Reato di disturbo delle occupazioni e del riposo delle persone

Corte di Cassazione, penale, Sentenza|4 febbraio 2022| n. 3952.

Si configura il reato di disturbo delle occupazioni e del riposo delle persone, nei confronti del gestore di un pubblico esercizio che non impedisca i continui schiamazzi provocati dagli avventori in sosta davanti al locale anche nelle ore notturne, essendogli imposto l’obbligo giuridico di controllare, anche con ricorso allo ius excludendi o all’Autorità, che la frequenza del locale da parte degli utenti non sfoci in condotte contrastanti con le norme poste a tutela dell’ordine e della tranquillità pubblica. L’effettiva idoneità delle emissioni sonore ad arrecare pregiudizio ad un numero indeterminato di persone costituisce un accertamento di fatto rimesso all’apprezzamento del giudice di merito, il quale non è tenuto a basarsi esclusivamente sull’espletamento di specifiche indagini tecniche, ben potendo fondare il proprio convincimento su altri elementi probatori in grado di dimostrare la sussistenza di un fenomeno in grado di arrecare oggettivamente disturbo della pubblica quiete.

Sentenza|4 febbraio 2022| n. 3952. Reato di disturbo delle occupazioni e del riposo delle persone

Data udienza 6 ottobre 2021

Integrale

Tag – parola: CONTRAVVENZIONI – CONTRAVVENZIONI CONCERNENTI L’ORDINE PUBBLICO E LA TRANQUILLITA’ PUBBLICA

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DI NICOLA Vito – Presidente

Dott. RAMACCI Luca – Consigliere

Dott. CERRONI Claudio – rel. Consigliere

Dott. MENGONI Enrico – Consigliere

Dott. ZUNICA Fabio – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
(OMISSIS), nato a (OMISSIS);
avverso la sentenza del 27/11/2020 del Tribunale di Rieti;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere CERRONI Claudio;
lette le richieste del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale MARINELLI Felicetta, che ha concluso chiedendo il rigetto del ricorso.

Reato di disturbo delle occupazioni e del riposo delle persone

RITENUTO IN FATTO

1. Con sentenza del 27 novembre 2020 il Tribunale di Rieti ha condannato (OMISSIS), nella qualita’ di amministratore della s.a.s. (OMISSIS), alla pena – riconosciute le attenuanti generiche – di Euro seicento di ammenda per il reato di cui agli articoli 81 e 659 c.p.. Alla costituita parte civile erano altresi’ liquidati il risarcimento del danno e le spese di giudizio.
2. Avverso la predetta decisione e’ stato proposto ricorso per cassazione articolato su quattro motivi di impugnazione.
2.1. Col primo motivo il ricorrente ha invocato violazione di legge in relazione agli articoli 6 par. 1 e 4 Cedu nonche’ articoli 516 e 521 c.p.p., assumendo che l’originaria contestazione circa il preteso disturbo del riposo delle persone si era trasformata nella misurazione del rumore effettuata presso l’abitazione della parte civile (OMISSIS). In tal senso il supposto superamento dei limiti di emissioni sonore integrava la fattispecie al piu’ dell’articolo 659 cit., comma 2, ossia un fatto diverso che esula dal contestato disturbo indifferenziato del riposo delle persone risolvendosi in una valutazione ad personam e solo in relazione alle misurazioni effettuate dall’Arpa Lazio nell’abitazione della parte civile. La condanna era cosi’ intervenuta per un fatto diverso, nonostante fosse stato dato atto che alla situazione concorreva l’ubicazione del locale in zona che attirava persone anche in ora notturna, con affollamento esteso altresi’ all’esterno dei locali.
2.2. Col secondo motivo il ricorrente ha osservato che il semplice superamento del parametro acustico stabilito dalla legge non appariva costituire requisito sufficiente ad integrare la capacita’ di disturbo della pubblica quiete, attesa la necessita’ di un’attitudine al disturbo di numero indeterminato di persone.

 

Reato di disturbo delle occupazioni e del riposo delle persone

Al riguardo, il luogo dove il ricorrente esercitava la propria attivita’ era posto al centro della cd. movida reatina estiva, si’ che appariva inverosimile che la sola attivita’ di somministrazione ai tavoli, condotta sull’area golenale del fiume (OMISSIS), fosse tale da provocare addirittura un inquinamento acustico, a fronte delle diverse centinaia, se non migliaia di persone che ivi si assembravano, e della presenza di altri esercizi commerciali in tesi ancor piu’ rumorosi per tipologia di clientela e carenza di spazi interni.
In particolare, quanto alla zonizzazione acustica, il locale doveva rientrare nella classe III concernente aree di tipo misto, ossia aree urbane interessate da traffico veicolare locale o di attraversamento con media densita’ di popolazione, con presenza di attivita’ commerciali, uffici, con limitata presenza di attivita’ artigianali e con assenza di attivita’ industriali. In tal senso, ed anche per merito dell’attivita’ del pub e della solidarieta’ ricevuta da parte di privati e di commercianti, era emersa evidente la necessita’ di rivedere il vigente piano di zonizzazione acustica del Comune di (OMISSIS), tenuto conto dell’effettiva destinazione dell’area lungo il fiume (OMISSIS), dove appunto insistevano le attivita’ legate agli assembramenti serali.
In realta’ vi era una congerie di fonti acustiche, idonee a disturbare il riposo e le occupazioni delle persone, estranee all’attivita’ del pub del ricorrente, come era emerso nel corso dei rilievi, che non avevano mai individuato il differenziale acustico relativo all’attivita’ commerciale. Ne’ era stata determinata la base di calcolo per evidenziare il dato differenziale, tenuto conto che il limite di tollerabilita’ delle immissioni rumorose era sempre relativo alla situazione ambientale, variabile da luogo a luogo.
In realta’ non era stata operata mappatura acustica della zona, e non erano state compiute rilevazioni in occasione della chiusura del locale. Dette misurazioni, operate dal consulente di parte, avevano dato conto dell’esistenza di zona fortemente antropizzata e il livello medio di emissione era superiore a quanto previsto dall’esistente zonizzazione acustica, palesemente dovuto al rumore antropico derivante dalla moltitudine di persone che affollavano la zona nel periodo estivo. Tant’e’ che tutti i testimoni, fatta eccezione della parte civile e del cognato della compagna, avevano escluso di avere ricevuto disturbo dall’attivita’ del pub, frequentato da persona adulte per un aperitivo.
2.3. Col terzo motivo, in riferimento a tutte le attivita’ comunque poste in essere dal ricorrente per venire incontro alle esigenze della parte civile, anche tramite l’installazione di doppi vetri ed impianto di condizionamento, era stato in tal modo documentato l’esercizio del potere di controllo da parte dell’imputato, mentre l’idoneita’ del rumore avrebbe dovuto essere accertato indistintamente e indipendentemente dalla singola eventuale lesione, essendo stato invece accertata dai testimoni l’irrilevanza, al riguardo, dell’apertura ovvero. della chiusura del locale, trattandosi della zona piu’ frequentata della citta’.
2.4. Col quarto motivo infine e’ stata censurata l’ordinanza del 5 ottobre 2020 in forza della quale il Tribunale aveva inteso genericamente ritenere la superfluita’ degli ulteriori testi in precedenza ammessi, consistenti in altri abitanti della zona, frequentatori del locale ovvero gestori altre attivita’ esistenti nei pressi.
3. Il Procuratore generale ha concluso nel senso del rigetto del ricorso.
4. La parte civile ha depositato memoria insistendo per il rigetto ovvero per l’inammissibilita’ del ricorso.

 

Reato di disturbo delle occupazioni e del riposo delle persone

CONSIDERATO IN DIRITTO

5. Il ricorso e’ infondato.
5.1. In ordine al primo motivo di impugnazione, questa Corte di legittimita’ proprio in fattispecie pressoche’ sovrapponibile – ha avuto modo di osservare che l’effettiva idoneita’ delle emissioni sonore ad arrecare pregiudizio ad un numero indeterminato di persone costituisce un accertamento di fatto rimesso all’apprezzamento del giudice di merito, il quale non e’ tenuto a basarsi esclusivamente sull’espletamento di specifiche indagini tecniche, ben potendo fondare il proprio convincimento su altri elementi probatori in grado di dimostrare la sussistenza di un fenomeno in grado di arrecare oggettivamente disturbo della pubblica quiete (Sez. 3, n. 11031 del 05/02/2015, Montoli e altro, Rv. 263433).
Cio’ posto, in realta’ il primo Giudice ha dato seguito ad indagini tecniche proprio in ragione degli esiti incerti dell’indagine istruttoria testimoniale, che si era risolta in definitiva nella contrapposizione tra le deposizioni rese dai testi rispettivamente introdotti dalle parti e nell’originaria conflittualita’ esistente tra parte civile ed imputato (si’ da avere reso impraticabile ogni ipotesi di bonaria definizione della vicenda, v. anche infra).
Al riguardo, pertanto, alcuna indebita modifica dell’ipotesi di accusa risulta intervenuta nel corso del giudizio.
5.2. In ordine poi al secondo motivo di doglianza, e’ nozione comune che, in tema di giudizio di cassazione, sono precluse al giudice di legittimita’ la rilettura degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione impugnata e l’autonoma adozione di nuovi e diversi parametri di ricostruzione e valutazione dei fatti, indicati dal ricorrente come maggiormente plausibili o dotati di una migliore capacita’ esplicativa rispetto a quelli adottati dal giudice del merito (ex multis, Sez. 6, n. 5465 del 04/11/2020, dep. 2021, F., Rv. 280601).

 

Reato di disturbo delle occupazioni e del riposo delle persone

Del pari, e’ stato ricordato dalla parte civile nella memoria conclusiva che resta non deducibile nel giudizio di legittimita’ il travisamento del fatto, stante la preclusione per la Corte di cassazione di sovrapporre la propria valutazione delle risultanze processuali a quella compiuta nei precedenti gradi di merito, per cui era stato ritenuto inammissibile il ricorso volto a sindacare proprio l’accertamento di fatto compiuto dal giudice di merito circa la diffusivita’ delle emissioni sonore e la loro idoneita’ ad arrecare disturbo ad un numero indeterminato di persone, in relazione al reato di cui all’articolo 659 c.p. (Sez. 3, n. 18521 del 11/01/2018, Ferri, Rv. 273217).
Al riguardo, da un lato va osservato che in effetti la sentenza impugnata quasi interamente costruita sulla trasposizione delle dichiarazioni del tecnico incaricato dei rilievi dell’Arpa – ha dato ampio conto degli esiti degli accertamenti, nonche’ della situazione dei luoghi e della manifesta rumorosita’ dell’attivita’ gestita dall’odierno ricorrente in relazione al vociare e agli schiamazzi provenienti dall’esercizio, che in definitiva si poneva come unica fonte del disagio per la parte civile ma non solo per questa, come e’ emerso dall’istruttoria orale e dalle stesse dichiarazioni del ricorrente, che aveva evocato anche una raccolta di firme organizzata contro di lui e la sua attivita’ commerciale.
In tal senso, e’ nozione ribadita che per la configurabilita’ della contravvenzione di cui all’articolo 659 c.p., non sono necessarie ne’ la vastita’ dell’area interessata dalle emissioni sonore, ne’ il disturbo di un numero rilevante di persone, essendo sufficiente che il disturbo venga arrecato a un gruppo indeterminato di persone e non solo a un singolo, anche se raccolte in un ambito ristretto, come, ad esempio in un condominio (cfr. Sez. 1, n. 45616 del 14/10/2013, Virgillito, Rv. 257345). In proposito le conclusioni complessivamente tratte dal Tribunale non possono ritenersi illogiche, laddove in definitiva e’ stato dato atto che anche i testi introdotti dalla difesa non hanno in realta’ negato i rumori, limitandosi a ricondurli alle altre e diverse attivita’ commerciali che nella zona – deputata in qualche modo alla movida reatina – si affacciavano. Dette valutazioni, peraltro, sono state smentite dalle risultanze degli accertamenti tecnici, che hanno dato conto della maggiore distanza di tali attivita’ e quindi della loro sostanziale ininfluenza rispetto all’immobile occupato dalla parte civile. Tant’e’ che la sentenza impugnata – contrariamente ai rilievi del ricorrente – ha parimenti ricordato come le misurazioni effettuate in momenti o periodi di chiusura del pub dell’imputato avevano fornito esiti del tutto opposti.
5.2.1. Ne’ rilevano, per quanto di interesse, le considerazioni del ricorrente circa una diversa classificazione dell’area ai fini acustici, atteso che esse si sono limitate ad un auspicio futuro, legato alla destinazione della zona all’animazione e al divertimento serali nella citta’ di (OMISSIS).

 

Reato di disturbo delle occupazioni e del riposo delle persone

5.3. Del pari, quanto al terzo motivo di censura, e’ stato gia’ ribadito da questa Corte che risponde del reato di disturbo delle occupazioni e del riposo delle persone il gestore di un pubblico esercizio che non impedisca i continui schiamazzi provocati dagli avventori in sosta davanti al locale anche nelle ore notturne, essendogli imposto l’obbligo giuridico di controllare, anche con ricorso allo ius excludendi o all’Autorita’, che la frequenza del locale da parte degli utenti non sfoci in condotte contrastanti con le norme poste a tutela dell’ordine e della tranquillita’ pubblica (Sez. 3, n. 14750 del 22/01/2020, Comelli, Rv. 279381). In proposito, preso atto altresi’ della totale indisponibilita’ della parte civile ad accettare soluzioni di compromesso che la coinvolgessero (atteggiamento che ha espressamente indotto il primo Giudice a particolare moderazione nel trattamento sanzionatorio e nella definizione delle statuizioni civili), incombeva semmai comunque all’odierno ricorrente assumere autonome adeguate iniziative per adempiere all’obbligo di controllo della propria clientela, e dette iniziative si sono concretizzate con la posa di ombrelloni che in qualche modo avrebbero dovuto separare l’area dell’esercizio pubblico dall’appartamento della parte civile, che ivi si affacciava.
Non illogicamente siffatta condotta non e’ stata ritenuta esimente, al pari dei blandi richiami alla moderazione rivolti alla clientela piu’ rumorosa. Tant’e’ che comunque il ricorrente risulta essere stato sanzionato anche in via amministrativa.
5.4. In relazione infine al quarto motivo di censura, va osservato, con rilievo all’evidenza assorbente, che la revoca dell’ordinanza ammissiva di testi della difesa, resa in difetto di motivazione sulla superfluita’ della prova, produce una nullita’ di ordine generale che deve essere immediatamente dedotta dalla parte presente, ai sensi dell’articolo 182 c.p.p., comma 2, con la conseguenza che, in caso contrario, essa e’ sanata (Sez. 6, n. 53823 del 05/10/2017, D. M., Rv. 271732). In specie, come e’ stato correttamente rilevato dalla parte civile nella memoria di conclusioni, alcuna eccezione risulta essere stata in effetti sollevata in proposito all’udienza istruttoria, come si evince dalla lettura del verbale del Tribunale (cui questa Corte ha avuto accesso in ragione della natura processuale della questione).
5.4.1. In ogni caso, per vero il Giudice – senza suscitare reazioni processuali – aveva comunque ritenuto la superfluita’ della prova assumendo che le deposizioni dei restanti testi della difesa riguardavano i medesimi capitoli di prova.

 

Reato di disturbo delle occupazioni e del riposo delle persone

A fronte di cio’, la violazione del diritto di difesa, sub specie di mancata ammissione delle prove dedotte, esige che ne sia precisata la portata indicando specificamente le prove che l’imputato non ha potuto assumere e le ragioni della loro rilevanza ai fini della decisione nel contesto processuale di riferimento, considerato che il diritto dell’imputato di difendersi citando e facendo esaminare i propri testi trova un limite nel potere del giudice di escludere le prove superflue ed irrilevanti, ex articolo 495 c.p.p. (Sez. 5, n. 10425 del 28/10/2015, dep. 2016, Lanzafame, Rv. 267559).
In definitiva, il ricorrente – anche a tacere dell’assorbente rilievo processuale – non ha comunque neppure specificato l’apporto probatorio che sarebbe stato arrecato dai testi non ammessi in quanto superflui, limitandosi ad affermare, in maniera all’evidenza apodittica, che l’emersione definitiva dei fatti avrebbe comportato una pronuncia di assoluzione per insussistenza del fatto.
5.5. Anche l’ultima doglianza proposta, pertanto, non appare meritevole di accoglimento.
6. Alla stregua di quanto precede, pertanto, l’impugnazione deve ritenersi complessivamente infondata sotto tutti i profili, col conseguente rigetto del ricorso.
Ne deriva quindi la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e alla rifusione delle spese di rappresentanza e difesa sostenute nel presente giudizio dalla parte civile, liquidate nei termini di cui al dispositivo.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali. Condanna, inoltre, l’imputato alla rifusione delle spese di rappresentanza e difesa sostenute nel presente giudizio dalla parte civile che liquida in complessivi Euro 3000, oltre accessori di legge.

 

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