Reati contro la libertà sessuale

Corte di Cassazione, penale, Sentenza|7 ottobre 2021| n. 36323.

In tema di reati contro la libertà sessuale, l’estensione del regime della procedibilità d’ufficio ex art. 609-septies, comma quarto, n. 4, cod. pen. ai delitti connessi con altri per cui sia prevista tale forma di procedibilità opera anche qualora l’accertamento del fatto integrante il delitto procedibile d’ufficio sia avvenuto ai soli effetti civili, non potendosene, in tal caso, escludere la rilevanza giuridica per ogni effetto diverso dalla punizione del responsabile.

Sentenza|7 ottobre 2021| n. 36323. Reati contro la libertà sessuale

Data udienza 26 maggio 2021

Integrale

Tag – parola: Atti sessuali violenti – Lesioni personali in danno del coniuge – Condanna – Appello – Riforma sentenza assolutoria di primo grado – Diverso apprezzamento prova dichiarativa decisiva – Rinnovazione istruttoria dibattimentale

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ROSI Elisabetta – Presidente

Dott. CERRONI Claudio – Consigliere

Dott. ANDREAZZA Gastone – rel. Consigliere

Dott. GAI Emanuela – Consigliere

Dott. MACRI’ Ubalda – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
(OMISSIS), nato il (OMISSIS);
Avverso la sentenza del 07/07/2020 della Corte d’appello di Brescia;
Visti gli atti il provvedimento impugnato e il ricorso;
Udita la relazione svolta dal consigliere Dott. Gastone Andreazza;
lette le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Dott. MANUALI VALENTINA, che ha chiesto il rigetto del ricorso;
Ricorso trattato Decreto Legge n. 137 del 2020, ex articolo 23.

Reati contro la libertà sessuale

RITENUTO IN FATTO

1. (OMISSIS) ha proposto ricorso avverso la sentenza con cui la Corte d’Appello di Brescia, in parziale riforma della sentenza del Tribunale di Brescia del 29/11/2018, ha dichiarato lo stesso responsabile, ai soli fini civili, dei reati di cui all’articolo 572 c.p. (capo a), 609-bis e 609-ter n. 5 quater (capi b e c) c.p. confermando inoltre la condanna per il reato di lesioni personali volontarie di cui agli articoli 582, 585 c.p., articolo 577 c.p., comma 2, e articolo 576 c.p., n. 5 (capo d) in relazione a condotte tutte poste in essere nei confronti della moglie (OMISSIS).
2. Con un primo motivo ha lamentato la violazione dell’articolo 603 c.p.p., comma 3 bis, avendo la Corte proceduto a rinnovare l’istruzione dibattimentale a fronte del solo appello della parte civile e in difformita’, quindi, rispetto alla norma riferita al solo appello del Pubblico Ministero.
3. Con un secondo motivo lamenta la violazione dell’articolo 603 c.p.p., comma 3 bis, e vizio motivazionale non avendo la Corte motivato in alcun modo in ordine ai presupposti e alle ragioni della rinnovazione disposta.
4. Con un terzo motivo lamenta violazione di legge, vizio motivazionale e travisamento della prova in ordine alla ritenuta attendibilita’ della persona offesa.
Il motivo ripercorre alcuni aspetti delle dichiarazioni della persona offesa rivelatori invece della pretesa inattendibilita’ e sui quali la sentenza non avrebbe offerto logiche spiegazioni (segnatamente: la collocazione dell’inizio dei maltrattamenti addirittura all’anno (OMISSIS), la volonta’ del marito di avere rapporti sessuali ogni giorno, il tempo di un anno intercorso per presentare querela per il reato sub b), la avvenuta e inverosimile quantificazione dei guadagni del marito in ben 2.300 Euro al mese; la mancata dimostrazione delle lesioni subite; la descrizione del marito come padre assente, in contrasto anche con le relazioni dei servizi sociali; l’addebitato distacco delle utenze di casa alla preordinata volonta’ del marito, in realta’ riferibile al cambio delle intestazioni o a problemi economici; la riferita mancanza di liquidita’ proprie, in realta’ emerse dall’istruzione; la intervenuta negazione, smentita dai carabinieri, del fatto che presso la sua abitazione, la cui finestra era stata lasciata aperta, sia stato una sera rinvenuto un uomo; il fatto di non avere mai raccontato ai carabinieri nulla circa le aggressioni subite, riferendo i maltrattamenti subiti ai soli sanitari del pronto soccorso; il mancato allontanamento da casa pur dopo la pretesa violenza sessuale subita; il mancato rilievo da parte del ginecologo della donna di segni rivelatori di rapporti sessuali che, secondo la persona offesa, sarebbero sempre stati a lei imposti; le dichiarazioni contraddittorie in ordine alla privazione da parte del marito di mezzi necessari al pagamento delle spese per la famiglia); ne’ avrebbe logicamente motivato in ordine al preteso riscontro offerto da dati oggettivi non avendo i figli mai espresso preferenza per uno o l’altro dei genitori e anzi avendo la figlia (OMISSIS) affermato che gli stessi si picchiavano ed incolpavano reciprocamente; avendo la sola teste (OMISSIS) parlato di maltrattamenti subiti dalla donna, tuttavia rivelatasi inattendibile perche’ in contrasto con le stesse dichiarazioni della persona offesa (in ordine alla mancanza di un lavoro, e al fatto di dovere indossare sempre il velo) e avendo i testi (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS) ridimensionato alcuni fatti. La sentenza non avrebbe nemmeno considerato adeguatamente le dichiarazioni dell’imputato, tutte nel segno della sua preoccupazione per le condizioni economiche della famiglia e anche per la salute della moglie, ricoverata in ospedale. Deduce inoltre la contraddittorieta’ di quanto affermato dalla sentenza in ordine alle ragioni della tardivita’ e difficolta’ della donna nel denunciare la situazione a causa delle sue origini musulmane e della difficolta’ a relazionarsi esternamente, quando, invece, sarebbe risultata la sua assoluta volonta’ di emancipazione e autonomia.

 

Reati contro la libertà sessuale

Non dovrebbe inoltre sottovalutarsi ne’ che la tentata violenza sessuale sarebbe avvenuta appena dopo il litigio tra i coniugi per la casa in (OMISSIS), ne’ che i due pugni sul volto sarebbero stati dati dopo che la donna aveva ” deciso di separarsi.
5. Con un quarto motivo lamenta la violazione di legge e il vizio di motivazione in ordine alla ritenuta sussistenza dell’abitualita’ del reato di maltrattamenti avendo la donna riferito di tre episodi avvenuti dal (OMISSIS) al (OMISSIS), ed anzi dal (OMISSIS); e’ inoltre emerso che la stessa avrebbe lavorato dal (OMISSIS) al (OMISSIS) e che aveva un conto corrente.
6. Con un quinto motivo lamenta la violazione dell’articolo 609-septies c.p., comma 4, e il difetto di motivazione in ordine alla procedibilita’ del reato di violenza sessuale posto che la mera affermazione a fini civili di responsabilita’ per il connesso reato di maltrattamenti, procedibile d’ufficio, si concretizzerebbe solo in un accertamento incidentale di un fatto astrattamente riconducibile alla fattispecie di reato ma non ne determinerebbe la sussistenza agli effetti penali.
7. Con un sesto motivo lamenta la motivazione contraddittoria e illogica con riguardo al reato di lesioni di cui al capo d) a fronte della differente individuazione, nei due gradi di giudizio, dell’occhio che sarebbe stato colpito e con riguardo alla non credibilita’ della dedotta, dall’imputato, autoproduzione del danno per il solo fatto che tale violenza sarebbe stata in linea con la condotta maltrattante denunciata.
8. Con un ultimo motivo, infine, lamenta violazione di legge e vizio di motivazione quanto alla quantificazione della liquidazione del danno in Euro 10.000 senza alcuna giustificazione in merito.
9. Successivamente, la parte civile ha presentato memoria con conclusioni scritte chiedendo la “conferma” della sentenza impugnata e la condanna alla rifusione delle spese di patrocinio da liquidarsi in favore dello Stato.

 

Reati contro la libertà sessuale

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il primo motivo di ricorso, volto a sostenere l’illegittima rinnovazione della istruzione dibattimentale sul presupposto che, successivamente all’introduzione, nel codice di rito penale, dell’articolo 603, comma 3-bis, a tale compito si potrebbe far luogo unicamente a fronte di impugnazione della sentenza assolutoria da parte del pubblico ministero e non anche della parte civile, e’ infondato.
Deve infatti richiamarsi, in proposito, quanto gia’ affermato da questa Corte successivamente alla entrata in vigore della L. n. 103 del 2017, introduttiva appunto del predetto comma 3-bis, nel senso che il giudice di appello che riformi, anche su impugnazione della sola parte civile e ai soli effetti civili, la sentenza assolutoria di primo grado sulla base di un diverso apprezzamento dell’attendibilita’ di una prova dichiarativa ritenuta decisiva, e’ obbligato a rinnovare, anche d’ufficio, l’istruzione dibattimentale, venendo in rilievo la garanzia del giusto processo a favore dell’imputato coinvolto nel procedimento penale, dove i meccanismi e le regole di formazione della prova non conoscono distinzioni a seconda degli interessi in gioco, pur se di natura esclusivamente civilistica (tra le altre, Sez. 5, n. 32854 del 15/4/2019, Gatto, Rv. 277000; Sez. 5, n. 38082 del 4/4/2019, Clemente, Rv. 276933; Sez. 6, n. 12215 del 12/2/2019, Caprara, Rv. 275167). Di qui, dunque, la precisazione che la disposizione dell’articolo 603 c.p.p., comma 3-bis, introdotta dalla L. 23 giugno 2017, n. 103, pur prescrivendo l’obbligo di rinnovazione istruttoria nel giudizio d’appello se celebrato su impugnazione del pubblico ministero, non ha inteso escludere la sussistenza di un identico obbligo nel caso di impugnazione della sola parte civile, corrispondendo tale interpretazione al principio di ragionevolezza delle scelte normative che ispira l’articolo 3 Cost. (Sez.5, n. 15259 del 18/02/2020, Menna, Rv. 279255).

 

Reati contro la libertà sessuale

Va aggiunto che, in ogni caso, ove anche, nella fattispecie di impugnazione della sola parte civile, la rinnovazione non fosse dovuta, non e’ dato vedere quale vizio processuale potrebbe conseguire al fatto che il giudice abbia comunque ritenuto di disporla atteso che, non solo la norma in oggetto non prevederebbe alcuna nullita’ o inutilizzabilita’, ma anche che ben si potrebbe fare riferimento, nella fattispecie in esame, alla piu’ generale facolta’ di rinnovazione di cui all’articolo 603 c.p.p., comma 3.
2. Il secondo motivo e’ inammissibile perche’ manifestamente infondato, emergendo chiaramente dalla sentenza impugnata (vedi pag.16) che la rinnovazione e’ stata effettuata appunto sul presupposto dell’impugnazione della parte civile incentrata su una diversa valutazione delle dichiarazioni della persona offesa, ritenuta in primo grado, infatti, non pienamente attendibile.
3. Quanto al terzo motivo, inerente la motivazione resa dalla Corte sul merito della responsabilita’ dell’imputato, lo stesso e’ inammissibile alla luce della necessaria e preliminare considerazione circa la natura delle doglianze sollevate che, a dispetto della formale indicazione dei vizi motivazionali e di uri travisamento della” prova asseritamente individuabili nella sentenza impugnata, sono in realta’ dirette a sollecitare – a questa Corte una non consentita rilettura del compendio probatorio e a richiedere direttamente una nuova valutazione dello stesso e, in particolare, della credibilita’ della testimone-persona offesa e dell’attendibilita’ delle sue dichiarazioni. Va infatti ribadito che, anche dopo le modifiche dell’articolo 606 c.p.p., lettera e), introdotte dalla L. n. 46 del 2006, il sindacato della Corte di cassazione continua a restare quello di sola legittimita’ si’ che esula dai poteri della stessa quello di una rilettura degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione anche laddove venga prospettata dal ricorrente una diversa e piu’ adeguata valutazione delle risultanze processuali (tra le altre, Sez. 2, n. 23419 del 23/05/(OMISSIS), P.M. in proc. Vignaroli, Rv. 236893 e Sez. 6, n. 25255 del 14/02/2012, Minervini, Rv. 253099).
Ricondotta dunque l’analisi della motivazione della sentenza impugnata all’interno dei confini cognitivi fisiologicamente propri del giudizio di legittimita’, va osservato che la Corte territoriale ha, con argomentazioni del tutto logiche ed esaustive, spiegato le ragioni della ritenuta attendibilita’ delle dichiarazioni della persona offesa, in tal modo offrendo anche, allo stesso tempo, una puntuale e necessaria motivazione “rafforzata”, sia pure ai soli effettivi civili, a fronte della divergente conclusione adottata dal Tribunale quanto in particolare ai reati di cui ai capi a), b) e c) dell’imputazione.

 

Reati contro la libertà sessuale

Infatti, la sentenza impugnata ha, alle pagg. 19 e ss., esposto le ragioni della ritenuta piena attendibilita’ della persona offesa (OMISSIS) sul piano intrinseco nonche’ sul piano degli elementi esterni di conferma e le ragioni, altresi’, della incompletezza, invece, della valutazione da parte del Tribunale della deposizione della persona offesa e degli ulteriori elementi probatori complessivamente disponibili.
La sentenza ha infatti, sotto il primo profilo, rievocato il contenuto della testimonianza della donna in ordine all’intero periodo di convivenza con l’imputato, alle violenze sempre piu’ ingravescenti subite, agli abusi sessuali imposti, alle numerose minacce, agli insulti, e ad altri atti di disprezzo e mortificazione; i giudici hanno qualificato tale racconto come del tutto chiaro, preciso, lineare, costante e scevro da contraddizioni, idoneo a rappresentare non una mera situazione di conflitto coniugale accreditata dall’imputato in sede di esame, e ricondotta a tensioni con la famiglia di origine della moglie, ma un quadro di abituali sofferenze fisiche e morali unilateralmente imposte dal coniuge e passivamente subite, da cui sono derivati avvilimento, sopraffazione ed anche insostenibilita’ della vita coniugale.
Sotto il secondo profilo, ha poi illustrato la erronea valorizzazione, da parte del Tribunale, nel senso della inattendibilita’, della “tardivita’” nella presentazione della querela, logicamente spiegabile; invece, con lo stato di forte paura ed intimidazione in cui la donna versava e di timore circa le possibili reazioni violente dell’uomo, preannuriciatele a piu’ riprese ove ella si fosse risolta alla denuncia, senza potere del resto contare sull’aiuto del padre (considerato invece dal Tribunale) dato che lo stesso si trovava in (OMISSIS); di qui, dunque, la comprensione del perche’ la querela sia stata sporta, allorquando, dopo l’aggressione del (OMISSIS), la coppia non viveva piu’ insieme.

 

Reati contro la libertà sessuale

Anche il rientro a casa pur dopo un tentativo di violenza sessuale e’ stato ricondotto, come del resto gia’ il Tribunale aveva colto, unicamente alla persuasione in tal senso attuata da un amico di famiglia cosi’ come l’indisponibilita’ della donna all’ingresso in una comunita’ protetta e’ stata spiegata con la necessita’ prioritaria di non allontanare i figli dal contesto sociale in cui gli stessi erano cresciuti e si erano integrati.
I giudici dell’appello hanno poi escluso, contrariamente all’assunto del Tribunale, che la donna, la sera del 16/11/2015 in occasione dell’intervento dei carabinieri per due volte, abbia taciuto le violenze subite, risultando invece il contrario dalla relativa annotazione di servizio; cosi’ come la sentenza impugnata ha escluso ogni riverbero del mancato chiarimento della donna circa il proprio rapporto con l’egiziano (OMISSIS) sulla valutazione di attendibilita’, avendo i giudici motivatamente considerato come non provato sia il fatto che l’uomo avesse, con la persona offesa, una relazione sentimentale sia il fatto che questi fosse presente in casa allorquando, il (OMISSIS), era sopraggiunto il marito accompagnato dai carabinieri proprio alla ricerca dell’uomo.
Quanto ai dati oggettivi a riscontro del narrato della donna, la sentenza ha enumerato i racconti dei testi (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS) sulle confidenze ricevute dalla donna o sulla constatata presenza di segni di percosse sull’occhio (risultanti anche da annotazione dei carabinieri e da referto medico).
Ha poi motivatamente escluso che le dichiarazioni della figlia (OMISSIS) o del figlio (OMISSIS) si siano poste in contrasto con tale quadro.
In definitiva, come gia’ osservato in principio, nessuna mancanza di motivazione puo’ essere rilevata nella esposizione argomentata della sentenza impugnata, sottoposta, come gia’ detto, a censura, unicamente al fine di contrapporre ad essa una lettura “alternativa” del compendio probatorio inidonea a sovvertire le conclusioni raggiunte dai giudici.
4. Con riguardo al quarto motivo, volto a contestare la sussistenza del requisito dell’abitualita’ del reato di maltrattamenti di cui al capo a) dell’imputazione, lo stesso e’ inammissibile: a fronte dell’affermazione della sentenza che, a conclusione della rassegna dei fatti cosi’ come esposti dalla persona offesa, ha individuato, come visto sopra, le condotte maltrattanti nelle violenze sempre piu’ ingravescenti subite, negli abusi sessuali imposti, nelle numerose minacce, ed insulti, e in altri atti di disprezzo e mortificazione, il motivo si e’ limitato, da un lato, onde sostenere la non abitualita’ delle condotte, a prendere in esame i soli atti di violenza e, dall’altro, a dedurre, in termini ancora una volta non compatibili con il giudizio di legittimita’, questioni inerenti l’aspetto fattuale-probatorio (segnatamente, la mancata prova della privazione del reddito e di penose condizioni di vita).

 

Reati contro la libertà sessuale

5. Il quinto motivo, con cui si pretende che la affermazione ai soli fini civili della responsabilita’ per il reato di maltrattamenti, procedibile d’ufficio, non potrebbe concretare il presupposto affinche’, a norma dell’articolo 609-septies c.p.p., comma 4, n. 4) il connesso reato sessuale, per cui e’ difettata tempestiva querela, divenga anch’esso procedibile d’ufficio, e’ infondato.
Va ricordato che, per consolidato orientamento di questa Corte, una volta verificatosi l’effetto attrattivo del reato perseguibile d’ufficio su quello perseguibile a querela di parte, essa permane per tutta la durata del rapporto processuale si’ che l’estensione del regime della perseguibilita’ di ufficio ai delitti di violenza sessuale, prevista dall’articolo 609-septies c.p., comma 4, n. 4, viene meno solo a seguito dell’accertamento della insussistenza del fatto di cui alla imputazione per il reato connesso, mentre ogni altra formula di proscioglimento non fa venire meno la perseguibilita’ di ufficio del predetto reato sessuale (tra le altre, Sez. 3, n. 56666 del 21/09/2018, P., Rv. 274677) non potendosi in tali casi escludersi la sopravvivenza del reato stesso come fatto storico e come fatto giuridico per ogni possibile effetto che non sia quello della punizione (Sez. 3, n. 17070 del 31/01/2019, B., Rv.275943).
Ora, nella specie, sebbene agli effetti penali l’accertamento della insussistenza del “reato” di maltrattamenti sia passato in giudicato (giacche’ il Pubblico Ministero non ha impugnato la sentenza di assoluzione), il corrispondente fatto ha continuato ad essere posto in discussione agli effetti civili in forza dell’atto di appello della parte civile tanto che la Corte territoriale ha, in definitiva, accertato, sia pure appunto agli effetti solo civili, la sussistenza del “fatto” di maltrattamenti, cio’ bastando al fine di ritenere che la connessione processuale abbia continuato a persistere; da qui discende, dunque, la procedibilita’ d’ufficio del reato di cui all’articolo 609 bis c.p. (per il quale, peraltro, parimenti, la condanna resta su un piano meramente civile).

 

Reati contro la libertà sessuale

6. Il sesto motivo con cui si contesta la statuizione di conferma della pronuncia di condanna per il reato di lesioni personali di cui al capo d) dell’imputazione, e’ anch’esso inammissibile.
In particolare, i profili di criticita’ sollevati col motivo sono stati infatti affrontati e risolti dalla Corte territoriale in termini logicamente motivati.
E cio’, sia con riguardo alla denunciata difformita’ nelle dichiarazioni della donna in ordine all’occhio (se destro o sinistro) colpito, sia con riguardo alla non considerata versione dell’imputato circa l’autoproduzione della lesione da parte della stessa donna.
Quanto al primo profilo, infatti, la Corte ha sottolineato come, sin dal momento di denuncia del fatto ai Carabinieri intervenuti a casa della coppia la sera del (OMISSIS), l’occhio costantemente indicato come colpito sia sempre stato il destro; si’ che, considerato che agli stessi carabinieri venne da lei mostrato un gonfiore allo zigomo destro e che nel referto di pronto soccorso si e’ dato atto di un “edema periorbitario destro”, logicamente i giudici hanno ricondotto ad un evidente errore l’indicazione, nel solo esame dibattimentale, dell’occhio sinistro.
Quanto al secondo, poi, la sentenza, anche in tal caso con considerazioni del tutto lineari, ha negato credibilita’ alla versione difensiva sul presupposto della evidente illogicita’ di una condotta che, pur potendo limitarsi, per costruire false accuse, all’autoproduzione di una lesione di piu’ limitate conseguenze, sarebbe giunta al punto di attingere un occhio, col rischio di porre in pericolo addirittura la capacita’ visiva.
Il ragionamento della Corte sin qui ricordato non puo’ ritenersi inciso dal motivo di ricorso, che si e’ limitato, in termini gia’ di pe se stessi inammissibili, quanto al secondo profilo, a riproporre la versione alternativa dell’imputato e, quanto al primo, a prefigurare, in termini congetturali, il fatto che la diversa versione della donna circa l’occhio colpito in sede di esame dibattimentale avrebbe dovuto avere il significato di una ritrattazione.
7. Il settimo motivo, proposto in ordine alla liquidazione del danno, quantificato in Euro 10.000 complessivi e’, infine inammissibile per manifesta infondatezza.
Va ricordato che, in tema di liquidazione del danno non patrimoniale, la valutazione del giudice, affidata, come nel caso di specie, ad apprezzamenti discrezionali ed equitativi, e’ censurabile in sede di legittimita’ sotto il profilo del vizio della motivazione, solo se essa difetti totalmente di giustificazione o si discosti macroscopicamente dai dati di comune esperienza o sia radicalmente contraddittoria (Sez. 5, n. 35104 del 22/06/2013, R.C. Istituto Citta’ Studi, Baldini, Rv. 257123).

 

Reati contro la libertà sessuale

Nella specie, invece, la sentenza impugnata ha reputato congruo l’importo di Euro 10.000 sulla base, espressamente, della durata della condotta maltrattante (quattro anni), delle peculiari connotazioni della stessa, estrinsecatasi in gravi minacce, in aggressioni fisiche e ripetuti abusi sessuali subiti anche quando la (OMISSIS) si trovava in condizioni fisiche’ assai precarie e, dunque, fonte di particolare sofferenza.
8. In definitiva, il ricorso deve essere rigettato, con conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali. L’imputato va altresi’ condannato alla rifusione delle spese di rappresentanza e difesa sostenute nel presente giudizio dalla parte civile ammessa al patrocinio a spese dello Stato nella misura da liquidarsi dalla Corte di Appello di Brescia con separato decreto di pagamento ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articoli 82 e 83 disponendosi il pagamento in favore dello Stato.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali. Condanna inoltre l’imputato alla rifusione delle spese di rappresentanza e difesa sostenute nel presente giudizio dalla parte civile ammessa al patrocinio a spese dello Stato nella misura che sara’ liquidata dalla Corte di Appello di Brescia con separato decreto di pagamento ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articoli 82 e 83 disponendo il pagamento in favore dello Stato.
In caso di diffusione del presente provvedimento omettere le generalita’ e gli altri dati identificativi, a norma del Decreto Legislativo n. 196 del 2003, articolo 52 in quanto imposto dalla legge.

 

Reati contro la libertà sessuale

In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.

Per aprire la pagina facebook @avvrenatodisa
Cliccare qui

Leave a Reply

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *