Obbligo di collocare il dispositivo di rilevamento elettronico ad almeno un chilometro dal segnale stradale del limite di velocità

Corte di Cassazione, sezione seconda civile, Sentenza 9 dicembre 2019, n. 32104.

La massima estrapolata:

L’art. 25, comma 2, della l. n. 120 del 2010 che impone l’obbligo di collocare il dispositivo di rilevamento elettronico ad almeno un chilometro dal segnale stradale del limite di velocità, si riferisce esclusivamente alle ipotesi in cui l’accertamento del superamento di detto limite avvenga mediante l’impiego di dispositivi di controllo remoto delle violazioni, installati ai sensi dell’art. 4 del d.l. n. 121 del 2002 (conv., con modif., dalla l. n. 168 del 2002) e non, invece, ai casi nei quali l’accertamento sia effettuato in modalità manuale con la presenza degli operatori di polizia stradale.

Sentenza 9 dicembre 2019, n. 32104

Data udienza 10 ottobre 2019

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. GORJAN Sergio – Presidente

Dott. CARRATO Aldo – rel. Consigliere

Dott. GRASSO Giuseppe – Consigliere

Dott. GIANNACCARI Rossana – Consigliere

Dott. CARBONE Enrico – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA
sul ricorso (iscritto al N. R.G. 10283/17) proposto da:
PREFETTURA – UFFICIO TERRITORIALE DEL GOVERNO DI GROSSETO, (C.F.: (OMISSIS)), in persona del Prefetto pro tempore, rappresentata e difesa, “ex lege”, dall’Avvocatura Generale dello Stato e domiciliato presso i suoi Uffici, in Roma, v. dei Portoghesi, 12;
– ricorrente –
contro
(OMISSIS), (C.F.: (OMISSIS)), rappresentato e difeso, in virtu’ di procura speciale in calce al controricorso, dall’Avv. (OMISSIS) ed elettivamente domiciliato presso lo studio dell’Avv. (OMISSIS), in (OMISSIS);
– controricorrente –
avverso la sentenza del Tribunale di Grosseto n. 911/2017, depositata l’8 novembre 2016 (non notificata);
Udita la relazione della causa svolta nell’udienza pubblica del 10 ottobre 2019 dal Consigliere relatore Dott. Aldo Carrato;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. MISTRI Corrado, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

RILEVATO IN FATTO

La Prefettura – Ufficio Territoriale del Governo di Grosseto ha proposto ricorso per cassazione, articolato in un unico complesso motivo, avverso la sentenza del Tribunale di Grosseto n. 911/2016, pubblicata l’8 novembre 2016 (e non notificata), che aveva accolto l’appello formulato dal sig. (OMISSIS) contro la sentenza di primo grado n. 33/2015 del Giudice di pace di Grosseto. L’intimato (OMISSIS) si e’ ritualmente costituito in questa fase di legittimita’ depositando controricorso, con il quale ha instato per il rigetto del ricorso.
La causa aveva avuto origine dalla proposizione dell’opposizione, da parte del (OMISSIS), avverso l’ordinanza-ingiunzione in data 14/5/2014, con la quale il Prefetto di Grosseto gli aveva irrogato apposita sanzione pecuniaria per la violazione di cui all’articolo 142 C.d.S. 1992, comma 8, accertata con verbale della locale Polizia municipale per aver circolato alla velocita’ di 88 km/h, superando di oltre 10 km/h il limite massimo di velocita’ ivi stabilito in 70 km/h (nel tratto della (OMISSIS), in direzione (OMISSIS)). L’adito Giudice di pace rigettava l’opposizione con la richiamata decisione che, tuttavia, veniva riformata con la sentenza del Tribunale di Grosseto, qui impugnata, con il conseguente annullamento dell’opposto provvedimento sanzionatorio amministrativo.
A fondamento della sua pronuncia il giudice di appello rilevava che la L. n. 120 del 2010, articolo 25, comma 2, nel prescrivere che i dispositivi di controllo finalizzati al rilevamento a distanza delle violazioni delle norme di comportamento di cui all’articolo 142 C.d.S., “fuori dei centri abitati non possono comunque essere utilizzati o installati ad una distanza inferiore ad un chilometro dal segnale che impone il limite di velocita’” si riferisce indistintamente a tutti i suddetti dispositivi di rilevamento elettronico, cioe’ sia a quelli di tipo remoto (con postazione fissa) che a quelli di tipo mobile presidiati da pattuglia di rilevamento (e, nella fattispecie, l’accertamento era stato effettuato con un dispositivo nella disponibilita’ e utilizzato da una pattuglia mobile, che, pero’, era stato posizionato ad una distanza inferiore a quella prescritta di 1 km dal punto in cui risultava essere stato collocato il segnale con il quale era stato imposto il limite di velocita’).
In un primo momento il ricorso veniva avviato per la sua definizione con il procedimento camerale previsto dall’articolo 380-bis c.p.c., dinanzi alla VI Sezione, ma, all’esito della relativa adunanza camerale, il collegio ravvisava l’opportunita’ di rimetterne la trattazione e la decisione alla pubblica udienza della Seconda Sezione.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Con l’unico motivo formulato la Prefettura di Grosseto ha denunciato – ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3 – la violazione e/o falsa applicazione della L. n. 120 del 2010, articolo 25, comma 2, sul presupposto dell’asserita erroneita’ ed illegittimita’ dell’interpretazione di detta norma nella parte in cui, con l’impugnata sentenza, e’ stata ritenuta applicabile (con la conseguente ravvisata necessita’ dell’osservanza della distanza di 1 Km tra il punto in cui collocare il dispositivo di controllo della velocita’ e quello in cui e’ ubicato il segnale indicante il limite massimo di velocita’) anche alle ipotesi – come quella verificatasi nel caso di specie – nelle quali l’accertamento mediante l’apparecchiatura di rilevamento elettronico della velocita’ sia stato effettuato in modalita’ manuale con la presenza degli agenti di Polizia stradale.
2. Rileva il collegio che la proposta censura e’ fondata per le ragioni che seguono.
E’ opportuno preliminarmente richiamare il quadro normativo da tenere necessariamente presente per la risoluzione della questione di diritto posta con il ricorso.
La L. 29 agosto 2010, n. 120 (contenente “Disposizioni in materia di sicurezza stradale”), ratione temporis applicabile nel caso di specie, ha previsto all’articolo 25, comma 1, per quanto qui viene in rilievo con riferimento al pregresso testo dell’articolo 142 C.d.S. 1992, l’aggiunta dei seguenti commi: “12-bis. I proventi delle sanzioni derivanti dall’accertamento delle violazioni dei limiti massimi di velocita’ stabiliti dal presente articolo, attraverso l’impiego di apparecchi o di sistemi di rilevamento della velocita’ ovvero attraverso l’utilizzazione di dispositivi o di mezzi tecnici di controllo a distanza delle violazioni ai sensi del Decreto Legge 20 giugno 2002, n. 121, articolo 4, convertito, con modificazioni, dalla L. 1 agosto 2002, n. 168 e successive modificazioni, sono attribuiti, in misura pari al 50 per cento ciascuno, all’ente proprietario della strada su cui e’ stato effettuato l’accertamento o agli enti che esercitano le relative funzioni ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica 22 marzo 1974, n. 381, articolo 39 e all’ente da cui dipende l’organo accertatore, alle condizioni e nei limiti di cui ai commi 12-ter e 12-quater (…) 12-ter. Gli enti di cui al comma 12-bis destinano le somme derivanti dall’attribuzione delle quote dei proventi delle sanzioni amministrative pecuniarie di cui al medesimo comma alla realizzazione di interventi di manutenzione e messa in sicurezza delle infrastrutture stradali, ivi comprese la segnaletica e le barriere, e dei relativi impianti, nonche’ al potenziamento delle attivita’ di controllo e di accertamento delle violazioni in materia di circolazione stradale, ivi comprese le spese relative al personale, nel rispetto della normativa vigente relativa al contenimento delle spese in materia di pubblico impiego e al patto di stabilita’ interno.
12-quater. Ciascun ente locale trasmette in via informatica al Ministero delle infrastrutture e dei trasporti ed al Ministero dell’interno, entro il 31 maggio di ogni anno, una relazione in cui sono indicati, con riferimento all’anno precedente, l’ammontare complessivo dei proventi di propria spettanza di cui dell’articolo 208, comma 1 e al comma 12-bis del presente articolo, come risultante da rendiconto approvato nel medesimo anno, e gli interventi realizzati a valere su tali risorse, con la specificazione degli oneri sostenuti per ciascun intervento. La percentuale dei proventi spettanti ai sensi del comma 12-bis e’ ridotta del 30 per cento annuo nei confronti dell’ente che non trasmetta la relazione di cui al periodo precedente, ovvero che utilizzi i proventi di cui al primo periodo in modo difforme da quanto previsto dell’articolo 208, comma 4 e dal comma 12-ter del presente articolo, per ciascun anno per il quale sia riscontrata una delle predette inadempienze”.
Con la L. n. 120 del 2010, articolo 25, comma 2, in questione e’ stato, altresi’, disposto che:
” Con decreto del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, di concerto con il Ministro dell’interno, sentita la Conferenza Stato – citta’ ed autonomie locali, e’ approvato il modello di relazione di cui al Decreto Legislativo n. 285 del 1992, articolo 142, comma 12-quater, introdotto dal presente articolo, e sono definite le modalita’ di trasmissione in via informatica della stessa, nonche’ le modalita’ di versamento dei proventi di cui al comma 12-bis agli enti ai quali sono attribuiti ai sensi dello stesso comma. Con il medesimo decreto sono definite, altresi’, le modalita’ di collocazione e uso dei dispositivi o mezzi tecnici di controllo, finalizzati al rilevamento a distanza delle violazioni delle norme di comportamento di cui al Decreto Legislativo n. 285 del 1992, articolo 142, che fuori dei centri abitati non possono comunque essere utilizzati o installati ad una distanza inferiore ad un chilometro dal segnale che impone il limite di velocita’”.
Orbene, alla stregua di tale impianto normativo, non appare discutibile che quest’ultimo periodo della L. n. 120 del 2010, articolo 25, comma 2, si fonda sul medesimo presupposto normativo di cui al periodo precedente, il quale, a sua volta, rimanda all’articolo 142 C.d.S., comma 12-quater (introdotto come evidenziato – dalla medesima L. n. 120 del 2010), che pone ulteriore riferimento all’antecedente comma 12-bis C.d.S. (anch’esso frutto di aggiunta a mezzo dell’articolo 25, comma 1 in esame), il quale pone riguardo alle violazioni dei limiti massimi di velocita’ stabiliti dal presente articolo, attraverso l’impiego di apparecchi o di sistemi di rilevamento della velocita’ ovvero attraverso l’utilizzazione di dispositivi o di mezzi tecnici di controllo a distanza delle violazioni ai sensi del Decreto Legge 20 giugno 2002, n. 121, articolo 4, convertito, con modificazioni, dalla L. 1 agosto 2002, n. 168.
Da questo coacervo normativo deriva che la previsione normativa di cui alla L. n. 120 del 2010, articolo 25, comma 2, nel prevedere che i dispositivi ed i mezzi tecnici di controllo finalizzati al rilevamento a distanza delle violazioni delle norme dell’articolo 142 C.d.S., debbano essere collocati ad almeno un chilometro dal segnale stradale che impone il limite di velocita’, ha inteso riferirsi unicamente ai casi in cui i dispositivi siano finalizzati al controllo remoto delle violazioni e cioe’ siano collocati ai sensi del Decreto Legge n. 121 del 2002, citato articolo 4 (come convertito in legge) e, percio’, non riguarda i casi in cui l’accertamento dell’illecito sia effettuato con apparecchi elettronici mobili presidiati con la presenza di un organo di polizia stradale, la cui distanza deve essere soltanto adeguata e non e’, quindi, da ritenersi prefissata normativamente (in tal senso, in via interpretativa, ancorche’ non in modo vincolante, hanno chiarito il complesso normativo in questione le circolari del Ministero dell’Interno del 12 agosto 2010, n. 300/A/11310/10/101/3/3/9, del 29 dicembre 2010, n. 300/A/16052/10/101/3/3/9 e del 26 marzo 2012, n. 300/A/2289/12/101/3/3/9, le quali pongono, infatti, tutte riferimento alla portata della L. n. 120 del 2010, articolo 25, comma 2).
Questa interpretazione e’ da privilegiarsi perche’ si pone in un rapporto di coerenza logica con la ragione giustificatrice sottesa alla norma di cui dell’articolo 25, comma 2, della piu’ volte citata L. n. 120 del 2010, che corrisponde a quella di consentire all’utente stradale di disporre di elementi per poter avvistare, in tempo utile, la prescrizione relativa al mutamento del limite di velocita’, al fine di regolare quest’ultima in condizioni di sicurezza, ovvero in conformita’ alla valutazione prudenziale predeterminata ex ante dall’ente proprietario o gestore del tratto stradale.
Pertanto, nel caso di dispositivi completamente automatici, tali elementi di sostanziano unicamente nell’apposizione del cartello segnalatore della velocita’, onde si profila congruo imporre una determinata ed ampia distanza tra il segnale e la postazione di rilevamento (pari, per l’appunto, ad almeno 1 Km), mentre nell’ipotesi di accertamento eseguito con modalita’ manuale mediante apparecchi elettronici nella diretta disponibilita’ della polizia stradale e dagli stessi agenti gestiti con la presenza in loco, quest’ultima predisposizione rappresenta un elemento ulteriore (rispetto al punto in cui risulta apposto il cartello indicatore del limite di velocita’) per effetto del quale l’utente e’ messo nelle condizioni di avvistare, con maggiore anticipo, la stessa posizione di rilevamento, cosi’ rimanendo giustificata l’esclusione dell’osservanza del predetto limite di 1 Km previsto dalla L. n. 120 del 2010, articolo 25, comma 2.
Deve, percio’, affermarsi il principio di diritto, al quale dovra’ uniformarsi il giudice di rinvio, in base al quale il disposto della L. n. 120 del 2010, articolo 25, comma 2 – che impone l’obbligo di collocare il dispositivo di rilevamento elettronico ad almeno un chilometro dal segnale stradale che impone il limite di velocita’ – si riferisce esclusivamente alle ipotesi in cui l’accertamento del superamento di detto limite avvenga mediante l’impiego di dispostivi di controllo remoto delle violazioni installati ai sensi del Decreto Legge 20 giugno 2002, n. 121, articolo 4 (conv., con modif., dalla L. 1 agosto 2002, n. 168), e non invece ai casi (come avvenuto nella fattispecie oggetto di causa) nei quali l’accertamento sia stato effettuato in modalita’ manuale con la presenza degli operatori di polizia stradale.
Di conseguenza, non dovendo, nel caso di specie, rispettarsi il menzionato limite di 1 Km, essendo stato effettuato il rilevamento elettronico con apparecchio mobile manualmente approntato e fatto funzionare, la sentenza qui impugnata e’ da ritenersi errata sul piano giuridico, essendo sufficiente, per il tipo di strada in cui era stato eseguito l’accertamento (classificata come strada extraurbana secondaria), osservare una distanza solo adeguata dal punto di installazione dell’apparato a quello del concreto rilevamento (per effetto del c.d. “puntamento”) della velocita’, in modo da garantirne il tempestivo avvistamento. La giurisprudenza di questa Corte (cfr. Cass. n. 25769/2013 e Cass. n. 20327/2018) ha, al riguardo, precisato che la distanza tra segnali stradali o dispositivi luminosi e la postazione di rilevamento con modalita’ manuale deve essere valutata in relazione allo stato dei luoghi, senza che assuma alcun rilevo la mancata ripetizione della segnalazione di divieto dopo ciascuna intersezione per gli automobilisti che proseguano lungo la medesima strada (il Ministero dell’Interno ha posto riferimento a tale criterio con la recente Direttiva del Dipartimento Pubblica Sicurezza – Servizio Polizia stradale, registrata il 21 luglio 2017, prot. 300/A/5620/17/144/5/20/3).
Da cio’ consegue che il Tribunale di Grosseto sara’ tenuto ad effettuare in sede di rinvio tale verifica in concreto, soprattutto alla stregua dell’attestazione – di cui viene dato atto nell’impugnata sentenza – proveniente dall’appellato Prefetto secondo cui, in base alla documentazione prodotta fin dal giudizio di primo grado (con particolare riferimento alla relazione di servizio), la distanza tra il cartello di presegnalazione dell’autovelox mobile e la postazione di controllo presidiata dagli agenti accertatori era di 432 metri.
Se tale dovesse effettivamente risultare essere la contestata distanza, e’ evidente che la stessa dovra’ essere ritenuta adeguata allo scopo in virtu’ di quanto prima posto in risalto per effetto del rispetto del limite minimo (ove si reputino insufficienti al riguardo le misure minime stabilite, solo indicativamente, dal Decreto del Presidente della Repubblica n. 495 del 1992, articolo 79, contenente il regolamento del C.d.S.) di 400 metri previsto dall’articolo 4 della Circolare ministeriale del 3 agosto 2007, recante disposizioni conseguenti all’entrata in vigore del Decreto Legge n. 117 del 2007 (conv. in legge dalla L. n. 160 del 2007, articolo 1, comma 1 e recante “Disposizioni urgenti modificative del codice della strada per incrementare i livelli di sicurezza nella circolazione”, relative, tra l’altro, anche alla disciplina del controllo della velocita’), con la conseguente valutazione di legittimita’ dell’eseguito controllo mediante il quale e’ stata accertata la violazione dell’articolo 142 C.d.S., comma 8, a carico del (OMISSIS).
3. In definitiva, alla stregua delle ragioni complessivamente svolte, il ricorso deve essere accolto con la conseguente cassazione dell’impugnata sentenza ed il rinvio della causa al Tribunale monocratico di Grosseto, in persona di altro magistrato, che, oltre a conformarsi al principio di diritto come prima enunciato, provvedera’ anche a regolare le spese del presente giudizio di legittimita’.

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese del presente giudizio, al Tribunale monocratico di Grosseto, in persona di altro magistrato.

 

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