Il procedimento di verifica dell’anomalia dell’offerta economica

Consiglio di Stato, sezione quinta, Sentenza 28 maggio 2019, n. 3502.

La massima estrapolata:

Il procedimento di verifica dell’anomalia non ha per oggetto la ricerca di specifiche e singole inesattezze dell’offerta economica, mirando piuttosto ad accertare se in concreto l’offerta, nel suo complesso, sia attendibile e affidabile in relazione alla corretta esecuzione dell’appalto, e che pertanto la valutazione di congruità deve essere globale e sintetica, senza concentrarsi esclusivamente e in modo parcellizzato sulle singole voci di prezzo.

Sentenza 28 maggio 2019, n. 3502

Data udienza 14 marzo 2019

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale
Sezione Quinta
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso in appello numero di registro generale 739 del 2018, proposto da
Bu. s.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’avvocato Gh. Ma., con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
contro
Comune di (omissis) ed altri, non costituiti in giudizio;

sul ricorso in appello numero di registro generale 8621 del 2018, proposto da
Am Te. s.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, in proprio e quale capogruppo mandataria del RTI “AM Te. – L’Ig. Ur.”, rappresentata e difesa dall’avvocato Annalisa Di Giovanni, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
contro
Comune di (omissis) ed altri non costituiti in giudizio;
ed altri;
nei confronti
Ba. Ap. s.r.l., non costituita in giudizio;
per la riforma
quanto al ricorso in appello n. 739 del 2018:
della sentenza del Tribunale amministrativo regionale per la Campania, sezione settima, n. 4838/2017, resa tra le parti;
quanto al ricorso in appello n. 8621 del 2018:
della sentenza del Tribunale amministrativo regionale per la Campania, sezione settima, n. 4269/2018, resa tra le parti.
Visto il ricorso in appello di Bu. s.r.l. n. r.g. 739 del 2018;
Visto il ricorso in appello di A.M. Te. s.r.l. n. r.g. 8621 del 2018;
Visto l’atto di costituzione in giudizio di A.M. Te. s.r.l. nell’appello n. r.g. 739 del 2018;
Visto l’appello incidentale proposto da Bu. s.r.l. nell’appello n. r.g. 8621 del 2018;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del 14 febbraio 2019 il Cons. Anna Bottiglieri e uditi per le parti gli avvocati Gh. Ma. e An. Di Gi.;
Ritenuto in fatto e considerato in diritto quanto segue.

FATTO

1. La Centrale unica di committenza dei Comuni di (omissis), (omissis) e (omissis) indiceva una gara per l’affidamento per il quinquennio 2016-2020, con il criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa, del servizio di raccolta integrata dei rifiuti urbani sul territorio del Comune di (omissis). La procedura si concludeva con il provvedimento n. 101 del 10 maggio 2017 che aggiudicava in via definitiva la gara a Bu. s.r.l. dopo l’esito positivo della verifica di anomalia della relativa offerta.
A.M. Te. s.r.l., che aveva partecipato alla gara quale capogruppo mandataria del RTI “AM Te. – L’Ig. Ur.”, classificandosi in seconda posizione, impugnava gli atti di gara innanzi al Tribunale amministrativo regionale per la Campania, domandando l’annullamento dell’aggiudicazione e degli atti presupposti, il risarcimento del danno e il subentro nel contratto eventualmente stipulato con Bu. previa declaratoria della sua inefficacia.
2. L’adito Tribunale, con sentenza n. 4838 del 2017 della settima sezione, nella resistenza del Comune di (omissis) e di Bu., riteneva la fondatezza della censura con cui A.M. Te. aveva lamentato l’insufficienza dell’istruttoria condotta in sede di verifica di anomalia sulle discrasie contenute nell’offerta di Bu. in riferimento al costo relativo ai tre “ispettori ambientali” previsti dalla lex specialis (Piano di riorganizzazione dei servizi e art. 13 del Capitolato speciale di appalto). Pertanto, assorbito ogni altro motivo, accoglieva parzialmente la domanda demolitoria avanzata da A.M. Te., disponendo, per l’effetto, il rinnovo del subprocedimento di valutazione di congruità dell’offerta di Bu.. Compensava tra le parti le spese di giudizio.
3. Con ricorso in appello rubricato al n. r.g. 739 del 2018 Bu., rappresentando che nelle more la stazione appaltante aveva rinnovato il giudizio di anomalia, ritenendo nuovamente congrua la sua offerta, gravava “in via tuzioristica”, in attesa della definizione della procedura e della stipula del relativo contratto, la predetta sentenza di primo grado n. 4838 del 2017, di cui domandava la riforma, deducendo, con un unico motivo: error in iudicando, violazione e falsa applicazione dell’art. 13 del Capitolato speciale d’appalto e del Piano di organizzazione del servizio, eccesso di potere per presupposto erroneo.
A.M. Te. si costituiva in resistenza nel giudizio di appello, con eccezioni di rito e di merito.
Nel prosieguo, entrambe le parti presentavano memorie difensive.
4. Nelle more, la stazione appaltante, che aveva, come detto, rinnovato con esito positivo il subprocedimento di verifica della congruità dell’offerta di Bu., con determinazione n. 5 del 2 gennaio 2018 definiva nuovamente la procedura con l’aggiudicazione della gara a quest’ultima.
A.M. Te. gravava la nuova aggiudicazione con ricorso e motivi aggiunti proposti innanzi al Tribunale amministrativo regionale per la Campania.
Nel relativo giudizio: il Comune di (omissis) si costituiva in resistenza; l’altra partecipante alla procedura, terza classificata, Ba. Ap. s.r.l., presentava ricorso ad adiuvandum, azionando il proprio interesse a una miglior collocazione in graduatoria nell’ottica dell’aspirazione all’aggiudicazione dell’appalto; Bu. proponeva ricorso incidentale condizionato.
5. Con sentenza n. 4269 del 2018 il Tar per la Campania, settima sezione:
– respingeva il ricorso di A.M. Te. e dichiarava irricevibili per tardività i connessi motivi aggiunti;
– dichiarava improcedibile per sopravvenuta carenza di interesse il ricorso incidentale di Bu.;
– condannava A.M. Te. alla refusione delle spese di giudizio in favore del Comune di (omissis) e di Bu., compensandole con l’interveniente ad adiuvandum Ba. Ap. s.r.l..
6. Con il ricorso in appello rubricato al n. r.g. 8621 del 2018, A.M. Te. gravava la predetta sentenza n. 4269 del 2018, deducendo: I) Error in iudicando, violazione e falsa applicazione dell’art. 97 del d.lgs. n. 50/2016, carenza di istruttoria e di motivazione, travisamento dei fatti, sviamento; 2) Error in iudicando, violazione e falsa applicazione della medesima normativa di cui alla rubrica precedente; 3) Error in iudicando, violazione e falsa applicazione della medesima normativa di cui alla rubrica precedente; 4) Error in iudicando, violazione della lex specialis; 5) violazione della medesima normativa di cui alla rubrica precedente; 6) Violazione dell’art. 97 del codice dei contratti; 7) Error in iudicando, violazione e falsa applicazione degli artt. 80 e 86 del d.lgs. n. 50/2016, degli artt. 46, 71 e 75 del d.P.R. n. 445/2000, carenza di istruttoria e di motivazione, travisamento dei fatti, illogicità e sviamento.
Esaurita l’illustrazione delle relative censure, AM Te., avanzate istanze istruttorie, domandava l’annullamento della sentenza appellata, e, per l’effetto, il ristoro dei danni subiti, sia quale mancato utile che quale perdita di chance e di danno curriculare, la declaratoria di inefficacia del contratto di appalto, nonché la condanna della stazione appaltante all’aggiudicazione in suo favore dello stesso, con conseguente subentro in quello stipulato con Bu..
Bu. si costituiva in appello, domandandone il rigetto e proponendo ricorso incidentale condizionato, affidato a un unico motivo, rubricato: violazione e falsa applicazione dell’art. 97 del d.lgs. n. 50/2016, violazione del C.C.N.L. Fise e delle relative tabelle relative al costo del personale, eccesso di potere per presupposto erroneo, difetto di istruttoria.
Entrambe le parti costituite presentavano memorie difensive.
7. Alla pubblica udienza del 14 febbraio 2019 gli appelli di cui sopra venivano congiuntamente chiamati e trattenuti in decisione.

DIRITTO

1. In via preliminare, si rileva che il ricorso in appello di Bu. s.r.l. n. r.g. 739 del 2018 all’odierna trattazione ha a oggetto la sentenza della settima sezione del TAR Campania n. 4838 del 2017, che, in parziale accoglimento del ricorso proposto da A.M. Te. s.r.l. avverso l’aggiudicazione definitiva a Bu. della gara bandita dalla Centrale unica di committenza dei Comuni di Torre Annunziata, Boscotrecase e Gragnano per l’affidamento per il quinquennio 2016-2020 del servizio di raccolta integrata dei rifiuti urbani sul territorio del Comune di (omissis), ha disposto a carico della stazione appaltante il rinnovo del subprocedimento di valutazione di congruità dell’offerta di Bu..
Il ricorso di A.M. Tecnonogy n. r.g. 8621 del 2018, pure in trattazione, ha a oggetto la sentenza n. 4269 del 2018 della settima sezione dello stesso Tribunale, che ha respinto il ricorso proposto dalla A.M. Te. avverso la nuova aggiudicazione della gara a Bu., disposta dalla stazione appaltante dopo l’esito favorevole del rinnovato giudizio di congruità .
Gli appelli n. r.g. 739 del 2018 e 8621 del 2018 risultano indi connessi sia sotto il profilo oggettivo che sotto quello soggettivo, stante l’unicità della vicenda procedimentale che ha dato origine ai due giudizi e l’identità delle parti contendenti.
Il Collegio ne dispone pertanto la riunione ai sensi dell’art. 70 Cod. proc. amm..
2. Sempre in via preliminare, si osserva che l’eventuale infondatezza dell’appello principale n. r.g. 8621 del 2018 di A.M. Te., avente a oggetto la seconda aggiudicazione della gara a favore di Bu., nell’ambito del quale quest’ultima ha proposto ricorso incidentale condizionato, determinerebbe l’integrale soddisfazione delle pretese avanzate in giudizio da Bu. e, per l’effetto, la sopravvenuta carenza di interesse alla decisione dei due appelli proposti dalla medesima (il precedente appello n. r.g. 739 del 2018; l’appello incidentale condizionato proposto nell’ambito dell’appello n. r.g. 8621 del 2018 di A.M. Te.).
Pertanto, nell’ambito della complessiva controversia in esame, la disamina dell’appello principale n. r.g. 8621 del 2018 assume evidente priorità logica.
3. A questo punto è necessario premettere che la prima sentenza resa dal Tar Campania n. 4838 del 2017 nella gara in parola aveva accolto la censura proposta da A.M. Te. avverso la originaria aggiudicazione della gara a favore di Bu., che lamentava le discrasie presenti nell’offerta di Bu. quanto ai tre “ispettori ambientali” deputati al controllo del territorio, previsti dalla lex specialis (Piano di riorganizzazione dei servizi e art. 13 del Capitolato speciale di appalto).
Rilevava al riguardo il primo giudice che Bu., che inizialmente non aveva previsto un onere economico per tale organo di controllo, ritenendolo rientrante in quello generale della manodopera utilizzata, e che lo aveva quantificato, senza oneri aggiuntivi per la stazione appaltante, solo nell’ambito della prima verifica di anomalia, su richiesta del RUP, aveva errato nell’individuazione del contratto e del livello da applicare alle predette figure, da impiegare part time al 33%, ai sensi della lex specialis (C.C.N.L. Multiservizi anziché Fise-Federambiente; 2° anziché 5° ). Riteneva pertanto la superficialità dell’istruttoria e l’approssimazione del giudizio di congruità dell’offerta reso dalla stazione appaltante nel validare la scelta di Bu., la non rispondenza dell’offerta tecnica di quest’ultima alle prescrizioni della legge di gara, l’implausibilità del punteggio attribuito alla medesima per tale voce e l’inattendibilità della relativa offerta economica in punto di utile dichiarato.
Successivamente, la stazione appaltante, come detto, rinnovava con esito positivo il subprocedimento di verifica della congruità dell’offerta di Bu. e le aggiudicava nuovamente la gara e la sentenza n. 4269 del 2018 dello stesso Tribunale respingeva il ricorso proposto da A.M. Te. avverso i relativi provvedimenti.
4. Con il primo motivo dell’appello principale in esame A.M. Te. avversa la parte della sentenza n. 4269 del 2018 laddove ha ritenuto legittimo, sotto il profilo procedimentale e sostanziale, il rinnovato giudizio di congruità .
L’appellante principale lamenta al riguardo che, nell’esclusiva ottica di consentire alla Bu. di comprovare la persistenza di un utile pur dovendo prevedere il corretto costo degli “ispettori ambientali”, la stazione appaltante avrebbe illegittimamente dilatato il modello procedimentale di cui all’art. 97 del d.lgs. n. 50 del 2016, prevedente una sola richiesta di giustificazioni da riscontrare nel termine di 15 giorni, consentendo alla medesima di operare le plurime rimodulazioni della sua offerta di cui alle giustificazioni presentate nelle date del 22 novembre e 14 dicembre 2017 (queste ultime rese su richiesta di chiarimenti del RUP) e al contraddittorio del 22 dicembre 2017, che si sono aggiunte a quelle già formulate nel primo subprocedimento di verifica dell’anomalia. Per l’effetto, il subprocedimento in parola avrebbe avuto una durata di oltre quattro mesi, con la presentazione da parte di Bu. di ben quattro giustificazioni, ciò che deporrebbe per la non attendibilità della relativa offerta.
Sempre per A.M. Te., non sarebbe poi condivisibile il rilievo del primo giudice che ha superato ogni questione relativa alla mancata corrispondenza della predetta scansione procedimentale al modello legale, valorizzando, in adesione a un indirizzo giurisprudenziale, la specifica finalità del subprocedimento di verifica di congruità : tale indirizzo non potrebbe infatti né involvere nella possibilità di ammettere plurime e radicali modifiche dell’offerta né tradursi in un subprocedimento che si conclude solo all’esito della “quadratura” dei conti della stessa offerta.
4.1. Sul tema, va premesso che è ripetuta in giurisprudenza amministrativa l’affermazione che il procedimento di verifica dell’anomalia non ha per oggetto la ricerca di specifiche e singole inesattezze dell’offerta economica, mirando piuttosto ad accertare se in concreto l’offerta, nel suo complesso, sia attendibile e affidabile in relazione alla corretta esecuzione dell’appalto, e che pertanto la valutazione di congruità deve essere globale e sintetica, senza concentrarsi esclusivamente e in modo parcellizzato sulle singole voci di prezzo (tra tante, III, 29 gennaio 2019, n. 726; V, 23 gennaio 2018, n. 430; 30 ottobre 2017, n. 4978).
Più in particolare, è stato affermato che il procedimento di verifica dell’anomalia dell’offerta è finalizzato all’accertamento dell’attendibilità e della serietà della stessa e dell’effettiva possibilità dell’impresa di eseguire correttamente l’appalto alle condizioni proposte; la relativa valutazione della stazione appaltante ha natura globale e sintetica e costituisce espressione di un tipico potere tecnico-discrezionale insindacabile in sede giurisdizionale, salvo che la manifesta e macroscopica erroneità o irragionevolezza dell’operato renda palese l’inattendibilità complessiva dell’offerta (ex multis, Cons. Stato, V, 17 maggio 2018 n. 2953; 24 agosto 2018 n. 5047; III, 18 settembre 2018 n. 5444; V, 23 gennaio 2018, n. 230). Il relativo procedimento non ha carattere sanzionatorio e non ha per oggetto la ricerca di specifiche e singole inesattezze dell’offerta economica, mirando invece ad accertare se in concreto l’offerta, nel suo complesso, sia attendibile e affidabile in relazione alla corretta esecuzione dell’appalto. La verifica mira, quindi, in generale, “a garantire e tutelare l’interesse pubblico concretamente perseguito dall’amministrazione attraverso la procedura di gara per la effettiva scelta del miglior contraente possibile ai fini dell’esecuzione dell’appalto, così che l’esclusione dalla gara dell’offerente per l’anomalia della sua offerta è l’effetto della valutazione (operata dall’amministrazione appaltante) di complessiva inadeguatezza della stessa rispetto al fine da raggiungere” (C. Stato, V, n. 230 del 2018, cit.).
Sempre in tema, è infine acquisito il principio secondo cui il giudice amministrativo può sindacare le valutazioni della pubblica amministrazione sotto il profilo della logicità, ragionevolezza e adeguatezza dell’istruttoria, senza poter tuttavia procedere ad alcuna autonoma verifica della congruità dell’offerta e delle singole voci, ciò rappresentando un’inammissibile invasione della sfera propria della pubblica amministrazione (ex multis, Cons. Stato, V, 22 dicembre 2014, n. 6231; 18 febbraio 2013, n. 974; 19 novembre 2012, n. 5846; 23 luglio 2012, n. 4206; 11 maggio 2012, n. 2732).
4.2. Ciò posto, la censura è infondata.
Va innanzitutto respinto il tentativo operato da A.M. Te. di sottoporre a critica il secondo subprocedimento di verifica dell’anomalia dell’offerta di Bu. considerandolo unitariamente rispetto al primo, laddove quest’ultimo si è invece definitivamente esaurito con il giudizio di congruità reso antecedentemente alla prima aggiudicazione della gara a Bu., annullata dalla sentenza del Tar Campania n. 4838 del 2017 in ragione della rilevata insufficienza dell’istruttoria effettuata in quella sede dalla stazione appaltante.
Ogni questione relativa al primo giudizio di congruità dell’offerta Bu., ivi compresa quella relativa ai tempi e alle modalità di svolgimento del relativo subprocedimento, si è così esaurita e resta pertanto estranea alla presente sede giudiziale, incentrata sul rinnovo del subprocedimento.
Inoltre, e ciò è di per sé già dirimente, la stessa sentenza n. 438 del 2017 (capo VII) ha respinto le censure a suo tempo proposte da A.M. Te. avverso l’andamento del primo subprocedimento, con statuizione che è rimasta inoppugnata da parte della odierna appellante ed è pertanto passata in giudicato.
L’unico subprocedimento di verifica di congruità che rileva ai fini della disamina dell’appello principale in trattazione è indi il secondo, rispetto al quale si osserva che esso è stato avviato con atto della stazione appaltante dell’8 novembre 2017, che chiedeva alla Bu. di presentare i giustificativi necessari alla luce delle motivazioni della sentenza del Tar Campania n. 4838 del 2017, riscontrato il 22 novembre 2017 con elementi non ritenuti sufficienti dal RUP, che richiedeva ulteriori chiarimenti forniti dall’interessata il 14 dicembre 2017. Il procedimento proseguiva poi con una audizione del 22 dicembre 2017 e si concludeva con la relazione favorevole del RUP del 28 dicembre 2017.
Si tratta, pertanto, di un subprocedimento che non si è caratterizzato per una eccessiva durata, essendosi svolto in un arco temporale inferiore ai due mesi.
Quanto al suo andamento, il Collegio può limitarsi a rilevare che, per la giurisprudenza, il corretto svolgimento del procedimento di verifica presuppone l’effettività del contraddittorio tra amministrazione appaltante e offerente, di cui costituiscono necessari corollari: l’assenza di preclusioni alla presentazione di giustificazioni ancorate al momento della scadenza del termine di presentazione delle offerte; la immodificabilità dell’offerta e al contempo la sicura modificabilità delle giustificazioni, nonché l’ammissibilità di giustificazioni sopravvenute e di compensazioni tra sottostime e sovrastime, purché l’offerta risulti nel suo complesso affidabile al momento dell’aggiudicazione e a tale momento dia garanzia di una seria esecuzione del contratto che lo ha caratterizzato (da ultimo, Cons. Stato, sez. V, 23 gennaio 2018, n. 430; 30 ottobre 2017, n. 4978; ).
Alla stregua di tali coordinate, sia il confronto in contraddittorio avvenuto nella fattispecie tra la stazione appaltante e Bu. che la modifica delle giustificazioni avvenuta nel suo ambito non risultano censurabili, non refluendo, contrariamente a quanto opinato da A.M. Te., nella violazione del modello procedimentale di cui all’art. 97, comma 5, del Codice dei contratti pubblici.
5. Con il secondo motivo A.M. Te. afferma che le nuove giustificazioni presentate dalla Bu. erano carenti e inammissibili, essendo viziato il proposto inquadramento dei predetti tre “ispettori ambientali” con un contratto part-time al 33%.
5.1. Ai fini della miglior comprensione della censura va rilevato che il Piano di riorganizzazione del servizio allegato al capitolato speciale di appalto della gara in parola stabiliva l’utilizzo delle predette figure al fine di “mantenere il livello prestazionale conseguito a seguito dell’espletamento della precedente gara”.
A sua volta, l’allegato B del bando di detta precedente gara (determina n. 26 del 28 gennaio 2008) era del seguente tenore: “I suddetti ispettori dovranno garantire almeno due turni lavorativi al giorno di tre ore giornaliere ciascuno, per cinque giorni settimanali, con gli orari da concordare…)”.
Il RUP, nella già citata relazione del 28 dicembre 2017, ragguagliata la precedente fornitura sul punto a un impego complessivo di 30 ore settimanali, ha ritenuto l’offerta di Bu., che prospettava l’inquadramento dei tre “ispettori ambientali” al 5° livello del C.C.N.L.- Fise con un contratto part-time al 33%, per 36 ore settimanali (12 ore settimanali per ciascuno), a fronte di una spesa complessiva di Euro 49.966,80, non solo ammissibile ma anzi migliorativa.
A.M. Te. ha sostenuto nel giudizio di primo grado l’erroneità di tale convincimento, affermando che il precedente affidamento richiedeva per le predette figure un minimo di 45 ore settimanali di servizio, non garantite dall’offerta Bu..
Il primo giudice ha respinto la relativa censura, confermando la correttezza della conclusione del RUP e rilevando di non comprendere “quale sia il metodo di calcolo seguito dalla società ricorrente per individuare in 45, anziché in 30, ore settimanali le prestazioni assicurate secondo le previsioni del richiamato allegato B (2 – turni giornalieri – x 3 – ore – x 5 – giorni- = 30 ore settimanali)”.
5.2. A.M. Te. con il motivo in esame torna a sostenere che l’impiego dei tre ispettori previsto nel precedente affidamento era pari a 45 ore settimanali, e che il maggior costo per la voce determini l’erosione dell’intero utile stimato nell’offerta Bu. (rapportato, in finale, a Euro 15.344,41 annuali).
La censura è infondata.
L’appellante principale assume le indicate 45 ore settimanali sono frutto di un mero calcolo matematico basato sulla formula del bando del precedente affidamento.
Il rilievo non persuade.
Il giudice di prime cure ha correttamente calcolato in 30 ore settimanali il minimo delle ore di impiego degli ispettori forestali, traducendo la clausola del pregresso bando “I suddetti ispettori dovranno garantiredue turni lavorativi al giorno di tre ore giornaliere ciascuno, per cinque giorni settimanali” nella formula: 3 ore giornaliere x 2 turni lavorativi x 5 giorni a settimana.
Infatti, la locuzione “tre ore giornaliere ciascuno”, si riferisce non a ognuno dei tre ispettori, come sostiene A.M. Te., bensì ai due turni giornalieri che la clausola richiama immediatamente prima della locuzione stessa. Diversamente, la clausola avrebbe dovuto avere un diverso tenore (quale, a esempio: “due turni lavorativi al giorno di tre ore giornaliere per ciascuno degli ispettori” o “per ciascuno di essi”).
5.3. Infine, quanto al rilievo, pure contenuto nel motivo, secondo cui Bu., in sede delle prime giustificazioni, aveva altresì indicato il possibile l’inquadramento full-time degli ispettori ambientali, va rilevato che tale previsione era stata inizialmente prospettata dalla concorrente quale mera eventualità, al solo scopo di dimostrare la copertura del relativo costo anche in tal caso, come attestato dalle giustificazioni del 14 dicembre 2017, che, dato atto di quanto sopra, e a fronte delle criticità evidenziate dal RUP in ordine alla carente prospettazione da parte della società delle ricadute di tale doppia modalità di impiego, hanno confermato l’impegno della Bu. di utilizzare gli ispettori ambientali in regime di part-time (punto II.1).
6. Con il terzo motivo del suo appello A.M. Te. afferma che le giustificazioni di Bu. non attestavano la congruità dell’offerta anche per la mancata stima di ulteriori e necessari costi (diritti di rogito per la stipula del contratto di appalto; polizze definitiva e polizza per r.c.; ; quota di iscrizione all’Albo dei gestori ambientali degli automezzi da utilizzare per lo svolgimento del servizio), non più sostenibili o comunque non calcolati o stimati alla luce delle riduzioni apportate in fase di giustificazioni alle spese generali, voce che si è ridotta, in finale, dagli iniziali Euro 98.520,96 già ridotti a Euro 91.400,00, ai finali Euro 79.932,00, con uno scarto superiore all’utile pure stimato un finale (come detto, Euro 15.344,41 annuali, per complessivi Euro 76.722,05), che verrebbe completamente sterilizzato dal computo dei costi stessi, che A.M. Te. indica come ammontanti a Euro 100.000,00 circa.
Al riguardo, A.M. Te. afferma l’incongruità della sentenza appellata, che ha respinto detta censura senza neanche disporre una verificazione, limitandosi a richiamare la consolidata giurisprudenza che afferma, per un verso, l’ampia discrezionalità della stazione appaltante quanto alla valutazione dei chiarimenti presentati dall’operatore economico nell’ambito della verifica di anomalia, per altro verso, l’ammissibilità di compensazioni da parte di questi, nello stesso ambito, tra sottostime e sovrastime: tali principi, per l’esponente, sarebbero inconferenti nella fattispecie, trattandosi di costi obbligatori previsti e non computati e di giustificazioni obiettivamente carenti, ovvero di questioni che non tollererebbero il richiamo al limite del sindacato giurisdizionale.
6.1. Al riguardo, va premesso che, come emerge dalla relazione conclusiva della verifica di anomalia del RUP datata 28 dicembre 2017, la Bu. ha esposto di far fronte alla spesa per l’inquadramento nei termini già sopra detti dei tre ispettori ambientali (Euro 49.966,80), aggiungendo alla posta economica già individuata in sede di contraddittorio relativo alla prima verifica di anomalia – riferita ai contratti di 2° livello del C.C.N.L. Multiservizi che la stessa, e la stazione appaltante, avevano ritenuto erroneamente di poter applicare prima della sentenza del Tar Campania n. 4838 del 2017 – la riduzione dell’utile di impresa (da Euro 29.375,46 a Euro 15.344,41 all’anno) e delle spese generali (dalla somma, già precedentemente ridotta, pari a Euro 91.398,34, a Euro 79.932,00).
Il RUP, nella stessa relazione, ha altresì dato atto di aver verificato, al fine di dare completa attuazione alla richiamata sentenza del Tar, che aveva anche stigmatizzato il punteggio attribuito alla offerta Bu. per la voce “ispettori ambientali”, che il Capitolato speciale di appalto non contemplava attribuzione di punteggio per la fornitura dei predetti ispettori, come confermato anche dalla Centrale unica di committenza con verbale n. 26 del 16 novembre 2017, che, su richiesta di chiarimenti del RUP, aveva rappresentato di aver verificato che la commissione di gara non aveva attribuito alcun punteggio alla Bu. nella valutazione dell’offerta tecnica per la fornitura dei tre ispettori ambientali, in quanto servizio obbligatorio e vincolante, espressamente previsto dal Piano di riorganizzazione del servizio.
La relazione e il verbale di cui sopra fanno indi emergere che la seconda verifica di congruità è stata condotta con quella accuratezza e approfondita valutazione degli specifici aspetti dell’offerta Bu. richieste dai rilievi mossi alla prima verifica di anomalia dalla sentenza del Tar Campania n. 4838 del 2017.
Inoltre, si è già sopra rilevato come la rimodulazione della voce relativa alle “spese generali” non incontrava alcuna preclusione
Ciò posto, quanto agli specifici rilievi che A.M. Te. evidenzia con il motivo in esame a dimostrazione dell’incongruità della offerta Bu., va rilevato che essi tendono, all’evidenza, a compulsare una rivalutazione sotto tale profilo dell’offerta dell’aggiudicataria, che dovrebbe condurre, in tesi, alla valutazione della sua antieconomicità .
Ma una siffatta rivalutazione, come da consolidata giurisprudenza, correttamente richiamata dalla sentenza del Tar Campania n. 4269 del 2018 qui appellata, non è consentita al giudice amministrativo, che non può sostituire le sue valutazioni a quelle effettuate dalla stazione appaltante, ove non si sia in presenza delle ipotesi di irragionevolezza, illogicità, arbitrarietà e travisamento dei fatti (ex multis, Cons. Stato, V, 3 gennaio 2019, n. 69; 22 ottobre 2018, n. 6023; 17 settembre 2018, n. 5419; III, 11 ottobre 2018, n. 5857; 18 settembre 2018, n. 5444).
E per escludere, come sostiene A.M. Te., che nel caso di specie sussista appunto tale irragionevolezza, trattandosi dei costi obbligatori di cui sopra, che la medesima ritiene non poter trovare in alcun modo copertura nella voce “spese generali” siccome in finale rimodulata da Bu., va innanzitutto rilevato che dalla ridetta relazione conclusiva del RUP emerge chiaramente che la voce “spese generali” dell’offerta Bu., e le relative componenti, attengono ai costi annuali, con la conseguenza che essa assomma non a Euro 79.932,00, come indicato dall’esponente, bensì a Euro 399.660 totali, dovendosi moltiplicare il primo dei predetti importi per la durata quinquennale del contratto.
Sicchè, anche considerato che alcune dei costi obbligatori indicati da A.M. Te. non hanno cadenza annuale, le contestazioni qui mosse alla seconda valutazione di congruità resa dal RUP, che, peraltro, come visto, si è caratterizzata per la puntualità delle verifiche effettuate e per la loro afferenza alla sentenza amministrativa che aveva annullato l’esito della prima verifica di congruità, non risultano convincenti.
Inoltre, contrariamente a quanto A.M. Te. lascia intendere, la sentenza gravata ha anche esaminato, nel merito, al capo 13.2. le ragioni addotte da Bu. per la riduzione delle singole poste della voce “spese generali”, ritenendole non irragionevoli, e ha valutato al capo 13.3. le censure di A.M. Te. relative all’asserita omessa considerazione delle predette voci di costo, segnalandone la non condivisibilità, anche perché fondate su stime basate su valori assoluti.
7. Il quarto e il quinto mezzo di A.M. Te. possono essere congiuntamente trattati.
Con essi A.M. Te., esposto che Bu. non ha contemplato nella propria offerta alcun costo per alcuni servizi, non ha giustificato l’offerta migliorativa, oggetto di assegnazione di punteggio, relativa ad altri servizi aggiuntivi, e ha errato nella stima dei costi degli automezzi in relazione ai tempi di utilizzo, lamenta che la sentenza appellata abbia erroneamente dichiarato l’inammissibilità delle corrispondenti censure formule in primo grado, perché meramente riproduttive di censure implicitamente respinte dalla precedente sentenza n. 4383 del 2017, che aveva accolto il ricorso di A.M. Te. per la sola questione del costo degli “ispettori ambientali”, osservando, al riguardo, che la predetta sentenza non si era soffermata su tali carenze, per le quali, pertanto, non si era formata alcuna soccombenza.
7.1. Al riguardo, si osserva, in disparte ogni questione sulla correttezza della predetta statuizione di primo grado, che l’oggetto della gravata sentenza n. 4269 del 2018 va circoscritto al rinnovo del subprocedimento di verifica dell’anomalia dell’offerta di Bu., siccome effettuato in ragione della illegittimità rilevata a carico del primo subprocedimento di verifica dalla precedente sentenza di primo grado n. 4383 del 2017 quanto al costo degli “ispettori ambientali”.
Ogni questione relativa alle altre censure formulate nel ricorso esitato con la precedente sentenza n. 4383 del 2017, comprese quelle assorbite, afferisce invece all’ambito dell’appello proposto avverso la sentenza stessa.
Al riguardo, si rileva che la sentenza in parola è stata gravata solo da Bu., parte ivi soccombente, con l’appello n. r.g. 739 del 2018, riunito a quello in esame.
Ai sensi dell’art. 101, comma 2, Cod. proc. amm., si intendono rinunciate le domande e le eccezioni assorbite o non esaminate nella sentenza di primo grado che non siano state espressamente riproposte nell’atto di appello o, per le parti diverse dall’appellante, con memoria depositata a pena di decadenza entro il termine per la costituzione in giudizio.
Sicchè, ai sensi della predetta disposizione, si intendono rinunciati i motivi di censura formulati in primo grado e non esaminati o dichiarati assorbiti in quanto non espressamente ripresentati dalla parte appellata entro il termine di costituzione in giudizio (Cons. Stato, IV, 6 ottobre 2017, n. 4659).
Alla luce di tali coordinate, si osserva che l’appello n. r.g. 739 del 2018 di Bu. avverso la sentenza di primo grado n. 4383 del 2017 si è perfezionato nei confronti di A.M. Te. il 19 gennaio 2018.
Nei suoi confronti, ai sensi degli artt. 46 e 119 del Codice del processo amministrativo, il termine decadenziale di cui al predetto art. 101, comma 2, è perciò spirato decorsi trenta giorni dal 19 gennaio 2018.
A.M. Te., pur essendosi costituita il 12 febbraio 2018, nel predetto termine, ha riproposto i motivi del proprio ricorso assorbiti in primo grado solo con memoria depositata l’8 maggio successivo, quando il termine stesso era ormai abbondantemente scaduto.
Ne deriva che i motivi in esame costituiscono difese per la cui riproposizione in sede di appello A.M. Te. era ormai decaduta.
Essi sono, pertanto, inammissibili.
8. Con il sesto mezzo A.M. Te. afferma che la commissione di gara, nel verbale n. 26 del 2017 già citato al precedente capo 6.1., avrebbe errato sostenendo che l’offerta Bu. non aveva conseguito alcun punteggio per i tre “ispettori ambientali”.
Si osserva al riguardo che l’appellante non dimostra in alcun modo che, contrariamente a quanto affermato dalla commissione, l’offerta di Bu. sia stata graduata anche, specificamente, in relazione al predetto elemento, ma si limita a sostenere che l’elemento in parola abbia comunque concorso alla valutazione dell’offerta, ancorchè “fittizio”.
La censura, che risente pertanto, ed evidentemente, dell’impostazione delle precedenti doglianze, già precedentemente esaminate e non accolte, volte a dimostrare l’incongruità sul punto dell’offerta Bu., va respinta in analogia con quanto rilevato al riguardo delle stesse doglianze.
9. Con il settimo e ultimo mezzo A.M. Te. afferma che Bu. non poteva risultare aggiudicataria della gara, stante la sussistenza di una condizione preclusiva ai sensi dell’art. 80, comma 5, lett. c) del d.lgs. n. 50 del 2016, vieppiù non dichiarata, rappresentata da una penale irrogata il 25 agosto 2016 dal Comune di Nola in fase di esecuzione di altra prestazione contrattuale, per inadempienze contestate nel periodo settembre 2015-aprile 2016.
Ciò posto, l’appellante contesta la parte della sentenza gravata che, in accoglimento della corrispondente eccezione spiegata da entrambe le parti resistenti nel giudizio di primo grado, ha ritenuto l’irricevibilità per tardività della predetta censura, affermando che la doglianza, proposta con motivi aggiunti, avrebbe dovuto essere formulata “nel termine di trenta giorni dal provvedimento di ammissione alla gara con il rito di cui all’art. 120, comma 2 bis, c.p.a. o, comunque, tutt’al più entro trenta giorni dalla adozione del primo provvedimento di aggiudicazione della procedura alla Bu. s.r.l., avvenuto con la determinazione n. 101 del 10.5.2017, annullata da questa Sezione con la sentenza n. 4838/2017” e che non “assume alcuna rilevanza il momento in cui la società ricorrente ha avuto conoscenza della vicenda posta a base dei motivi aggiunti. E, infatti, come si evince dallo stesso ricorso per motivi aggiunti, la società ricorrente è venuta a conoscenza della penale irrogata alla Bu. s.r.l. accedendo al sito di altra amministrazione e, pertanto, non sussistono neanche i presupposti per la rimessione in termini per errore scusabile”.
La statuizione va confermata.
A.M. Te. pretende che il decorso del termine per far constare in giudizio tale circostanza, contrariamente a quanto ritenuto dal primo giudice, sia computato dalla data in cui essa è stata “scoperta” dall’esponente.
Ma poiché tale data non viene in questa sede né indicata, né tantomeno circostanziata, la pretesa, per come formulata, ridonda nel sostanziale spregio dei termini decadenziali prescritti dal vigente ordinamento per adire la giustizia amministrativa.
10. L’appello principale n. r.g. 8621 del 2018 di A.M. Te. va, per tutto quanto sopra, respinto.
11. Conseguentemente, per le ragioni già indicate al precedente capo 2, va dichiarata la sopravvenuta carenza di interesse alla decisione sia dell’appello autonomo n. r.g. 739 del 2018 proposto da Bu. che dell’appello incidentale condizionato proposto dalla medesima Bu. nell’ambito dello stesso appello n. r.g. 8621 del 2018 di A.M. Te..
12. Il Collegio ravvisa giusti motivi, stante la peculiarità della controversia e la complessità delle questioni trattate, per disporre la compensazione tra le parti delle spese di giudizio del grado.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale
Sezione Quinta, definitivamente pronunciando sugli appelli di cui in epigrafe:
– dispone la riunione, per connessione oggettiva e soggettiva, degli appelli n. r.g. 739 del 2018 e n. r.g. 8621 del 2018;
– respinge l’appello principale n. r.g. 8621 del 2018 proposto da A.M. Te. s.r.l.;
– dichiara improcedibile per sopravvenuta carenza di interesse l’appello n. r.g. 739 del 2018 proposto da Bu. s.r.l.;
– dichiara improcedibile per sopravenuta carenza di interesse l’appello incidentale proposto da Bu. s.r.l. nell’ambito dell’appello n. r.g. 8621 del 2018;
– compensa tra le parti le spese di giudizio del grado.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del 14 febbraio 2019 con l’intervento dei magistrati:
Francesco Caringella – Presidente
Paolo Giovanni Nicolò Lotti – Consigliere
Fabio Franconiero – Consigliere
Valerio Perotti – Consigliere
Anna Bottiglieri – Consigliere, Estensore

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