Corte di Cassazione, civile, Ordinanza|28 settembre 2021| n. 26239.
Rappresentanza della società e limitazioni dei poteri rappresentativi.
Ai fini dell’opponibilità al terzo contraente delle limitazioni dei poteri di rappresentanza degli organi di società di capitali, la normativa vigente (cfr., artt. 2384, comma 2, e 2475-bis, comma 2, cod. civ.) richiede non già la mera conoscenza della esistenza di tali limitazioni da parte del terzo, ma altresì la sussistenza di un accordo fraudolento o, quanto meno, la consapevolezza di una stipulazione potenzialmente generatrice di danno per la società. In applicazione dei principi di diritto comune (art. 2697 cod. civ.), come pure confermati dal contenuto normativo delle richiamate disposizioni, l’onere della prova della effettiva esistenza di un accordo fraudolento, ovvero della consapevolezza di una stipulazione potenzialmente generatrice di danno, viene a incombere sul soggetto che intende predicare l’opponibilità del vizio al terzo e l’inefficacia dell’atto.
Ordinanza|28 settembre 2021| n. 26239. Rappresentanza della società e limitazioni dei poteri rappresentativi
Data udienza 23 marzo 2021
Integrale
Tag/parola chiave: Società di capitali – Amministratori – Rappresentanza della società – Limitazioni dei poteri rappresentativi – Condizioni e limiti – Accordo fraudolento o comportamento diretto a danneggiare la società – Necessità – Prova relativa – Soggetto onerato – Fattispecie relativa a fideiussione prestata da una s.r.l. a favore di s.n.c.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
SOTTOSEZIONE 1
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. FERRO Massimo – Presidente
Dott. DI MARZIO Mauro – Consigliere
Dott. TRICOMI Laura – Consigliere
Dott. TERRUSI Francesco – Consigliere
Dott. DOLMETTA Aldo Angelo – rel. Consigliere
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 17805-2018 proposto da:
(OMISSIS) SRL, in persona dell’Amministratore Unico pro tempore, elettivamente domiciliata presso la cancelleria della CORTE DI CASSAZIONE, PIAZZA CAVOUR, ROMA, rappresentata e difesa dall’Avvocato (OMISSIS);
– ricorrente –
contro
(OMISSIS) SPA, in persona del Procuratore Speciale pro tempore, elettivamente domiciliato in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato (OMISSIS);
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 766/2018 della CORTE D’APPELLO di VENEZIA, depositata il 29/03/2018;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata del 23/03/2021 dal Consigliere Relatore Dott. DOLMETTA ALDO ANGELO.
Rappresentanza della società e limitazioni dei poteri rappresentativi
FATTI DI CAUSA
1.- Nell’ottobre del 2010, la s.r.l. (OMISSIS) ha proposto opposizione avverso il decreto ingiuntivo emesso, dietro ricorso della s.p.a. (OMISSIS), dal Tribunale di Vicenza per il pagamento di una determinata somma di danaro, quale fideiussore della s.a.s. (OMISSIS).
Con sentenza depositata nel dicembre 2016, il Tribunale ha rigettato l’opposizione.
2.- Avverso questa pronuncia ha presentato appello la societa’ (OMISSIS). La Corte di Appello di Venezia ha respinto l’impugnazione, con sentenza depositata in data 29 marzo 2018.
3.- A fronte delle contestazioni mosse dalla societa’ appellante, la Corte di Venezia ha rilevato che, “ai fini dell’opponibilita’ al terzo contraente delle limitazioni dei poteri di rappresentanza degli organi di societa’ di capitali, l’articolo 2384 c.c., comma 2, e l’articolo 2475 bis c.c., comma 2, richiedono non gia’ la mera conoscenza della esistenza di tali limitazioni da parte del terzo, ma altresi’ la sussistenza di un accordo fraudolento o, quanto meno, la consapevolezza di una stipulazione potenzialmente generatrice di danno per la societa’”.
“Come emerge dal loro stesso tenore testuale e anche dalla ratio a essi sottesa (che e’ quella di privilegiare la tutela della sicurezza e della rapidita’ delle contrattazioni), non basta provare la malafede del terzo per contestare utilmente l’efficacia e la validita’ dell’atto posto in essere dal rappresentante nei confronti dello stesso terzo”. “Non basta la mera conoscenza effettiva, da parte del terzo, dell’esistenza di limitazioni alla rappresentanza: occorre un “accordo fraudolento o, comunque, un comportamento teso a danneggiare la societa’; e’ necessario cioe’ dimostrare, quanto meno, che la finalita’ perseguita dall’agente si sia realizzata attraverso una stipulazione potenzialmente generatrice di danno per la societa’”.
Nel caso concreto – ha proseguito il giudice del merito -, “deve escludersi che dalle risultanze processuali sia emersa la prova del dolo della banca ossia che questa abbia agito con il consapevole intendimento di stipulare con l’amministratore privo di potere atti suscettibili di provocare un danno alla societa’”.
La societa’ debitrice principale e la societa’ garante “erano composte dagli stessi soci”: tra loro “legati da uno stretto vincolo di parentela”; e ricoprenti “ciascuno il ruolo di amministratore in ognuna di esse”. Gia’ in precedenza (OMISSIS), del resto, aveva rilasciato garanzie nell’interesse di Marmi La Precisa a favore di altri istituti (“sia pure nella vigenza di una diversa previsione statutaria, che prevedeva la possibilita’ di rilasciare garanzie senza liimitazione a favore di terzi”) per importi considerevoli. La societa’ garantita, inoltre, svolgeva la propria attivita’ di lavorazione di marmi e graniti in un “fabbricato concessole in locazione dal 1991 dalla societa’ fideiubente, nel cui oggetto sociale rientra anche la locazione di immobili di qualsiasi tipo e le lavorazioni, anche affidate a terzi, di marmi e graniti.
Posti questi dati – ha concluso la pronuncia – la “fideiussione prestata in favore dell’una societa’ all’altra poteva percio’ legittimamente ritenersi preordinata al soddisfacimento economico della societa’ fideiubente e congruente con gli scopi sociali di quest’ultima”.
4.- Avverso questo provvedimento la s.r.l. (OMISSIS) ricorre per cassazione, svolgendo due motivi.
Resiste, con controricorso, la s.p.a (OMISSIS).
5.- Entrambe le parti hanno anche depositato memoria.
Rappresentanza della società e limitazioni dei poteri rappresentativi
RAGIONI DELLA DECISIONE
6.- I motivi di ricorso sono intestati nei termini che qui di seguito vengono riportati.
Primo motivo: “violazione e falsa applicazione delle norme degli articoli 2384 e 2475 bis c.c. in relazione all’articolo 2380 bis c.c.”.
Secondo motivo: “nullita’ della sentenza impugnata per violazione dell’articolo 132 c.p.c., n. 4, mancando la esposizione delle ragioni di fatto e di diritto su cui la decisione sarebbe fondata”.
7.- Il primo motivo di ricorso sostiene che “nessuna indagine e’ stata svolta dai giudici del merito in ordine a tale stretta strumentalita’ tra fideiussione e conseguimento dell’oggetto sociale; di piu’ nessuna affermazione si rinviene nella sentenza impugnata a giustificazione della coerenza della fideiussione con l’oggetto sociale di (OMISSIS)”. Il motivo aggiunge che “detta limitazione era ben nota a Banco Desio (circostanza incontroversa), in possesso dello statuto di (OMISSIS).
Tutto questo per affermare che, nella specie, la “prova dell’intenzionale agire dei terzi in danno alla societa’” – come occorrente “perche’ possa determinarsi, oltre alla responsabilita’ degli amministratori verso la societa’, anche un riflesso negativo dell’atto per i terzi – “e’ stata senza dubbio raggiunta”.
“Si tratta di un negozio unilaterale, nel quale il solo fideiussore assume, nell’interesse di un terzo, obbligazioni verso un soggetto creditore”: lo stesso, quindi, “si presume dannoso”. Del resto, “la presunzione di dannosita’ della fideiussione e’ sempre alla base anche della qualificazione della stessa quale atto a titolo gratuito ai fini della revocatoria fallimentare”.
“Il rilascio della fideiussione costitui'” – cosi’ si conclude – “un atto che, a scapito di (OMISSIS), ha determinato vantaggi per il solo (OMISSIS).
9.- Il motivo non puo’ essere accolto.
Secondo la giurisprudenza di questa Corte, “ai fini dell’opponibilita’ al terzo contraente delle limitazioni dei poteri di rappresentanza degli organi di societa’ di capitali”, la normativa vigente “richiede non gia’ la mera conoscenza della esistenza di tali limitazioni da parte del terzo, ma altresi’ la sussistenza di un accordo fraudolento o, quanto meno, la consapevolezza di una stipulazione potenzialmente generatrice di danno per la societa’” (Cass., 26 marzo 2009, n. 7293).
Stando ai principi di diritto comune (articolo 2697 c.c.), come pure confermati dal contenuto normativo dell’articolo 2475 bis c.c., l’onere della prova della effettiva esistenza di un accordo fraudolento, ovvero della consapevolezza di una stipulazione potenzialmente generatrice di danno, viene a incombere sul soggetto che intende predicare l’opponibilita’ del vizio al terzo e l’inefficacia dell’atto.
10.- A supporto della propria tesi, per cui la limitazione dei poteri dell’amministratore (OMISSIS) nella specie comportava l’inefficacia della fideiussione, il ricorrente dichiara che la fideiussione e’ negozio che “si presume dannoso”.
Ora, il ricorrente non specifica, per la verita’, se con tale formula intenda affermare che la fideiussione e’ intrinsecamente, e inevitabilmente, dannosa o se e’ invece da ammettere la possibilita’ di una prova contraria (non aiuta la comprensione il richiamo che il ricorso fa, in proposito, alla norma della L. Fall., articolo 64; del resto, la fideiussione ben puo’ essere prestata a titolo oneroso, come riscontra ad esempio Cass. 24 febbraio 2004, n. 3615 e secondo quanto caratteristicamente avviene nell’attivita’ imprenditoriale del c.d. credito di firma).
E’ chiaro comunque che la tesi cosi’ enucleata verrebbe a svuotare (se non in toto, per grandissima parte) di significato normativo – per la materia appunto della prestazione di garanzie personali – la prescrizione dell’articolo 2475 bis c.c., comma 2, per cui l’opponibilita’ al terzo contraente della limitazione della rappresentanza dipende dall’avere quest’ultimo “agito intenzionalmente a danno”.
Prima ancora, pero’, la tesi viene a contraddire la stessa prescrizione normativa in discorso: al requisito dell’agire intenzionalmente dannoso del terzo sostituendosi, in tal modo, quello del danno in se’ per una certa tipologia di operazioni negoziali (quale, nella specie, quella del contratto di fideiussione); e cosi’ sopprimendosi, tra le altre cose, pure il profilo dell'”intenzionalita’” dell’azione del terzo, che la norma per contro prescrive in modo espresso.
11.- E’ vero che la fideiussione – per sua propria natura espone chi la presta a un rischio tipico (quello, naturalmente, di non riuscire a recuperare le somme sborsate al creditore garantito dal debitore, quale soggetto istituzionalmente tenuto, invece, a sopportare la perdita patrimoniale corrispondente al debito assunto).
In quanto connaturato al contratto di fideiussione, tuttavia, questo aspetto (di tipica esposizione del fideiussore al rischio del mancato rientro) si pone su un piano affatto diverso da quello che viene a rilevare nel contesto della norma dell’articolo 2475 bis c.c. La prospettiva adottata da quest’ultima disposizione, infatti, attiene propriamente – come assicura, se non altro, l’adozione dell’avverbio “intenzionalmente” – alle caratteristiche della fattispecie concreta che, volta per volta, sia presa in specifica considerazione.
Di conseguenza, una simile prospettiva viene a richiedere una valutazione calata nel concreto e intesa a radunare i vari dati presenti secondo la complessiva loro articolazione (e di cui, quindi, l’eventuale prestazione di una fideiussione si pone semplicemente come uno degli elementi da prendere in esame).
12.- Il secondo motivo di ricorso assume vizio di motivazione apparente: la pronuncia della Corte veneziana non da’ “alcuna spiegazione del modo in cui la fideiussione in questione poteva soddisfare un interesse economico o contribuire allo svolgimento dell’attivita’ di (OMISSIS)”.
13.- Il motivo non puo’ essere accolto.
Esso, infatti, non si confronta con la ratio decidendi adottata dalla sentenza impugnata. Che ha ampiamente indicato le interrelazioni correnti tra la societa’ che ha prestato la fideiussione e la societa’ debitrice principale: da quelli concernenti alle rispettive compagini sociali a quelli attinenti allo svolgimento delle relative imprese sociali (cfr., in particolare, la notazione inerente alla locazione del fabbricato e alla lavorazione di marmo e granito anche a mezzo terzi).
14.- In conclusione, il ricorso va rigettato.
Le spese seguono la regola della soccombenza e si liquidano in dispositivo.
P.Q.M.
La Corte respinge il ricorso.
Condanna il ricorrente al pagamento, in favore della parte controricorrente, delle spese sostenute per questo giudizio di legittimita’, liquidate in complessivi Euro 7.500,00 (di cui Euro 100,00, per esborsi), oltre alle spese forfettarie nella misura del 15% e agli accessori di legge.
Da’ atto, ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1 quater, che sussistono i presupposti per il versamento, a carico della parte ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto, ove dovuto, per il ricorso a norma dello stesso articolo 13, comma 1 bis.
In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.
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