In tema di valutazione della testimonianza

Corte di Cassazione, sezione terza penale, Sentenza 4 marzo 2019, n. 9278.

La massima estrapolata:

In tema di valutazione della testimonianza, il codice separa nettamente la valutazione della testimonianza ai fini della decisione del processo in cui è stata resa e la persecuzione penale del testimone che abbia eventualmente deposto il falso, attribuendo al giudice il solo compito di informare i Pm della notizia di reato, ma l’esame del teste deve essere concluso e non può interrompersi per la ritenuta falsità delle sue dichiarazioni; l’interruzione dell’esame viola il diritto alla prova della difesa dell’imputato.

Sentenza 4 marzo 2019, n. 9278

Data udienza 30 novembre 2018

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. RAMACCI Luca – Presidente

Dott. GALTERIO Donatella – Consigliere

Dott. SOCCI Angelo Matt – rel. Consigliere

Dott. GENTILI Andrea – Consigliere

Dott. GAI Emanuela – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
(OMISSIS), nato a (OMISSIS);
avverso la sentenza del 06/03/2018 della CORTE ASSISE APPELLO di NAPOLI;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere ANGELO MATTEO SOCCI (relazione in udienza a cura del Presidente ex articolo 614 c.p.c., comma 3);
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Dott. LIGNOLA Ferdinando, che ha concluso chiedendo: “annullamento senza rinvio limitatamente alla pena accessoria da rideterminare nell’interdizione dai pubblici uffici per la durata di anni cinque Rigetto nel resto”;
uditi i difensori, Avv. (OMISSIS) e Avv. (OMISSIS), che concludono: “Accoglimento dei ricorsi”.

RITENUTO IN FATTO

1. Con sentenza della Corte di Assise di appello di Napoli del 6 marzo 2018, in parziale riforma della decisione della Corte di Assise di Napoli dell’11 maggio 2016, l’imputata (OMISSIS) e’ stata assolta dal reato sub C, limitatamente alla condotta di induzione alla prostituzione di (OMISSIS), e la pena e’ stata rideterminata in anni 5 di reclusione ed Euro 12.000,00 di multa, relativamente ai reati di cui agli articoli 110, 81 e 600 bis c.p., nei confronti della minore (OMISSIS) – capo A, commesso a decorrere dal mese di aprile 2013 e fino al settembre 2013 -, articoli 110 e 81 c.p., L. n. 75 del 1958, articolo 3, e articolo 4, n. 1, nei confronti di (OMISSIS) – capo C, commesso da luglio 2009 e fino all’ottobre 2011 -; unificati i reati con la continuazione, reato ritenuto piu’ grave quello del capo A (pena base di anni 6 di reclusione ed Euro 15.000,00 di multa, ridotta per le circostanze attenuanti generiche ad anni 4 di reclusione ed Euro 10.000,00 di multa e poi aumentata per la continuazione ad anni 5 di reclusione ed Euro 12.000,00 di multa). Sono state confermate integralmente le pene accessorie irrogate dalla sentenza di primo grado; inoltre la ricorrente e’ stata assolta dalla sentenza della Corte di Assise di Napoli per il reato di riduzione in schiavitu’, articoli 81, 110 e 600, c.p..
2. L’imputata ha proposto due ricorsi per cassazione, uno a firma dell’Avvocato (OMISSIS) e l’altro a firma dell’Avvocato (OMISSIS), per i motivi di seguito enunciati, nei limiti strettamente necessari per la motivazione, come disposto dall’articolo 173 disp. att. c.p.p., comma 1.
2.1. I primi due motivi sono comuni ad entrambi i difensori (articolati per l’Avvocato (OMISSIS) nei motivi 1, 2, 3 e 5 – erroneamente indicato quale 4 motivo -). Violazione di legge (63, 190, 208 e 498 c.p.p., e articolo 24 Cost.); manifesta illogicita’ della motivazione relativamente alla sospensione del corso dell’esame testimoniale della parte offesa (OMISSIS), senza prima consentire alla difesa il controesame della stessa.
La Corte di Assise di Napoli ha interrotto l’esame di (OMISSIS) ritenendo la stessa un teste falso, con trasmissione degli atti alla competente Procura della Repubblica. La Corte di Assise di appello ha rigettato il motivo di gravame sul punto, con motivazione illogica, rilevando che la deposizione della teste era oggettivamente falsa, ovvero la stessa aveva dichiarato di aver saputo della data di celebrazione del processo da sei mesi prima, quando, invece, il rinvio all’udienza, dove la stessa era stata sentita, era solo di quattro settimane prima. La Corte di assise ha interpretato erroneamente l’articolo 63 c.p., in quanto la norma salvaguarda il teste che espone circostanze di un reato a lui imputabile, commesso in precedenza; la norma, quindi, non poteva trovare applicazione nell’ipotesi del falso testimone (Sez. U, n. 33583 del 26/03/2015 – dep. 29/07/2015, Lo Presti e altri, Rv. 26448101).
L’esame, quindi, non poteva essere interrotto. L’immediata trasmissione degli atti alla Procura e’ previsto, dalla norma, solo nell’ipotesi di rifiuto di testimoniare, e non anche per le false dichiarazioni. La teste era parte offesa e con il contro esame della difesa avrebbe potuto chiarire la difformita’ delle sue precedenti dichiarazioni ai Carabinieri in sede di denuncia, con quelle (pienamente assolutorie nei confronti della ricorrente) del dibattimento. La testimonianza oltre che rilevante era anche decisiva, poiche’ solo con una testimonianza de relato (di (OMISSIS)) e’ stata affermata la responsabilita’ della ricorrente per il capo A dell’imputazione.
2. 2. Violazione di legge (articolo 600 bis c.p.) e manifesta illogicita’ della motivazione.
La responsabilita’ della ricorrente e’ stata affermata in relazione alla ritenuta non attendibilita’ delle dichiarazioni rese in udienza da (OMISSIS) (peraltro senza il contro esame dalla difesa) e per la piena attendibilita’ della testimonianza (anche de relato) di (OMISSIS).
(OMISSIS), in udienza, aveva categoricamente escluso che la ricorrente fosse a conoscenza della sua attivita’ di prostituta e che la stessa l’avesse quindi sfruttata, o agevolata nella sua attivita’. Il giudizio di inattendibilita’ era stato determinato dalla circostanza che la teste si era presentata spontaneamente a rendere testimonianza, sprovvista di un documento di identita’, e per aver affermato di aver appreso della data dell’udienza da sei mesi prima.
La ragazza potrebbe essersi confusa sulla data dell’udienza (determinata da solo quattro settimane) con la conoscenza della pendenza del processo penale a carico della ricorrente; infatti, non comprende bene la lingua italiana.
La Corte di Assise ha, invece, ritenuto pienamente attendibile (OMISSIS), che ha reso una deposizione ben piu’ contraddittoria ed altalenante di quella di (OMISSIS).
(OMISSIS) ha riferito solo circostanze apprese dalla stessa (OMISSIS), e conseguentemente e’ stata affermata la responsabilita’ della ricorrente su dichiarazioni de relato, smentite dalla dichiarante principale. Nell’ipotesi di smentita delle dichiarazioni da parte del teste principale quelle de relato devono essere sottoposte ad un vaglio di attendibilita’ rafforzato (Sez. 1, n. 35016 del 15/07/2009 – dep. 09/09/2009, Borgese e altri, Rv. 24518701).
La difesa, con l’appello, aveva elencato tutte le contraddizioni contenute nella deposizione della (OMISSIS); inoltre, proprio per queste dichiarazioni contraddittorie, con quanto in precedenza dichiarato, la ricorrente e’ stata assolta dal reato di riduzione in schiavitu’ (articolo 600 c.p.).
Le contraddizioni consistevano nei seguenti punti, tutti rappresentati in sede di appello: la donna si era avviata all’attivita’ di prostituta prima di conoscere la ricorrente e solo dopo e’ andata a viver con la ricorrente consegnandole il guadagno, cio’ risulta inverosimile perche’ nessuna logica ragione sussisteva per farsi sfruttare dalla ricorrente (solo per una stanza) quando con i guadagni da prostituta poteva permettersi un’idonea abitazione; per la teste la ricorrente le avrebbe inizialmente offerto un lavoro da barista, ma nessun elemento comprova che la ricorrente avesse la possibilita’ di offrire un lavoro da barista alla parte offesa; la sottrazione della sua carta di identita’ da parte della ricorrente e’ stata smentita successivamente e cosi’ anche la iniziale dichiarazione di non potersi muovere liberamente, mentre in realta’ si e’ recata dai suoi genitori senza ostacoli; da un iniziale racconto di forme di controllo stringenti la teste ha riferito che solo il primo giorno di lavoro era stata accompagnata, mentre dopo si era recata al lavoro da sola; anche sul compenso alla ricorrente la teste e’ contraddittoria da un iniziale 50 % al totale degli incassi e nonostante cio’ la stessa restava a casa della ricorrente, ma libera di andarsene quando voleva, anche per la temporanea assenza della ricorrente e del coniuge; dopo un iniziale allontanamento la teste si e’ spontaneamente di nuovo recata a casa della ricorrente; anche nelle fasi successive all’arresto della ricorrente la teste ha tentato di contattare l’imputata, anche per richieste di denaro – come emerso dalle testimonianze dei testi indotti dalla difesa – ma sul punto nulla ha dichiarato; inverosimile poi il fatto che la teste, ridotta in schiavitu’ e sfruttata abbia suggerito alla cugina (OMISSIS) di prostituirsi a sua volta con l’intermediazione e lo sfruttamento dell’imputata.
La motivazione della Corte di Assise di appello, che ha ritenuto come il tutto si possa giustificare con le condizioni di vita delle due donne nel campo rom non risulta logica, in quanto le ragazze con i proventi della prostituzione potevano agire diversamente, anche con l’autonoma provvista di un’abitazione. Inoltre, per la sentenza impugnata le difformita’ riscontrabili nel racconto di (OMISSIS), rispetto a quanto in precedenza dichiarato ai Carabinieri, in sede di denuncia, invece di essere valutate per l’inattendibilita’ della donna sono state considerate apprezzabili per la genuinita’ ed affidabilita’ delle sue dichiarazioni. Per la decisione della Corte di Assise di appello anche dopo le contestazioni del P.M. la (OMISSIS) a volte confermava ed a volte no, e tale comportamento e’ stato anch’esso ritenuto elemento di valutazione positiva per la sua attendibilita’.
Frutto di un evidente travisamento della prova la circostanza del silenzio della donna sui contatti avuti con l’imputata anche dopo il suo arresto; la donna aveva anche chiesto soldi all’imputata dopo l’arresto.
La Corte di Assise d’appello ha ritenuto le dichiarazioni dell’imputata inattendibili, utilizzando allo scopo le dichiarazioni dibattimentali di (OMISSIS) (sugli orari di rientro a casa della stessa) che sono state ritenute palesemente in contrasto con le precedenti dichiarazioni; o le dichiarazioni sono attendibili o non lo sono, non e’ possibile utilizzarle a pezzi, per ritenere inattendibili le dichiarazioni di innocenza dell’imputata.
2.3. Violazione di legge (L. n. 75 del 1958, articolo 4, n. 1) e mancanza di motivazione sull’aggravante in oggetto.
La Corte di Assise d’appello ha ritenuto sussistente l’aggravante in quanto la parte offesa aveva riferito di essere stata picchiata una volta, quando aveva manifestato l’intenzione di smettere di prostituirsi. Inoltre, per i continui controlli, anche del telefono, e con le intimidazioni a volte dirette ad impedire la visita ai genitori.
Avendo esclusa la riduzione in schiavitu’ (che si basava sugli stessi presupposti dell’aggravante) la Corte di Assise d’appello avrebbe dovuto, logicamente, ritenere non configurata l’aggravante. Escluso, anche, il furto della carta di identita’, e considerato che la ragazza era libera di muoversi nessuna costrizione poteva far configurare l’aggravante; il preteso controllo del cellulare – non provato, comunque, in punto di fatto – non poteva costituire l’elemento oggettivo dell’aggravante. Nessuna motivazione sussiste sul punto.
2. 4. Violazione di legge (articoli 29 e 32 c.p.).
La Corte di Assise d’appello ha individuato la pena base per il reato ritenuto piu’ grava, il capo A, in anni 6 di reclusione, con la riduzione per le circostanze attenuanti generiche ad anni 4, ma nonostante cio’ ha mantenuto le pene accessorie irrogate dalla Corte di Assise di primo grado (interdizione perpetua dai Pubblici uffici).
Invece, essendo la pena irrogata per il capo A, inferiore a 5 anni doveva essere revocata l’interdizione perpetua dai Pubblici Uffici.
Anche l’interdizione legale per la durata della condanna e la sospensione della responsabilita’ genitoriale sono state confermate illegittimamente, dalla sentenza impugnata, in quanto non irrogabili per una pena inferiore ai 5 anni (Sez. 1, n. 8126 del 06/12/2017 – dep. 20/02/2018, P.G. in proc. Ngwoke, Rv. 27240801).
3. Avvocato (OMISSIS). Motivi 1, 2 e 3 identici a quelli dell’Avvocato Vaiano; violazione dell’articolo 351 c.p.p., comma 1 ter, della carta di Noto e dell’articolo 35 della convenzione di Lanzarote.
Le dichiarazioni rese ai Carabinieri da (OMISSIS) non sono utilizzabili, in quanto sono state assunte senza il rispetto delle piu’ elementari garanzie di legge. Al momento della denuncia la ragazza era minorenne e straniera. La denuncia e’ stata acquisita senza la presenza di un interprete e senza un esperto; acquisita da personale inesperto e senza videoregistrazione. L’articolo 351, comma 1 ter, espressamente dispone che la Polizia giudiziaria “quando deve assumere sommarie informazioni da persone minori, si avvale dell’ausilio di un esperto”.
L’assenza di videoregistrazione non consente di valutare se al momento delle dichiarazioni la ragazza “fosse fumata” (come da lei dichiarato in dibattimento) o meno.
3. 2. Mancata assunzione del teste (OMISSIS).
I giudici di primo grado avevano disposto con ordinanza l’escussione del teste (OMISSIS), gia’ fidanzato di (OMISSIS), ritenendola assolutamente necessaria. All’udienza fisata del 23 marzo 2016, per l’escussione del teste ammesso ex articolo 507 c.p.p., era presente un omonimo (erroneamente citato al posto del teste (OMISSIS) gia’ fidanzato di una delle parti offese).
La Corte di Assise di Napoli invece di rinviare per la citazione del teste effettivo ha disposto la discussione. L’errata individuazione del teste non aveva sicuramente esclusa la necessita’ dell’escussione, ritenuta dalla stessa ordinanza della Corte di Assise (ex articolo 507 c.p.p.); neanche in appello e’ stata disposta la rinnovazione dell’istruttoria per l’escussione del teste.
Ha chiesto pertanto l’annullamento della sentenza impugnata.

CONSIDERATO IN DIRITTO

4. I ricorsi risultano fondati relativamente alla interruzione dell’esame testimoniale della parte offesa ( (OMISSIS)) per ritenuta falsa testimonianza, prima della fine dell’esame con le domande della difesa alla teste e, comunque, pure relativamente alle pene accessorie confermate integralmente, anche se la pena e’ stata ridotta al di sotto dei 5 anni.
Sulla interruzione dell’esame della teste parte offesa la sentenza impugnata rileva con manifesta illogicita’ che l’esame della teste e’ stato legittimamente interrotto (e mai piu’ ripreso) in quanto la stessa aveva palesemente ed oggettivamente reso una falsa dichiarazione (la dichiarazione falsa e’ relativa alla data di fissazione dell’udienza del 17 febbraio 2016, che la teste avrebbe dichiarato di aver appreso da molti mesi prima, quando la fissazione dell’udienza sarebbe avvenuta, invece, solo quattro settimane prima dell’udienza). Per la Corte di Assise di appello la cessazione della deposizione e’ stata effettuata a garanzia della teste con la trasmissione degli atti al P.M. per l’azione penale.
4. 1. Orbene, il codice di procedura penale, in tema di valutazione della testimonianza, separa nettamente la valutazione della testimonianza ai fini della decisione del processo in cui e’ stata resa e la persecuzione penale della falsa testimonianza, attribuendo al giudice del processo il solo compito di informare il P.M. della notizia di reato (qualora se ne ravvisano gli estremi) alla fine del processo: ” Con la decisione che definisce la fase processuale in cui il testimone ha prestato il suo ufficio, il giudice, se ravvisa indizi del reato previsto dall’articolo 372 c.p., ne informa il pubblico ministero trasmettendogli i relativi atti” – articolo 207 c.p.p., comma 2. In nessun caso la testimonianza – anche se fosse palesemente falsa – puo’ essere interrotta, e mai piu’ ripresa come nel caso in giudizio. Infatti, l’interruzione della testimonianza non consente neanche alla teste l’eventuale ritrattazione ex articolo 376 c.p.p..
Inoltre, l’articolo 371 bis c.p.p., comma 2, prevede la sospensione del procedimento per false dichiarazioni al P.M. fino alla sentenza di primo grado, ferma la procedibilita’ immediata solo nel caso di rifiuto di informazioni (vedi Sez. 6, n. 42904 del 21/10/2010 – dep. 02/12/2010, Barbera, Rv. 24881301).
L’articolo 63, del codice di rito prevede, nelle ipotesi di dichiarazioni del teste dalle quali emergono indizi di reita’ a suo carico, l’interruzione dell’esame per la nomina di un difensore, ma non gia’ la cessazione dell’esame in assoluto, senza la conclusione della testimonianza. Inoltre nel caso in giudizio la teste e’ stata ritenuta palesemente falsa solo su una questione esterna alla vicenda dell’imputazione (la conoscenza della data di fissazione dell’udienza) e, quindi, a maggior ragione risulta ingiustificata, ed illegittima, l’interruzione definitiva del suo esame senza consentire alla difesa la conclusione del controesame.
4.2. La falsita’ di un teste (solo al fine della trasmissione della notizia al P.M.) puo’ essere valutata solo alla fine del processo, non prima (come nel precedente codice di rito). E’ pur vero, comunque, che la giurisprudenza di questa Corte ha ritenuto una mera irregolarita’ la immediata trasmissione degli atti al P.M.: “In tema di valutazione della testimonianza, il sistema introdotto dal codice di rito separa nettamente la valutazione della testimonianza ai fini della decisione del processo in cui e’ stata resa e la persecuzione penale del testimone che abbia eventualmente deposto il falso, attribuendo al giudice il solo compito di informare il P.M. della notizia di reato, quando ne ravvisi gli estremi in sede di valutazione complessiva del materiale probatorio raccolto. Ne consegue che la deposizione dibattimentale del teste, pur se falsa, rimane parte integrante del processo in cui e’ stata resa e costituisce prova ivi utilizzabile e valutabile in relazione all’altro materiale probatorio legittimamente acquisito, anche sulla base del meccanismo disciplinato ai sensi dell’articolo 500 c.p.p., comma 4, (Fattispecie in cui la S.C. ha ritenuto non sanzionabile, ne’ influente sulla valutazione della prova testimoniale, ma solo frutto di un’irregolarita’, la scelta operata dal giudice nel disporre la trasmissione al P.M. degli atti relativi ad ogni deposizione testimoniale sospettata di falso, non con la decisione che ha definito la fase processuale in cui essi hanno prestato il loro ufficio, ma subito dopo ogni singola deposizione)” (Sez. 6, n. 18065 del 23/11/2011 – dep. 11/05/2012, Accetta e altri, Rv. 25253101).
Nel caso in giudizio, pero’, non viene in rilievo la sola trasmissione anticipata, ma l’interruzione della deposizione testimoniale, prima del controesame della difesa e mai piu’ ripresa. Con la palese violazione del diritto alla prova dell’imputata.
4. 3. Trattandosi della deposizione di una delle parti offese la testimonianza e’ sicuramente decisiva anche perche’ l’affermazione di responsabilita’ e’ intervenuta anche per le dichiarazioni dell’altra teste ( (OMISSIS)) relative alle dichiarazioni de relato ricevute da (OMISSIS). La testimonianza de relato, infatti, deve considerarsi alla stregua di un indizio – nel senso di prova indiretta sul fatto – e va verificata con la massima attenzione relativamente all’attendibilita’ del dichiarante ed anche del teste di riferimento, sia quando quest’ultimo confermi sia – a maggior ragione – quando smentisca le affermazioni a lui attribuite, come nel caso in giudizio (vedi Sez. 3, n. 41835 del 22/09/2015 – dep. 19/10/2015, G., Rv. 26543601 e Sez. 1, n. 35016 del 15/07/2009 – dep. 09/09/2009, Borgese e altri, Rv. 24518701). Anche a questo scopo la testimonianza della parte offesa (OMISSIS) deve ritenersi rilevante per la valutazione dei fatti di cui all’imputazione.
4.4. Puo’ conseguentemente esprimersi il seguente principio di diritto: “In tema di valutazione della testimonianza, il sistema introdotto dal codice di rito separa nettamente la valutazione della testimonianza ai fini della decisione del processo in cui e’ stata resa e la persecuzione penale del testimone che abbia eventualmente deposto il falso, attribuendo al giudice il solo compito di informare il P.M. della notizia di reato, quando ne ravvisi gli estremi in sede di valutazione complessiva del materiale probatorio raccolto ma l’esame del teste deve essere concluso e non puo’ interrompersi per la ritenuta falsita’ delle sue dichiarazioni; l’interruzione dell’esame – nel caso prima del controesame della difesa – senza mai riprenderlo viola il diritto alla prova dell’imputato”.
5. Risulta comunque fondato anche il motivo sulle pene accessorie confermate, anche se la pena in appello e’ stata ridotta al di sotto dei 5 anni: “Ai fini dell’applicazione della pena accessoria dell’interdizione dai pubblici uffici, in caso di piu’ reati unificati sotto il vincolo della continuazione, occorre fare riferimento alla misura della pena base stabilita in concreto per il reato piu’ grave, come risultante a seguito della diminuzione per la scelta del rito, e non a quella complessiva risultante dall’aumento della continuazione” (Sez. 5, n. 28584 del 14/03/2017 – dep. 08/06/2017, Di Corrado ed altri, Rv. 27024001; vedi anche Sez. 1, n. 8126 del 06/12/2017 – dep. 20/02/2018, P.G. in proc. Ngwoke, Rv. 27240801).
La sentenza deve pertanto annullarsi con rinvio per nuovo giudizio ad altra Corte di Assise di appello di Napoli.

P.Q.M.

Annulla la sentenza impugnata e rinvia per nuovo giudizio ad altra Corte di Assise di appello di Napoli.
In caso di diffusione del presente provvedimento omettere le generalita’ e gli altri dati significativi, a norma del Decreto Legislativo n. 196 del 2003, articolo 52, in quanto imposto dalla legge.

Per aprire la mia pagina facebook @avvrenatodisa
Cliccare qui

Leave a Reply

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *