La ragione ostativa al rilascio di DURC regolari

Consiglio di Stato, sezione terza, Sentenza 9 aprile 2019, n. 2318.

La massima estrapolata:

La ragione ostativa al rilascio di DURC regolari ben può consistere anche nel solo mancato adempimento degli obblighi di presentazione delle denunce periodiche perché tale inadempimento, di per sé, integra violazione contributiva grave, a prescindere dal fatto che, in conseguenza della mancata presentazione delle denunce, sia stato omesso il versamento di contributi per importi inferiori all’importo-soglia di cui all’art. 3, comma 3, D.M. 30 gennaio 2015.

Sentenza 9 aprile 2019, n. 2318

Data udienza 19 marzo 2019

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale
Sezione Terza
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 9466 del 2018, proposto da proposto da Ca. So. Co. In. (ora AC. Società Cooperativa Sociale Integrata), in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’Avvocato An. Cl., dall’Avvocato Gi. Pi. e dall’Avvocato Ma. Or., con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e con domicilio eletto presso lo studio Ma. Or. in Roma, via (…);
contro
Commissario ad acta per il Piano di rientro dal disavanzo sanitario della Regione Lazio, rappresentato e difeso ex lege dall’Avvocatura Generale dello Stato, presso i cui uffici è domiciliato in Roma, via (…);
Regione Lazio, in persona del Presidente della Giunta Regionale pro tempore, rappresentata e difesa dall’Avvocato Fi. Fu., con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e con domicilio eletto presso il suo studio in Roma, via (…);
A.S.L. Roma n. 2, in persona del Direttore Generale pro tempore, rappresentata e difesa dall’Avvocato Fr. Dell’O., con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e con domicilio eletto presso il suo studio in Roma, via (…);
A.S.L. Roma n. 3, in persona del Direttore Generale pro tempore, rappresentata e difesa dall’Avvocato Fa. Fe., con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e con domicilio eletto presso il suo studio in Roma, via (…);
Istituto Nazionale di Previdenza Sociale – I.N.P.S., in persona del Presidente pro tempore, rappresentato e difeso dall’Avvocato An. Sg., dall’Avvocato Le. Ma., dall’Avvocato Ca. D’A., dall’Avvocato Em. De Ro., dall’Avvocato Gi. Ma. e dall’Avvocato Es. Sc. domiciliata ex lege in Roma, via (…);
Direzione Centrale Acquisti della Regione Lazio, non costituita in giudizio;
La. Cr. s.p.a., non costituita in giudizio;
A.S.L. Roma n. 4, non costituita in giudizio;
IF., non costituita in giudizio;
IN. Sp., non costituito in giudizio;
nei confronti
G.P. s.p.a., in persona del legale rappresentante pro tempore, Co. La. e Am. S.C., in persona del legale rappresentante pro tempore, In Op. Coop. Soc., in persona del legale rappresentante pro tempore, tutte rappresentate e difese dall’Avvocato St. Vi., dall’Avvocato Co. Fe. e dall’Avvocato Da. Ca., con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e con domicilio eletto presso lo studio St. Vi. in Roma, via (…);
per la riforma
della sentenza n. 8495 del 3 ottobre 2018 del Tribunale amministrativo regionale per il Lazio, sede di Roma, sez. III, resa tra le parti, concernente l’esclusione dell’odierna appellante principale, Ca. Società Cooperativa Integrativa, dalla procedura aperta, suddivisa in quattro lotti, per l’affidamento di tutte le attività di front-office e di back-office necessarie alla gestione del servizio CUP operativo presso le 17 Aziende Sanitarie della Regione Lazio.
visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
visti gli atti di costituzione in giudizio della Regione Lazio, dell’A.S.L. Roma n. 2, dell’A.S.L. Roma n. 3, dell’Istituto Nazionale della Previdenza Sociale – I.N.P.S., del r.t.i. composto da G.P. s.p.a., da Co. La. e Am. S.C. e da In Op. Coop. Soc., nonché del Commissario ad acta per il Piano di rientro dal disavanzo sanitario della Regione Lazio;
visti tutti gli atti della causa;
relatore nell’udienza pubblica del giorno 19 marzo 2019 il Consigliere Massimiliano Noccelli e uditi per l’odierna appellante principale, Ca. So. Co. In., l’Avvocato An. Cl. e l’Avvocato Gi. Pi., per la Regione Lazio l’Avvocato Ro. Ba. su delega dichiarata dell’Avvocato Fi. Fu., per l’A.S.L. Roma n. 2 l’Avvocato Fr. Dell’O., per l’Istituto Nazionale della Previdenza Sociale – I.N.P.S. l’Avvocato Ca. D’A., per il r.t.i. composto da G.P. s.p.a., Co. La. e Am. S.C. e da In Op. Coop. Soc. l’Avvocato Da. Ca., e per il Commissario ad acta per il Piano di rientro dal disavanzo sanitario della Regione Lazio l’Avvocato dello Stato Sa. Fa.;
ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO e DIRITTO

1. Con il bando di gara pubblicato il 26 giugno 2015, la Regione Lazio ha indetto una procedura aperta, suddivisa in quattro lotti, per l’affidamento di tutte le attività di front-office e di back-office necessarie alla gestione del servizio CUP operativo presso le 17 Aziende Sanitarie della Regione Lazio.
1.1. In seguito alle operazioni di gara, e all’esito della verifica della congruità delle offerte presentate, la Regione Lazio ha aggiudicato in via definitiva la gara, con la determinazione n. 14628 del 27 ottobre 2017, al r.t.i. composto da G.P. s.p.a. ed altri, per quanto attiene ai lotti n. 2, n. 3 e n. 4
1.2. L’appellante principale, Ca. So. Co. In. (di qui in avanti, per brevità, Ca.), ora denominata AC. Società Cooperativa Sociale Integrata, si è collocata, con riferimento al lotto n. 2, al secondo posto in graduatoria.
1.3. Assumendo che il r.t.i. primo classificato, nel lotto n. 2, dovesse essere escluso per asserite illegittimità della sua ammissione, sia con riferimento ai requisiti di partecipazione sia con riferimento alla valutazione di congruità, Ca. ha impugnato l’aggiudicazione e tutti i relativi atti di gara avanti al Tribunale amministrativo regionale per il Lazio, sede di Roma.
1.4. Nelle more del giudizio, peraltro, la Regione Lazio ha adottato la determinazione n. G00381 del 15 gennaio 2018, con la quale ha disposto l’esclusione dell’odierna appellante principale dalla procedura di gara a causa di un documento unico di regolarità contributiva (di qui in avanti, per brevità, DURC), emesso dall’I.N.P.S. il 27 settembre 2017.
1.5. Ca. ha impugnato detta determinazione con un primo atto di motivi aggiunti, sempre avanti al Tribunale amministrativo regionale per il Lazio, sede di Roma, e ne ha chiesto l’annullamento, in quanto fondato, a suo avviso, su valutazioni del tutto errate e sconfessate dallo stesso ente previdenziale, che aveva proceduto all’emissione del DURC il 27 settembre 2017.
1.6. Ad avviso di Ca., infatti, non sussisteva e non sussiste alcuna posizione di debito contributivo, siccome attestata dal DURC negativo n. 8692005 emesso il 27 settembre 2017 dall’I.N.P.S.
1.7. Nel primo grado del giudizio si sono costituiti la Regione Lazio, il Commissario ad acta per il Piano di rientro dal disavanzo sanitario della Regione Lazio (di qui in avanti, per brevità, il Commissario), l’A.S.L. Roma n. 2, l’A.S.L. Roma n. 3, e l’Istituto Nazionale della Previdenza Sociale – I.N.P.S., tutti per chiedere la reiezione del ricorso principale e dei motivi aggiunti.
1.8. Si è costituito anche il raggruppamento controinteressato composto da G.P. s.p.a., Co. La. e Am. S.C. e In Op. Soc. Coop., aggiudicatario, che ha chiesto la reiezione dell’appello principale e ha, a sua volta, proposto ricorso incidentale, volto ad ottenere l’esclusione della ricorrente principale per ragioni diverse da quelle poste a fondamento dell’esclusione disposta dalla Regione Lazio.
1.9. Il Tribunale amministrativo regionale per il Lazio, sede di Roma, dopo avere disposto attività istruttoria, all’esito del giudizio, e aver acquisito una dettagliata relazione da parte dell’I.N.P.S., con la sentenza n. 12090 del 3 ottobre 2018, ha respinto i motivi aggiunti proposti da Ca. contro la sua esclusione e, per l’effetto, ha dichiarato improcedibile tanto il ricorso principale, proposto contro la ammissione del r.t.i. primo graduato, e i secondo motivi aggiunti, proposti contro gli atti con i quali la Regione Lazio invitava le AA.SS.LL. a stipulare i contratti con il r.t.i. aggiudicatario, quanto il ricorso incidentale, siccome integrato dai motivi aggiunti, proposti dal r.t.i. stesso.
1.10. Secondo il primo giudice, in sintesi, l’esclusione di Ca. sarebbe stata legittima in quanto nel concetto di violazione degli obblighi previdenziali non dovrebbe annoverarsi solo il mancato versamento dei contributi previdenziali, ma anche l’omissione delle prescritte denunce obbligatorie da parte del datore di lavoro.
2. Avverso tale pronuncia ha proposto appello principale Ca. e, nell’assumere l’erroneità di questa laddove ha ritenuto legittima l’esclusione della stessa Ca., ha riproposto i motivi contro l’ammissione del r.t.i. aggiudicatario, chiedendo, in via cautelare, la sospensione dell’esecutività della sentenza impugnata e, nel merito, la riforma della sentenza stessa, con l’accoglimento delle censure sviluppate in primo grado e l’esclusione del r.t.i. controinteressato dalla procedura o, in subordine, la condanna delle controparti al risarcimento del danno per equivalente.
2.1. Si sono costituiti il Commissario, la Regione Lazio e l’I.N.P.S., per chiedere la reiezione dell’appello principale, e si sono costituite anche l’A.S.L. Roma n. 2 e l’A.S.L. Roma n. 3, per eccepire il proprio difetto di legittimazione passiva e, comunque, per chiedere la reiezione, nel merito, dell’appello principale.
2.2. Si è costituito anche il r.t.i. controinteressato che, oltre a chiedere la reiezione dell’appello principale, ha proposto appello incidentale volto ad ottenere l’esclusione di Ca. per ragioni diverse e ulteriori rispetto a quelle poste a fondamento del provvedimento espulsivo adottato dalla Regione Lazio.
2.3. Nella camera di consiglio del 13 dicembre 2018, fissata per l’esame della domanda cautelare proposta dall’appellante principale, il Collegio, ritenuto di dover decidere la controversia con sollecitudine nel merito, ne ha rinviato la trattazione all’udienza pubblica del 19 marzo 2019.
2.4. In tale udienza il Collegio, sentiti i difensori di tutte le parti, ha trattenuto la causa in decisione.
3. L’appello principale di Ca. è infondato.
3.1. Preliminarmente deve essere dichiarato il difetto di legittimazione passiva in capo all’A.S.L. Roma n. 2 e all’A.S.L. Roma n. 3, in quanto estranee, sul piano sostanziale, al thema decidendum del presente giudizio, che attiene ad atti della gara centrale unica regionalizzata bandita e gestita dalla Regione Lazio.
4. Ciò premesso, e venendo al merito, il primo giudice, a fondamento della decisione qui contestata che ha sancito l’esclusione di Ca. dalla gara, ha ritenuto che nel concetto di violazione degli obblighi previdenziali rientri non solo il mancato versamento dei contributi, accertati e quantificati, ma anche l’omissione delle denunce obbligatorie prescritte, in quanto solo con la presentazione di una denuncia corretta e completa l’ente previdenziale è messo in condizione di controllare e quantificare i contributi dovuti, con la conseguenza che la mancata presentazione della denuncia preclude all’ente previdenziale di effettuare tali riscontri e viene a pregiudicare, a monte, il corretto svolgimento di tali compiti.
5. L’odierna appellante principale Ca. ha inteso contestare tale assunto e, in particolare, nell’atto di appello ha sostenuto che il DURC di cui si controverte, contraddistinto dal n. 8692005 emesso il 27 settembre 2017, avrebbe evidenziato due irregolarità circa la posizione contributiva di Ca.:
– la prima, relativa ad un presunto debito di Euro 3.284,35;
– la seconda, relativa al mancato/ritardato invio di alcune informazioni relative alle posizioni di propri lavoratori.
5.1. Quanto al primo profilo, deduce l’appellante principale, il primo giudice ha riconosciuto egli stesso che il debito di Euro 3.284,35 non sia mai sussistito, con la conseguenza che il DURC di cui si controverte conteneva un dato del tutto erroneo.
5.2. Quanto al secondo profilo, invece, Ca. ha contestato fermamente la presunta incongruenza dei flussi informativi inerenti ai propri dipendenti poiché, in realtà, l’intera vicenda trarrebbe origine dalla mera necessità di specificare un solo codice fiscale del figlio convivente di uno dei circa 2.000 dipendenti mensilmente dichiarati all’I.N.P.S.
5.3. Si tratterebbe, deduce l’appellante principale (v., in particolare, pp. 10-11 del ricorso), del possibile fraintendimento della posizione di una sola lavoratrice, Al. Fo., fruitrice di un congedo parentale ad ore, per la quale non era risultato possibile inserire il codice fiscale del figlio all’interno della denunzia individuale mensile.
5.4. Tale impossibilità era dovuta, sostiene ancora l’appellante, alle novità tecniche che avevano interessato la modalità di invio telematico dei flussi dei dati contributivi proprio nel periodo di interesse, novità che avevano previsto l’inserimento del codice fiscale del figlio, precedentemente non richiesto, in relazione al quale le lavoratrici fruivano del congedo parentale in modalità oraria anziché giornaliera.
5.5. I nuovi metodi di invio dei dati inerenti alle posizioni contributive, in sintesi, hanno subito una rilevante novità proprio durante l’anno 2017, rendendo molto complesso, soprattutto nel primo periodo, l’immediato allineamento dei flussi.
5.6. Questa, dunque, è stata la causa della “squadratura” dei flussi informativi rilevata per i mesi di marzo, aprile, maggio e giugno 2017, che – sostiene ancora Ca. – non ha inciso sulla posizione debitoria della società .
5.7. Nel corso del primo grado del giudizio, a seguito dell’ordinanza istruttoria emessa dal Tribunale amministrativo, l’I.N.P.S. avrebbe, secondo l’appellante principale, ritrattato la propria posizione e avrebbe affermato che l’aver omesso l’indicazione anche di un solo codice fiscale non avrebbe consentito all’ente previdenziale di poter verificare, in modo adeguato, se le somme versate da Ca. fossero effettivamente corrette.
5.8. La sentenza impugnata avrebbe aderito a tale tesi, ma ciò condurrebbe, secondo l’appellante (p. 12 del ricorso), a conseguenze aberranti.
5.9. Ca. rammenta, in particolare, che essa ha versato correttamente e nei termini di legge tutti gli importi da essa dovuti, sicché il pericolo temuto dal primo giudice – secondo cui l’omissione informativa impedirebbe all’ente previdenziale di accertare effettivamente il debito dell’impresa – non si è per nulla realizzato, nel caso di specie, in quanto la stessa Ca. ha puntualmente adempiuto l’obbligo informativo trasmettendo mensilmente tutte le denunce relative a tutti i propri dipendenti.
5.10. L’unica “incongruenza” (c.d. “squadratura”) rilevata dall’I.N.P.S. riguarda infatti l’indicazione, nell’ambito di una di tali denunce, del codice fiscale di un familiare convivente del dipendente, il cui codice fiscale, in origine non richiesto, è stato oggetto delle successive integrazioni.
6. Ca. chiede a questo Consiglio di accertare insomma se, una volta appurato il corretto adempimento, da parte della società, del pagamento contributivo relativo a tutte le proprie risorse, una mera incongruenza nei flussi informativi, inerenti ad una di tali risorse, possa comportare l’esclusione dalla procedura di gara.
6.1. In altri termini, “essendosi dimostrato che la dizione “irregolare” che ha accompagnato il DURC “incriminato” può essere ascrivibile esclusivamente al suddetto profilo della trasmissione dei flussi, il nucleo giuridico dello scrutinio su provvedimento di esclusione consiste nel valutare se tale irregolarità possa dirsi sufficiente a fondare la sanzione espulsiva” (p. 15 del ricorso).
6.2. Ca. assume che la risposta debba essere certamente negativa e, a suffragio di tale assunto, da ultimo richiama anche la sentenza n. 1490 del 14 febbraio 2019 del Tribunale di Roma, sezione lavoro, la quale avrebbe dichiarato illegittimo il DURC, accogliendo in pieno le argomentazioni della stessa Ca., e lasciato “volentieri al Consiglio di Stato, al quale a suo avviso questo compito spetta, stabilire se “squadrature” di questo tipo e di tale rilevanza possono giustificare l’esclusione di un concorrente da una o più gare pubbliche dal valore di decine di milioni di euro” (p. 11 della sentenza).
7. Ritiene questo Consiglio, nel rispondere al centrale quesito posto dall’appellante principale e nel raccogliere l'”invito” del giudice civile, che la risposta debba essere positiva, per le ragioni che qui di seguito si espongono, e che l’esclusione di Ca. sia legittima.
7.1. La giurisprudenza di questo Consiglio, anche di recente, ha sempre ribadito con costanza, e con fermezza, che la ragione ostativa al rilascio di DURC regolari ben può consistere anche nel solo mancato adempimento degli obblighi di presentazione delle denunce periodiche perché tale inadempimento, di per sé, integra violazione contributiva grave, a prescindere dal fatto che, in conseguenza della mancata presentazione delle denunce, sia stato omesso il versamento di contributi per importi inferiori all’importo-soglia di cui all’art. 3, comma 3, del D.M. 30 gennaio 2015.
7.2. L’omessa o l’incompleta presentazione delle denunce obbligatorie impedisce il rilascio di DURC regolare prima della sanatoria, pur sempre possibile, ma non rilevante nei rapporti tra l’impresa e la stazione appaltante in riferimento alla gara in corso (v., da ultimo, Cons. St., sez. V, 18 febbraio 2019, n. 1116).
7.3. Ora nel caso di specie è emerso dagli atti di causa e, in particolare, anche dalla relazione istruttoria depositata dall’I.N.P.S. in primo grado, avanti al Tribunale amministrativo regionale per il Lazio, che sino alla fine del dicembre 2017 continuavano a sussistere irregolarità nella trasmissione dei flussi UNIEMENS, sanate da Ca. con le comunicazioni inviate via mail dal proprio consulente il 28 dicembre 2017, e che non risultavano adempiute le obbligazioni contributive relative ad aprile e al maggio del 2017, di pertinenza dell’Agenzia I.N.P.S. di Pomezia.
7.4. Un’impresa di alto livello anche occupazionale, come Ca., ha l’obbligo di aggiornare le proprie procedure di invio dei flussi UNIEMENS, tenendo conto anche delle modifiche dei sistemi informatici degli enti previdenziali.
7.5. Proprio perché permanevano irregolarità nei dati trasmessi dal datore di lavoro senza soluzione di continuità sino al dicembre del 2017, data successiva al DURC contenente l’attestazione di regolarità contributiva, poi annullato dalla stessa I.N.P.S., nonché il citato inadempimento dell’obbligazione relativo all’aprile e al maggio del 2017, essendo avvenuto il pagamento per la matricola n. 7022207981 solo il successivo 10 gennaio 2018 con apposito modulo F24 (v. doc. 1 prodotto dall’I.N.P.S. nel presente grado del giudizio), l’I.N.P.S. ha emanato il 27 settembre 2017 il DURC negativo, non superato dal DURC successivo, che è stato annullato dalla stessa I.N.P.S. proprio perché rilasciato senza tenere conto della sussistenza di irregolarità nella comunicazione di dati, irregolarità contributiva rilevante ai sensi dell’art. 44-bis del d.l. n. 269 del 2003, e della permanenza del citato, specifico, inadempimento relativo alla sede I.N.P.S. di Roma Tuscolano, come oggettivamente rilevabile dal deposito del modulo F24 (doc. 2 I.N.P.S.)
7.6. Al riguardo si deve ricordare che lo stesso Tribunale di Roma, adì to in sede di reclamo dalla odierna appellante, ha con ordinanza n. 83886 del 17 settembre 2018 respinto le censure proposte da Ca. e ha osservato, più in particolare, che “ferma restando l’insussistenza del debito contributivo di Euro 3.284,35, oggetto di compensazione, la Ca. non ha provveduto nel termine di 15 giorni assegnatole in data 1.9.17 a fornire i chiarimenti e ad effettuare gli adempimenti relativi alle irregolarità segnalate sulle denunce mensili specificamente indicate per le sedi di Pomezia e di Roma Tuscolano, ragione per cui l’Inps, non avendo ricevuto tempestivamente gli elementi necessari per valutare la corrispondenza tra i versamenti effettuati e quelli dovuti, ha emesso il DURC negativo riferito alla data del 31.8.17” e che “analoga vicenda si è verificata successivamente alla notifica dell’invito alla regolarizzazione del 29.9.17”.
7.7. Bene ha rilevato in questa prospettiva il giudice capitolino, in sede di reclamo, che la regolarità contributiva presuppone non solo l’assenza di debiti contributivi superiori a 150 euro, ma anche che le denunce retributive obbligatorie siano state trasmesse correttamente nei termini di legge così da consentire all’ente previdenziale di verificare la corrispondenza tra quanto dichiarato e quanto versato.
7.8. Nel caso di specie, come ha acclarato il Tribunale di Roma in sede collegiale, per stabilire se la posizione di Ca. alla data del 31 agosto 2017 fosse regolare o meno, non rileva lo scostamento di appena 46 euro tra il dichiarato e il versato, accertato per il mese di aprile 2017 sulla posizione di Roma Tuscolano, né assumono rilievo le ragioni – che l’appellante intende a più riprese far valere anche in questa sede – addotte dalla società per escludere che potessero esserle addebitate le irregolarità riscontrate – e, cioè, le novità tecniche che avevano interessato le modalità di invio telematico dei dati contributivi, novità che avevano previsto anche l’inserimento del codice fiscale del figlio di una lavoratrice – poiché anche le violazioni formali, se non tempestivamente sanate, impediscono all’ente di effettuare le verifiche della regolarità contributiva in tempo reale, come richiesto dalla normativa del settore (D.M. del 31 gennaio 2015 nonché l’art. 4 della l. n. 78 del 2014), come del resto la consolidata giurisprudenza di questo Consiglio afferma.
8. Ebbene, tutto ciò considerando, se ne deve quindi concludere che legittimamente l’I.N.P.S. emise il 27 settembre 2017 il DURC negativo, oggetto di contestazione in questa sede (e in sede civile, ove però non si è formato alcun giudicato), a fronte di riscontrate, contestate e non tempestivamente emendate irregolarità nella trasmissione dei flussi informativi e, in particolare, degli UNIEMENS non ancora “squadrati” e del cennato inadempimento, relativo all’aprile e al maggio del 2017, sanato solo nel gennaio 2018.
8.1. Tanto smentisce l’assunto dell’appellante, secondo cui ci si troverebbe solo a fronte di modeste, irrilevanti, “squadrature” e non già, comunque, anche di omissioni, nell’invio dei dati, che hanno generato inadempimenti previdenziali di carattere pecuniario, sanati – incontestabilmente – solo il successivo 10 gennaio 2018.
8.2. Solo a fronte della corretta trasmissione, da parte della Ca., delle denunce obbligatorie mensili, contestate e richieste a partire dall’invito alla regolarizzazione del 1° settembre 2017 sino a quello del 13 dicembre 2017, l’I.N.P.S. ha potuto infatti liquidare ulteriori contributi inevasi per complessivi Euro 331,00, di cui Euro 285,00 per la mensilità 6/2017 ed Euro 46,00 per la mensilità 4/2017.
8.3. Ca. ha quindi tardivamente versato all’I.N.P.S., solo il successivo 10 gennaio 2018, i contributi relativi alla matricola n. 702207981, dovuti e inevasi anche per il periodo dall’aprile 2017 al giugno 2017.
8.4. Lo stesso Tribunale di Roma, nella stessa sentenza n. 1490 del 14 febbraio 2019, peraltro non ancora passata in giudicato, ha affermato la pacifica esistenza del debito di Euro 285,00, debito saldato solo il successivo 10 gennaio 2018.
8.5. È dunque evidente che l’irregolarità nei dati trasmessi dal datore di lavoro, nonostante ben due inviti alla regolarizzazione inviati dall’I.N.P.S., ha generato una situazione di irregolarità contributiva non solo formale o formalisticamente intesa, ma anche sostanziale, non mettendo l’ente previdenziale in grado di accertare in modo chiaro e completo la complessa posizione contributiva di Ca., tanto che il debito di Euro 331,00 che ne è scaturito, accertato in modo definitivo solo in seguito all’invio dei dati finalmente corretti da parte del consulente di Ca. il 28 dicembre 2017, è stato sanato il 10 gennaio 2018.
8.6. Ciò si evince, incontestabilmente, dalla mail dello Studio Diano, consulente del lavoro di Ca., che solo il 28 dicembre 2017 comunica all’I.N.P.S. “di aver provveduto alla correzione degli Uniemens ancora squadrati”, allegandoli alla stessa mail, e dalla risposta dell’I.N.P.S., che invia in allegato il modello F24 e ricevuta di addebito per l’importo ancora mancante (v. all. 7 alla relazione istruttoria depositata dall’I.N.P.S. in primo grado), importo corrisposto, come detto più volte, il 10 gennaio 2018.
8.6. Di qui la legittimità del DURC negativo emesso il 27 settembre 2017 a carico di Ca. e, conseguentemente, la legittimità della sua esclusione dalla gara, disposta dalla Regione Lazio, con la delibera n. G00381 del 15 gennaio 2018, impugnata in primo grado con i motivi aggiunti, che sono stati correttamente respinti dal Tribunale amministrativo regionale per il Lazio.
8.7. La legittima, doverosa, esclusione di Ca. dalla gara, qui confermata, preclude l’esame dei motivi proposti con il ricorso di primo grado, e riproposti nell’atto di appello principale, avverso l’ammissione del r.t.i., poi divenuto aggiudicatario e priva di interesse, altresì, l’appello incidentale ad effetto escludente proposto da questo, con conseguente sua improcedibilità per il sopravvenuto difetto di interesse in capo a G.P. s.p.a. e alle altre imprese costituenti il r.t.i., alla luce delle ragioni sin qui espresse.
9. Ne segue che, stante la infondatezza dell’appello principale e la improcedibilità dell’appello incidentale, la sentenza qui impugnata merita integrale conferma.
10. Le spese del presente grado del giudizio, attesa la estrema complessità delle questioni esaminate, possono essere interamente compensate tra le parti.
10.1. Rimane definitivamente a carico di Ca. il contributo unificato richiesto per la proposizione dell’appello principale e a carico del r.t.i. composto da G.P. s.p.a., Co. La. e Am. S.C. e In Op. Coop. Soc. il contributo unificato richiesto per la proposizione dell’appello incidentale.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale
Sezione Terza, definitivamente pronunciando sull’appello principale, proposto da Ca. So. Co. In., e sull’appello incidentale, proposto da G.P. s.p.a., Co. La. e Am. S.C. e In Op. Coop. Soc., respinge il primo e dichiara improcedibile il secondo e, per l’effetto, conferma la sentenza impugnata.
Compensa interamente tra le parti le spese del presente grado del giudizio.
Pone definitivamente a carico di Ca. So. Co. In. il contributo unificato richiesto per la proposizione dell’appello principale.
Pone definitivamente a carico di G.P. s.p.a., Co. La. e Am. S.C. e In Op. Coop. Soc. il contributo unificato richiesto per la proposizione dell’appello incidentale.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del giorno 19 marzo 2019, con l’intervento dei magistrati:
Roberto Garofoli – Presidente
Massimiliano Noccelli – Consigliere, Estensore
Stefania Santoleri – Consigliere
Giorgio Calderoni – Consigliere
Ezio Fedullo – Consigliere

Per aprire la mia pagina facebook @avvrenatodisa
Cliccare qui

Leave a Reply

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *