Procedura di affidamento e gravi illeciti professionali

Consiglio di Stato, Sentenza|20 agosto 2021| n. 5967.

Procedura di affidamento e gravi illeciti professionali.

L’elencazione dei gravi illeciti professionali rilevanti contenuta nella lett. c) del comma 5 dell’art. 80 del Codice dei contratti pubblici è, dunque, meramente esemplificativa, potendo la stazione appaltante desumere il compimento di gravi illeciti professionali da ogni vicenda pregressa, anche non tipizzata, dell’attività professionale dell’operatore economico di cui fosse accertata la contrarietà ad un dovere posto in una norma civile, penale o amministrativa.

Sentenza|20 agosto 2021| n. 5967. Procedura di affidamento e gravi illeciti professionali

Data udienza 29 luglio 2021

Integrale

Tag – parola chiave: Appalti pubblici – Procedura di affidamento – Requisiti di partecipazione – Moralità professionale – Gravi illeciti professionali – Art. 80, lett. c) comma 5 del Codice dei contratti pubblici – Elencazione – Natura esemplificativa

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale
Sezione Terza
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 2509 del 2021, proposto da -OMISSIS-, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’avvocato Si. Ma., con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
contro
-OMISSIS-, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati Ma. Na., Sa. De. Fa., con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
Regione Lazio, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’avvocato Fi. Fu., con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto in Roma, via (…);
per la riforma
della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio -OMISSIS-.
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio di -OMISSIS- e della Regione Lazio;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 29 luglio 2021, svolta in modalità da remoto, il Cons. Umberto Maiello e dato atto della presenza, ai sensi di legge, degli avvocati delle parti come da verbale dell’udienza;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO e DIRITTO

1. La società appellante chiede la riforma della sentenza -OMISSIS- con cui il TAR per il Lazio Sezione Terza, dopo aver dichiarato irricevibile il ricorso incidentale, ha accolto l’appello della controinteressata, -OMISSIS-, avverso l’aggiudicazione alla -OMISSIS-, quanto al lotto 2, della gara comunitaria indetta dalla Regione Lazio ed avente ad oggetto l’affidamento, mediante convenzioni quadro, del servizio di pulizia e sanificazione occorrente alle Aziende Sanitarie e Ospedaliere della Regione Lazio, della durata di 36 mesi, prorogabile di ulteriori 12 mesi.
1.1. Vale premettere che, con bando pubblicato sulla GUUE del 22.12.2017, la Regione Lazio – in qualità di stazione appaltante e soggetto aggregatore ai sensi dell’art. 9 D.L. n. 66 del 24.4.2014 – indiceva una gara comunitaria centralizzata a procedura aperta per l’affidamento, mediante convenzioni quadro, del servizio di pulizia e sanificazione occorrente alle Aziende Sanitarie e Ospedaliere della Regione Lazio, ciascuna della durata di 36 mesi, prorogabile di ulteriori 12 mesi.
La gara era suddivisa in 17 lotti per l’importo complessivo di Euro 407.629.228,88, Iva esclusa e al netto dei costi per rischi da interferenza pari a Euro 179.900,00 non soggetti a ribasso, da aggiudicarsi secondo il criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa.
Il lotto 2, in particolare, prevedeva un valore a base d’asta per 60 mesi di Euro 49.624.131,74 (Iva esclusa e al netto dei costi per rischi di interferenza non soggetti a ribasso pari a Euro 12.400,00).
Per tale lotto hanno presentato offerta 22 operatori economici, tra cui -OMISSIS-, prima classificata con il punteggio totale di 76,61 (di cui 49,72 punti per l’offerta tecnica e 26,89 punti per l’offerta economica), e -OMISSIS-, mandataria del costituendo RTI con -OMISSIS- e -OMISSIS-, collocatasi in seconda posizione con il punteggio totale di 71,65 (di cui 49,46 punti per l’offerta tecnica e 29,60 punti per l’offerta economica)
La Regione Lazio ha quindi attivato il sub-procedimento di verifica di congruità dell’offerta presentata da -OMISSIS- nel Lotto 2, in esito al quale la Commissione ha valutato l’offerta de -OMISSIS- “nel complesso sostenibile e congrua”.
Con determinazione -OMISSIS-, la Regione Lazio ha approvato le risultanze della gara e ha disposto l’aggiudicazione del lotto 2 in favore de -OMISSIS-.
1.2. Avverso gli esiti della gara proponeva ricorso -OMISSIS- e nel relativo giudizio si costituivano in resistenza la Regione Lazio e -OMISSIS-, che spiegava, altresì, ricorso incidentale.
2. Il giudice di prime cure statuiva, anzitutto, l’irricevibilità del ricorso incidentale “in quanto le censure con esso sollevate attengono tutte alla fase di ammissione alla gara dei singoli partecipanti. Fase questa conclusasi in data -OMISSIS-, mediante pubblicazione dell’elenco degli ammessi, ossia in un momento in cui era ancora vigente il c.d. rito superaccelerato (il quale imponeva come noto l’immediata impugnazione dei provvedimenti di ammissione ed esclusione dalla gara)”.
Nel merito, il TAR condivideva i rilievi mossi dalla -OMISSIS- in ordine all’improprio utilizzo del cd. lavoro supplementare sia in quanto riferito ad attività ordinarie, e dunque non solo per evenienze impreviste, sia in quanto l’ammissione del lavoro supplementare può ritenersi consentito per percentuali contenute, mentre quella qui in rilievo sarebbe riferibile a circa il 20 % delle ore lavorate.
3. Avverso la decisione suindicata –OMISSIS- deduce, con l’appello in epigrafe, che:
a) sarebbe erronea la statuizione di irricevibilità del ricorso incidentale, non potendo condividersi l’opzione esegetica privilegiata dal TAR del d.l. 18 aprile 2019, n. 32, convertito dalla L. 14 giugno 2019, n. 55, nella parte in cui, ai commi 22 e 23 dell’articolo 1 del citato decreto, ha disposto l’abrogazione dell’art. 120 commi 2 bis e 6 bis del c.p.a. Ripropone, dunque, per l’effetto, le doglianze compendiate nel ricorso incidentale, non delibate dal TAR e di seguito riportate in via di sintesi:
– mancata esclusione di -OMISSIS- per la sopravvenienza di un’iscrizione ex articolo 80 comma 12 del d.lgs. 50/2016 nel casellario informatico dell’ANAC, durante lo svolgimento della gara;
– assenza dei requisiti di capacità economico finanziaria (insufficienza del requisito di fatturato e per aver una delle ditte facenti capo all’ATI controinteressata indicato un triennio diverso da quello rilevante ai fini di gara);
– assenza dei requisiti di capacità tecnica professionale (non risulterebbero prodotte le certificazioni di qualità richieste);
– violazione dell’art. 5 e del paragrafo 3.4 del capitolato tecnico con riferimento alla attività di disinfestazione e derattizzazione di cui al lotto 2, per il fatto che la -OMISSIS- risulta abilitata a svolgere l’attività di disinfestazione e derattizzazione solo dall’-OMISSIS-, quindi molto dopo la chiusura del termine di presentazione delle offerte (-OMISSIS-);
– omessa indicazione dei costi di derattizzazione;
– omessa indicazione dei tassi di assenteismo;
b) sarebbe, altresì, erronea la decisione appellata nella parte in cui ha accolto il ricorso avanzato da -OMISSIS- dal momento che il rapporto fra le ore di assenza indicate (444) e le ore annue teoriche 2088 sarebbe pari al 21,2644 %; di conseguenza la percentuale di lavoro supplementare indicata nei giustificativi, pari al 20 %, dovrebbe ritenersi congrua alla stregua della giurisprudenza di settore in quanto volta a coprire solo le assenze.
3.1. Si è costituita in giudizio la Regione Lazio che ha concluso per l’accoglimento dell’appello.
3.2. Resiste in giudizio -OMISSIS- che ha, anzitutto, eccepito l’inammissibilità dell’appello siccome proposto da –OMISSIS-, come -OMISSIS- del ramo di azienda de -OMISSIS-, senza, però, aver dimostrato che il rapporto qui controverso è confluito nell’ambito della suddetta -OMISSIS-.
3.3. Ai sensi dell’articolo 101 c.p.a., -OMISSIS- ha, inoltre, riproposto le doglianze non delibate dal giudice di prime cure e così sintetizzabili, soggiungendo che il loro scrutinio va apprezzato anche e soprattutto in ragione di una lettura di insieme:
– insufficienza del monte ore previsto per le figure dirigenziali;
– mancata applicazione delle maggiorazioni previste per il lavoro notturno;
– omessa dichiarazione di indagini penali per -OMISSIS- con -OMISSIS- subito dall’Azienda.
4. Con decreto presidenziale -OMISSIS- è stata respinta l’istanza di -OMISSIS– di misure cautelari monocratiche.
4.1. All’udienza camerale -OMISSIS-, fissata per la trattazione dell’istanza cautelare avanzata dall’appellante, la trattazione dell’istanza suddetta è stata abbinata al merito.
4.2. All’udienza del 29.7.2021, il ricorso è stato trattenuto in decisione.
5. L’appello principale è fondato per le ragioni di seguito indicate. Allo stesso modo, meritevoli di favorevole delibazione si rivelano anche le censure qui riproposte da -OMISSIS- ai sensi e per gli effetti di cui all’art. 101 comma 2 del c.p.a. con conseguente integrale riforma della sentenza di primo grado.
Va, anzitutto, disattesa l’eccezione di inammissibilità dell’appello sollevata da -OMISSIS- secondo cui –OMISSIS-, come -OMISSIS- del ramo d’azienda de -OMISSIS-, non avrebbe comprovato la sua legittimazione ad agire.
Secondo -OMISSIS-, l’appellante, promuovendo l’appello ex art. 111 c.p.c. in sostituzione del soggetto cedente, non avrebbe dimostrato che, nel coacervo delle posizioni giuridiche oggetto di -OMISSIS-, fosse ricompreso anche il rapporto controverso qui in rilievo.
L’eccezione non ha pregio avendo l’appellante prodotto in atti l’atto di -OMISSIS- del ramo aziendale, costituito dal complesso dei beni e dei diritti organizzati per l’esercizio delle seguenti attività : servizi di pulizie civili e industriali, sanificazione sanitaria e ospedaliera, gestione parcheggi e sosta su strada, handling aeroportuale, manutenzione delle aree verdi, disinfezione, disinfestazione e derattizzazione, raccolta e smaltimento dei rifiuti, reception, portierato, sorveglianza e vigilanza non armata, servizi di ausiliariato, facchinaggio e manutenzione degli impianti.
Tanto nello stato di fatto e di diritto in cui si trovava il ramo d’azienda -OMISSIS-, con tutti gli elementi attivi e passivi che lo costituiscono, con le relative immobilizzazioni immateriali e materiali, il relativo patrimonio circolante, i rapporti contrattuali, i diritti, le ragioni ed ogni altro elemento in esso ricompreso come più precisamente descritto nella Relazione di stima allegata.
Ciò è sufficiente per confermare la legittimazione attiva dell’odierno appellante atteso che la -OMISSIS- di ramo d’azienda evoca una vicenda traslativa caratterizzata dal trasferimento di un complesso di beni che oggettivamente si presenti quale entità dotata di una propria autonomia organizzativa ed economica funzionalizzata allo svolgimento di un’attività volta alla produzione di beni o servizi e, nel caso qui in rilievo, non può essere revocata in dubbio, anche in assenza di ulteriori e più conferenti elementi di segno contrario, l’operatività della -OMISSIS– nel rapporto controverso siccome strettamente connesso all’attività propria del ramo -OMISSIS-.
5.1. Sempre in via preliminare, e in prospettiva metodologica, occorre poi dare conto dell’ordine di esame delle plurime questioni di merito devolute al Collegio per effetto delle domande incrociate sollevate dalle parti, esame al quale verrà, comunque, anteposto lo scrutinio delle questioni di rito.
5.2. Giusta quanto già sopra anticipato, in prime cure al ricorso principale proposto da -OMISSIS- si è opposto il ricorso incidentale spiegato dal-OMISSIS-. Entrambe le parti hanno qui riproposto, nelle vesti di appellante principale, -OMISSIS-, e di appellata (con riproposizione ex art. 101 comma 2 c.p.a. dei motivi di censura non delibati), -OMISSIS-, le rispettive tesi già sviluppate in prime cure.
5.3. Com’è noto, l’ordine di trattazione del ricorso incidentale escludente e del ricorso principale ha, a lungo, impegnato i giudici nazionali e la stessa Corte Europea di Giustizia, che si è da ultimo pronunciata con la sentenza del 5 settembre 2019 C- 333/18 del 9 settembre 2019 nella quale ha rilevato che “L’articolo 1, paragrafo 1, terzo comma, e paragrafo 3, della direttiva 89/665/CEE del Consiglio, del 21 dicembre 1989, che coordina le disposizioni legislative, regolamentari e amministrative relative all’applicazione delle procedure di ricorso in materia di aggiudicazione degli appalti pubblici di forniture e di lavori, come modificata dalla direttiva 2007/66/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, dell’11 dicembre 2007, deve essere interpretato nel senso che esso osta a che un ricorso principale, proposto da un offerente che abbia interesse ad ottenere l’aggiudicazione di un determinato appalto e che sia stato o rischi di essere leso a causa di una presunta violazione del diritto dell’Unione in materia di appalti pubblici o delle norme che traspongono quest’ultimo, ed inteso ad ottenere l’esclusione di un altro offerente, venga dichiarato irricevibile in applicazione delle norme o delle prassi giurisprudenziali procedurali nazionali disciplinanti il trattamento dei ricorsi intesi alla reciproca esclusione, quali che siano il numero di partecipanti alla procedura di aggiudicazione dell’appalto e il numero di quelli che hanno presentato ricorsi”.
Ha osservato, infatti, la Corte che, quando a seguito di una procedura ad evidenza pubblica, due offerenti presentano ricorso intesi alla reciproca esclusione, ciascuno di essi ha interesse ad ottenere l’aggiudicazione dell’appalto: da un lato, infatti, l’esclusione di un offerente può far sì che l’altro ottenga l’appalto direttamente nell’ambito della stessa procedura; d’altro lato, in caso di esclusione di tutti i concorrenti ed avvio di una nuova procedura ciascuno degli offerenti potrebbe parteciparvi e quindi ottenere indirettamente l’appalto.
Pertanto – prosegue la Corte – la regola “secondo cui gli interessi perseguiti nell’ambito di ricorsi intesi alla reciproca esclusione sono considerati in linea di principio equivalenti, si traduce, per i giudici investiti di tali ricorsi, nell’obbligo di non dichiarare irricevibile il ricorso per esclusione principale in applicazione delle norme procedurali nazionali che prevedono l’esame prioritario del ricorso incidentale proposto da un altro offerente” soggiungendo che “il numero di partecipanti alla procedura di aggiudicazione dell’appalto pubblico di cui trattasi, come pure il numero di partecipanti che hanno presentato ricorsi nonché la divergenza dei motivi dai medesimi dedotti, non sono rilevanti”.
Né tale regola patisce qui eccezione in applicazione del disposto di cui all’art. 2 bis comma 3 della Dir. 89/665 CEE a mente del quale “Gli offerenti sono considerati interessati se non sono già stati definitivamente esclusi. L’esclusione è definitiva se è stata comunicata agli offerenti interessati e se è stata ritenuta legittima da un organo di ricorso indipendente o se non può più essere oggetto di una procedura di ricorso”. E’, infatti, evidente che, avuto riguardo al caso in esame, non è configurabile una “definitiva esclusione” (cfr. Cons. St., Sez. III, 29 maggio 2020, n. 3401). La stessa Corte di giustizia (sentenza del 5 settembre 2019 C- 333/18 del 9 settembre 2019) ha precisato che “La sentenza del 21 dicembre 2016, Bietergemeinschaft Technische Gebä udebetreuung und Caverion Ö sterreich (C-355/15, EU:C:2016:988), menzionata dal giudice del rinvio, non costituisce un ostacolo ad un’interpretazione siffatta. Infatti, se è pur vero che, ai punti da 13 a 16, 31 e 36 di detta sentenza, la Corte ha statuito che un offerente la cui offerta era stata esclusa dall’amministrazione aggiudicatrice da una procedura di affidamento di appalto pubblico poteva vedersi rifiutare l’accesso a un ricorso contro la decisione di attribuzione dell’appalto pubblico, occorre rilevare che, nella controversia decisa da quella sentenza, la decisione di esclusione di detto offerente era stata confermata da una decisione che aveva acquistato forza di giudicato prima che il giudice investito del ricorso contro la decisione di affidamento dell’appalto si pronunciasse, sicché il suddetto offerente doveva essere considerato come definitivamente escluso dalla procedura di affidamento dell’appalto pubblico in questione (v., in tal senso, sentenza dell’11 maggio 2017, Archus e Gama, C-131/16, EU:C:2017:358, punto 57)”.
5.4. Tanto premesso, e tenuto conto della pluralità dei mezzi esperiti dalle parti in senso incrociato, ritiene il Collegio di dover muovere dalla disamina dei capi della decisione di primo grado concernenti, anzitutto, le questioni sottese, nei limiti del devolutum, al ricorso principale accolto (e proposto da -OMISSIS-), estendendo, solo all’esito, e nell’ipotesi di mancata conferma della decisione di primo grado ovvero di accoglimento delle ulteriori censure sollevate da -OMISSIS- ai sensi dell’articolo 101 comma 2 c.p.a., lo scrutinio alle questioni sollevate da -OMISSIS- con ricorso incidentale in primo grado e qui riproposte come appellante principale.
Si è, infatti, condivisibilmente da ultimo evidenziato in giurisprudenza che il ricorso principale deve essere esaminato per primo, potendo la sua eventuale infondatezza determinare l’improcedibilità del ricorso incidentale. Si dà, in altre termini, priorità al gravame principale e ciò in quanto, mentre l’eventuale fondatezza del ricorso incidentale non potrebbe in ogni caso comportare l’improcedibilità del ricorso principale, l’eventuale infondatezza del ricorso principale consentirebbe di dichiarare l’improcedibilità del ricorso incidentale, con conseguente economia dei mezzi processuali. Infatti, ove fosse respinto il ricorso principale, con conseguente formazione del giudicato sulla legittimità della aggiudicazione controversa, il controinteressato, vale a dire l’aggiudicatario, avendo reso intangibile la soddisfazione del proprio interesse, non potrebbe nutrire alcun ulteriore interesse all’accoglimento del ricorso incidentale (cfr. da ultimo Cons. St., sez. IV, 10 luglio 2020, n. 4431).
6. Tanto premesso, e procedendo in coerenza con l’ordine metodologico qui tracciato, vanno, anzitutto, esaminate le censure articolate in prime cure da -OMISSIS- che sono state valorizzate dal TAR e posto a fondamento della decisione qui appellata.
6.1. Giova al riguardo rammentare che il TAR, dopo aver premesso che il lavoro supplementare è sì ammesso ma entro certi limiti e comunque non per svolgere mansioni ordinarie, osservava a proposito della percentuale (stimata nel 20 %) di ore di lavoro supplementare (80.700) rispetto alle ore complessive (403.500) offerte da -OMISSIS- che ” la percentuale prevista – e non altrimenti contestata dalle altri parti costituite – non è di certo contenuta né limitata come richiesto dalla citata giurisprudenza, attesa la elevata mole di ore dedicata a tale peculiare forma di lavoro. Di qui un primo elemento di palese incongruità dell’offerta, elemento da solo sufficiente onde positivamente vagliare la tesi della difesa di parte ricorrente”.
Il giudice di prime cure, aderendo all’argomento della ricorrente -OMISSIS-, precisava, altresì, che, nell’economia dell’offerta presentata da -OMISSIS-, l’ammontare di ore suscettivo di essere ritualmente coperto mediante ricorso al lavoro supplementare non fosse il 20% del totale ma solo il 4,5%, ossia la sola percentuale di ore destinata a coprire le assenze impreviste quali infortuni, malattia e maternità etc., con la conseguenza che il restante 14,5% delle ore imputate da -OMISSIS- a lavoro supplementare avrebbe dovuto invece ritenersi lavoro ordinario, da pagarsi unitariamente ad Euro 15,42 e non ad Euro 12,22.
Il dictum di primo grado si fonda, dunque, sull’assunto che sia possibile fare ricorso a detta tipologia di lavoro non per ogni tipo di assenza, ma solo per far fronte ad eventi inattesi, imprevedibili al momento della presentazione dell’offerta e non anche a fronte di assenze programmabili quali ferie, turni, di riposo, ecc.
E’, dunque, sulla scorta di tale duplice ordine di argomentazioni che il TAR ha accolto il ricorso principale e annullato l’aggiudicazione dichiarata in favore di -OMISSIS-. Il tutto, sostiene il TAR, con extra costi quantificabili in oltre 936 mila euro, dato che la differenza oraria tra lavoro ordinario e lavoro supplementare è pari ad euro 3,20. Dunque, costi in più che la stazione appaltante dovrebbe corrispondere, nella fase di esecuzione dell’appalto, una volta che quelle ore si rivelino in realtà da qualificare alla stregua di lavoro ordinario e non più supplementare.
6.2. L’appellante contesta tale ricostruzione sostenendo, anzitutto, che il rapporto fra le ore di assenza complessivamente indicate (444) nei giustificativi resi e le ore annue teoriche (2088) sarebbe pari al 21,2644 %, in linea dunque con il 20 % delle ore di lavoro supplementare rispetto al monte ore complessivo.
D’altra parte, sostiene ancora l’appellante, la giurisprudenza più volte ha ritenuto congrua l’offerta anche in casi in cui la percentuale del lavoro supplementare fosse ben superiore al 20%.
6.3. Sul punto, l’appello principale è fondato e va accolto con conseguente riforma della sentenza di primo grado.
6.4. Anzitutto, non può essere qui condivisa la prima statuizione della decisione appellata che impinge in un presunto rilievo esorbitante del contingente percentuale di ore di lavoro supplementare, stimato nel 20 % del monte ore complessivo, non trovando il suddetto postulato, nella sua rigidità applicativa, alcun appiglio giuridico negli arresti della giurisprudenza di settore e tantomeno nella specifica disciplina di riferimento.
Si è, a tal riguardo, efficacemente evidenziato in giurisprudenza che il lavoro supplementare è una modalità di organizzazione del lavoro (volta a consentire un legittimo risparmio di spesa) perfettamente compatibile, ai sensi della vigente contrattazione collettiva di settore, con l’assolvimento delle esigenze aziendali sottese alla tipologia di appalto per cui è causa.
La sola natura volontaria del lavoro straordinario (così come di quello supplementare) non vale di per sé a incidere sull’offerta o “intaccare la significatività dell’impegno giuridico assunto dall’impresa nei confronti del committente”, potendo emergere qualche criticità solo a cagione del possibile rifiuto del prestatore di lavoro e, dunque, in relazione ai rapporti interni fra datore e lavoratore. Dal che consegue che il richiamo al lavoro straordinario (così come quello supplementare) non va ritenuto aprioristicamente precluso a fini di giustificativi della sostenibilità dell’offerta, potendo esso effettivamente rientrare fra gli elementi di possibile organizzazione dell’impresa (cfr. Cons. St., sez. V, 8 maggio 2020, n. 2900; sez. V, 7 gennaio 2020, n. 83; sez. VI, 30 maggio 2018, n. 3244; ) anche nella misura percentuale corrispondente a quella di assenza dal servizio dei lavoratori ordinariamente impiegati (cfr. Cons. St., sez. V, 19 febbraio 2020, n. 1500; Cons. St., sez. III, 9 giugno 2020, n. 3694) sempreché il ricorso al lavoro supplementare (e straordinario) sia contenuto in una percentuale limitata.
Vale soggiungere che non risulta indicata nei suddetti approdi una soglia rigidamente predeterminata al di sopra della quale si debba ritenere non consentita tale modalità di impiego.
E tanto in ragione del fatto che i parametri di legittimità vanno colti all’interno della specifica disciplina di riferimento, mutuata dalle disposizioni di rango primario per come integrate dai CCNL applicativi, dovendo poi i suddetti parametri essere combinati con quelli di intrinseca congruenza logica e complessiva sostenibilità economica della singola, specifica offerta.
Vale, comunque, già anticipare che la percentuale qui rilevata (pari al 20 %), in via ordinaria, può ritenersi allineata agli standard già validati dal vissuto giurisprudenziale che ha ritenuto ammissibili offerte similari (cfr. Cons. St., Sez. V, 8 maggio 2020, n. 2900 ovvero Cons. St., sez. III, 9 giugno 2020, n. 3694) di guisa che trova già una decisa smentita l’assunto del giudice di prime cure che sembrerebbe ritenere di per sé inammissibile un’offerta strutturata in modo da avvalersi di una percentuale di lavoro supplementare oscillante intorno al 20%.
6.5. Né persuadono le aggiuntive considerazioni del TAR che impingono nella premessa secondo cui non sia possibile fare ricorso al lavoro supplementare per sopperire a ogni tipo di assenza, ma solo per far fronte ad eventi inattesi, imprevedibili al momento della presentazione dell’offerta e non anche ad assenze programmabili quali ferie, turni, di riposo, ecc.
Prendendo abbrivio da tale assunto, e per come confezionata l’offerta del-OMISSIS-, secondo il giudice di primo grado l’ammontare di ore suscettivo di essere coperto mediante ricorso al lavoro supplementare dovrebbe essere contenuto entro la soglia del 4,5%, giustappunto corrispondente alla percentuale di ore di assenza impreviste per infortuni, malattia e maternità etc., con la conseguenza che il restante 14,5% delle ore imputate da -OMISSIS- a lavoro supplementare avrebbe dovuto invece essere ricalcolato come ore di lavoro ordinario, da pagarsi unitariamente ad Euro 15,42 e non ad Euro 12,22.
Si è già anticipato come tale impostazione non trovi riscontro nei più recenti approdi della giurisprudenza dalla quale si desume, per converso, che il lavoro supplementare non deve essere necessariamente connesso, ai fini della sua ammissibilità, a esigenze impreviste o imprevedibili dovendo rispondere a esigenze organizzative dell’azienda. Si è ad esempio affermato che “Alla luce del descritto quadro regolativo, il lavoro supplementare appare una modalità di organizzazione del lavoro volta a consentire un legittimo risparmio di spesa, per il cui utilizzo le disposizioni di legge e la contrattazione collettiva non pongono vincoli quantitativi né qualitativi (sulla compatibilità di tale strumento con l’assolvimento delle esigenze aziendali sottese alla tipologia di appalto per cui è causa, cfr. Consiglio di Stato, sez. VI, sentenza 30 maggio 2018, n. 3244)” (cfr. Cons. St., Sez. VI, 4 dicembre 2019, n. 8303) precisando ulteriormente che “…risulta a ciò coerente, allora, la scelta dell’impresa di indicare in sede di offerta l’utilizzo del lavoro supplementare in misura percentuale corrispondente a quella di assenza dal servizio dei lavoratori ordinariamente impiegati, senza che ciò valga a conseguire un indebito vantaggio economico” (cfr. Cons. St., Sez. V, 19 febbraio 2021, n. 1500).
Anche il secondo postulato su cui riposa la decisione di primo grado non può, dunque, essere condiviso.
6.6. D’altro canto, l’opzione esegetica sviluppata dal giudice di prime cure non trova conforto nella disciplina di settore. Il decreto legislativo n. 81 del 15 giugno 2015, all’articolo 6, commi 1 e 2, stabilisce che “1. Nel rispetto di quanto previsto dai contratti collettivi, il datore di lavoro ha la facoltà di richiedere, entro i limiti dell’orario normale di lavoro di cui all’articolo 3 del decreto legislativo n. 66 del 2003, lo svolgimento di prestazioni supplementari, intendendosi per tali quelle svolte oltre l’orario concordato fra le parti ai sensi dell’articolo 5, comma 2, anche in relazione alle giornate, alle settimane o ai mesi.
2. Nel caso in cui il contratto collettivo applicato al rapporto di lavoro non disciplini il lavoro supplementare, il datore di lavoro può richiedere al lavoratore lo svolgimento di prestazioni di lavoro supplementare in misura non superiore al 25 per cento delle ore di lavoro settimanali concordate. In tale ipotesi, il lavoratore può rifiutare lo svolgimento del lavoro supplementare ove giustificato da comprovate esigenze lavorative, di salute, familiari o di formazione professionale. Il lavoro supplementare è retribuito con una maggiorazione del 15 per cento della retribuzione oraria globale di fatto, comprensiva dell’incidenza della retribuzione delle ore supplementari sugli istituti retributivi indiretti e differiti”.
A sua volta il CCNL -OMISSIS-, applicabile al personale dipendente da imprese esercenti servizi di pulizia e servizi integrati / multiservizi, associa espressamente il ricorso al lavoro supplementare ad incrementi di produttività, qualità, competitività, redditività, innovazione ed efficienza organizzativa.
Lo stesso CCNL, all’art. 33 dispone che “In considerazione delle specifiche esigenze tecnico organizzative e produttive del settore è consentito lo svolgimento di lavoro supplementare fino al raggiungimento dell’orario a tempo pieno giornaliero e/o settimanale di cui all’art. 30 del presente contratto collettivo”.
Orbene, dalla lettura combinata delle soprarichiamate prescrizioni sembra poter agevolmente evincersi che non vi siano particolari limitazioni all’impiego del lavoro supplementare: solo se il contratto collettivo riferibile al singolo rapporto di lavoro non regola il lavoro supplementare, trova applicazione la soglia massima fissata dal legislatore (misura non superiore al 25% delle ore di lavoro settimanali concordate), essendo in siffatta evenienza ammissibile un rifiuto da parte del lavoratore ove giustificato da comprovate esigenze lavorative, di salute, familiari o di formazione professionale.
Da quanto premesso, deve, dunque, qui ribadirsi che il lavoro supplementare è una modalità di organizzazione del lavoro (volta a consentire un legittimo risparmio di spesa) perfettamente compatibile, ai sensi della vigente contrattazione collettiva di settore, con l’assolvimento delle esigenze organizzative della singola azienda e la possibilità di rifiuto dei lavoratori di farsi carico di tali ore aggiuntive, ove concretamente praticabile, comunque andrebbe, comunque, giustificata alla stregua delle esemplificazioni previste dal legislatore.
-OMISSIS- si è, dunque, mossa nel solco di tale disciplina prospettando un utilizzo del lavoro supplementare non solo per ovviare alle esigenze di sostituzioni impreviste del personale assente (che costituisce solo una delle evenienze prospettate), avendo al riguardo precisato nell’offerta di voler attraverso tale opzione “…far fronte a eventi inattesi, nuove frequenze/attività non prevedibili al momento di presentazione dell’offerta e/o non costanti dal punto di vista organizzativo e per sostituzioni impreviste del personale assente”, tutte evenienze compatibili con la sopra richiamata normativa di riferimento.
La soluzione offerta dal TAR di scorporare dal monte ore di lavoro supplementare programmato le ore non direttamente volte a coprire assenze impreviste si rivela, in definitiva, contrastante con la normativa di riferimento e con la più recente giurisprudenza di settore, oltreché non coerente con l’offerta presentata da -OMISSIS-.
In ragione di quanto esposto la sentenza di primo grado va, dunque, integralmente riformata.
7. In coerenza con l’ordine metodologico sopra tracciato s’impone a questo punto, per ragioni di connessione e di ordine logico delle questioni e nei limiti del devolutum, lo scrutinio dei motivi di censura proposti in primo grado da -OMISSIS- e non esaminati dal TAR siccome rimasti assorbiti nella statuizione di annullamento, qui riformata.
7.1. Deve, al riguardo, rilevarsi che nell’impianto censoreo su cui riposava il ricorso di primo grado le censure di seguito passate in rassegna (e alle quali si affiancava anche quella in tema di lavoro supplementare sulla quale ci si è già sopra soffermati) venivano articolate al fine di comprovare, nell’ambito di una necessaria visione di insieme, l’anti-economicità delle condizioni proposte da -OMISSIS-.
7.2. Mette conto evidenziare, a tal riguardo, prima di passare in rassegna le singole doglianze veicolate da -OMISSIS- e senza smarrire la necessaria visione di insieme sottesa all’unitario costrutto giuridico, che non hanno pregio i rilievi svolti, in punto di eccezione, da -OMISSIS- secondo cui la domanda sul punto dovrebbe essere giudicata, in radice, inammissibile in quanto l’offerta aggiudicata non sarebbe di per sé anomala alla stregua dei parametri previsti dall’articolo 97 del codice dei contratti.
Vale premettere che, ai sensi dell’art. 97, comma 6, d.lg. n. 50 del 2016, la determinazione dell’amministrazione di procedere alla verifica di anomalia dell’offerta nei casi in cui ciò non sia espressamente previsto dalla norma può essere anche di natura facoltativa con scelta spiccatamente discrezionale, non soggetta alla sindacabilità del giudice amministrativo se non per le ipotesi di manifesta illogicità ed irragionevolezza, qui nemmeno prospettate, non essendo stata tale determinazione fatta oggetto di specifica contestazione (cfr. Consiglio di Stato sez. III, 11/05/2021, n. 3710).
Deve, poi, soggiungersi che nel caso in cui la verifica di congruità dell’offerta e del costo del lavoro sia stata effettuata ai sensi dell’art. 97, comma 6, oltre che ai sensi dell’art. 95, comma 10, del d.lgs. n. 50 del 2016, non muta la portata del sindacato giurisdizionale sulla relativa valutazione: una volta che vi abbia fatto ricorso, le risultanze della verifica dell’offerta e delle giustificazioni sono parimenti assoggettabili al sindacato giurisdizionale se affette da travisamento, sproporzione o illogicità tali da rendere inattendibile l’offerta (cfr. Cons. Stato, V, 18 gennaio 2019, n. 690).
8. Tanto premesso, giova evidenziare che, con un primo motivo, -OMISSIS- lamenta l’insufficienza del monte ore previsto da -OMISSIS- per le figure dirigenziali di coordinamento impiegate stabilmente nell’appalto in argomento il cui allineamento alle prescrizioni capitolari comporterebbe significativi extracosti di cui la stazione appaltante non avrebbe tenuto conto nello stimare come congrua l’offerta aggiudicata.
8.1. Vale premettere che il disciplinare di gara, relativamente alla struttura organizzativa dedicata alla gestione all’appalto, chiedeva di inserire una tabella contenente il monte ore annuale relativo a figure dirigenziali necessarie ai servizi di gestione, coordinamento e controllo del servizio quali direttori d’area, responsabile della qualità o della sicurezza, il responsabile del servizio/supervisori responsabili.
Inoltre, precisava che nel monte ore annuale per svolgere il servizio di pulizia continuativa e periodica non avrebbe dovuto essere computato quello relativo a figure dirigenziali necessarie ai servizi di gestione, coordinamento e controllo del servizio quali direttori d’area, responsabile della qualità o della sicurezza, il responsabile del servizio/supervisori responsabili, oggetto dunque di indicazione separata.
Da parte sua il capitolato tecnico prescriveva, all’articolo 10, che l’impresa è tenuta a designare un suo rappresentante o incaricato (uno per i Presidi Ospedalieri ed uno per il territorio di ciascuna Azienda Sanitaria) con funzione di supervisore responsabile, da segnalare all’Amministrazione, per il buon andamento del servizio. E’ fatto obbligo al supervisore di controllare e far osservare al personale impiegato le funzioni e i compiti stabiliti. Tutte le contestazioni di inadempienza, ritardi, ecc, in contraddittorio con detto supervisore si intenderanno rivolte direttamente all’impresa appaltatrice. In particolare il supervisore, o un suo incaricato. Il predetto funzionario deve essere presente tutti i giorni non festivi per almeno 8 ore nei presidi concordati con la Azienda Sanitaria nonché reperibile h 24 ore tutti i giorni, inclusi i festivi, presso un preciso recapito telefonico.
8.2. Orbene, occorre soggiungere che -OMISSIS-, tra le figure di coordinamento componenti la “Struttura operativa”, ha previsto:
a) un Responsabile di area, con il compito di “coordinare giornalmente le attività dell’Unità di Gestione assegnata, interfacciandosi con i Coordinatori Operativi”, nonché di effettuare “la programmazione delle attività e sulla base di essa organizzare le attività all’interno della propria unità di gestione”;
b) due Supervisori/Responsabili di territorio e tre Supervisori/Responsabili di presidio, figure deputate allo svolgimento di mansioni sia “prettamente operative che di affiancamento di coordinamento ed organizzazione”, indicando come livello corrispondente III-IV-V.
Nel riscontrare la specifica previsione capitolare -OMISSIS- ha, altresì, previsto che “tale figura o suo sostituto rimarrà almeno 8 ore nei giorni non festivi”.
Nello stimare il monte ore annuo relativo alle figure dirigenziali di gestione e controllo suddette (cui si aggiunge anche il responsabile qualità e sicurezza) -OMISSIS- ha, però, complessivamente indicato 347,61 ore, che riflettono un impegno quotidiano di pochi minuti oggettivamente ben lontano dagli standard prescritti dal capitolato.
Né sul punto possono essere condivise le osservazioni de -OMISSIS- nella parte in cui obietta che il capitolato si limitava a chiedere solo ed esclusivamente la “presenza”, ben potendo coesistere l’attività di supervisore con quella operativa di addetto alle pulizie.
E’, infatti, di tutta evidenza come, segnatamente quanto ai supervisori (offerti in numero di 5 unità ), la presenza richiesta fosse una presenza “attiva” e quantitativamente definita dal capitolato (8 ore al giorno) implicando, pertanto, l’assegnazione del ruolo suddetto, anzitutto, lo svolgimento costante di funzioni di vigilanza, coordinamento e controllo delle unità lavorative, potendo dunque il contestuale impiego nell’attività di pulizia assolvere, semmai, un rilievo meramente complementare rispetto all’obiettivo primario perseguito dalla legge di gara e senza, comunque, snaturarne il ruolo primario di supervisore e il relativo inquadramento.
E’, dunque, necessario che il costo del monte ore differenziato per le funzioni dirigenziali sia implementato per un numero di ore necessario a replicare le disponibilità richieste dal capitolato (e, peraltro, offerte dall’aggiudicataria) non potendo, nel torno di tempo prescritto dalla disciplina di gara, il supervisore dismettere tale ruolo anche ove dovesse prestare ausilio alle maestranze impiegate nello svolgimento del servizio.
E tanto ovviamente per il corrispondente livello di inquadramento, anche in ragione del fatto che lo stesso CCNL espressamente prevede che “…..il lavoratore che svolge promiscuamente mansioni rientranti in livelli diversi è inquadrato al livello superiore qualora le mansioni relative al livello superiore risultino prevalenti, salvo il caso di mutamento temporaneo di mansioni”.
-OMISSIS- nelle proprie memorie difensive indica come livello di riferimento il IV livello, con un costo orario di 17,03, e la cui concreta compatibilità rispetto al caso qui in rilievo, quale soglia minima, andrà verificata (rispetto all’opzione alternativa dell’inquadramento al V livello) a cura della stazione appaltante, in ragione oltre che dei parametri previsti dal CCNL, anche dell’ambito spaziale in cui si esplicano le funzioni di coordinamento e di controllo delle attività di squadre o gruppi, a seconda cioè se operano o meno in complessi diversi (cfr. CCNL).
Né parimenti, può condurre ad un diverso approdo la circostanza che il monte ore previsto per le figure dirigenziali non sarebbe stato suscettivo di assegnazione di punteggio tecnico (circoscritto a quello relativo agli addetti al servizio di pulizia inteso in senso stretto), non valendo di certo tale scelta della stazione appaltante a neutralizzare il contenuto precettivo delle altre sopra richiamate disposizioni di gara che fissano gli standard prestazionali ai quali gli operatori devono necessariamente uniformarsi.
Il tema specifico qui in rilievo, nonostante la sua potenziale incidenza in modo significativo sui costi stimati per il personale, non risulta sia stato attentamente esplorato in sede di valutazione sull’anomalia dell’offerta, ancorchè incentrata (tra l’altro) sui costi della manodopera, e la suddetta omissione inficia, dunque, in radice, l’attendibilità del giudizio sia in sé (atteso l’ammontare dei potenziali extracosti necessari per soddisfare il monte ore minimo previsto per le figure dei supervisori dal capitolato) sia anche per le ulteriori e concorrenti ragioni di seguito esposte relative ad altri profili, di guisa che, pertanto, dovrà essere rinnovata alla stregua delle divisate coordinate.
Ritiene, infatti, il Collegio che non sia possibile sostituirsi all’Autorità procedente nell’approfondimento dei temi suddetti il cui apprezzamento, quanto ai relativi sviluppi esecutivi, va rimesso alla stazione appaltante in ossequio al principio secondo cui il giudice amministrativo può sindacare le valutazioni della pubblica amministrazione sotto il profilo della logicità, ragionevolezza e adeguatezza dell’istruttoria, senza poter tuttavia procedere ad alcuna autonoma verifica della congruità dell’offerta e delle singole voci, ciò rappresentando un’inammissibile invasione della sfera propria della pubblica amministrazione (cfr. ex multis Cons. St., sez. V, 22 giugno 2020 n. 3973; Cons. St., V, 22 dicembre 2014, n. 6231; 18 febbraio 2013, n. 974; 19 novembre 2012, n. 5846; 23 luglio 2012, n. 4206; 11 maggio 2012, n. 2732).
9. Sempre rispetto al profilo qui in rilievo della sottostima dei costi complessivi dell’offerta rileva il Collegio che l’offerta di -OMISSIS- risulta qualificata anche da ” modalità di organizzazione dei turni tali da garantire la presenza nei presidi ospedalieri di personale dell’Offerente per il periodo più ampio possibile nell’arco della giornata”.
Nella suddetta prospettiva l’aggiudicataria ha, dunque, previsto per i presidi dell’-OMISSIS-, dell’-OMISSIS- e del -OMISSIS- la copertura della fascia notturna (dalle 22 alle 6) con due unità di personale. Pur tuttavia, del costo aggiuntivo che ne consegue non vi è traccia nei giustificativi prodotti dal suddetto operatore.
Ne discende che i costi dell’offerta andrebbero incrementati ulteriormente dei suddetti oneri non considerati.
10. Parimenti fondati sono i rilievi svolti da -OMISSIS- sull’acritico recepimento da parte della stazione appaltante della prospettazione fornita dall’aggiudicataria in sede di verifica dell’anomalia dell’offerta nella parte in cui ha dichiarato di beneficiare di un tasso di assenteismo particolarmente favorevole (ridotto del 47% rispetto ai parametri ministeriali) senza comprovare mediante elementi obiettivi tale assunto.
E’ di tutta evidenza che siffatta lacuna – volta ad evidenziare un deficit istruttorio – assume vieppiù rilievo nell’ambito di una necessaria visione di insieme che tiene conto anche dei rilievi sopra svolti sulla rilevante sottostima dei costi che compongono l’offerta economica di -OMISSIS- e che, ove incrementati nei termini suesposti, potrebbero addirittura portarla in perdita.
11. Parimenti fondata si rivela, sotto distinto profilo, la residua doglianza con cui -OMISSIS- lamenta l’omessa valutazione, siccome sottaciuta dall’aggiudicataria, della vicenda penale che avrebbe coinvolto -OMISSIS- e nella quale sarebbero emerse gravi ipotesi di reato maturate nel contesto dell’esecuzione di appalti pubblici per “-OMISSIS-“.
Segnatamente, -OMISSIS- deduce, con il conforto di -OMISSIS-, che -OMISSIS-, a margine della suddetta vicenda, sarebbe stata colpita da un -OMISSIS-.
A fronte delle allegazioni suddette, sufficientemente circostanziate, -OMISSIS-, pur dichiarandosi estranea agli addebiti, non ha formalmente e in modo espresso negato, in fatto, l’esistenza di una siffatta contestazione, di guisa che, anche alla stregua del principio di non contestazione, può ritenersi che le deduzioni sul punto rassegnate da -OMISSIS- siano contraddistinte da sufficiente verosimiglianza.
11.1. Sul punto, vale preliminarmente osservare che, come già ripetutamente evidenziato questa Sezione, il tema controverso, quanto alla tipologia classificatoria degli illeciti professionali ed alle conseguenze che discendono dalla loro omessa o non corretta rappresentazione, ha trovato recente composizione nella decisione resa da questo Consesso in forma plenaria -OMISSIS- nella quale si sono tracciate le coordinate ermeneutiche che governano l’applicazione della misure espulsive contemplate dall’articolo 80 comma 5 lettera c) del codice dei contratti, anche in comparazione con le previsioni di cui alla lettera f-bis), nei termini di seguito esposti:
– la falsità di informazioni rese dall’operatore economico partecipante a procedure di affidamento di contratti pubblici e finalizzata all’adozione dei provvedimenti di competenza della stazione appaltante concernenti l’ammissione alla gara, la selezione delle offerte e l’aggiudicazione, è riconducibile all’ipotesi prevista dalla lettera c) [ora c-bis)] dell’art. 80, comma 5, del codice dei contratti di cui al decreto legislativo 18 aprile 2016, n. 50;
– in conseguenza di ciò la stazione appaltante è tenuta a svolgere la valutazione di integrità e affidabilità del concorrente, ai sensi della medesima disposizione, senza alcun automatismo espulsivo;
– alle conseguenze ora esposte conduce anche l’omissione di informazioni dovute ai fini del corretto svolgimento della procedura di selezione, nell’ambito della quale rilevano, oltre ai casi oggetto di obblighi dichiarativi predeterminati dalla legge o dalla normativa di gara, solo quelle evidentemente incidenti sull’integrità ed affidabilità dell’operatore economico;
– la lettera f-bis) dell’art. 80, comma 5, del codice dei contratti pubblici ha carattere residuale e si applica in tutte le ipotesi di falso non rientranti in quelle previste dalla lettera c) [ora c-bis)] della medesima disposizione.
Nella suindicata declinazione la disciplina di settore si rivela coerente con la causa di esclusione “facoltativa” prevista a livello sovranazionale, consistente nella commissione di “gravi illeciti professionali” tali da mettere in dubbio l’integrità dell’operatore economico e da dimostrare con “mezzi adeguati”, ai sensi dell’art. 57, par. 4, lett. c), della direttiva 2014/24/UE del 26 febbraio 2014.
Sempre, in via generale, mette conto evidenziare che, nell’esegesi dell’art. 80, comma 5 lett. c) del Codice dei contratti pubblici, nella versione applicabile ratione temporis e, dunque, antecedente alla riforma di cui al D.L. 14 dicembre 2018, n. 135, occorre tener conto del fatto che la norma in argomento mira a consentire alla stazione appaltante un’adeguata e ponderata valutazione sull’affidabilità e sull’integrità dell’operatore economico, coinvolgendo secondo un canone di reciproca lealtà gli operatori nel processo di ostensione di vicende afferenti al loro vissuto professionale la cui conoscenza si rivela non sempre immediatamente accessibile alla stazione appaltante in termini celeri e completi. Da qui il progressivo affermarsi di un diffuso orientamento giurisprudenziale secondo cui l’operatore è tenuto allora a fornire una rappresentazione quanto più dettagliata possibile delle proprie pregresse vicende professionali in cui, per varie ragioni, è stata contestata una condotta contraria a norma o, comunque, si è verificata la rottura del rapporto di fiducia con altre stazioni appaltanti (cfr. Consiglio di Stato, sez. III, 4 marzo 2020, n. 1603; nn. 1174/2020, 3331/2019; id., sez. V, nn. 70/2020, 1644/2019; 1649/2019; sez. V, 12 aprile 2019, n. 2407; Consiglio di Stato, sez. V, 4 febbraio 2019, n. 827; Id., 16 novembre 2018, n. 6461; Id., 24 settembre 2018, n. 5500; Id., 3 settembre 2018, n. 5142; Id., 17 luglio 2017, n. 3493; Id., 5 luglio 2017, n. 3288; Id., 22 ottobre 2015, n. 4870).
L’elencazione dei gravi illeciti professionali rilevanti contenuta nella lett. c) del comma 5 dell’art. 80 del Codice dei contratti pubblici è, dunque, meramente esemplificativa, potendo la stazione appaltante desumere il compimento di gravi illeciti professionali da ogni vicenda pregressa, anche non tipizzata, dell’attività professionale dell’operatore economico di cui fosse accertata la contrarietà ad un dovere posto in una norma civile, penale o amministrativa (cfr. Cons. St., V, 24 gennaio 2019, n. 586; Id. V, 25 gennaio 2019, n. 591; Id., V, 3 gennaio 2019, n. 72; III, n. 4192/17 e n. 7231/2018).
Muovendo da tale premessa deve, altresì, soggiungersi che non è configurabile in capo all’impresa alcun filtro valutativo o facoltà di scelta circa i fatti da indicare, sussistendo, al contrario, un principio di doverosa onnicomprensività della dichiarazione tale da consentire alla stazione appaltante di espletare, con piena cognizione di causa, le opportune valutazioni di sua competenza (cfr. Cons. St., sez. V, n. 4532/2018; n. 3592/2018; n. 6530/2018).
I suddetti principi nella loro declinazione applicativa hanno, però, fatto registrare talvolta temperamenti alla latitudine, altrimenti abnorme, dell’obbligo dichiarativo, temperamenti indotti da una lettura sistemica della disposizione in argomento.
Siffatte preoccupazioni trovano fondamento anche nei rilievi svolti dalla già citata decisione dell’Adunanza Plenaria -OMISSIS- che, pur muovendo dai più recenti arresti giurisprudenziali che assegnano una valenza di clausola a contenuto aperto alla disposizione di cui all’articolo 80 comma 5 lettera c), applicabile ratione temporis, ha precisato che “in tanto una ricostruzione a posteriori degli obblighi dichiarativi può essere ammessa, in quanto si tratti di casi evidentemente incidenti sulla moralità ed affidabilità dell’operatore economico, di cui quest’ultimo doveva ritenersi consapevole e rispetto al quale non sono configurabili esclusioni “a sorpresa” a carico dello stesso”.
11.2. Nel solco delle suindicate coordinate è di tutta evidenza che deve trattarsi di fatti che abbiano già acquisito sufficiente specificità sia dal punto di vista fenomenologico che giuridico e siano stati formalmente contestati all’operatore interessato addebitandogli “una condotta contraria a norma” di cui è pertanto certo che il predetto abbia acquisito chiara consapevolezza; è solo in presenza di tali premesse che la diligenza qualificata, dal predetto esigibile, gli impone di dichiarare il fatto stesso alla stazione appaltante.
Le suddette condizioni possono indubbiamente dirsi integrate dall’adozione di “un provvedimento giurisdizionale di -OMISSIS-, come peraltro già affermato nella giurisprudenza richiamata da -OMISSIS- (Cons. Stato, sez. V, 12 gennaio 2021, n. 393; ) in quanto in esso inevitabilmente risultano già definiti gli addebiti mossi e dunque circostanziate le condotte sottostanti sulle quali deve polarizzarsi l’attenzione della stazione appaltante.
E’, inoltre, principio consolidato (ex multis, Cons. Stato, III, 13 giugno 2018, n. 3628) – in diretta coerenza con l’obbligo di mantenere i requisiti per tutta la durata del procedimento e successivamente alla sua conclusione – quello per cui sussiste, in capo ai partecipanti alle procedure d’appalto della Pubblica amministrazione, l’obbligo di comunicare a quest’ultima, nel corso della gara, tutte le vicende, anche sopravvenute, attinenti lo svolgimento della propria attività professionale, al fine di consentire alla stazione appaltante di valutare l’eventuale incidenza di tali precedenti sulla reale affidabilità, morale e professionale, dei concorrenti.
Peraltro, -OMISSIS- ben avrebbe potuto veicolare tali notizie anche perché, come efficacemente eccepito da -OMISSIS-, in seguito alla notizia delle indagini penali (-OMISSIS-), si sono tenute -OMISSIS- (-OMISSIS-).
Quanto fin qui evidenziato refluisce, anche sotto tale profilo, sulla illegittimità dell’aggiudicazione. Per i profili appena evidenziati, in coerenza con l’intervento nomofilattico rinveniente della decisione assunta in composizione plenaria da questo Consiglio, di cui già si è dato conto, resta evidente che la stazione appaltante, rispetto allo specifico profilo qui in rilievo, non può escludere per ciò solo dalla procedura -OMISSIS-, essendo tenuta a valutare se effettivamente e in concreto il comportamento tenuto dall’operatore economico, unitamente all’episodio non dichiarato, incidano in senso negativo sulla sua integrità o affidabilità, e in questo caso procedere all’esclusione. Nel caso in cui le valutazioni di pertinenza della stazione appaltante siano mancate, esse non possono venire supplite dal giudice amministrativo, a causa del divieto di pronunciare su poteri non ancora esercitati (art. 34 co. 2 c.p.a.).
In accoglimento delle censure compendiate nel ricorso di primo grado e qui riproposte da -OMISSIS- ex articolo 101 comma 2 del c.p.a. va, dunque, annullata l’aggiudicazione dichiarata in favore de -OMISSIS-.
12. A questo punto occorre riprendere la disamina dell’appello principale proposto da -OMISSIS- che attrae nel fuoco della contestazione la statuizione della sentenza di primo grado recante la dichiarazione di irricevibilità del ricorso incidentale che il suddetto operatore aveva spiegato in prime cure.
Nell’ordito decisorio del TAR le censure compendiate nel mezzo incidentale proposto da -OMISSIS- afferivano tutte alla fase di ammissione alla gara dei singoli partecipanti, fase questa conclusasi in in un momento in cui era ancora vigente il c.d. rito superaccelerato di cui all’articolo 120 comma 2 bis del c.p.a. (il quale imponeva l’immediata impugnazione dei provvedimenti di ammissione ed esclusione dalla gara).
Il giudice di prime cure ha, pertanto, ritenuto che, al caso qui in rilievo, dovesse applicarsi ratione temporis il disposto dell’articolo 120, comma 2 bis, del codice di rito, non esplicando effetti la sopravvenuta abrogazione della richiamata disposizione a seguito dell’art. 1, comma 22 del D.L. n. 32/2019 (cosiddetto decreto sblocca cantieri), convertito in L. n. 55/2019, siccome intervenuta in un momento in cui erano già spirati i trenta giorni onde poter impugnare l’ammissione alla gara di -OMISSIS-, a nulla rilevando il disposto di cui al successivo comma 23 nella parte in cui si evidenzia che il nuovo regime si applica “ai processi iniziati dopo la data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto”, ovverosia dopo il 19.6.2019.
E, invero, il TAR, nell’esegesi della disposizione in argomento, ha aderito alla tesi secondo cui la modifica del rito non opera nei casi in cui è oramai decorso il termine di impugnazione del provvedimento di ammissione. Tanto in ossequio al principio di inoppugnabilità dei provvedimenti amministrativi, posto a presidio della certezza del diritto, che assume speciale rilievo nei rapporti di diritto pubblico a tutela della stabilità delle situazioni giuridiche soggettive, e del principio di irretroattività dello jus superveniens, posto a tutela dell’affidamento dei consociati nella stabilità dei rapporti giuridici fondato sulla disciplina vigente al momento della loro costituzione.
12.1. Vale, anzitutto, premettere che l’interpretazione della suindicata normativa non ha generato approdi univoci, essendosi da subito registrati, in primo grado, orientamenti contrapposti.
E’ pur vero che questa Sezione in una circostanza (cfr. Cons. St., Sez. -OMISSIS-) ha prestato adesione all’esegesi privilegiata in prime cure all’uopo evidenziando che “più verosimilmente,…, l’art. 1, comma 23, del d.l. 32/2019 – lungi dal voler ‘resuscitarè un termine già definitivamente spirato – ha inteso consentire l’applicazione dello jus superveniens anche nei processi promossi dopo la sua entrata in vigore ma solo ove tale termine sia ancora pendente, sicché solo in tale ipotesi sarebbe possibile far valere i vizi degli atti di ammissione (non ancora “inoppugnati”) in occasione della contestazione dell’atto finale di aggiudicazione definitiva”.
Ciò nondimeno deve rilevarsi come sia ampiamente maggioritario sul punto l’indirizzo, cui peraltro aveva già aderito questa stessa Sezione (cfr. Cons. Stato, III, 5 giugno 2020, n. 3585), secondo cui “Dirimente è la considerazione che sia stato assunto come riferimento temporale per l’applicazione della disposizione abrogante “l’inizio del processo”, a dimostrazione della volontà legislativa di rendere immediatamente operante l’abrogazione, anche per le procedure di gara già avviate ed ancora in corso.
Rispetto a queste ultime, la norma previgente dell’art. 120, comma 2 bis, Cod. proc. amm. non aveva determinato, alla scadenza del termine ivi previsto per l’impugnazione degli atti endo-procedimentali, alcun effetto di tipo sostanziale. In particolare, contrariamente alla tesi fatta propria dall’appellante, non aveva comportato la sanatoria definitiva delle ammissioni illegittime, dal momento che la stazione appaltante avrebbe ancora potuto riscontrare queste ultime, escludendo il concorrente in sede di controllo delle dichiarazioni sul possesso dei requisiti ex art. 32, comma 7, del d.lgs. n. 50 del 2016 e nell’esercizio dei poteri di autotutela.
[…] si ritiene di concludere nel senso che, a seguito della disposizione abrogante del 2019, è venuta meno l’autonoma rilevanza attribuita per legge (mediante una deroga espressa al principio generale della non immediata tutelabilità degli interessi strumentali) dall’art. 120, comma 2 bis, Cod. proc. amm. all’interesse procedimentale alla corretta formazione della platea dei concorrenti prima dell’esame delle offerte (su cui cfr. Cons. Stato, Ad. plen., -OMISSIS-) che ha consentito, nella vigenza della norma, di anticipare la tutela giurisdizionale nei confronti di atti appartenenti ad una fase endo-procedimentale. A seguito della soppressione immediata della disposizione, nei processi iniziati dopo l’abrogazione (cioè dopo l’entrata in vigore della legge di conversione, ma, per quanto sopra, già dopo l’entrata in vigore del decreto legge) l’interesse ad agire è invece regolato secondo i principi generali, cioè avendo riguardo all’interesse sostanziale di cui sono titolari gli operatori economici partecipanti alla gara a conseguire l’aggiudicazione e quindi a fare valere i vizi delle altrui ammissioni, quando queste -all’esito della procedura- risultino effettivamente lesive nei loro confronti.” (cfr. Cons. St., III, 5 giugno 2020, n. 3585; Cons. St., Sez. V, -OMISSIS-; Cons. St., Sez. V, 2 ottobre 2020, n. 5782; Cons. St., V, 17 novembre 2020, n. 7108; Cons. St., sez. V, 23 novembre 2020, n. 7257, Consiglio di Stato, Sez. V, 3 dicembre 2020 n. 7669, Consiglio di Stato, Sez. III, n. 8211 del 22 dicembre 2020; Cons. St., sez. V, 28 gennaio 2021, n. 860; Cons. St., sez. V, 26 gennaio 2021, n. 775).
12.2. L’argomento speso dall’appellante con cui evidenzia la portata sostanzialistica dell’abrogazione del rito appalti super accelerato ex art. 120 comma 2 bis, c.p.a., ad opera del d.l. 18 aprile 2019, n. 32, convertito dalla L. 14 giugno 2019, n. 55, si allinea, dunque, ad una giurisprudenza ampiamente maggioritaria, anche di questa Sezione, che proprio di recente ha così motivato il proprio avviso: “è il precedente di questa Sezione costituito dalla sentenza -OMISSIS-, che ha in particolare messo in risalto la portata sostanziale dell’abrogazione quale risultante dal combinato disposto delle due norme sopra richiamate, attraverso il richiamato riferimento “ai processi iniziati”. Esso è consistito nel rimuovere la qualificazione di atto immediatamente lesivo a quelli adottati dall’amministrazione nella fase di ammissione degli operatori economici alla gara, con conseguente ripristino per le procedure di gara concluse dopo l’entrata in vigore della legge di conversione del decreto-legge n. 32 del 2019 (ma per la verità sin da quest’ultimo) della regola generale secondo cui l’interesse ad ottenere un appalto pubblico all’esito della relativa procedura di gara è leso solo con l’altrui aggiudicazione, quale atto conclusivo dell’unitario procedimento amministrativo contraddistinto da atti nel loro complessi preordinati al risultato finale di selezionare il contraente privato della pubblica amministrazione. Eliminato dunque l’onere anticipato di impugnazione ha ripreso vigore la regola generale – su cui si fonda l’intero sistema di giustizia amministrativa quale giurisdizione di diritto soggettivo che “assicura una tutela piena ed effettiva secondo i principi della Costituzione e del diritto europeo” (art. 1 Cod. proc. amm.) – per cui è con la definitiva manifestazione di volontà dell’amministrazione nelle forme tipiche degli atti autoritativi previsti dalla legge che è data, in concreto, azione in giudizio a tutela degli interessi legittimi e dei diritti soggettivi dell’interessato e in vista di un risultato utile correlato ad un bene della vita. Nel vigore del più volte citato art. 120, comma 2-bis, Cod. proc. amm. questa regola è stata derogata, con il rilievo autonomo attribuito all'”interesse strumentale o procedimentale del concorrente alla corretta formazione della platea dei soggetti partecipanti alla gara” (Corte costituzionale, sentenza 13 dicembre 2019, n. 271), che rispetto all’interesse finale all’aggiudicazione si pone come chance, condizionata dalla consistenza di quella platea (in questo senso: Cons. Stato, Ad. plen., -OMISSIS-). Attraverso il riferimento operato dall’art. 1, comma 23, della legge n. 55 del 2019 “ai processi” iniziati dopo la data di entrata in vigore della legge di conversione – e non già agli “atti delle procedure di affidamento”, secondo quanto invece previsto dalle regole generali contenute nell’art. 120 Cod. proc. amm. (comma 1), e dallo stesso comma 2-bis abrogato (“provvedimento che determina le esclusioni dalla procedura di affidamento e le ammissioni…”) – si è invece resa immediatamente operante l’abrogazione “anche per le procedure di gara già avviate ed ancora in corso”, ed escludere che per queste ultime potessero produrre effetti sostanziali gli atti interni alla procedura di gara (così la citata sentenza di questa Sezione del -OMISSIS-). I rilievi ora svolti consentono di superare le diverse considerazioni di cui a Cons Stato, -OMISSIS-, in precedenza richiamata, secondo cui si dovrebbe allora ipotizzare una rimessione in termini rispetto a provvedimenti di ammissione alla gara già consolidatisi nel vigore del regime previgente al decreto-legge n. 32 del 2019, mentre un simile effetto retroattivo non potrebbe estendersi a situazioni e rapporti giuridici ormai chiusi, come sono quelli relativi alla fase di ammissione per i quali il termine per impugnare è orami scaduto. Vale in contrario considerare che questi rilievi non considerano la portata dell’effetto abrogativo del rito sulle ammissioni, che era correlato non all’atto dell’amministrazione impugnato ma a quello dell’interessato di esercizio del diritto di azione in giudizio, cui va riferito il momento in cui vanno valutati i presupposti sostanziali di ammissibilità dell’impugnazione. A tale momento non può quindi essere addotta l’esistenza ostativa di situazioni e rapporti giuridici esauriti all’interno all’unitaria procedura di gara, nello specifico per effetto dell’adozione di provvedimenti di ammissione di altri concorrenti, quando per la legge esistente al momento in cui l’azione va proposta essi hanno – proprio per questa legge sopravvenuta – cessato di costituire atti autonomamente lesivi. Ad opinare in questo senso la portata della disciplina abrogativa dell’art. 120, comma 2-bis, Cod. proc. amm. contenuta nel decreto-legge n. 32 del 2019 sarebbe vanificata, come rilevato dalla citata sentenza Cons. Stato, III, 5 giugno 2020, n. 3585, e si determinerebbe un’ultrattività della medesima disposizione rispetto a procedure di gara concluse dopo la sua abrogazione…” (cfr. da ultimo Cons. Stato, Sez. III, 25 marzo 2021, n. 2507).
E tanto induce, altresì, il Collegio a disattendere la richiesta subordinata di -OMISSIS- di rimessione della questione sopra scrutinata all’Adunanza Plenaria.
12.3. Né hanno pregio le ulteriori argomentazioni spese da -OMISSIS- per giustificare, sotto distinto profilo, la non ammissibilità del ricorso incidentale, inammissibilità che discenderebbe anche dalla circostanza che -OMISSIS- avrebbe omesso di impugnare il provvedimento con cui la stazione appaltante ha disposto l’ammissione in gara.
E’, infatti, di tutta evidenza come anche tali argomentazioni restino assorbite negli arresti giurisprudenziali soprarichiamati che, a seguito e per effetto dell’abrogazione dell’articolo 120 comma 2 bis del c.p.a., riconducono l’atto di ammissione alla procedura di gara nell’alveo naturale degli atti a valenza endo – procedimentale privi di autonoma valenza lesiva (cfr. sul punto ex multis Cons. St., sez. V, 28 gennaio 2021, n. 860).
12.4. L’appello spiegato avverso il capo della sentenza recante la declaratoria di irricevibilità del ricorso incidentale proposto da -OMISSIS- è poi fondato anche sotto distinto profilo.
Il TAR, infatti, non si è avveduto che, con il suddetto mezzo, -OMISSIS- aveva elevato mirate contestazioni agli atti di gara non solo a cagione della dedotta mancanza, in capo a -OMISSIS-, di requisiti di onorabilità professionale, e quindi afferenti all’ammissione in senso stretto alla gara del suddetto operatore, ma anche per presunte deficienze dell’offerta da esso presentata, profili censorei questi ultimi notoriamente sottratti all’ambito di operatività e alla connessa tempistica di cui all’articolo 120 comma 2 bis del c.p.a.
E’, infatti, ius receptum in giurisprudenza il principio secondo cui il rito speciale di cui all’art. 120, comma 2 bis cod. proc. amm. – oggi abrogato per effetto dell’art. 1, comma 22, lett. a), d.l. 18 aprile 2019, n. 32, convertito, con modificazioni, dalla l. 14 giugno 2019, n. 55, ma applicabile ai processi in corso, in virtù della disciplina intertemporale di cui all’art. 1, comma 23 – è applicabile esclusivamente con riguardo ai provvedimenti (di esclusione e di) ammissione degli operatori economici, adottati “all’esito della valutazione dei requisiti soggettivi, economico-finanziari e tecnico-professionali” necessari per la partecipazione alla gara (cfr. ex multis Cons. St. sez. V, 31 marzo 2020 n. 2183).
12.5. La riforma decisione di primo grado, per quanto abbia comportato l’erronea chiusura in rito del processo, in parte qua, non impedisce al Collegio di passare direttamente in rassegna le censure originariamente affidate al ricorso incidentale e qui riproposte da -OMISSIS- nel corpo dell’appello principale (cfr. Cons. St., ad. Plen. 30 luglio 2018, n. 10 e 11).
13. Tanto premesso, e procedendo in ossequio al criterio della ragione più liquida, merita, anzitutto, condivisione il quarto motivo del ricorso incidentale, riproposto in appello, con cui -OMISSIS- contesta la violazione dell’art. 5 del disciplinare e del paragrafo 3.4 del capitolato tecnico segnatamente quanto alla attività di disinfestazione e derattizzazione di cui al lotto 2.
Come precisato anche alle p. 14 e 15 del disciplinare, la prestazione principale dell’appalto è costituita dal servizio di pulizia e sanificazione mentre il servizio di disinfestazione e derattizzazione è indicato come prestazione secondaria, all’uopo prevedendosi che “Ai fini di quanto previsto dall’art. 48 comma 2 del DLgs 50/2016 e s.m.i., si precisa che la prestazione principale è il servizio di pulizia e sanificazione di cui ai paragrafi 3.1, 3.2. e 3.3 del capitolato tecnico. La prestazione secondaria è costituita dal servizio di disinfestazione e derattizzazione di cui al paragrafo 3.4 del capitolato tecnico. Pertanto in caso di RTI verticali le ditte esecutrici della prestazione secondaria non dovranno possedere il requisito di fascia di classificazione di cui al precedente punto 2)”.
13.1. L’appellante evidenzia che dalla visura della camera di commercio di -OMISSIS- emerge chiaramente come quest’ultima fosse abilitata a svolgere l’attività di disinfestazione e derattizzazione solo dall’-OMISSIS-, quindi molto dopo la chiusura del termine di presentazione delle offerte (-OMISSIS-).
In sua difesa la -OMISSIS- osserva che tra i requisiti di qualificazione era prevista l’iscrizione al Registro delle imprese tenuto dalla Camera di Commercio per le attività di pulizia, con indicazione della fascia di classificazione da possedere per ogni singolo lotto senza che fosse richiesto uno specifico volume d’affari conseguito nello svolgimento delle attività di derattizzazione e disinfestazione.
Inoltre, in assenza di specifiche e puntuali indicazioni riferite ai servizi di derattizzazione e disinfestazione, la portata dei requisiti di qualificazione dovrebbe essere determinata alla luce dei principi di tassatività e proporzionalità secondo un indirizzo giurisprudenziale già espresso ancorché in altro settore di mercato (e per effetto del quale si è ritenuto non necessaria l’iscrizione all’Albo dei gestori dei servizi ambientali nell’ipotesi in cui oggetto precipuo e specifico dell’appalto non sia l’attività di raccolta e trasporto di rifiuti e queste ultime, per converso, rivestano solo carattere secondario e accessorio rispetto alle prestazioni da affidarsi (Cons. Stato, sez. V, 3 giugno 2019, n. 3727).
13.2. Tanto premesso, rileva il Collegio che l’art. 1 del Decreto ministeriale 274/1997 reca una puntuale definizione, delle attività di pulizia, di disinfezione, disinfestazione, di derattizzazione e di sanificazione, così qualificando queste ultime:
c) sono attività di disinfestazione quelle che riguardano il complesso di procedimenti e operazioni atti a distruggere piccoli animali, in particolare artropodi, sia perché parassiti, vettori o riserve di agenti infettivi sia perché molesti e specie vegetali non desiderate. La disinfestazione può essere integrale se rivolta a tutte le specie infestanti ovvero mirata se rivolta a singola specie;
d) sono attività di derattizzazione quelle che riguardano il complesso di procedimenti e operazioni di disinfestazione atti a determinare o la distruzione completa oppure la riduzione del numero della popolazione dei ratti o dei topi al di sotto di una certa soglia;
e) sono attività di sanificazione quelle che riguardano il complesso di procedimenti e operazioni atti a rendere sani determinati ambienti mediante l’attività di pulizia e/o di disinfezione e/o di disinfestazione ovvero mediante il controllo e il miglioramento delle condizioni del microclima per quanto riguarda la temperatura, l’umidità e la ventilazione ovvero per quanto riguarda l’illuminazione e il rumore.
Il successivo articolo 2 dello stesso decreto stabilisce i requisiti per l’iscrizione delle imprese di pulizia al registro delle imprese o all’albo delle imprese artigiane, disponendo al comma 2 che “I requisiti di capacità tecnica ed organizzativa si intendono posseduti con la preposizione alla gestione tecnica di persona dotata dei requisiti tecnico-professionali di cui al comma 3. Nel caso dell’impresa artigiana trova applicazione l’articolo 2, comma 4, della legge 8 agosto 1985, n. 443. Il preposto alla gestione tecnica non può essere un consulente o un professionista esterno”
Il comma 3 dell’articolo in commento dettaglia poi i requisiti tecnico-professionali richiesti in capo al preposto nei termini seguenti:
a) assolvimento dell’obbligo scolastico, in ragione dell’ordinamento temporalmente vigente, e svolgimento di un periodo di esperienza professionale qualificata nello specifico campo di attività, di almeno due anni per le attività di pulizia e di disinfezione e di almeno tre anni per le attività di disinfestazione, derattizzazione e sanificazione, svolta all’interno di imprese del settore, o comunque all’interno di uffici tecnici di imprese od enti, preposti allo svolgimento di tali attività, in qualità di dipendente qualificato, familiare collaboratore, socio partecipante al lavoro o titolare di impresa;
b) attestato di qualifica a carattere tecnico attinente l’attività conseguito ai sensi della legislazione vigente in materia di formazione professionale;
c) diploma di istruzione secondaria superiore in materia tecnica attinente l’attività ;
d) diploma universitario o di laurea in materia tecnica utile ai fini dello svolgimento dell’attività .
Come noto, su detti requisiti ha inciso il processo di liberalizzazione avviato con il Decreto-Legge 31 gennaio 2007, n. 7, (c.d. decreto Bersani bis, convertito nella legge n. 40 del 2007) che ha disposto, all’art. 10, comma 3, “le attività di pulizia e disinfezione, di cui al decreto del Ministro dell’industria, del commercio e dell’artigianato 7 luglio 1997, n. 274, e successive modificazioni, e di facchinaggio di cui al decreto del Ministro delle attività produttive 30 giugno 2003, n. 221, sono soggette alla sola dichiarazione di inizio attività ai sensi della normativa vigente, da presentare alla Camera di commercio, industria, artigianato e agricoltura competente, e non possono essere subordinate a particolari requisiti professionali, culturali e di esperienza professionale. Sono fatti salvi, ove richiesti dalla normativa vigente, i requisiti di onorabilità e capacità economico-finanziaria. Per l’esercizio delle sole attività di facchinaggio non sono necessari i requisiti di capacità economico-finanziaria di cui alla lettera b) del comma 1 dell’articolo 5 del regolamento di cui al decreto del Ministro delle attività produttive 30 giugno 2003, n. 221. Resta salva la disciplina vigente per le attività di disinfestazione, derattizzazione e sanificazione ed in ogni caso le attività professionali di cui al presente comma possono essere esercitate solo nel pieno rispetto della normativa vigente in materia di tutela del lavoro e della salute ed in particolare del decreto legislativo 19 settembre 1994, n. 626, e successive modificazioni, e della normativa in materia di smaltimento dei rifiuti speciali o tossici”.
La norma dunque stabilisce che l’esercizio delle attività di pulizia e disinfezione non possa essere subordinato a particolari requisiti professionali, culturali e di esperienza professionale. Diversamente, le attività di disinfestazione, derattizzazione e sanificazione, se da un lato condividono con le attività di pulizia e sanificazione i requisiti di onorabilità e capacità finanziaria, dall’altro lato, continuano essere subordinate al possesso degli ulteriori requisiti professionali, culturali e di esperienza professionale, individuati dal DM 274/1997, ossia la necessaria presenza nell’organico dell’azienda di un preposto alla gestione tecnica avente i requisiti richiesti dal decreto e sopra specificati.
13.3. Di contro, dalla visura camerale della -OMISSIS- emerge che il requisito in argomento per l’esercizio dell’attività di disinfestazione e derattizzazione non fosse posseduto alla scadenza del termine di presentazione delle offerte ma solo dal-OMISSIS-, registrandosi in pari data anche la nomina del -OMISSIS- quale -OMISSIS-.
13.4. Né è possibile ritenere fosse sufficiente assicurare il possesso di tale requisito anche solo in fase di esecuzione.
Deve, a tal riguardo, rilevarsi che il disciplinare, tra i requisiti di ordine generale, richiedeva ai concorrenti di “essere iscritti, per attività inerenti i servizi oggetto di gara, al Registro delle Imprese o all’Albo provinciale delle imprese artigiane, di cui alla L.82/1994 e al suo Regolamento di attuazione D.M.274/1997, con indicazione della data e del numero di iscrizione, oppure ad uno dei registri professionali o commerciali dello Stato di residenza se si tratta di uno Stato dell’UE, in conformità con quanto previsto dall’articolo 83, comma 3, D. Lgs. 50/2016 e s.m.i.”.
La disposizione del disciplinare richiede, dunque, a pena di esclusione, l’iscrizione per attività inerenti i servizi oggetto di gara senza distinguere l’iscrizione per i servizi principali e per il servizio secondario.
L’indistinto riferimento a tutti i servizi oggetto dell’appalto comporta la parificazione (per i RTI orizzontali) tra il requisito soggettivo dell’iscrizione al Registro delle imprese per i servizi principali e quello dell’iscrizione i servizi secondari. In tal modo, anche quest’ultima iscrizione viene configurata nell’economia della legge di gara quale requisito soggettivo di partecipazione a pena di esclusione.
13.5. Né ad un diverso approdo conduce l’esame della giurisprudenza citata da -OMISSIS- siccome riferita a fattispecie in cui la legge di gara (quanto all’iscrizione all’Albo nazionale dei gestori ambientali) si era rivelata equivoca.
Nel caso deciso con sentenza -OMISSIS- gli atti di gara non menzionavano l’iscrizione all’Albo quale requisito di ammissione e dall’esame del capitolato speciale emergeva come la stessa stazione appaltante si fosse determinata a contemplare l’iscrizione all’Albo soltanto come requisito di esecuzione.
Nel caso poi deciso con sentenza -OMISSIS- l’iscrizione all’Albo era espressamente contemplata dalla lex specialis quale requisito di esecuzione.
Come già sopra anticipato nella controversia qui in rilievo il disciplinare richiede espressamente, già ai fini della partecipazione, e a pena di esclusione, il possesso dei requisiti di idoneità tecnico-professionale, da provare attraverso l’iscrizione al registro delle imprese per tutte le attività inerenti ai servizi oggetto di gara, non distinguendo, dunque, tra l’iscrizione per i servizi principali e secondari.
Non vi è, dunque, margine per interventi esegetici correttivi all’insegna del principio di proporzionalità .
La selezione delle prestazioni richieste e dei cd. requisiti di minima ricade nelle scelte discrezionali compiute a monte dalla stazione appaltante e non è suscettiva di sindacato – nei casi in cui oltretutto non risulti espressamente formulata una specifica contestazione – se non profili di manifesta illogicità e/o irragionevolezza.
13.6. Nemmeno può essere poi condivisa l’osservazione di -OMISSIS- che reputa dirimente il possesso dei requisiti in argomento -OMISSIS- (potendo contare sull’apporto del -OMISSIS-), a suo dire, non rilevando la data di presentazione della s.c.i.a., che costituirebbe solo un adempimento solo formale.
La tesi svolta dal suddetto operatore si infrange platealmente contro le specifiche prescrizioni della legge di gara che perimetravano in modo alquanto preciso il requisito richiesto, consistente giustappunto nel dato qualificante dell’iscrizione per l’attività qui in rilievo nel registro delle imprese.
D’altro canto, non può essere revocato in dubbio che l’effetto di legittimazione allo svolgimento dell’attività si riconnette – in assenza della mediazione costitutiva di un atto ampliativo dell’Amministrazione – alla formalizzazione della s.c.i.a. cui si correla anche la preposizione del dipendente qualificato all’attività in argomento e non alla affermata preesistenza dei requisiti in discussione.
In conclusione, l’iscrizione nel Registro delle imprese dell’attività di disinfestazione derattizzazione e sanificazione è stato configurato dalla legge di gara come un requisito di partecipazione a pena di esclusione. Data la sussistenza del requisito in capo a -OMISSIS- solo dall’-OMISSIS-, la stessa avrebbe dovuto essere esclusa dalla gara.
14. Sotto distinto profilo, merita, altresì, accoglimento la censura con cui -OMISSIS- lamenta la rilevanza, potenzialmente escludente di -OMISSIS- dalla gara, per l’iscrizione interdittiva nel casellario informatico dell’ANAC maturata a carico del suddetto operatore in corso di procedura.
In proposito deve precisarsi che il termine di presentazione delle offerte era fissato dal disciplinare -OMISSIS– e la gara si è conclusa con l’aggiudicazione -OMISSIS-.
Il -OMISSIS- è stata inserita un’annotazione nel casellario informatico dell’ANAC, a carico di -OMISSIS- e di -OMISSIS-, per -OMISSIS-, con conseguente applicazione di una sanzione pari a -OMISSIS-.
Osserva l’appellante che l’annotazione avrebbe dovuto comportare l’esclusione della -OMISSIS- per sopravvenuta perdita dei requisiti generali, i quali devono essere posseduti dall’operatore economico dalla data di presentazione della domanda di partecipazione alla gara ed essere mantenuti successivamente, senza soluzione di continuità per tutta la durata della procedura, così come nella fase di esecuzione del contratto.
14.1. Resistendo alla censura, -OMISSIS- eccepisce che il procedimento penale è stato archiviato -OMISSIS- per insussistenza del fatto. In ragione di ciò, -OMISSIS- ha chiesto all’ANAC di procedere alla cancellazione dell’annotazione e la suddetta Autorità ha accolto l’istanza di cancellazione secondo -OMISSIS- con effetto retroattivo.
Com’è noto, il regolamento del casellario informatico prevede, all’art. 38, che le annotazioni che hanno efficacia interdittiva e che sono inserite nella Sezione “B” confluiscono al termine del periodo interdittivo, con procedura automatizzata, nell’area “C” del Casellario (comma 5).
Il successivo comma 6 prevede, inoltre, che ” Il dirigente, su istanza motivata dell’o.e. annotato nella sezione “A” o “B” del Casellario, seguendo l’ordine cronologico di acquisizione delle istanze, può disporre il trasferimento dell’annotazione nella Sezione “C” del Casellario prima del decorso del termine interdittivo, qualora sia intervenuto un provvedimento di annullamento o di revoca della segnalazione o del provvedimento dell’Autorità ovvero a seguito della stipula di atti transattivi in caso di risoluzioni contrattuali”.
Di poi, il comma 7 stabilisce che “Nella Sezione “B” viene comunque data evidenza del periodo interdittivo già comminato e trascorso al fine di garantire l’efficacia dell’annotazione allo spirare del periodo interdittivo medesimo, per le verifiche effettuate ex post dalle s.a. in corso di gara”.
Infine, va richiamato anche l’articolo 38 del regolamento in commento a mente del quale “Qualora si formi il giudicato sulla sentenza che annulla la segnalazione o l’annotazione, il dirigente provvede d’ufficio alla cancellazione dell’annotazione anche dalla sezione “C”.
Sostiene la -OMISSIS- che la cancellazione integrale dalla sezione B, nella quale non figurerebbe più nulla a suo carico, dimostri, ipso facto, la retroattività della cancellazione.
14.2. Il Collegio ritiene, invece, che la doglianza di -OMISSIS- non possa dirsi superata dalle argomentazioni difensive rassegnate da -OMISSIS-.
L’articolo 80, comma 6, del D.Lgs. 50/2016 è chiaro nel disporre, che “Le stazioni appaltanti escludono un operatore economico in qualunque momento della procedura, qualora risulti che l’operatore economico si trova, a causa di atti compiuti o omessi prima o nel corso della procedura, in una delle situazioni di cui ai commi 1,2, 4 e 5”.
A sua volta, il comma 5, lett. f-ter) dispone che le stazioni appaltanti escludono dalla partecipazione alla procedura d’appalto “l’operatore economico iscritto nel casellario informatico tenuto dall’Osservatorio dell’ANAC per aver presentato false dichiarazioni o falsa documentazione nelle procedure di gara e negli affidamenti di subappalti. Il motivo di esclusione perdura fino a quando opera l’iscrizione nel casellario informatico”.
In siffatte evenienze, ai fini della esclusione dalle gare pubbliche, deve rilevarsi come operi automaticamente la misura interdittiva adottata dall’ANAC dell’iscrizione nel casellario informatico, non essendo in merito necessaria alcuna valutazione discrezionale, dovendo ritenersi altresì irrilevante la circostanza che la sanzione adottata dall’ANAC fosse stata (eventualmente) impugnata dinanzi al TAR (in tal senso Consiglio di Stato sez. III, 24/03/2021, n. 2501); e ciò anche in caso di sopravvenienza (cfr. Consiglio di Stato sez. V, 11/01/2021, n. 386).
14.3. Tanto premesso, rileva il Collegio che la tesi della cancellazione retroattiva propugnata dalla -OMISSIS- non trova riscontro nel contenuto letterale della comunicazione versata in atti e, anzi, risulta smentita nel diniego opposto alla richiesta di restituzione della sanzione pecuniaria già versata per i medesimi addebiti che reggevano l’iscrizione.
E’ pur vero che nella schermata prodotta da -OMISSIS- non sembrano evincersi annotazioni di sorta a carico del suddetto operatore, ciò nondimeno la tesi qui sostenuta di un annullamento retroattivo della annotazione richiedeva ben altra dimostrazione tanto più se confliggente con i dati disponibili sopra richiamati, dovendo soggiungersi che non risultano ritirate né annullate in via di autotutela o o giurisdizionale (e finanche fatte oggetto di impugnazione) tanto l’esclusione e la connessa segnalazione della stazione appaltante che la delibera di applicazione delle sanzioni ANAC, non potendo il relativo effetto conseguire, in via automatica, dal mentovato decreto di archiviazione.
15. Restano poi assorbite nelle suindicate statuizioni di accoglimento le altre doglianze contenute nel ricorso incidentale e qui riproposte da -OMISSIS- con l’appello principale.
Conclusivamente, ribadite le svolte considerazioni, in riforma integrale della sentenza appellata, l’appello principale de -OMISSIS- va accolto con conseguente esclusione dalla gara di -OMISSIS- e, parimenti, vanno accolti nei termini suindicati i profili di censura di cui al ricorso principale di -OMISSIS-, qui riproposti ex articolo 101 comma 2 del c.p.a., con conseguente annullamento dell’aggiudicazione.
Le spese del doppio grado di giudizio in ragione della reciproca soccombenza possono essere compensate.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale
Sezione Terza, definitivamente pronunciando sull’appello in epigrafe, così provvede:
– lo accoglie e, per l’effetto, in riforma della sentenza appellata accoglie il ricorso incidentale di -OMISSIS-;
– accoglie, nei sensi e nei limiti di cui in motivazione, le censure di cui al ricorso principale di -OMISSIS- qui riproposte ex articolo 101 comma 2 del c.p.a. e, per l’effetto, nei limiti suddetti, accoglie il ricorso principale proposto in primo grado.
Spese del doppio grado di giudizio compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Ritenuto che sussistano i presupposti di cui all’articolo 52, commi 1 e 2, del decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196, e dell’articolo 9, paragrafo 1, del Regolamento (UE) 2016/679 del Parlamento europeo e del Consiglio del 27 aprile 2016, a tutela dei diritti o della dignità della parte interessata, manda alla Segreteria di procedere all’oscuramento delle generalità nonché di qualsiasi altro dato idoneo ad identificare le persone, fisiche e giuridiche, menzionate.
Così deciso nella camera di consiglio del giorno 29 luglio 2021 con l’intervento dei magistrati:
Franco Frattini – Presidente
Paola Alba Aurora Puliatti – Consigliere
Stefania Santoleri – Consigliere
Giulia Ferrari – Consigliere
Umberto Maiello – Consigliere, Estensore

 

In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.

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