La proposizione di un’eccezione di prescrizione presuntiva

Corte di Cassazione, sezione seconda civile, Sentenza 10 dicembre 2019, n. 32236.

La massima estrapolata:

La proposizione di un’eccezione di prescrizione presuntiva non equivale al riconoscimento del debito, in quanto l’art. 2959 c.c. va inteso nel senso che l’ammissione giudiziale del mancato pagamento comporta il rigetto dell’eccezione, ma non anche che l’eccezione implichi l’ammissione del fatto costitutivo del debito; analogamente il principio va esteso anche al caso di eventuali ammissioni contenute negli atti difensivi ascrivibili al procuratore “ad litem”, non avendo le stesse natura confessoria.

Sentenza 10 dicembre 2019, n. 32236

Data udienza 10 ottobre 2019

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. GORJAN Sergio – Presidente

Dott. CARRATO Aldo – Consigliere

Dott. GRASSO Gianluca – Consigliere

Dott. GIANNACCARI Rossana – Consigliere

Dott. CARBONE Enrico – rel. Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA
sul ricorso iscritto al n. 19859/2015 R.G. proposto da:
(OMISSIS), rappresentato e difeso dall’Avv. (OMISSIS) per procura in calce al ricorso, elettivamente domiciliato in Roma presso lo studio dell’Avv. (OMISSIS);
– ricorrente –
contro
(OMISSIS), e (OMISSIS), rappresentati e difesi dall’Avv. (OMISSIS) per procura a margine del controricorso, elettivamente domiciliati in Roma presso lo studio dell’Avv. (OMISSIS);
– controricorrenti –
e contro
(OMISSIS) s.r.l., ora (OMISSIS) s.r.l., rappresentata e difesa dall’Avv. (OMISSIS) per procura in calce al controricorso, domiciliata presso la cancelleria della Corte;
– controricorrente –
avverso la sentenza della Corte d’appello di Milano, n. 227, depositata il 15 gennaio 2015;
Udita la relazione svolta dal Consigliere Dott. Enrico Carbone nell’udienza pubblica del 10 ottobre 2019;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. Mistri Corrado, che ha concluso per l’inammissibilita’ del primo, terzo e quarto motivo di ricorso, il rigetto del secondo motivo, in subordine il rigetto del ricorso;
uditi l’Avv. (OMISSIS) e l’Avv. (OMISSIS) per delega dell’Avv. (OMISSIS).

FATTI DI CAUSA

(OMISSIS), ingegnere, sul presupposto di aver ricevuto da (OMISSIS) incarico professionale relativo alla lottizzazione di alcuni terreni in (OMISSIS), conveniva davanti al Tribunale di Monza (OMISSIS) e (OMISSIS), eredi di (OMISSIS), per sentirli condannare al pagamento della somma di Euro 230.000,00 a titolo di corrispettivo, in subordine indennizzo per ingiustificato arricchimento, domanda estesa alla societa’ (OMISSIS), quale proprietaria delle aree.
Il Tribunale respingeva le domande e compensava le spese.
La Corte d’appello di Milano respingeva il gravame dell’ (OMISSIS) e, in parziale accoglimento degli incidentali dei (OMISSIS) e della (OMISSIS), limitava la compensazione delle spese di primo grado alla misura di un quarto.
L’ (OMISSIS) ricorre per cassazione sulla base di quattro motivi. I (OMISSIS) e la Tradita resistono con distinti controricorsi.

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Il primo motivo di ricorso denuncia omesso esame di fatto decisivo, per non aver il giudice d’appello esaminato il fatto del conferimento dell’incarico e dell’esecuzione delle prestazioni.
1.1. Il primo motivo e’ infondato.
L’omesso esame denunciabile a norma dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 5 (nel testo odierno, applicabile ratione temporis) attiene al fatto storico decisivo, e non alle relative prove, sicche’ l’omesso esame di elementi istruttori non integra il vizio, qualora il fatto storico sia stato comunque esaminato dal giudice, ancorche’ la sentenza non abbia dato conto di tutte le risultanze probatorie (Cass., sez. un., 7 aprile 2014, n. 8053; Cass. 29 ottobre 2018, n. 27415).
Nella specie, il giudice d’appello ha esaminato il fatto storico decisivo del conferimento d’incarico, escludendone la sussistenza “per carenza di prova” (pag. 6 di sentenza).
Nel denunciare l’omesso esame “del fatto”, il motivo di ricorso denuncia, in realta’, l’omesso esame “delle prove del fatto” (soprattutto prove documentali), cio’ che, tuttavia, e’ estraneo al paradigma normativo dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 5.
2. Il secondo motivo di ricorso denuncia violazione degli articoli 2730, 2731 e 2733 c.c., per non aver il giudice d’appello riconosciuto che l’eccezione di prescrizione presuntiva del credito sollevata dai (OMISSIS) e dalla (OMISSIS) ne implicasse la confessione circa la sussistenza dell’incarico professionale.
2.1. Il secondo motivo e’ infondato.
L’eccezione di prescrizione presuntiva non equivale a riconoscimento del debito, poiche’ l’articolo 2959 c.c. dispone che l’ammissione giudiziale del mancato pagamento comporta il rigetto dell’eccezione, non che l’eccezione implichi ammissione del fatto costitutivo del debito (Cass. 21 gennaio 2000, n. 634; Cass. 15 dicembre 2009, n. 26219; Cass. 30 giugno 2015, n. 13401).
Correttamente richiamato dal giudice d’appello (pag. 4 di sentenza), questo principio, ad avviso del ricorrente, non potrebbe estendersi dal riconoscimento del debito alla confessione sull’incarico.
In realta’, il principio vale a fortiori per la confessione, in quanto eventuali ammissioni contenute negli atti difensivi, dei quali e’ autore il procuratore ad litem, non hanno natura confessoria (Cass. 5 maggio 2003, n. 6750; Cass. 2 ottobre 2007, n. 20701; Cass. 19 marzo 2019, n. 7702).
Nella specie, d’altronde, la tesi del ricorrente determina un paradosso, che concorre a svelarne l’infondatezza: dopo aver respinto l’eccezione di prescrizione presuntiva, a norma dell’articolo 2959 c.c., proprio per aver i convenuti “contestato” il conferimento dell’incarico (pag. 3-4 di sentenza), il giudice d’appello avrebbe dovuto ritenere che essi abbiano, in tal modo, “confessato” il conferimento dell’incarico.
3. Il terzo motivo di ricorso denuncia violazione degli articoli 2697, 2721, 2722 e 2724 c.c., articoli 115 e 116 c.p.c., per aver il giudice d’appello respinto le prove testimoniali sull’incarico e le prestazioni, pur essendovi un principio di prova scritta.
3.1. Il terzo motivo e’ inammissibile.
Il giudice d’appello non ha respinto le istanze istruttorie, ma dichiarato inammissibile il relativo motivo di gravame.
Questa la ratio decidendi: “il motivo e’ inammissibile, in quanto non contiene alcuna critica all’affermazione del Tribunale circa l’inammissibilita’ ex articolo 2722 c.c., nell’ambito di un rapporto negoziale di tale portata, della prova orale… ” (pag. 4-5 della sentenza d’appello).
Nel riproporre la questione del rigetto delle prove, il ricorrente non coglie la ratio decidendi espressa dal giudice di secondo grado, che non attiene alla questione di merito, ma all’irritualita’ dell’appello.
4. Il quarto motivo di ricorso denuncia violazione dell’articolo 2042 c.c., per aver il giudice d’appello respinto la domanda subordinata di ingiustificato arricchimento.
4.1. Il quarto motivo e’ infondato.
L’azione di ingiustificato arricchimento proposta in subordine rispetto all’azione contrattuale e’ ammissibile solo se quest’ultima venga rigettata per difetto ab origine del titolo, non se l’azione contrattuale, pur astrattamente configurabile, viene respinta per carenza di prova (Cass. 13 marzo 2013, n. 6295; Cass. 14 maggio 2018, n. 11682).
Questo principio, cui intende darsi continuita’, riflette il carattere astratto del requisito di sussidiarieta’ ex articolo 2042 c.c., requisito che postula l’inesistenza originaria di un’azione alternativa, irrilevante essendo il concreto esito negativo di un’azione astrattamente esistente (Cass., sez. un., 25 novembre 2008, n. 28042; Cass., sez. un., 28 aprile 2011, n. 9441).
Nella specie, il giudice d’appello si e’ attenuto al principio, facendone corretta applicazione, in quanto la domanda contrattuale dell’ (OMISSIS), pur astrattamente configurabile, e’ stata respinta in concreto, per la mancanza di “prove sufficienti all’accoglimento” (pag. 6 di sentenza).
5. Il ricorso deve essere respinto, con aggravio di spese processuali e raddoppio del contributo unificato.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso.
Condanna il ricorrente a rifondere ad entrambi i controricorrenti le spese del giudizio di legittimita’, che, per ciascuno, liquida in Euro 5.800,00 a titolo di compensi, oltre Euro 200,00 per esborsi, spese generali al 15% e accessori di legge.
Dichiara che il ricorrente ha l’obbligo di versare l’ulteriore importo per contributo unificato ex Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1 quater.

 

In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.

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