Reato di invasione di terreni o edifici

Corte di Cassazione, penale, Sentenza|16 giugno 2021| n. 23758.

La condotta tipica del reato di invasione di terreni o edifici consiste nell’introduzione dall’esterno in un fondo o in un immobile altrui di cui non si abbia il possesso o la detenzione. La norma di cui all’articolo 633 del Cp, infatti, non è posta a tutela di un diritto ma di una situazione di fatto tra il soggetto e la cosa, per cui tutte le volte in cui il soggetto sia entrato legittimamente in possesso del bene deve escludersi la sussistenza del reato (nella specie, la Corte ha escluso potesse ravvisarsi il reato nella condotta di chi risultava avere fatto ingresso nell’abitazione su autorizzazione del precedente assegnatario che gli aveva consegnato le chiavi di casa: secondo la Corte tale comportamento, ove attuato in violazione dei vincoli imposti dal proprietario all’assegnatario, poteva semmai rilevare ai fini amministrativi o civilistici, ma non poteva essere sufficiente ad integrare il comportamento sanzionato dall’articolo 633 del Cp).

Sentenza|16 giugno 2021| n. 23758. Reato di invasione di terreni o edifici

Data udienza 11 marzo 2021

Integrale

Tag – parola: Immobile Iacp – Immissione al possesso da legittimo assegnatario con consegna delle chiavi – Invasione di edifici – Reato – Integrazione – Esclusione – Conseguenze amministrative

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. RAGO Geppino – Presidente

Dott. DI PAOLA Sergio – Consigliere

Dott. CIANFROCCA Pierluigi – Consigliere

Dott. TUTINELLI Vincenzo – rel. Consigliere

Dott. SARACO Antonio – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
(OMISSIS), nato a (OMISSIS);
avverso la sentenza del 07/06/2019 della CORTE APPELLO di MESSINA;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere Dott. VINCENZO TUTINELLI;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Dott. SECCIA Domenico, che ha concluso chiedendo.
udito il difensore.

RITENUTO IN FATTO

1. Con il provvedimento impugnato, la Corte di appello di Messina ha confermato la condanna dell’odierno ricorrente gia’ pronunciata dal Tribunale di Barcellona di Pozzo di Gotto con sentenza 11 ottobre 2017 in relazione a fattispecie di occupazione di immobile
2. Propone ricorso per cassazione l’imputato, (OMISSIS), articolando i seguenti motivi.
2.1. Mancanza della motivazione in relazione la mancata valutazione dell’atto di appello sottoscritto dall’Avvocato (OMISSIS), non preso in considerazione dalla Corte territoriale.
2.2. Violazione dell’articolo 633 c.p..
Il ricorrente afferma difettare il requisito dell’arbitrarieta’ dell’invasione dell’immobile posto che il ricorrente ha fatto ingresso nell’abitazione su autorizzazione del precedente assegnatario che gli aveva consegnato le chiavi di casa cosi’ come dimostrato dal fatto che non erano state trovate tracce di effrazione sul portone di ingresso. Di conseguenza, la Corte d’appello avrebbe male valutato la situazione concreta anche alla luce del principio di diritto espresso da questa Corte con sentenza 2337/2006.
2.3. Vizio di motivazione in relazione al difetto del requisito della arbitrarieta’ come sopra gia’ esposto.
3. Il Procuratore Generale – Domenico Seccia – ha depositato conclusioni scritte chiedendo dichiararsi l’inammissibilita’ del ricorso.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso e’ fondato nei termini di seguito specificati.
1.1. Il primo motivo di ricorso e’ inammissibile.
In particolare, il ricorrente richiama la presentazione di motivi di appello cui fa mero riferimento senza illustrarli. Tuttavia, i motivi del ricorso in cassazione non possono limitarsi al semplice richiamo “per relationem” dei motivi di appello, allo scopo di dedurre, con riferimento ad essi, la mancanza di motivazione della sentenza che si intende impugnare. Requisito, infatti, dei motivi di impugnazione e’ la loro specificita’, consistente nella precisa e determinata indicazione dei punti di fatto e delle questioni di diritto da sottoporre al giudice del gravame. Conseguentemente, la mancanza di tali requisiti rende l’atto di impugnazione inidoneo ad introdurre il nuovo grado di giudizio ed a produrre effetti diversi dalla dichiarazione di inammissibilita’ (Sez. 5, Sent. n. 2896 del 09/12/1998 dep. 03/03/1999- Rv. 212610; Sez. 2, Sent. n. 27044 del 29/05/2003 Rv. 225168; Sez. 6, Sent. n. 21858 del 19/12/2006 – dep. 05/06/2007 – Rv. 236689; Sez. 3, Sent. n. 13744 del 24/02/2016 Rv. 266782).
1.2. Il secondo e il terzo motivo di ricorso sono fondati.
1.2.1. Va ricordato come, secondo la giurisprudenza di questa Suprema Corte, la condotta tipica del reato di invasione di terreni o edifici consista nell’introduzione dall’esterno in un fondo o in un immobile altrui di cui non si abbia il possesso o la detenzione.
La norma di cui all’articolo 633 c.p., infatti, non e’ posta a tutela di un diritto ma di una situazione di fatto tra il soggetto e la cosa, per cui tutte le volte in cui il soggetto sia entrato legittimamente in possesso del bene deve escludersi la sussistenza del reato (Sez. 2, n. 2337 del 01/12/2005, dep. 2006, Monea, Rv. 233140, in fattispecie nella quale la S.C. ha escluso la sussistenza del reato di invasione di edifici in quanto il ricorrente era subentrato nell’appartamento di proprieta’ di un Ente pubblico, previa autorizzazione del precedente legittimo detentore, legato a lui da vincoli di affinita’, escludendo la eventuale rilevanza del possesso o meno delle condizioni richieste per l’assegnazione, circostanza che puo’ valere a fini amministrativi o civilistici, ma che non rileva sotto il profilo pena listico).
Invero, il concetto di invasione va ricondotto ad una qualunque introduzione dall’esterno con modalita’ violente, cosicche’ il semplice “subentro” nel godimento di un appartamento di un soggetto (titolare di un titolo occupativo su altro immobile) ad un altro che aveva anch’egli un legittimo titolo sul bene oggetto della “nuova occupazione”, previa autorizzazione di quest’ultimo, nella detenzione dell’appartamento, in una fattispecie che ben puo’ farsi rientrare nella figura del comodato, non rappresenta comportamento tale da poter essere qualificato come invasione in senso penalistico: nel caso di specie risulta indubbio che il ricorrente abbia fatto ingresso nell’immobile a seguito di specifica autorizzazione del precedente assegnatario.
Peraltro, quand’anche tale comportamento fosse stato attuato in violazione dei vincoli imposti all’assegnatario, cio’ puo’ rilevare ai fini amministrativi o civilistici, ma non e’ sufficiente ad integrare il comportamento sanzionato dall’articolo 633 c.p..
2. Le sopra esposte considerazioni impongono l’annullamento senza rinvio del provvedimento impugnato perche’ il fatto non sussiste.

P.Q.M.

Annulla senza rinvio la sentenza impugnata perche’ il fatto non sussiste.

 

In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.

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