Reato di sostituzione di persona di cui all’art. 494 c.p.

Corte di Cassazione, sezione seconda penale, Sentenza 17 maggio 2019, n. 21705.

La massima estrapolata:

Posto che la professione va considerata una “qualità personale” cui l’ordinamento giuridico attribuisce effetti giuridici in quanto individua un soggetto nella collettività sociale, è indubbio che colui il quale si presenti falsamente come avvocato commetta il reato di sostituzione di persona di cui all’art. 494 c.p., fattispecie che fa appunto riferimento alle qualità giuridicamente rilevanti nella sfera soggettiva. Ciò che rileva è che la persona si sia qualificata falsamente come soggetto con specifiche competenze per un proprio interesse, costituito dall’incameramento di una somma di denaro che diversamente non gli sarebbe stata versata.

Sentenza 17 maggio 2019, n. 21705

Data udienza 17 aprile 2019

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. GALLO Domenico – Presidente

Dott. DI PISA Fabio – rel. Consigliere

Dott. SGADARI Giuseppe – Consigliere

Dott. PERROTTI Massimo – Consigliere

Dott. RECCHIONE Sandra – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
(OMISSIS) nato a (OMISSIS);
avverso la sentenza del 22/11/2017 della CORTE APPELLO di L’AQUILA;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere FABIO DI PISA;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore MIGNOLO OLGA che ha concluso chiedendo l’annullamento senza rinvio per remissione di querela relativamente al reato di cui al capo B) e l’inammissibilita’ del resto del ricorso;
udito l’Avvocato (OMISSIS), in difesa di (OMISSIS), il quale si e’ associato alle conclusioni rassegnate dal Procuratore Generale in merito al reato di cui al capo B) e ha chiesto per il resto l’annullamento con rinvio della sentenza impugnata.

RITENUTO IN FATTO

1. Con sentenza del 22/11/2017 la Corte di Appello di L’Aquila confermava la sentenza del Tribunale di Chieti – Sezione distaccata di Ortona – in data 20/11/2014 in forza della quale (OMISSIS) e’ stato condannato alla pena di giustizia per il reato di sostituzione di persona (capo a) e truffa (capo b).
La corte territoriale, nel confermare la ricostruzione operata dai giudici di primo grado, ha ritenuto comprovata la condotta illecita dell’imputato il quale, nell’attribuirsi falsamente la qualifica di avvocato, aveva tratto in inganno la persona offesa (OMISSIS) facendosi consegnare l’importo di Euro 5.375,00 per l’acquisto di un immobile oggetto di una procedura esecutiva, in realta’ inesistente.
2. Contro detta sentenza propone ricorso per Cassazione l’imputato, a mezzo del suo difensore, deducendo tre motivi.
Con il primo chiede annullarsi la sentenza impugnata in ordine al capo b) per essere il reato di truffa semplice estinto per effetto della remissione di querela ad opera della persona offesa (OMISSIS), ritualmente accettata.
Con il secondo motivo deduce violazione di legge e vizio di motivazione quanto alla affermazione della penale responsabilita’ per il reato di sostituzione di persona.
Assume che la motivazione era illogica e contraddittoria nella parte in cui aveva ritenuto configurabile l’elemento oggettivo del reato pur difettando la prova del dedotto artifizio della simulazione della realta’, che mancava ogni prova dell’elemento soggettivo del reato e che dalle complessive emergenze processuali non era emersa la prova che la circostanza che l’imputato si era attribuito la qualifica di avvocato aveva potuto realmente ingannare la persona offesa al punto da convincerla a consegnargli una somma di denaro.
Con il terzo motivo deduce violazione di legge e vizio di motivazione in ordine alla mancata concessione delle circostanze attenuanti generiche che ben potevano essere riconosciute tenuto conto della incensuratezza dell’imputato e della circostanza che lo stesso si era attivato per riparazione del danno, in effetti interamente risarcito.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Osserva il collegio che stante la intervenuta remissione della querela ad opera della parte querelante (OMISSIS) ritualmente accettata dall’imputato, secondo quanto e’ dato evincere dalla documentazione allegata al ricorso, la sentenza impugnata deve essere annullata senza rinvio relativamente al reato di cui al capo b) in ragione dell’intervenuta estinzione del reato contestato per remissione di querela.
2. Il secondo motivo e’ manifestamente infondato.
2.1. La Corte di appello, con rilievi esaurienti, logici, non contraddittori, e pertanto incensurabili in questa sede, con i quali il ricorrente non si confronta con la necessaria specificita’, in concreto riproponendo piu’ o meno pedissequamente doglianze analoghe a quelle gia’ proposte come motivo di appello, e gia’ non accolte, ha compiutamente indicato (ff. 2/3) le ragioni poste a fondamento della contestata affermazione di responsabilita’.
Va, in particolare, osservato che risulta accertato, con una ricostruzione in fatto insuscettibile di censura in questa sede, che l’imputato si e’ attribuito falsamente la qualifica di avvocato, facendosi consegnare la somma di Euro 5.375,00 per l’acquisto di un immobile asseritamente oggetto di una procedura esecutiva, in realta’ inesistente.
Deve precisarsi che, a fronte di tale accertamento, non colgono nel segno le contestazioni di parte ricorrente, del tutto generiche ed aspecifiche, secondo cui non vi sarebbe prova certa che in realta’ (OMISSIS) non era avvocato all’epoca dei fatti.
2.2. Cio’ premesso va osservato che la censura riguardante la qualificazione giuridica del reato di cui all’articolo 494 c.p., e’ manifestamente infondata.
Questa Corte Suprema (Sez. 2, sentenza n. 674 del 25 settembre 1986, dep. 22 gennaio 1987, CED Cass. n. 174910; Sez. 5″, sentenza n. 3645 del 21 gennaio 1999, CED Cass. n. 212950) ha gia’ chiarito che la professione va considerata qualita’ personale cui la legge attribuisce effetti giuridici in quanto individua un soggetto nella collettivita’ sociale. E’ stato, ancora, affermato che la falsa attribuzione della qualita’ di esercente una professione integra il reato di sostituzione di persona atteso che la legge ricollega a detta qualita’ gli effetti giuridici tipici della corrispondente professione intellettuale, mentre non e’ necessario che il fatto tenda all’illegale esercizio della professione o che miri alla mera soddisfazione di una vanita’ personale, essendo sufficiente che venga coscientemente voluto e sia idoneo a trarre in inganno la fede pubblica. (Fattispecie, nella quale l’imputato si qualificava come collega del medico curante della persona offesa) (Sez. 2, n. 30229 del 05/06/2014 – dep. 10/07/2014, Martini, Rv. 26003401).
A questo principio si e’ correttamente conformata la corte di appello valorizzando, ai fini dell’integrazione del reato de quo, la condotta dell’imputato che si era pacificamente falsamente attribuito lo status e/o la qualita’ di avvocato.
Ne’ rileva la circostanza secondo cui mancherebbe la prova che la persona offesa signor (OMISSIS) sia stato indotto a dargli i soldi “proprio ed esclusivamente in ragione della dalla circostanza che il ricorrente si sia qualificato come avvocato”.
2.3. Ai fini della configurabilita’ del reato in esame appare decisivo che il soggetto, si sia attribuito falsamente una qualifica professionale posto che sebbene lo stesso non doveva compiere atti riservati, in via esclusiva, a soggetti dotati di speciale abilitazione, trattavasi di attivita’, comunque, strumentalmente connessa vertendosi, pur sempre, in ipotesi di procedimenti asseritamente pendenti dinanzi ad una autorita’ giudiziaria.
Dal momento che, come detto, la professione va considerata una “qualita’ personale” cui l’ordinamento attribuisce effetti giuridici in quanto individua un soggetto nella collettivita’ sociale, non puo’ revocarsi in dubbio che colui il quale si presenta falsamente come avvocato commette il reato di sostituzione di persona, fattispecie che fa, appunto, riferimento alle qualita’ giuridicamente rilevanti nella sfera soggettiva: cio’ che rileva e’ che una persona si sia, comunque, qualificata falsamente come soggetto dotato di specifiche competenze in quanto abilitato professionalmente per un proprio interesse, costituito, nella specie, dall’incameramento di una somma di denaro che diversamente non gli sarebbe stata, ragionevolmente, versata.
3. Anche il terzo motivo e’ manifestamente infondato.
E’ appena il caso di ricordare che nel motivare il diniego della concessione delle attenuanti generiche non e’ necessario che il giudice prenda in considerazione tutti gli elementi favorevoli o sfavorevoli dedotti dalle parti o rilevabili dagli atti, ma e’ sufficiente che egli faccia riferimento a quelli ritenuti decisivi o comunque rilevanti, rimanendo tutti gli altri disattesi o superati da tale valutazione (Sez. 3, sent. n. 28535 del 19/03/2014, Lule, Rv. 259899);
3.1. Nella specie la corte territoriale ha chiarito le ragioni per le quali non potevano concedersi le chieste attenuanti generiche e cio’ ha fatto nell’esercizio dei poteri che le competevano con ragionamento insuscettibile di censure in questa sede anche in ragione della circostanza che con atto di appello l’imputato aveva mosso delle contestazioni del tutto generiche sul punto.
4. In conclusione va annullata senza rinvio la sentenza impugnata relativamente al reato di cui al capo b) perche’ il reato e’ estinto per remissione della querela.
Va dichiarata nel resto l’inammissibilita’ del ricorso ed irrevocabile la affermazione della penale responsabilita’ dell’imputato in ordine al reato di cui al capo a) con rinvio alla corte di appello di Perugia ai soli fini della determinazione della pena.

P.Q.M.

annulla senza rinvio la sentenza impugnata relativamente al reato di cui al capo b) perche’ il reato e’ estinto per remissione della querela.
Dichiara inammissibile nel resto il ricorso ed irrevocabile la affermazione della penale responsabilita’ in ordine al reato di cui al capo a) e rinvia alla corte di appello di Perugia ai soli fini della determinazione della pena.

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