Documenti in copia e la produzione in un procedimento giudiziale

Corte di Cassazione, sezione lavoro, Sentenza 26 ottobre 2018, n. 27217

La massima estrapolata:

Ai fini della validità probatoria, la produzione nell’ambito di un procedimento giudiziale di documenti in copia, differenti tra loro, deve prevedere come adempimento necessario da parte del giudicante il raffronto tra gli stessi, rispettando ove possibile il criterio della prevalenza e conservazione degli atti giuridici al fine di addivenire alla più corretta interpretazione delle difformità ovvero irregolarità.

Sentenza 26 ottobre 2018, n. 27217

Data udienza 16 maggio 2018

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. D’ANTONIO Enrica – Presidente

Dott. BERRINO Umberto – Consigliere

Dott. RIVERSO Roberto – Consigliere

Dott. MANCINO Rossana – Consigliere

Dott. BELLE’ Roberto – rel. Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA
sul ricorso 11077-2013 proposto da:
I.N.P.S. ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE, C.F. (OMISSIS), in persona del suo Presidente e legale rappresentante pro tempore, in proprio e quale mandatario della (OMISSIS) S.P.A. (OMISSIS) C.F. (OMISSIS), elettivamente domiciliati in ROMA, VIA CESARE BECCARIA 29, presso l’Avvocatura Centrale dell’Istituto, rappresentati e difesi dagli avvocati (OMISSIS), giusta delega in atti;
– ricorrenti –
contro
FALLIMENTO (OMISSIS);
– intimato –
Nonche’ da:
FALLIMENTO (OMISSIS), in persona del Curatore pro tempore, elettivamente domiciliato in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), rappresentato e difeso dall’avvocato (OMISSIS), giusta delega in atti;
– controricorrente e ricorrente incidentale –
contro
I.N.P.S. – ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE, C.f. (OMISSIS), in persona dei suo Presidente e legale rappresentante pro tempore, in proprio e quale mandatario della (OMISSIS) S.P.A. (OMISSIS) C.F. (OMISSIS), elettivamente domiciliati in ROMA, VIA CESARE BECCARIA 29, presso l’Avvocatura Centrale dell’Istituto, rappresentati e difesi dagli avvocati (OMISSIS), giusta delega in calce alla copia notificata del ricorso;
– resistenti con mandato –
avverso la sentenza n. 198/2013 della CORTE D’APPELLO di PALERMO, depositata il 12/02/2013, r.g.n. 1946/2008;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 16/05/2018 dal Consigliere Dott. ROBERTO BELLE’;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. VISONA’ STEFANO, che ha concluso per l’accoglimento del ricorso;
udito l’Avvocato (OMISSIS).

FATTI DI CAUSA

1. La Corte d’Appello di Palermo, con sentenza n. 198/2013, ha respinto il gravame avverso la pronuncia con cui il Tribunale della stessa sede aveva rigettato l’opposizione allo stato passivo del Fallimento (OMISSIS) proposta dall’I.N.P.S., anche quale mandatario della societa’ di cartolarizzazione (OMISSIS) s.p.a., rispetto ad un proprio credito contributivo.
La Corte riteneva corretta la valutazione del primo giudice secondo cui i decreti ingiuntivi con i quali si intendeva comprovare la pretesa creditoria difettavano della sottoscrizione del giudice, rilevandosi, nelle copie autentiche, soltanto un timbro con la dicitura “dr. (OMISSIS)” e dovendosi ritenere che anche gli originali fossero privi della firma, stante la fidefacienza delle copie.
2. L’I.N.P.S. ha proposto ricorso per cassazione sulla base di un motivo, resistito da controricorso del Fallimento (OMISSIS), che ha anche proposto ricorso incidentale. L’INPS ha depositato memoria.

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con l’unico motivo di gravame l’ente previdenziale deduce, ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., n. 3, la violazione degli articoli 474, 475 e 643 c.p.c. e dell’articolo 153 disp. att. c.p.c., affermando che, essendo i decreti ingiuntivi originali muniti di sottoscrizione, non si poteva ritenere che anche le copie autentiche non attestassero la sussistenza della sottoscrizione stessa, a nulla rilevando che accanto al nominativo del giudice, in esse riportato, non vi fosse la dicitura “firmato”.
Con il ricorso incidentale il Fallimento sostiene, sempre ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., n. 3, la violazione del Decreto Ministeriale 20 luglio 2012 e della tabella inerente i compensi per gli avvocati, in quanto la liquidazione delle spese in misura di Euro 500,00 oltre accessori risulterebbe di gran lunga inferiore a quanto stabilito dalla predetta normativa.
2. Il ricorso e’ fondato.
2.1 Esso non attiene, come sostiene il controricorrente, all’ambito della libera e non censurabile valutazione delle prove da parte del giudice del merito, ma, nei termini di cui si dira’, al piano della corretta applicazione di norme giuridiche.
2.2 Il richiamo del motivo al disposto dell’articolo 643 c.p.c. sottopone a questa Corte la questione giuridica in merito alla correttezza della valutazione dei documenti prodotti quali decreti ingiuntivi, cui e’ consequenziale l’apprezzamento in merito alla idoneita’ probatoria di essi – alla fine negata dalla Corte territoriale, sul presupposto dell’inesistenza dei provvedimenti giudiziale per mancanza di sottoscrizione – nell’ambito del procedimento di verificazione fallimentare (per una dinamica analoga, v. Cass. 29 gennaio 2014, n. 1984). Implicitamente poi, facendo leva sui rapporti tra le copie contenenti la sigla di sottoscrizione (non valutate dalla Corte territoriale) e quelle recanti solo il timbro con il nome del giudice, l’ente sollecita la verifica in ordine alla coerenza giuridica della sentenza nella trattazione di tali difformi, ma non necessariamente discordanti, elementi documentali.
2.3 In fatto risulta che sono state prodotte due ordini di copie autentiche dei decreti ingiuntivi, entrambe destinate a far fede come gli originali, stante il disposto dell’articolo 2714 c.c..
Una prima copia autentica dei due decreti ingiuntivi che ancora interessano e’ stata realizzata con l’attestazione di conformita’ riportata su di un testo identico a quello da asseverare e recante, sotto la dizione “Il Pretore”, un timbro con il nome del firmatario, “Dr. (OMISSIS)”, ma senza la riproduzione di segni grafici di sottoscrizione.
Una seconda copia autentica dei due decreti reca invece, sotto la dizione “Il Pretore”, una sigla di sottoscrizione, senza indicazione del nome del giudice.
La Corte ha esaminato soltanto le copie autentiche recanti il timbro e non quelle munite di sigla di sottoscrizione, per concluderne in sostanza che anche gli originali non contenessero la sottoscrizione, ma solo il timbro con il nome del giudice.
3. Tale procedere non e’ corretto.
E’ vero che “l’esistenza di copie autentiche di un atto pubblico tra loro difformi impone la proposizione della querela di falso contro quelle ritenute contraffatte, essendo questo lo strumento imprescindibile per neutralizzare il valore probatorio di tali documenti” dovendosi altrimenti dare prevalenza a quello prodotto per primo (Cass. 27 settembre 2017, n. 22469; Cass. 24 ottobre 1984, n. 5411), ma tale principio riguarda il caso in cui le parti eseguano produzioni tra loro contrapposte, sicche’ chi oppone una diversa copia alla copia prodotta dapprima da altri, deve supportare la propria difesa con la querela.
Principio diverso deve invece operare quando le produzioni provengano dalla stessa parte e la seconda sia attuata al fine di supportare carenze del documento depositato per primo.
In tal caso, a fronte della produzione di copie autentiche dello stesso documento in due versioni recanti tra loro profili di difformita’, e’ errato il ragionamento che si limiti ad apprezzare una di tali copie; dovendosi viceversa procedere al raffronto tra esse, attribuendo ove possibile prevalenza, in applicazione del principio generale di conservazione degli atti giuridici e fino a querela di falso, all’interpretazione che renda compatibili tra loro tali difformita’.
Cio’ porta ad escludere che la mancanza, nelle copie recanti solo il timbro con il nome del Pretore, della dizione “firmato” o dell’abbreviazione “f.to”, possa essere intesa altrimenti da una semplice irregolarita’, quando – come nella specie – non venga in discussione che l’originale (come e’ possibile evincere dagli atti prodotti anche in sede di legittimita’ dall’I.N.P.S.) contiene la sigla grafica di sottoscrizione autografa del Pretore.
4. Nella sentenza impugnata la Corte d’appello di Palermo ha del tutto eluso il predetto raffronto, cosi’ come la necessita’ di dare rilievo preminente alla effettiva esistenza della sottoscrizione sugli originali dei decreti ingiuntivi e non ha considerato che l’assenza dell’indicazione “firmato” o “f.to” nelle copie recanti solo il timbro con il nome del Pretore avesse natura di mera irregolarita’. In tal modo, sulla base di quanto sopra precisato, si e’ pero’ determinato un palese errore di apprezzamento in iure che ha di conseguenza portato all’altrettanto errata conclusione, su tali inesatti presupposti, nel senso dell’inesistenza del decreto ingiuntivo per mancanza di sottoscrizione.
5. Il ricorso deve essere, dunque, accolto, con cassazione della sentnza impugnata ed assorbimento del motivo incidentale inerente la regolazione delle spese legali; essendo necessari ulteriori accertamenti sui presupposti per l’ammissione al passivo fallimentare dell’INPS, la causa va rinviata alla Corte d’Appello di Palermo, in diversa composizione, che regolera’ anche le spese del giudizio di cassazione.

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso principale, assorbito l’incidentale, cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese del giudizio di legittimita’, alla Corte d’Appello di Palermo, in diversa composizione.

Avv. Renato D’Isa

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