, n. 186, della Corte costituzionale e rilevato che, nella fattispecie, non sussistono elementi per ritenere che “la parte abbia proposto il ricorso senza versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilita’”, alla declaratoria dell’inammissibilita’ medesima consegue, a norma dell’articolo 616 c.p.p., l’onere delle spese del procedimento nonche’ quello del versamento della somma, in favore della Cassa delle ammende, equitativamente fissata in Euro 3.000,00.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro tremila in favore della Cassa delle ammende.

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