Il proscioglimento dai fatti reato che hanno fatto scattare il Daspo

Corte di Cassazione, sezione sesta penale, Sentenza 5 marzo 2020, n. 9006

Massima estrapolata:

Il proscioglimento dai fatti reato che hanno fatto scattare il Daspo non determina in automatico la decadenza del provvedimento, perché non è basato sull’accertamento giudiziale dei fatti presupposti e può essere revocato o modificato con il venire meno il mutamento delle condizioni che ne hanno giustificato l’emissione.

Sentenza 5 marzo 2020, n. 9006

Data udienza 21 gennaio 2020

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. RICCIARELLI Massimo – Presidente

Dott. GIORDANO Emilia Anna – Consigliere

Dott. AMOROSO Riccard – rel. Consigliere

Dott. COSTANTINI Antonio – Consigliere

Dott. ROSATI Martino – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
1. (OMISSIS), nato a (OMISSIS);
2. (OMISSIS), nato a (OMISSIS);
3. (OMISSIS), nato a (OMISSIS);
4. (OMISSIS), nato a (OMISSIS);
5. (OMISSIS), nato a (OMISSIS);
6. (OMISSIS), nato a (OMISSIS);
7. (OMISSIS), nato a (OMISSIS);
8. (OMISSIS), nato a (OMISSIS);
avverso la sentenza del 27/03/2019 della Corte di Appello di Brescia;
visti gli atti, il provvedimento impugnato ed il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere Dott. AMOROSO Riccardo;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. ANGELILLIS Ciro, che ha concluso per il rigetto del ricorso di (OMISSIS) e la inammissibilita’ di tutti gli altri ricorsi;
udito l’avv. (OMISSIS), difensore di (OMISSIS) e sostituto processuale dell’avvocato (OMISSIS), difensore di (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS), che insiste per l’accoglimento dei motivi.

RITENUTO IN FATTO

1. Con il provvedimento in epigrafe, la Corte di Appello di Brescia in riforma parziale della sentenza emessa all’esito di giudizio abbreviato il 11/07/2017 dal Gip del Tribunale di Bergamo, previo assorbimento del reato ascritto al capo D) in quello di cui al capo A), ha rideterminato in anni due mesi sei e giorni venti la pena inflitta ai ricorrenti (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS), ed in anni due mesi quattro e giorni venti di reclusione la pena inflitta a (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS), confermando la condanna per i reati di resistenza a pubblico ufficiale aggravato dall’aver commesso il fatto in piu’ persone riunite e travisate e mediante lancio di corpi contundenti ed artifici pirotecnici con pericolo alle persone (capo A), lesioni personali aggravate (capo B), e danneggiamento aggravato di un veicolo in uso alle forze di polizia (capo C).
2. Tramite il comune difensore di fiducia, hanno proposto ricorso (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS) articolando i motivi di seguito indicati.
2.1. Con il primo motivo si deduce vizio della motivazione per contraddittorieta’ e illogicita’, in relazione ai reati ascritti ai capi A), B), C) per travisamento delle prove come emergenti dal verbale di arresto del 16/01/2016 e dal verbale dell’udienza del 19/12/2016.
In particolare si evidenzia che dal verbale di arresto e dalle deposizioni rese in data 19 dicembre 2016 dai verbalizzanti (OMISSIS) e (OMISSIS) emergerebbe con chiarezza che il gruppo di circa venti fuggitivi, che aveva partecipato ai disordini, e che si era diretto verso Piazzale della (OMISSIS) si era incrementato di numero, perche’ una volta raggiunta la via (OMISSIS), al momento dell’azione a tenaglia posta in essere dalle forze dell’ordine, era composto da circa trenta-trentacinque persone.
Secondo i ricorrenti tale incremento di numero del gruppo dei fuggitivi che aveva transitato per piazzale della (OMISSIS) poteva avere un’unica spiegazione logica nel fatto che altre persone che gia’ si trovavano in quel piazzale e che non avevano partecipato ai disordini, si fossero unite alle altre solo per sottrarsi ai controlli delle Forze di polizia.
Quindi, si censura come erronea l’affermazione contenuta nella motivazione della sentenza secondo cui “il numero dei componenti del gruppo non e’ mai aumentato, ne’ risulta che estranei si siano ad esso riuniti”.
In secondo luogo si evidenzia che il gruppo dei fuggitivi che aveva partecipato ai disordini era contraddistinto dai capi di abbigliamento con i colori dell’ (OMISSIS) (nero-azzurro), mentre nessuno dei ricorrenti aveva al momento dell’arresto sciarpe o capi di abbigliamento con i detti colori.
Sotto altro profilo si censura anche l’affermazione secondo cui sarebbe irrilevante ai fini del concorso l’accertamento della condotta effettivamente tenuta dai singoli concorrenti, richiamandosi a riprova del contrario due precedenti di legittimita’ della Sezione Sesta (n. 6251/12 e 8730/14), ribadendosi che non vi e’ stato alcun riconoscimento dei ricorrenti tra i partecipanti ai disordini del 16 gennaio 2016 di via (OMISSIS) e di quelli avvenuti nella successiva aggressione all’auto di servizio della polizia.
2.2. Con il secondo motivo si deduce cumulativamente la violazione di legge ed il vizio di motivazione in merito all’omessa considerazione della rilevanza probatoria della sentenza di assoluzione pronunciata dal Tribunale di Bergamo nei confronti del solo coimputato che non ha optato per il giudizio abbreviato ( (OMISSIS)), sebbene sia identico il materiale probatorio vagliato nel dibattimento e che ha indotto ad escludere che la sua presenza sul posto insieme ad altri soggetti in fuga potesse consentire di ritenere provata la partecipazione ai reati contestati.
In particolare viene evidenziato che il (OMISSIS) e’ stato arrestato nelle medesime circostanze di tempo e di luogo dei ricorrenti, ed in piu’ si presentava con una mano insanguinata e tracce di fango sulle scarpe.
Infine, si riporta un passo della sentenza n. 20279/2016 della Sez. 6 della Corte di Cassazione che ha annullato l’ordinanza cautelare per assenza dei gravi indizi nei confronti del suddetto coimputato, sul rilievo che l’essersi trovato insieme ad un gruppo di individui che per certo comprendeva soggetti che avevano partecipato ai violenti scontri con la polizia, non consentiva di ritenere che il predetto fosse stato presente anche durante le azioni violente poste in essere contro la Polizia.
Si deduce, quindi, al riguardo anche la violazione dell’articolo 238-bis c.p.p. che attribuisce alle sentenze irrevocabili la valenza di prava dei fatti in esse accertati.
3. Tramite il proprio difensore di fiducia, ha proposto ricorso (OMISSIS) articolando un primo ordine di motivi identico ai motivi articolati dagli altri ricorrenti, appena sopra descritti, ed un secondo motivo aggiuntivo che afferisce al reato contestato al capo L), di cui alla L. n. 401 del 1989, articolo 6, commi 1 e 6, per violazione del provvedimento di DASPO del Questore di Bergamo emesso nei suoi confronti il 9/12/2015, sul rilievo che la Corte di Appello avrebbe errato nel ritenere irrilevante la circostanza che l’imputato e’ stato assolto con sentenza irrevocabile dal reato che aveva costituito il presupposto per l’emissione del predetto provvedimento, assimilando erroneamente detto caso a quello diverso in cui sia intervenuto l’annullamento o la revoca del provvedimento amministrativo dopo la commissione del fatto.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Tutti i ricorsi sono inammissibili per genericita’ dei motivi e manifesta infondatezza.
I fatti sono stati ricostruiti dalle due sentenze di merito con valutazione conforme delle medesime emergenze processuali sulle modalita’ degli arresti eseguiti con una azione congiunta e coordinata delle Forze di Polizia intervenute nell’immediatezza nei confronti del gruppo di persone che si e’ reso protagonista delle condotte violente descritte nell’imputazione.
Le censure articolate nel primo motivo dei ricorsi congiunti proposti dal medesimo difensore e del ricorso proposto dal difensore di (OMISSIS) riproducono e reiterano gli stessi argomenti gia’ prospettati nell’atto di appello, ai quali la Corte territoriale ha dato adeguate e argomentate risposte, esaustive in fatto e corrette in diritto, che i ricorrenti tuttavia non hanno in alcun modo considerato e di cui non hanno in sostanza tenuto conto al fine di confrontarsi criticamente con gli argomenti utilizzati nel provvedimento impugnato limitandosi, in maniera generica, a lamentare una presunta ma inesistente carenza o illogicita’ della motivazione.
Innanzitutto, si deve rilevare come non tutti gli arresti siano stati eseguiti nello stesso frangente, e cio’ rende evidente la genericita’ dell’argomento logico, peraltro fallace, con cui si e’ inteso assimilare impropriamente le posizioni di tutti i ricorrenti.
Dal verbale di arresto, richiamato nella motivazione della sentenza impugnata, si evince, infatti, che i ricorrenti (OMISSIS) e (OMISSIS) sono stati arrestati in via (OMISSIS), dove il gruppo era giunto ancora compatto, e che nel corso del loro arresto i predetti si opponevano con violenza anche agli agenti.
Inoltre, secondo quanto prospettato dagli stessi ricorrenti, e’ solo in via (OMISSIS) che il gruppo si sarebbe diviso in due sottogruppi di diversa consistenza numerica, ed e’ solo per il sottogruppo piu’ numeroso che puo’ essere addotto il travisamento del dato dell’incremento numerico dovuto all’aggregazione ad esso di altri soggetti, estranei ai fatti.
Quindi, anche per l’arresto del ricorrente (OMISSIS), inserito nel sottogruppo minore (individuato in via (OMISSIS)), come per gli arresti eseguiti nei confronti dei ricorrenti (OMISSIS) e (OMISSIS), non puo’ valere affatto l’argomento addotto in modo indifferenziato nel motivo di ricorso che il gruppo dei fuggitivi, descritto come quello piu’ numeroso, si sarebbe arricchito di altri soggetti estranei alle violenze.
E’, infatti, solamente con riferimento al gruppo piu’ numeroso, di cui facevano parte (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS), (diretto verso via (OMISSIS) da piazzale (OMISSIS)), che puo’ valere il dedotto incremento di altre dieci persone, estranee ai fatti, perche’ desunto dal riferimento dei testi (OMISSIS) e (OMISSIS) ad un gruppo di circa una trentina di persone, e dal raffronto di tale dato numerico con quello di una ventina di persone emergente dal verbale di arresto.
Ma, pur depurato da tale palese genericita’, si tratta comunque di un argomento che reitera in modo inammissibile una questione di fatto gia’ adeguatamente affrontata nel giudizio di merito.
Il dedotto incremento di persone estranee ai fatti e’ stato, infatti, coerentemente escluso dalla Corte di appello che ha richiamato la sentenza di primo grado con riguardo alla considerazione che i testi escussi nel corso del giudizio abbreviato ex articolo 441 c.p.p., comma 5, avevano gia’ spiegato che le indicazioni numeriche dei gruppi dei fuggitivi erano da prendersi solo come indicazioni approssimative e che, in ogni caso, doveva escludersi la possibilita’ che terzi estranei potessero essersi aggregati ad un corpo di persone rimasto sempre unito e compatto per continuare ad esercitare la propria opposizione violenta all’intervento delle forze di polizia (vedi pag. 21 sentenza di primo grado).
Correttamente ai fini della valutazione del concorso nel reato e’ stato valorizzato il dato della compattezza del gruppo, che nei suoi spostamenti per le vie della citta’ aveva assunto le caratteristiche di una formazione paramilitare, rimasta unita per intimidire le forze dell’ordine, costrette ad una attivita’ di pedinamento e di vigilanza, in attesa di organizzare la controffensiva con l’arrivo di altre pattuglie.
Quindi, coerenti e logiche sono le considerazioni sulla rilevanza probatoria della partecipazione alla fuga dei ricorrenti, che si e’ concretizzata in un’azione di ripiegamento con i caratteri tipici di una formazione di tipo paramilitare, capace di intimidire seriamente ed efficacemente le forze dell’ordine.
Inoltre, nella sentenza di appello sono state coerentemente valorizzate altre circostanze con riferimento ai singoli ricorrenti (preparazione dell’abbigliamento utile al travisamento, materiale pirotecnico, falsi documenti di identita’ per accedere allo stadio, utilizzo anomalo dei telefoni cellulari tenuti accesi fino a prima degli scontri, reazione violenta opposta al momento del loro arresto), che sono state ritenute pienamente in grado di corroborare l’ipotesi ricostruttiva formulata dalla pubblica accusa con riguardo alla partecipazione attiva di tutti i ricorrenti alle condotte violente loro ascritte.
Deve in particolare considerarsi che nelle sentenze di primo e secondo grado sono state valorizzate altre emergenze, del tutto pretermesse nei motivi di ricorso, tra cui in primo luogo rileva il dato della videoripresa all’angolo tra via (OMISSIS) – quindi prima dello sdoppiamento del gruppo avvenuto in via Pignolo – in cui “tutti gli imputati” sono stati riconosciuti per l’abbigliamento indossato al momento dell’arresto nei soggetti ripresi in fuga con volto travisato (vedi annotazione di servizio del 3/03/16 questura di Brescia citata a pag. 20 della sentenza di primo grado).
Con riferimento ai singoli ricorrenti e’ opportuno ricordare, inoltre, quanto rilevato nel giudizio di merito:
– per (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS), il loro arresto e’ avvenuto prima della divisione del gruppo in due sottogruppi, quindi senza che possa sorgere dubbio sulla loro partecipazione alle azioni di guerriglia contro le forze di polizia, (peraltro il (OMISSIS) al momento del suo arresto impugnava in mano ancora con un bastone, con il quale colpiva al volto l’agente (OMISSIS));
– per (OMISSIS), e’ stato valorizzato il dato del travisamento nell’area di servizio insieme ai gia’ menzionati (OMISSIS) e (OMISSIS); inoltre il predetto indossava al momento dell’ingresso allo stadio scarpe nere, mentre all’atto dell’arresto aveva scarpe bianche, indice evidente di un travisamento operato per sottrarsi al riconoscimento, oltre ad essersi opposto energicamente alla cattura, ingiuriando pesantemente gli agenti;
– per (OMISSIS), e’ stato evidenziato che il predetto indossava ancora un passamontagna oltre ad un giubbotto nero con logo dell’ (OMISSIS) e cappuccio scuro, in piu’ aveva una torcia illuminante, tre tappi per accensione di materiale pirotecnico ed un guantone da lavoro, oltre ad avere un documento di identita’ falso con biglietto per la partita intestato con tali false generalita’, perche’ interdetto dall’accesso agli stadi;
– per (OMISSIS), e’ stato rilevato che anche il predetto indossava giubbotto nero e felpa degli ultras locali con cappuccio che lasciava scoperti solo occhi, oltre ad essere destinatario di un Daspo ancora efficace; inoltre sono state anche valorizzate le modalita’ della sua fuga estremamente rischiose, per essere stato visto saltare da un muro ed inoltrarsi nella boscaglia, tanto da procurarsi graffi ed abrasioni su tutto il corpo;
– per (OMISSIS), oltre ad essere valorizzate le medesime modalita’ di fuga del (OMISSIS) tra i rovi della boscaglia, risulta che indossava un giubbotto scuro, e che anch’esso era stato raggiunto da Daspo ancora efficace, tanto da non essere neppure entrato nello stadio;
– per (OMISSIS), arrestato anch’esso dopo la perlustrazione della boscaglia in cui si era inoltrato, come il (OMISSIS) ed il (OMISSIS), e’ risultato anch’esso vestito completamente di scuro con giubbotto nero e come il (OMISSIS) non risulta essere entrato nello stadio; inoltre, al momento dell’arresto risulta che ha sferrato dei calci in testa all’agente (OMISSIS) procurandogli un trauma cranico.
In conclusione, sulla base anche di tali risultanze, che sono state correttamente valorizzate e riportate nelle sentenze di merito, senza alcun documentato travisamento, le critiche rivolte alla coerenza logica di tutte le considerazioni sviluppate in merito alla inverosimiglianza della versione difensiva di una presenza casuale dei ricorrenti nel gruppo dei tifosi violenti non possono che ritenersi manifestamente infondate.
2. Manifestamente infondata e’ poi la dedotta violazione dell’articolo 238-bis c.p.p., con cui si censura la contraddittorieta’ della valutazione delle medesime prove da parte della Corte di appello rispetto a quella del giudice del dibattimento nel separato procedimento svoltosi a carico del coimputato (OMISSIS), definito con sentenza irrevocabile di assoluzione per non aver commesso il fatto.
Si deve preliminarmente osservare che nel nostro ordinamento processuale non sussistono rimedi sul contrasto sostanziale di giudicati formatisi in procedimenti diversi, per imputati diversi, seppur attinenti allo stesso fatto.
Non esiste, infatti, nessuna disciplina in ordine alla efficacia del giudicato nell’ambito di un altro procedimento penale, a differenza di quanto avviene per i rapporti fra il giudizio civile, amministrativo e disciplinare, mentre l’articolo 238-bis c.p.p. consente l’acquisizione in dibattimento di sentenze divenute irrevocabili, ma dispone che siano valutate dal giudice a norma dell’articolo 187 c.p.p. e articolo 192 c.p.p., comma 3, senza alcun vincolo o limitazione del principio del libero convincimento, ad eccezione del generale obbligo di rendere conto attraverso la motivazione dei criteri adottati ed il limite specifico, previsto per tale tipologia di prova, della necessita’ dei c.d. riscontri estrinseci dell’attendibilita’ dei fatti in esse accertati (Sez. 6, n. 14096 del 16/01/2007, Iaculano, Rv. 236142; Sez. 6, n. 5513 del 04/03/1996, Barletta, Rv. 204983; Sez. 1, n. 13235 del 10/02/1986, Zuccaro, Rv. 174394).
Nel caso di specie, inoltre, e’ il caso di rilevare che il contrasto addotto dai ricorrenti, essendo attinente alla mera valutazione della c.d. prova logica, non sarebbe neppure rilevante ai fini dell’esperimento dell’istituto della revisione.
Infatti, si e’ affermato che “in tema di revisione, il concetto di inconciliabilita’ fra sentenze irrevocabili di cui all’articolo 630 c.p.p., comma 1, lettera a), deve essere inteso con riferimento ad una oggettiva incompatibilita’ tra i fatti storici stabiliti a fondamento delle diverse sentenze, non gia’ alla contraddittorieta’ logica tra le valutazioni operate nelle due decisioni” (vedi ex plurimis, Sez. 1, 14/10/2016, Rv. 269757; Sez. 6, 15/11/2016, Rv. 269232), e con riferimento ad un caso analogo che “in tema di revisione cio’ che e’ emendabile e’ l’errore di fatto e non la valutazione del fatto. Ne consegue che non e’ ammissibile l’istanza di revisione con la quale si deduca che lo stesso quadro probatorio sia stato diversamente utilizzato per assolvere un imputato e condannare un concorrente nello stesso reato in due diversi procedimenti (Sez. 2, 06/05/2008, Rv. 240111).
Cio’ premesso, va ribadito che le valutazioni operate nella sentenza di assoluzione emessa nei confronti di (OMISSIS), al di la’ della posizione del predetto singolo imputato, sono del tutto inidonee ad incidere sulla concreta ricostruzione dei fatti operata nel presente giudizio, per la coerenza logica delle argomentazioni con cui entrambi i giudici dei due gradi di merito hanno ritenuto accertata l’intraneita’ dei ricorrenti al gruppo dei tifosi violenti, responsabili degli scontri con le forze dell’ordine.
Infatti, la difforme valutazione della rilevanza delle prove condotta nel separato procedimento svoltosi a carico di altro soggetto, che si assume essere stato arrestato con modalita’ ed in una situazione di fatto del tutto identiche, non costituisce un valido argomento per ritenere viziato il procedimento logico sulla base del quale e’ stata riconosciuta la certezza dell’individuazione dei ricorrenti quali partecipi dei fatti per cui si procede.
3. Manifestamente infondato e’, infine, anche il secondo motivo dedotto dal ricorrente (OMISSIS), con riferimento alla questione della sopravvenuta assoluzione dal reato posto a base dell’emissione del DASPO.
Correttamente il giudice di primo grado e poi la Corte di appello hanno richiamato la giurisprudenza di legittimita’ secondo cui l’assoluzione dai fatti per i quali e’ stato emesso il Daspo non determina la caducazione automatica del provvedimento amministrativo che resta efficace fino alla sua eventuale revoca (Sez. 3, 12/07/2018, Rv. 274563).
E’, quindi, sufficiente ribadire il principio di diritto gia’ affermato da questa Corte di Cassazione, secondo cui il proscioglimento dai fatti-reato che hanno determinato l’applicazione del divieto di accesso ai luoghi di svolgimento di manifestazioni sportive (DASPO) non determina l’automatica decadenza del provvedimento, in quanto lo stesso non e’ basato sull’accertamento giudiziale dei fatti presupposti e puo’ essere revocato o modificato, ai sensi della L. 13 dicembre 1989, n. 401, articolo 6, comma 5, col venir meno o col mutamento delle condizioni che ne hanno giustificato l’emissione.
Con l’ulteriore specificazione che e’ del tutto irrilevante che il proscioglimento sia stato disposto con la formula assolutoria “perche’ il fatto non sussiste” o “perche’ l’imputato non lo ha commesso”, essendo il provvedimento valido ed efficace fino a quando non ne sia stata disposta la revoca o l’annullamento, come espressamente previsto dalla L. n. 401 del 1989, articolo 6, comma 5, che ne prevede l’efficacia sino a quando non sia stato revocato o modificato, anche per effetto di provvedimenti dell’autorita’ giudiziaria, per essere venute meno o per essere mutate le condizioni che ne hanno giustificato l’emissione.
4. Dalla declaratoria di inammissibilita’ dei ricorsi consegue, a norma dell’articolo 616 c.p.p., la condanna dei ricorrenti, oltre che al pagamento delle spese del procedimento, anche a versare ciascuno una somma, che si ritiene congruo determinare in duemila Euro.

P.Q.M.

Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali e ciascuno al versamento della somma di Euro duemila in favore della Cassa delle Ammende.

 

In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.

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