Procedimento di accreditamento definitivo delle strutture sanitarie

Consiglio di Stato, Sentenza|6 settembre 2021| n. 6223.

Procedimento di accreditamento definitivo delle strutture sanitarie.

Nel procedimento di accreditamento definitivo delle strutture sanitarie, nel caso in cui si riscontra il mancato tempestivo adeguamento allo standard di qualità richiesto , in dipendenza di cause non dipendenti direttamente dalla volontà dell’operatore economico, deve ritenersi legittimo, nel bilanciamento degli interessi pubblici coinvolti consentire la contrattualizzazione a condizione della legittima applicazione della “misura sanzionatoria” della regressione tariffaria.

Sentenza|6 settembre 2021| n. 6223. Procedimento di accreditamento definitivo delle strutture sanitarie

Data udienza 29 luglio 2021

Integrale

Tag – parola chiave: Procedimento di accreditamento definitivo delle strutture sanitarie – Accreditamenti definitivi alle strutture sanitarie ed adeguamento ai requisiti – Decurtazione tariffaria – Riduzione proporzionale del budget annuale di spesa – Clausola di salvaguardia – Requisiti – Principio di corrispettività – Riserva di legge – Irretroattività delle sanzioni – Artt. 8-bis, 8-quater e 8-quinquies, D.lgs. n. 502/1992

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale
Sezione Terza
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 5573 del 2017, proposto dalla Casa di Cura Sa. Fa. S.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli Avvocati Ra. Iz., Al. Vi. Or. e Al. Fe., con domicilio eletto presso lo studio dell’Avvocato Ra. Iz. in Roma, Lungotevere (…);
contro
Regione Lazio, in persona del Presidente pro tempore, rappresentata e difesa dall’Avvocato Ro. Ba., con domicilio eletto presso il suo studio in Roma, via (…);
Azienda Usl Roma 1, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli Avvocati Ma. Ro. Ru. Va. e An. Tu., con domicilio eletto presso lo studio dell’Avvocato Ma. Ro. Ru. Va. in Roma, piazza (…);
Presidenza del Consiglio dei Ministri- Dipartimento per la Pubblica Amministrazione e la semplificazione, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, domiciliataria ex lege in Roma, via (…);
per la riforma
della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio Sezione Terza n. 02735/2017, resa tra le parti, concernente annullamento della nota della Regione Lazio – Direzione Salute e Politiche Sociali, prot. n. 61440 del 04.02.2016, avente ad oggetto “applicazione decurtazione tariffaria di cui al DCA U00594 del 16 dicembre 2015”; della nota della Regione Lazio – Direzione Salute e Integrazione Sociosanitaria, prot. n. 631547 del 18.11.2015, avente ad oggetto “DCA 359/2014: Decurtazione del 5% con conseguente riduzione proporzionale del budget complessivo alla Casa di Cura Sa. Fa.”; dei decreti del Commissario ad acta n. U00594 del 16 dicembre 2015, n. U00359 del 30 ottobre 2014 e, ove occorra, n. U00426 del 4 ottobre 2013; della nota della Regione Lazio- Direzione Salute e Politiche Sociali, prot. n. 94258 GR/11/28 del 22.02.2016 avente ad oggetto “Applicazione disposizioni previste dal DCA n. U00594 del 18.12.2015”, impugnata con motivi aggiunti.
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio della Regione Lazio e dell’Azienda Usl Roma 1;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 29 luglio 2021, svoltasi in videoconferenza, secondo quanto disposto dall’art. 25, comma 1, d.l. 28 ottobre 2020, n. 37, il Consigliere Paola Alba Aurora Puliatti e presenti gli Avvocati delle parti come da verbale di udienza;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

Procedimento di accreditamento definitivo delle strutture sanitarie

FATTO

1.- Con ricorso al TAR per il Lazio r.g.n. 1900/2016, la società ricorrente, che gestisce l’omonima casa di cura, ha impugnato gli atti in epigrafe dell’ASL Roma 1 concernenti l’applicazione della decurtazione tariffaria del 5% per il periodo 6 novembre/31 dicembre 2014, per un totale di euro 59.914,00 e la conseguente riduzione proporzionale del budget annuale di spesa, nonché i presupposti decreti del Commissario ad acta recanti la disciplina del rilascio degli accreditamenti definitivi alle strutture sanitarie e l’adeguamento ai requisiti a tal fine previsti (DCA n. U00359 del 30 ottobre 2014 e n. U00594 del 16.12.2015).
2.- Con la sentenza in epigrafe, il TAR rigettava il ricorso e compensava le spese di giudizio.
Ricostruito il quadro normativo, la sentenza ha escluso l’operatività della c.d. “clausola di salvaguardia” ed ha ritenuto che, avuto riguardo al mancato possesso da parte della struttura sanitaria dei requisiti prescritti per l’accreditamento definitivo alla data del 31 ottobre 2014, la decurtazione tariffaria sia giustificata dal principio di corrispettività e non si tratti di misura di carattere sanzionatorio, per cui non trovano applicazione i principi della riserva di legge e della irretroattività delle sanzioni.
Il TAR ha ritenuto infondata anche la censura concernente la mancanza di istruttoria in ordine alla verifica dell’inimputabilità del ritardo nell’adeguarsi ai requisiti di accreditamento e irrilevante la censura di disparità di trattamento.
3.- Con l’appello in esame, la ricorrente lamenta l’erroneità e ingiustizia della sentenza di cui chiede la riforma.
4.- Si sono costituite in giudizio la Regione Lazio, l’Azienda USL Roma 1 e il Commissario ad acta per la Regione Lazio che chiedono la dichiarazione di improcedibilità, inammissibilità, infondatezza dell’appello.
5.- Alla pubblica udienza del 29 luglio 2021, la causa è stata trattenuta in decisione.

 

Procedimento di accreditamento definitivo delle strutture sanitarie

DIRITTO

1.- L’appello è infondato.
2.- L’appellante denuncia l’illogicità della decisione che erroneamente non ha rilevato la qualificazione sanzionatoria della decurtazione tariffaria, secondo la stessa denominazione contenuta nei DCA impugnati.
Pertanto, troverebbero applicazione i principi enunciati dalla CEDU e dalla Corte Costituzionale (sentenza n. 196 del 4 giugno 2010) concernenti l’assimilazione delle sanzioni amministrative alla sanzione penale, con applicazione conseguente della legge n. 689/1981, in particolare dei principi di legalità e irretroattività .
Da qui l’evidente illegittimità di tutti gli atti impugnati che senza alcuna copertura legislativa hanno introdotto autonome sanzioni mediante semplici atti amministrativi e con efficacia retroattiva, non essendo state individuate modalità e termini per l’applicazione delle sanzioni preventivamente, ma solo con l’impugnato DCA 594/2015.
L’accordo/contratto del dicembre 2015 non prevede la decurtazione e all’art. 18 esclude la modificabilità del contenuto contrattuale se non per accordo scritto delle parti.
2.1. – La sentenza non individua il fondamento normativo del potere esercitato dal Commissario ad acta e se anche si volesse negare la natura sanzionatoria della decurtazione le censure prospettate si riverserebbero sull’atto altrimenti qualificato.
2.2. – Con altra censura, l’appellante ribadisce la disparità di trattamento e lamenta l’inesatta ricostruzione della normativa: il termine ultimo per la conferma dell’accreditamento delle strutture private ospedaliere era fissato al 1° gennaio 2011, concedendosi una proroga al 31 ottobre 2014 esclusivamente per le altre strutture sanitarie e socio-sanitarie private.
Pertanto, tutte le 830 strutture che a tale data avevano ultimato l’accreditamento definitivo (e non solo le 47 strutture non ancora in regola a quella data, tra cui la ricorrente) erano, comunque, inadempienti e passibili delle medesime iniziative sanzionatorie.
2.3.- Il ritardo era, comunque, imputabile alla Regione che aveva determinato i requisiti per il rilascio dell’accreditamento definitivo solo con Decreto commissariale del 10 novembre 2010 e poi li aveva rettificati con decreto del 10.2.2011, vanificando, pertanto, il termine del 1° gennaio 2011.
2.4.- Infine, non risponderebbe al vero che le 47 strutture (tra cui la ricorrente) erogavano prestazioni qualitativamente inferiori alle altre strutture già accreditate; né avrebbe senso applicare la tariffa piena a pienezza dei requisiti e tariffe minori in presenza di minori requisiti.
3.- Il Collegio condivide le considerazioni svolte dal primo giudice.
3.1.- Il percorso di accreditamento definitivo delle strutture sanitarie nella Regione Lazio è stato disciplinato con legge regionale n. 4 del 3.3.2003 che ha fissato in tre anni il termine massimo per la conclusione delle procedure di adeguamento delle strutture ai requisiti richiesti (art. 21) e successivamente fissati con DGR 424 del 14.7.2006.
Con regolamento regionale 13.11.2007, n. 13 sono stati disciplinati la domanda e il rilascio dell’accreditamento istituzionale prevedendo che i soggetti provvisoriamente accreditati mantenessero il titolo fino al rilascio del nuovo provvedimento di accreditamento definitivo (art. 14).
Con legge 27.12.2006, n. 296, art. 1 comma 796, lett. t), in attuazione del Protocollo di intesa tra Stato e Regioni del 28 settembre 2006, è stato poi stabilito il termine del 31.12.2007 per la presentazione delle istanze di conferma dell’autorizzazione all’esercizio e dell’accreditamento definitivo e fissato il termine del 1° gennaio 2010 per la cessazione dell’accreditamento provvisorio.
Con l’art. 2, comma 100, della legge 23.12.2009, n. 191 (Finanziaria 2010) è stato modificato il termine per il passaggio definitivo al sistema dell’accreditamento istituzionale, spostato dal 1° gennaio 2010 al 1° gennaio 2011.

 

Procedimento di accreditamento definitivo delle strutture sanitarie

Con legge regionale 10.8.2010, n. 3, art. 1, commi da 18 a 26, è stato previsto il nuovo termine del 10 dicembre 2010 per la presentazione delle domande di conferma dell’autorizzazione all’esercizio nonché per la domanda di accreditamento istituzionale definitivo, esclusivamente attraverso l’utilizzo di piattaforma informatica ed è stato previsto che le domande avrebbero dovuto essere accompagnate da dichiarazione sostitutiva di atto di notorietà del titolare circa la rispondenza ai requisiti ulteriori previsti per l’accreditamento, ovvero da atto unilaterale d’obbligo ad adeguare le strutture nei termini definiti con il provvedimento di individuazione dei “requisiti ulteriori”.
In esito alla verifica dei requisiti, è stata prevista l’adozione del provvedimento di accreditamento entro il 31.12.2010.
Con DCA del 10.11.2010 è stata avviata la “fase uno”, fissando i requisiti minimi autorizzativi per l’esercizio delle attività sanitarie e i “requisiti ulteriori” per l’accreditamento e sono state preordinate le procedure necessarie alla cessazione degli accreditamenti provvisori alla data del 1 gennaio 2011, come previsto dall’art. 1, comma 796, della L. n. 296/2006 (modificata dalla Finanziaria 2010).
Il termine per la presentazione delle domande è poi slittato al 24 dicembre 2010 (con DCA 10.12.2010) ed entro tale termine la struttura ricorrente ha avviato il percorso per l’accreditamento istituzionale.
Con DCA n. 9 del 31.12.2010 veniva effettuata la ricognizione delle domande presentate e, successivamente, con DCA del 3.2.2011 veniva prescritto di inviare entro 45 giorni la documentazione, termine successivamente prorogato al 28 marzo 2011.
Nel frattempo, con DCA del 10.2.2011, sono state apportate modifiche ai requisiti minimi richiesti.
Infine, con legge regionale 22.4.2011 n. 6, è stata disposta la proroga del termine per la conclusione dei procedimenti di accreditamento al 31.12.2012 e con l.r. 27.8.2011, n. 12 è stato previsto che le strutture provvisoriamente accreditate potessero presentare un piano di adeguamento dei requisiti strutturali organizzativi e tecnologici entro il 31 luglio 2012.
Con D.L. 150 del 2013, convertito in legge 27.2.2014, n. 15, veniva fissata al 31.10.2014 la scadenza ultima dei termini per il completamento del percorso di accreditamento “di tutte le altre strutture sanitarie e socio sanitarie private”, fermo restando per le strutture ospedaliere private il termine del 1 gennaio 2011, già individuato per il passaggio all’accreditamento definitivo dalla Legge Finanziaria 2010.
La Regione Lazio, effettuata una ricognizione delle strutture non ancora conformi, procedeva a diffidare i presidi sanitari interessati (tra cui la ricorrente, con nota del 20.11.2013).
3.2.- In questo contesto si colloca il DCA 359 del 30.10.2014 con cui sono state fornite direttive concernenti le 47 strutture interessate all’accreditamento definitivo non ancora in regola alla data del 31.10.2014, identificando le possibili cause del ritardo.
Con l’art. 2, commi 1 e 2, dell’Allegato 1 è stata consentita l’ammissione ad operare – mediante accreditamento ai fini della contrattualizzazione – delle strutture in regola per i profili sanitari, ma carenti di altri requisiti a causa di prescrizioni imposte di altre Autorità, disponendosi altresì la conferma delle sospensioni degli accreditamenti in corso di adozione (comma 4).

 

Procedimento di accreditamento definitivo delle strutture sanitarie

All’art 3 dell’allegato 1 si è stabilito che “1.-Le tariffe delle prestazioni riconoscibili alle i.s.pr. che siano contrattualizzate o comunque ammesse ad erogare usufruendo dei benefici di cui al precedente art. 2, comma 2, sono decurtate del 5% con conseguente riduzione proporzionale del budget complessivo. 2. La decurtazione viene praticata fino alla contrattualizzazione o comunque ammissione all’erogazione, relative all’anno successivo all’esito positivo della procedura di autorizzazione e di accreditamento a regime della L.r. n. 4/2003”.
Va rilevato che già con DCA 426/2013, considerato che il 4% delle strutture coinvolte nel procedimento di accreditamento risultavano in ritardo con gli adempimenti di adeguamento, anche per problematiche relative alla complessità e tempistica delle opere da realizzare e degli adempimenti da espletare, la Regione si era riservata la possibilità di introdurre con separato atto “misure sanzionatorie nei confronti delle strutture che in considerazione dell’eccezionalità della procedura e a prescindere dalle limitazioni che subirà la produzione nel periodo oggetto del piano di adeguamento potranno portare alla regressione tariffaria nella misura del 5 % dalla data di presentazione del piano di adeguamento e fino alla scadenza dei 90 giorni oltre il termine di diffida”.
Con il successivo DCA n. 372 del 12.11.2014, la Regione ha, poi, sospeso l’efficacia della sospensione degli accreditamenti, fino alla conclusione degli esiti delle verifiche previste entro il 15.11.2014 e con DCA n. 413 del 26.11.2014 la struttura ricorrente è stata inserita nell’elenco (Allegato 1) delle strutture che erano invitate a relazionare sulle cause del mancato adeguamento e a produrre la planimetria.
A seguito della documentazione prodotta, emergeva che la ricorrente ricadeva nell’ipotesi delle strutture inadempienti a causa delle prescrizioni dettate da altre Autorità (mancanza di autorizzazione allo scarico ex D.lgs n. 152/2006 e di attestazione di agibilità, altre difformità strutturali, quali altezze insufficienti, superficie finestrata chiusa, sostituzione pannelli del controsoffitto).
La Regione procedeva, pertanto, ad applicare la decurtazione del 5% sulle tariffe prevista dal DCA 359 del 30.10.2014.
Con DCA 594 del 16.12.2015 si disponeva che alle strutture che avevano beneficiato della ammissibilità ad operare, malgrado la non conformità, sarebbe stata applicata la decurtazione tariffaria (di cui all’art. 3 del DCA n. 359 del 2014) “in ragione della mancanza di completa prestazione contrattuale sotto il profilo della idoneità della struttura” con effetto dalla pubblicazione dello stesso DCA (6 novembre 2014).
3.3. – Al quadro normativo e fattuale così riassunto vanno aggiunte alcune considerazioni di ordine generale.
3.4. – Ai sensi degli artt. 8-bis, 8-quater e 8-quinquies, D.lgs. n. 502 del 1992, ai privati è consentito di erogare prestazioni sanitarie e sociosanitarie rientranti nel servizio pubblico alla duplice condizione del possesso dell’autorizzazione sanitaria (rilasciata previo accertamento dell’esistenza di requisiti di carattere organizzativo, igienico e tecnico-sanitario) e dell’inserimento del soggetto privato nel servizio sanitario, in regime di concorrenza amministrata con le strutture pubbliche, mediante accreditamento.
A differenza dell’autorizzazione all’esercizio di attività sanitaria (ex art. 8 ter d.lgs. 30 dicembre 1992, n. 502), l’accreditamento richiede la presenza di “requisiti ulteriori di qualificazione”, strutturali, tecnologici e organizzativi, definiti dalle Regioni con l’individuazione di specifici “standard di qualità “, nonché l’accertamento della funzionalità delle strutture accreditande rispetto agli indirizzi della programmazione sanitaria regionale (Consiglio di Stato, III, n. 4518 del 2018).

 

Procedimento di accreditamento definitivo delle strutture sanitarie

I requisiti ulteriori (definiti secondo criteri generali uniformi sul territorio nazionale) costituiscono presupposto per l’accreditamento definitivo e vincolo per la definizione delle prestazioni previste nei programmi di attività delle strutture accreditate, così come definiti dall’articolo 8- quinquies citato.
Dunque, l’accreditamento è subordinato alla verifica dell’effettivo possesso di “requisiti ulteriori” prescritti dalla Regione, e rappresenta il presupposto necessario per la stipula dei contratti di acquisto delle prestazioni sanitarie da parte del Servizio pubblico.
Il rapporto contrattuale, conformato da finalità pubblicistiche, mediante il quale l’offerta di prestazioni sanitarie da parte della struttura privata viene inserita nell’ambito della programmazione sanitaria pubblica, previa fissazione di tariffe remunerative e delimitazione del tetto massimo di spesa, rappresenta dunque il momento finale di un procedimento che vede in primis la necessaria verifica della idoneità delle strutture sanitarie sotto il profilo qualitativo ad assolvere alle finalità pubbliche perseguite dal Sistema sanitario.
Pertanto, è consentito erogare prestazioni sanitarie rientranti nel pubblico servizio e a carico della spesa pubblica soltanto da parte di soggetti privati che siano in possesso di un “accreditamento”, procedimento che, come si è visto, si è compiuto gradualmente nel passaggio da un regime di provvisorietà ad un regime definitivo (Consiglio di Stato sez. III, 22/11/2018, n. 6617).
Ai sensi dell’art. 8 octies D.lgs. n. 502/1992, la regione e le aziende unità sanitarie locali attivano poi un sistema di monitoraggio e controllo sulla definizione e sul rispetto degli accordi contrattuali da parte di tutti i soggetti interessati, nonchè sulla qualità della assistenza e sulla appropriatezza delle prestazioni rese.
4.- Passando all’esame della fattispecie, ritiene il Collegio che inerisce al generale potere pubblicistico di controllo della “qualità dell’assistenza”, conferito dall’art. 8 octies del citato D.lgs. n. 502/1992, la facoltà per l’Amministrazione regionale di attivare un meccanismo di “penalizzazione” per quelle strutture che, pur ammesse eccezionalmente nel corso dell’iter di accreditamento definitivo a stipulare contratti ed erogare prestazioni a carico del servizio sanitario regionale, non siano però ancora definitivamente in regola con i “requisiti ulteriori” a tal fine necessari, a causa di prescrizioni promananti da altre Autorità, ma siano tuttavia in regola dal punto di vista sanitario (una delle ipotesi considerata dall’art. 2 del DCA 359/2014).
In tali casi, in cui si riscontra il mancato tempestivo adeguamento allo standard di qualità richiesto per l’accreditamento definitivo (necessario presupposto per la contrattualizzazione), in dipendenza di cause non dipendenti direttamente dalla volontà dell’operatore economico (si tratta di tre ipotesi tipizzate dal DCA 359/2014) deve ritenersi legittimo, nel bilanciamento degli interessi pubblici coinvolti (espressamente considerati negli atti impugnati, quali la tutela della salute e della continuità terapeutica, da un lato, la tutela degli operatori dall’altro) consentire la contrattualizzazione a condizione della legittima applicazione della “misura sanzionatoria” della regressione tariffaria in questione.
4.1.- Sugli aspetti critici della “misura sanzionatoria” oggetto di specifico motivo, sulla base di tali premesse, il Collegio osserva che la decurtazione tariffaria prevista dal DCA 359 del 2014 non è misura sanzionatoria in senso tecnico.
Si tratta, piuttosto, del risultato dell’esercizio del potere di controllo di cui all’art. 8 octies D.lgs. n. 502/1992 citato, finalizzato alla tutela dell’interesse alla salute pubblica, che si estrinseca nel controllo sulla qualità delle prestazioni e, a monte, sulla qualità del soggetto ammesso ad erogare il servizio assistenziale in quanto soggetto dotato di “ulteriori” requisiti organizzativi tecnici e strutturali adeguati e predeterminati, verificati nel procedimento di accreditamento propedeutico alla stipula di contratti.
4.2. – La Sezione si è, di recente, occupata della problematica inerente i principi regolatori di tale potere di controllo sulle prestazioni sanitarie, che secondo il Collegio presenta profili di affinità estensibili alla fattispecie in esame, in cui viene in rilievo il controllo sulla qualità dell’erogatore accreditato provvisoriamente e ammesso eccezionalmente, in corso di accreditamento definitivo ed oltre i termini fissati per il completamento della relativa procedura, ad effettuare prestazioni a carico del Servizio pubblico.
La Sezione, con sentenza n. 4719 del 18.6.2021, ha affermato che “non sussiste la dedotta violazione della riserva di legge prevista dall’art. 23 Cost. in materia di sanzioni amministrative per non avere né le pertinenti leggi dello Stato, né quelle adottate dalla Regione, sufficientemente precisato i presupposti ed il quantum delle sanzioni amministrative in materia di controlli esterni.
I controlli “sul rispetto degli accordi contrattuali da parte di tutti i soggetti interessati nonché sulla qualità della assistenza e sulla appropriatezza delle prestazioni rese” sono previsti dall’art. 8-octies del d.lgs. n. 502 del 1992 e dall’art. 79, comma 1-septies, del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112 (Disposizioni urgenti per lo sviluppo economico, la semplificazione, la competitività, la stabilizzazione della finanza pubblica e la perequazione tributaria), convertito, con modificazioni, nella legge 6 agosto 2008, n. 133.
L’esito negativo dei controlli sulle prestazioni rese dai soggetti privati implica due conseguenze (salva la possibile interruzione del rapporto con la struttura privata): il ricalcolo della remunerazione spettante e la “sanzione”, la cui determinazione è affidata alle Regioni dall’art. 8-octies, comma 3, lettera a), del d.lgs. n. 502 del 1992.
Come affermato dalla Sezione (oltre che nella recente sentenza n. 1820/2021 anche in altre pronunce su analoghe controversie – sentenze n. 823 e 824/2020 – in occasione delle quali si è fatto riferimento alla corretta qualificazione delle decurtazioni pecuniarie – cfr. decisioni n. 5216/2019 e n. 2147/2018) e secondo argomenti desumibili anche dalla sentenza n. 7820/2020 ai fini del riparto di giurisdizione, le “sanzioni” di cui trattasi devono intendersi come misure ascrivibili ad un ambito distinto da quello tracciato dalla legge n. 689 del 1981 e direttamente afferente al rapporto di natura sostanzialmente concessoria di cui all’art. 8 octies D.lgs. n. 502/92 citato.
Alla luce di questo dato interpretativo di portata sostanziale, appare superabile l’argomento nominalistico agitato dalla parte appellante e riferito al ricorrente impiego nei DCA n. 58/2009 e n. 40/2012 di forme lessicali echeggianti il concetto di “sanzione amministrativa” in senso proprio”.
Come chiaramente afferma la sentenza n. 1820/2021, “le penalità applicate dalla parte pubblica fanno tutt’uno con l’esercizio del potere autoritativo di programmazione sanitaria espresso attraverso la definizione del sistema dei controlli sull’attività sanitaria e dei relativi criteri operativi, tanto vero che la struttura accreditata, per sottrarsi alle “sanzioni” applicate, è tenuta ineludibilmente a contestare la legittimità dell’esplicazione degli specifici poteri di vigilanza e controllo sulla correttezza della gestione. Dunque, la correlazione tra potere di vigilanza e potere sanzionatorio rende, per un verso, il provvedimento sanzionatorio ascrivibile alla materia dei servizi pubblici, risultando la penalità direttamente funzionale alla tutela dell’interesse pubblico al corretto espletamento del servizio e non al mero ripristino della legalità violata”.
“La riepilogata qualificazione ha trovato l’avallo anche delle Sezioni Unite della Corte di Cassazione (si vedano le pronunce n. 18168/2017 e n. 23540/2019), secondo le quali il modello di controllo strutturato dai DM del 2009 e del 2012 manifesta una “totale incompatibilità giuridica con lo schema di principio che regge la materia delle sanzioni amministrative pecuniarie secondo la L. n. 689 del 1981” (Cass., S.U. n. 23540/2019) e pone capo a penalità patrimoniali (impropriamente definite “sanzioni” nei Decreti 2009 e 2012) direttamente funzionali alla tutela dell’interesse pubblico al corretto espletamento del servizio-sanità (così Cass. S.U. n. 18168/2017, che fa richiamo all’applicazione delle penali nella materia delle concessioni di pubblico servizio: v. Cass. S.U. n. 12111/2013).”
Cade, conseguentemente, alla luce delle testé illustrate considerazioni che fanno propendere per la corretta qualificazione della riduzione remunerativa contestata quale “penalità patrimoniale”, tutto il costrutto argomentativo articolato dalla ricorrente in merito ai limiti derivanti dal parametro di legalità imposto dall’art. 1, comma 1, L. 689 del 1981, così come interpretato dalla giurisprudenza della Corte Costituzionale.
Considerata la natura non sanzionatoria delle decurtazioni, è infondata la censura di violazione del principio di legalità e riserva di legge e irretroattività della riduzione tariffaria applicata.
4.3. – Del pari infondate sono le altre censure.
Nessuna contraddittorietà può riscontrarsi nella riduzione tariffaria adottata dalla Regione considerato che la mancanza in atto dei requisiti di accreditamento (seppure non di tipo sanitario) incide sulla qualità complessiva della prestazione e sulla parità di trattamento con le altre strutture definitivamente accreditate e contrattualizzate al pari della ricorrente.
Nessun rilievo può attribuirsi alla circostanza della mancanza di istruttoria sul requisito della non imputabilità soggettiva del ritardo.
La previsione di termini stringenti per il passaggio all’accreditamento definitivo, scanditi a livello nazionale e regionale, più volte prorogati (e abbondantemente derogati dalla stessa Regione per quanto concerne le strutture ospedaliere private), che prescindono dai comportamenti degli operatori economici, fa ritenere irrilevante e non dovuta l’indagine sulle cause dei ritardi nelle procedure di adeguamento.
E’ vero, piuttosto, il contrario: la Regione ha eccezionalmente consentito anche alle strutture che non avevano adempiuto agli obblighi assunti al momento della domanda di accreditamento di presentare piani di adeguamento e di continuare ad erogare prestazioni contrattualizzate, nelle more del completamento dell’adeguamento, nelle ipotesi individuate dall’art. 2 del DCA 359/2014 (di sostanziale non imputabilità del ritardo, come nel caso, della ricorrente tenuta ad adeguarsi a prescrizioni di altre Autorità ).
5.- In conclusione, l’appello va rigettato.
6.- Le spese di giudizio si possono compensare tra le parti in considerazione della novità delle questioni trattate.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale
Sezione Terza, definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, lo respinge e, per l’effetto, conferma la sentenza impugnata.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 29 luglio 2021 con l’intervento dei magistrati:
Franco Frattini – Presidente
Paola Alba Aurora Puliatti – Consigliere, Estensore
Stefania Santoleri – Consigliere
Giulia Ferrari – Consigliere
Umberto Maiello – Consigliere

 

Procedimento di accreditamento definitivo delle strutture sanitarie

 

In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.

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