Corte di Cassazione, civile, Ordinanza|27 settembre 2024| n. 25825.
Responsabilità sanitaria ed il giudizio controfattuale
In tema di accertamento del nesso causale nella responsabilità sanitaria, il giudizio controfattuale va compiuto ponendo in relazione la condotta alternativa lecita con l’evento concretamente verificatosi, e di cui si duole il danneggiato, ossia chiedendosi se tale specifico danno era evitabile sostituendo la condotta posta in essere con quella alternativa. (Nella specie, la S.C. ha cassato la sentenza impugnata che aveva escluso la rilevanza causale della scelta di procedere al trattamento chirurgico, anziché conservativo, della patologia diagnosticata ritenendo, con un ragionamento controfattuale errato, che l’intervento conservativo non avrebbe garantito la guarigione, anziché valutare se avrebbe evitato il danno permanente neurologico lamentato dall’attore).
Ordinanza|27 settembre 2024| n. 25825. Responsabilità sanitaria ed il giudizio controfattuale
Data udienza 15 marzo 2024
Integrale
Tag/parola chiave: Responsabilita’ civile – Causalita’ (nesso di) accertamento del nesso causale – Giudizio controfattuale – Relazione tra condotta alternativa lecita ed evento concretamente verificato – Necessità – Fattispecie.
REPUBBLICA ITALIANA
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. SCRIMA Antonietta – Presidente
Dott. GRAZIOSI Chiara – Consigliere
Dott. AMBROSI Irene – Consigliere
Dott. CRICENTI Giuseppe – Consigliere Rel.
Dott. PORRECA Paolo – Consigliere
ha pronunciato la seguente
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 8516-2021 R.G. proposto da:
Sc.Co., elettivamente domiciliato in ROMA VIA FI.CO., presso lo studio dell’avvocato CA.SI. (Omissis) che lo rappresenta e difende, domiciliazione digitale come in atti
– ricorrente –
contro
ZU. INSURANCE PUBLIC LIMITED COMPANY, elettivamente domiciliata in ROMA VIA DE.GR., presso lo studio dell’avvocato PI.NE. (Omissis) che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato CA.DA. (Omissis) , domiciliazione digitale come in atti
– controricorrente –
nonchè contro
CI.DI. Srl, elettivamente domiciliato in ROMA VIALE BR.BU., presso lo studio dell’avvocato PA.EM. (Omissis) che lo rappresenta e difende unitamente agli avvocati SE.SO. (Omissis), DI.MA. (Omissis) , domiciliazione digitale come in atti
– contro ricorrente –
nonchè contro
AM.AS. Spa, elettivamente domiciliata in ROMA VIA E.Q., presso lo studio dell’avvocato DE.MA. (Omissis) che lo rappresenta e difende unitamente agli avvocati RO.MA. (Omissis), MA.FI. (Omissis), domiciliazione digitale come in atti
– controricorrente –
nonchè contro
Vi.Sa., elettivamente domiciliato in ROMA VI.CR., presso lo studio dell’avvocato FE.CL. (Omissis) rappresentato e difeso dall’avvocato LA.GE. (Omissis), domiciliazione digitale come in atti
– controricorrente –
nonchè contro
Mo.An., elettivamente domiciliato in ROMA VIA DE.GR., presso lo studio dell’avvocato L.AB. (Omissis) rappresentato e difeso dall’avvocato MO.AN. (Omissis), domiciliazione digitale come in atti
– controricorrente –
avverso SENTENZA di CORTE D’APPELLO LECCE n. 1125-2020 depositata il 25-11-2020.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 15-03-2024 dal Consigliere GIUSEPPE CRICENTI.
Responsabilità sanitaria ed il giudizio controfattuale
FATTI DI CAUSA
1. – Sc.Co., poiché avvertiva dolori persistenti alla schiena, e dopo aver effettuato una risonanza magnetica, si è rivolto alle cure del dottor Ta.Lu., il quale ha diagnosticato una lombosciatalgia, priva di interessamento neurologico ed ha escluso la necessità di un intervento chirurgico.
Tuttavia, persistendo i dolori, Sc.Co. ha consultato un secondo specialista, il dottor Mo.An., il quale ha diagnosticato un’ernia discale bilaterale ed ha consigliato invece l’intervento chirurgico.
Fidando in tale diagnosi, il Sc.Co. si è ricoverato presso la clinica specialistica “Ci.Di.”, accreditata con il servizio sanitario nazionale, dove è stato informato verbalmente dal dottor Vi.Sa. della natura dell’intervento cui stava per essere sottoposto e della possibilità, sia pure rarissima, che potessero derivare danni permanenti al sistema nervoso.
L’intervento è stato effettuato dai dottori Mo.An. e Vi.Sa.
Ma, sin dai primi giorni, il Sc.Co. ha cominciato ad accusare difficoltà nella minzione e poi successivamente difficoltà nella deambulazione, fino a subire la paresi degli arti inferiori, confermata da un successivo ricovero presso l’ospedale di T ed in successivi altri ricoveri.
Responsabilità sanitaria ed il giudizio controfattuale
In conclusione, è derivata al ricorrente dall’intervento in questione una invalidità del 100% ed altresì una sindrome depressiva secondaria dovuta per l’appunto alla impossibilità di deambulare in cui si era venuto a trovare il paziente.
Inoltre, costui, che era dipendente presso una sede sindacale di R con l’incarico di segretario provinciale, ha dovuto rinunciare a tale lavoro e concordare uno scioglimento anticipato del rapporto.
1.2. – A causa di ciò, il signor SSc.Co. ha convenuto davanti al Tribunale di Lecce sia la struttura sanitaria presso cui è stato eseguito l’intervento, ossia la “Ci.Di. Srl”, che il dottor Mo.An. che il dottor Vi.Sa., autori, questi ultimi, dell’intervento, ed ha chiesto la loro condanna al risarcimento dei danni.
I tre convenuti si sono costituiti ed hanno contestato nel merito la fondatezza della domanda: in particolare, la struttura sanitaria ha chiamato in garanzia la propria assicurazione AM.Tr., mentre, successivamente, ha spiegato intervento volontario la compagnia di assicurazione ZU. Insurance, garante del dottor Mo.An.
Il Tribunale ha proceduto a consulenza tecnica, che ha accertato la responsabilità medica dei convenuti non solo per l’erronea esecuzione dell’intervento ma altresì per avere scelto di effettuare un intervento chirurgico anziché un trattamento non invasivo.
Di conseguenza, il Tribunale di Lecce, accogliendo la domanda dell’attore, ha condannato i convenuti al risarcimento del danno, ed in particolare ha condannato il dottor Mo.An. per la negligente scelta di intervenire chirurgicamente, al pagamento della somma di 432.914,00 Euro, mentre ha condannato il dottor Vi.Sa. per l’incompletezza delle informazioni date al paziente. Ha inoltre condannato la struttura sanitaria, ossia Ci.Di., a titolo di inadempimento del contratto di spedalità.
Tutti e tre i convenuti hanno proposto appello, e, nel conseguente giudizio, si sono altresì costituite le due compagnie di assicurazione, già parti nel primo grado.
Responsabilità sanitaria ed il giudizio controfattuale
1.3. – La Corte di appello di Lecce ha accolto l’appello principale proposto dal dottor Mo.An., nonché gli appelli incidentali proposti dal dottor Vi.Sa. e dalla Ci.Di. rigettando in tal modo la domanda originaria proposta da Sc.Co., che aveva a sua volta proposto appello incidentale.
Contro tale pronuncia ricorre quest’ultimo con tre motivi di ricorso. Hanno notificato distinti controricorsi Mo.An., AM.AS. Spa, Vi.Sa., Ci.Di., la quale ha altresì depositato memoria, la ZU. Assicurazioni, che anch’essa ha depositato memoria.
MOTIVI DELLA DECISIONE
2. – La Corte di appello parte dalla ovvia premessa, a lungo illustrata e ripetuta, che l’onere di provare il nesso di causa tra il danno subito e la condotta del medico grava sul paziente.
Fatta tale premessa, la Corte di merito ritiene che tale prova non sia stata raggiunta in quanto dalla consulenza tecnica espletata in primo grado è emerso che era, sì, forse opportuno consigliare al paziente di non sottoporsi all’intervento chirurgico, ma che, una volta che quest’ultimo è stato effettuato, è stato correttamente eseguito: il danno patito dal paziente non era in un certo senso prevedibile, ma semmai era da ricondursi a pregresse patologie.
Né può dirsi rilevante causalmente la decisione di far sottoporre il paziente ad un intervento chirurgico anziché consigliargli una terapia di mantenimento poiché tale ultima soluzione era soltanto opportuna ma non necessariamente indicativa.
Quanto alla violazione del consenso informato, ritengono i giudici della Corte di appello che il ricorrente avrebbe dovuto dimostrare che, se fosse stato correttamente informato delle conseguenze a cui andava incontro, avrebbe rifiutato l’intervento, ma tale prova non è stata fornita.
Responsabilità sanitaria ed il giudizio controfattuale
3. – Il ricorrente contesta questa ratio, come si è detto, con tre motivi di ricorso.
Con il primo motivo il ricorrente prospetta violazione dell’articolo 132 del codice di procedura civile e suppone difetto rilevante di motivazione nella parte in cui la sentenza ha disatteso le conclusioni del CTU, o meglio, le ha del tutto travisate, e più precisamente: il consulente tecnico in primo grado aveva chiaramente ritenuto che l’intervento non era necessario sia in ragione dell’età del paziente che in ragione della pregressa operazione effettuata nel medesimo, indicazione questa immotivatamente disattesa dai giudici di merito.
Il CTU aveva altresì ritenuto che il danno era stato determinato dalle difficoltà incontrate dal chirurgo a causa della complessa situazione anatomica, motivo per il quale il chirurgo aveva poi lacerato il sacco durale con una manovra effettuata con l’uncino smusso.
A fronte di ciò, i giudici di appello hanno invece attribuito al CTU un giudizio diverso, che escludeva errori nell’esecuzione dell’intervento, che riteneva imprevedibili le conseguenze e che giudicava adeguata la scelta di procedere all’intervento chirurgico: tutte affermazioni che invece il CTU non aveva fatto.
Sostiene, dunque, il ricorrente che la Corte ha travisato del tutto le conclusioni del CTU che invece erano nel senso di una responsabilità del medico.
4.1. Con il secondo motivo si denuncia omesso esame di un fatto decisivo e controverso.
In particolare, la Corte di appello avrebbe tratto in parte la sua convinzione dalla circostanza che, secondo la lettera di dimissione, i sintomi sarebbero comparsi successivamente, quindi, non al momento in cui il paziente è uscito dall’ospedale. Per contro, dal diario infermieristico, il cui contenuto è stato oggetto di contraddittorio, risultava chiaramente che i sintomi della patologia neurologica erano già evidenti nella immediatezza dell’intervento.
Responsabilità sanitaria ed il giudizio controfattuale
Oltre a non tener conto di ciò, i giudici di merito hanno del tutto trascurato la circostanza, anch’essa oggetto di discussione, che il precedente medico che aveva visitato il paziente, ossia il dottor Ta.Lu., aveva sconsigliato l’intervento chirurgico optando per una soluzione non invasiva; infine hanno omesso di tener conto delle conclusioni della CTU, che erano invece nel senso di attribuire il danno alla lesione del sacco durale occorsa durante la manovra chirurgica.
4.2. – Con il terzo motivo si prospetta violazione degli articoli 1218, 2043, 2697 del codice civile. Sostiene il ricorrente che la Corte di merito ha fatto erronea applicazione del concetto di prevedibilità ed evitabilità dell’evento, nel senso che un problema di prevedibilità può porsi solo ove l’evento sia riconducibile causalmente all’azione del medico: diversamente, escluso il nesso di causalità, un problema di prevedibilità nemmeno si deve prospettare.
Invece, la Corte d’appello, pur avendo ritenuto che l’intervento è stato svolto correttamente, ha poi però stimato come imprevedibile l’evento confondendo dunque i due piani di giudizio: quello della prevedibilità e quello del nesso di causalità.
Secondo il ricorrente, una volta accertato il nesso di causalità, che era evidente, nel senso che risultava chiaro che il danno era riconducibile all’intervento eseguito, il giudizio in ordine alla prevedibilità andava fatto ex ante, come tra l’altro si ricavava dalla indicazione data dal medico precedente di evitare assolutamente l’intervento chirurgico.
Ad avviso del ricorrente, allo stesso modo, è errata l’affermazione secondo cui non era da escludere a priori il possibile fallimento della terapia conservativa che rendeva l’intervento chirurgico una scelta possibile e non sconsigliabile ex ante.
In questo giudizio vi sarebbe l’errore di aver ritenuto irrilevante la terapia conservativa rispetto alla guarigione mentre la valutazione avrebbe dovuto essere fatta rispetto al danno subito.
5. – Questi tre motivi, che sono logicamente connessi, possono dunque tenersi in considerazione insieme e sono fondati.
In particolare, è fondato il terzo motivo, che denuncia un errore nel ragionamento controfattuale di accertamento del nesso di causalità, il quale errore è altresì dipeso dal difetto di valutazione denunciato negli altri due motivi.
In sostanza, la Corte di merito ha escluso la rilevanza causale della scelta di procedere all’intervento chirurgico e lo ha fatto con un ragionamento controfattuale del tutto errato, in quanto ha ritenuto che, ove fosse stato evitato l’intervento chirurgico, e ove si fosse optato per un intervento non invasivo o conservativo, quest’ultimo non avrebbe comunque sortito i suoi effetti così come era già accaduto in passato.
Responsabilità sanitaria ed il giudizio controfattuale
Intanto, questo ragionamento controfattuale è chiaramente viziato, come denunciato con il secondo motivo, da omesso esame di fatti rilevanti e decisivi, vale a dire della circostanza che, non solo e non tanto il CTU aveva ritenuto non necessario l’intervento chirurgico e preferibile un intervento di tipo conservativo, ma altresì della circostanza che un medico precedentemente intervenuto, ossia l’ortopedico Ta.Lu., aveva anch’egli sconsigliato l’intervento chirurgico e ritenuto invece più opportuno un intervento non invasivo.
Inoltre, il ragionamento effettuato dai giudici d’appello, secondo cui l’intervento chirurgico era maggiormente indicato in quanto quello conservativo non aveva prodotto in passato gli effetti sperati, è anch’esso viziato da omesso esame di un fatto rilevante, omissione da cui deriva contraddittorietà di giudizio, in quanto non si è tenuto conto del fatto che anche l’intervento chirurgico, che pure in precedenza era stato effettuato, non aveva prodotto, al pari di quello conservativo, gli effetti sperati.
Ma soprattutto, l’errore di ragionamento controfattuale sta nel fatto che l’efficacia causale dell’antecedente, ossia la scelta del tipo di intervento da effettuare, se chirurgico o meno, non andava valutata rispetto all’evento guarigione, ma rispetto all’evento concretamente verificatosi di danno permanente subìto dal paziente.
In altri termini, il giudizio controfattuale andava effettuato chiedendosi se l’intervento conservativo, in luogo di quello chirurgico, avrebbe evitato o meno i danni permanenti al paziente, piuttosto che chiedersi se l’intervento conservativo avrebbe sortito effetti benefici per l’interessato guarendolo dalla patologia.
Nell’accertamento del nesso causale, infatti, la condotta alternativa lecita va messa in relazione all’evento concretamente verificatosi, e di cui si duole il danneggiato, e non già rispetto ad un evento diverso: se il danno di cui ci si lamenta è costituito dalla paralisi permanente, l’indagine causale va effettuata ponendo in relazione questo danno con la condotta alternativa lecita, ossia chiedendosi se tale danno era evitabile sostituendo la condotta posta in essere con una condotta alternativa. Invece, i giudici di appello, come si è detto prima, hanno effettuato l’indagine controfattuale considerando quale evento non già il danno subìto, ma l’inefficacia terapeutica del trattamento, e dunque un evento diverso, di cui il ricorrente non si duole. Non v’è dubbio che non guarire dalla lombosciatalgia è evento diverso dal subire la paralisi: ed occorreva chiedersi se, evitare l’intervento, avrebbe evitato la paralisi. L’evento che, per il ricorrente, ha costituito danno è, per l’appunto, la paralisi, non la mancata guarigione dalla lombosciatalgia, e dunque la questione causale è conseguente: stabilire se la condotta alternativa lecita avrebbe evitato quell’evento, non altro (la mancata guarigione dalla lombosciatalgia).
In altri termini, il ragionamento controfattuale, come svolto dai giudici di appello, può esprimersi nel modo seguente: “il trattamento conservativo non era necessariamente da preferire in quanto già in passato si era dimostrato inefficace”, quando invece l’assunto del ricorrente era: “il trattamento conservativo era da preferire in quanto avrebbe evitato i danni permanenti, poco importando la sua efficacia curativa”.
Responsabilità sanitaria ed il giudizio controfattuale
Il giudizio controfattuale consiste nella verifica della fondatezza di questa seconda proposizione linguistica, non della prima.
Come è evidente, l’efficacia causale della condotta alternativa lecita, ossia del trattamento conservativo, che era richiesto di accertare, non era quella di comportare la guarigione ma quella ben diversa di evitare il danno permanente.
Detto in termini semplici: il consiglio dato dagli altri medici di non fare l’intervento chirurgico, bensì trattamenti meno invasivi, non necessariamente era giustificato dalla maggiore efficienza di questi ultimi, ma ben poteva essere giustificato dalla minore rischiosità di essi, che è cosa ben diversa anche sul piano della individuazione dell’evento rispetto a cui effettuare il giudizio controfattuale.
E dunque la corte di merito avrebbe dovuto valutare se la condotta alternativa lecita (trattamento meno invasivo) era da pretendersi a prescindere dalla sua efficacia sulla patologia in corso, ma per via del fatto che garantiva, a differenza di quella di fatto tenuta, di evitare il rischio: se cioè vi sia stata colpa nella scelta dell’intervento chirurgico alla luce di tale previsione.
Né può dirsi che si tratta di un giudizio di fatto, qui non censurabile, in quanto è in gioco il criterio con cui si accerta il fatto, ossia il criterio con cui si accerta se l’evento sia riconducibile ad un antecedente colposo.
Quanto precede assorbe l’esame di ogni altra censura pure proposta.
6. Il ricorso va pertanto accolto e la sentenza cassata con rinvio, anche per le spese del presente giudizio di legittimità.
7. Ai sensi dell’art. 52 del D.Lgs. n. 196 del 2003, deve disporsi che, in caso di diffusione del presente provvedimento, siano omesse le generalità e gli altri dati identificativi del ricorrente.
Responsabilità sanitaria ed il giudizio controfattuale
P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso. Cassa la decisione impugnata e rinvia alla Corte di Appello di Lecce, in diversa composizione, anche per le spese del giudizio di cassazione.
Ai sensi dell’art. 52 del D.Lgs. n. 196 del 2003, dispone che, in caso di diffusione del presente provvedimento, siano omesse le generalità e gli altri dati identificativi del ricorrente.
Così deciso in Roma, il 15 marzo 2024.
Depositato in Cancelleria il 27 settembre 2024
In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.
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