Nel caso di recesso unilaterale del committente dal contratto di appalto

Corte di Cassazione, sezione seconda civile, Sentenza 17 luglio 2020, n. 15304.

La massima estrapolata:

Nel caso di recesso unilaterale del committente dal contratto di appalto, secondo quanto disposto dall’art. 1671 c.c., l’appaltatore, che chiede di essere indennizzato dal mancato guadagno, ha l’onere di dimostrare quale sarebbe stato l’utile netto da lui conseguibile con l’esecuzione di opere appaltate. L’utile netto da lui conseguibile sarebbe costituito dalla differenza tra il pattuito prezzo globale dell’appalto e le spese necessarie per la realizzazione delle opere, restando salva per il committente la facoltà di provare che l’interruzione dell’appalto non ha impedito all’appaltatore di realizzare guadagni sostitutivi oppure gli ha procurato vantaggi diversi.

Sentenza 17 luglio 2020, n. 15304

Data udienza 22 novembre 2019

Tag – parola chiave: Appalto – Recesso unilaterale del committente – Indennizzo – Onere della prova a carico dell’appaltatore

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SAN GIORGIO Maria Rosaria – Presidente

Dott. BELLINI Ubaldo – rel. Consigliere

Dott. FORTUNATO Giuseppe – Consigliere

Dott. CARBONE Enrico – Consigliere

Dott. VARRONE Luca – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA
sul ricorso 14034/2015 proposto da:
CONDOMINIO (OMISSIS), in persona dell’aministrtore pro tempore (OMISSIS), rappresentato e difeso dagli Avvocati (OMISSIS) e (OMISSIS) ed elettivamente domiciliato presso lo studio del primo, in (OMISSIS);
– ricorrente –
contro
(OMISSIS), rappresentato e difeso dagli Avvocati (OMISSIS) e (OMISSIS) ed elettivamente domiciliato, presso lo studio del secondo, in (OMISSIS);
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 2100/2014 della CORTE d’APPELLO di TORINO, depositata il 25/11/2014;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 22/11/2019 dal Consigliere Dott. UBALDO BELLINI;
udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. PEPE Alessandro, che ha concluso per il rigetto del ricorso;
udito l’Avv. (OMISSIS) per il ricorrente, e l’Avv. (OMISSIS) per il controricorrente, i quali hanno ciascuno rispettivamente concluso come in atti.

FATTI DI CAUSA

Con sentenza n. 568/2010, depositata in data 22.11.2010, il Tribunale di Cuneo in funzione monocratica dichiarava che tra il CONDOMINIO (OMISSIS) e l’IMPRESA (OMISSIS) era stato concluso un contratto di appalto dal quale il Condominio era receduto ex articolo 1671 c.c., in data 14.2.2007; e rigettava la domanda di condanna del Condominio al risarcimento del danno.
Contro la sentenza proponeva appello il (OMISSIS) lamentando che il Tribunale non avesse provveduto alla liquidazione equitativa del danno ex articolo 1226 c.c., dal medesimo patito.
Si costituiva in giudizio il Condominio (OMISSIS) assumendo che il (OMISSIS) non aveva dimostrato ne’ le spese sostenute, ne’ i lavori eseguiti, ne’ il mancato guadagno.
Con sentenza n. 2100/2014, depositata in data 25.11.2014, la Corte d’Appello di Torino accoglieva in parte l’appello e, per l’effetto, condannava il Condominio (OMISSIS) a pagare al (OMISSIS), a titolo di indennizzo ex articolo 1671 c.c., la somma di Euro 22.050,00, oltre interessi legali dalla domanda giudiziale al saldo e condannava il Condominio al pagamento di un terzo delle spese di lite dei due gradi di giudizio. In particolare, la Corte territoriale riteneva che al (OMISSIS) nulla competesse per le spese, non avendo il medesimo provato di aver provveduto ad alcuna spesa dopo la conclusione del contratto in data 19.12.2006, essendo risultata falsificata la data della fattura relativa all’acquisto di ponteggi (la data accertata era risultata precedente alla stipula del contratto, come da sentenza penale del GIP del Tribunale di Cuneo del 19.4.2011). Ne’ poteva essere accolta la domanda di risarcimento del danno di Euro 22.272,00 per spese generali di impresa pari al 10% dei lavori commissionati, non avendo il (OMISSIS) dimostrato ne’ di avere provveduto all’organizzazione del cantiere, ne’ ad alcuna spesa per l’esecuzione del contratto. Ne’ poteva trovare accoglimento la domanda di risarcimento del danno per pretesa lesione dell’immagine pari ad Euro 10.000,00, mancando la prova che della revoca dell’incarico fossero venuti a conoscenza soggetti terzi e che si fossero verificati effetti pregiudizievoli.
Viceversa. la Corte di merito accoglieva la domanda di indennizzo per lucro cessante, essendo notorio che la parte contrattuale che subisca l’interruzione di un rapporto in essere venga privata dell’utile che dall’esecuzione del contratto le sarebbe derivato, ove controparte non dimostri (come nella specie) un aliunde perceptum. La Corte riteneva, in forza di un criterio equitativo, di riconoscere la percentuale del 10% del corrispettivo imponibile dell’appalto, e cio’ analogamente a quanto previsto in materia di appalti pubblici.
Propone ricorso per cassazione il Condominio (OMISSIS) spiegando 3 motivi; resiste il (OMISSIS) con controricorso. La causa proviene dall’adunanza camerale della VI sezione del 4/04/2017.

RAGIONI DELLA DECISIONE

1.1. – Con il primo motivo, il condominio ricorrente lamenta, “Ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., n. 3: (la) violazione delle norme che regolano l’onere della prova nonche’ il principio di vicinanza della prova ex articolo 2697 c.c., in relazione all’affermazione secondo cui sarebbe stato onere di parte convenuta dimostrare l’aliunde perceptum dell’impresa”.
1.2. – Con il secondo motivo, il ricorrente deduce, “Ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., n. 3: (la) violazione delle norme che regolano l’onere della prova ex articolo 2697 c.c., (la) violazione e falsa applicazione dei principi in tema di risarcimento del danno ex articolo 1223 c.c. e delle norme che regolano la valutazione equitativa del danno ex articolo 1226 c.c.”.
1.3. – Con il terzo motivo, il ricorrente deduce, “Ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., n. 3: (la) violazione delle norme che regolano il principio di applicazione analogica di cui all’articolo 12 preleggi al cc. con particolare riferimento alla non estensibilita’ della normativa sugli appalti pubblici alle ipotesi di recesso ex articolo 1671 c.c.”.
2. – Il primo motivo e’ fondato.
2.1. – La Corte di merito ha affermato che (pur in mancanza di prova da parte del (OMISSIS), oltre che del danno emergente, anche del lucro cessante per il mancato guadagno) “e’ notorio che la parte contrattuale che subisce la interruzione di un rapporto contrattuale in essere, venga privata dell’utile che dall’esecuzione di contratto le sarebbe derivato, a meno che la controparte non dimostri l’aliunde perceptum e cioe’ che l’impresa abbia reperito un contraente sostitutivo in modo da garantirsi comunque un guadagno”. E che, dunque, “nel caso di specie, deve ritenersi certo l’an del pregiudizio, posto che il Condominio non ha neppure allegato l’aliunde perceptum e cioe’ che l’impresa, dopo la revoca dell’incarico, abbia comunque reperito altri clienti in modo tale da impiegare le proprie risorse produttive e da procurarsi un pari guadagno a quello che dalla esecuzione del contratto con il Condominio le sarebbe derivato” (sentenza impugnata, pagina 4).
Siffatta argomentazione collide con la consolidata giurisprudenza di questa Corte, la quale (in sintonia col principio della vicinanza al fatto oggetto di prova: Cass. n. 19146 del 2013) ha affermato che, in ipotesi di recesso unilaterale del committente dal contratto d’appalto, ai sensi dell’articolo 1671 c.c., grava sull’appaltatore, che chiede di essere indennizzato del mancato guadagno, l’onere di dimostrare quale sarebbe stato l’utile netto da lui conseguibile con l’esecuzione delle opere appaltate, costituito dalla differenza tra il pattuito prezzo globale dell’appalto e le spese che si sarebbero rese necessarie per la realizzazione delle opere, restando salva per il committente la facolta’ di provare che l’interruzione dell’appalto non ha impedito all’appaltatore di realizzare guadagni sostitutivi ovvero gli ha procurato vantaggi diversi (Cass. n. 8853 del 2017; Cass. n. 9132 del 2012).
La Corte distrettuale ha, viceversa erroneamente affermato, mediante l’apodittico richiamo al fatto notorio, che la (non altrimenti provata) sussistenza dell’an del pregiudizio dovrebbe ritenersi dimostrata non gia’ in ragione della prova offerta dall’appaltatore, bensi’ della mancata allegazione da parte del committente dall’aliunde perceptum.
3. – Va dunque accolto il primo motivo di ricorso, con assorbimento del secondo e del terzo; la sentenza impugnata va cassata e la causa rinviata alla Corte d’Appello di Torino, altra sezione, che provvedera’ anche alla liquidazione delle spese del presente giudizio.

P.Q.M.

La Corte accoglie il primo motivo, con assorbimento del secondo e del terzo. Cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte d’Appello di Torino, altra sezione, che provvedera’ anche alla liquidazione delle spese del presente giudizio.

 

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