La presidenza del Cda di un Consorzio Dop è incompatibile con l’attività dell’avvocato

Corte di Cassazione, sezione lavoro, Sentenza 20 maggio 2019, n. 13517.

La massima estrapolata:

La presidenza del Cda di un Consorzio Dop è incompatibile con l’attività dell’avvocato: la natura commerciale dell’attività del consorzio non può essere esclusa a priori.

Sentenza 20 maggio 2019, n. 13517

Data udienza 8 gennaio 2019

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MANNA Antonio – Presidente

Dott. BERRINO Umberto – rel. Consigliere

Dott. FERNANDES Giulio – Consigliere

Dott. GHINOY Paola – Consigliere

Dott. MANCINO Rossana – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA
sul ricorso 17935/2013 proposto da:
CASSA NAZIONALE PREVIDENZA ASSISTENZA FORENSE, C.F. (OMISSIS), in persona del legale rappresentante pro tempore elettivamente domiciliata in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), che la rappresenta e difende;
– ricorrente –
contro
(OMISSIS), domiciliato ope legis presso la Cancelleria della Corte di Cassazione, rappresentato e difeso dall’Avvocato (OMISSIS);
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 3708/2012 della CORTE D’APPELLO di LECCE, depositata il 15/01/2013 R.G.N. 65/2011;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 08/01/2019 dal Consigliere Dott. UMBERTO BERRINO;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. VISONA’ Stefano, che ha concluso per l’accoglimento del ricorso;
udito l’Avvocato (OMISSIS) per delega Avvocato (OMISSIS).

FATTI DI CAUSA

Il Tribunale di Lecce, accogliendo la domanda di (OMISSIS), ne dispose la reiscrizione alla Cassa di Previdenza e Assistenza Forense per i periodi 27.5.1985 – 7.12.1991 e 21.7.2002 – 31.12.2007, dopo aver ritenuto illegittima la delibera del 19.12.2007 con la quale la stessa Cassa aveva dichiarato l’incompatibilita’ con l’esercizio della professione forense dell’attivita’ esercitata dal ricorrente nei suddetti periodi, rispettivamente come socio amministratore della ditta (OMISSIS) s.n.c. e come Presidente del consiglio di amministrazione del consorzio (OMISSIS).
La Corte d’appello di Lecce (sentenza del 15.1.2013) ha rigettato l’impugnazione proposta dalla Cassa Forense dopo aver condiviso, in relazione al primo periodo di tempo sopra riferito, il convincimento del primo giudice circa l’insussistenza di un potere della Cassa di verificare situazioni di incompatibilita’ relative al quinquennio antecedente all’accertamento e dopo aver ritenuto corretta, in relazione al secondo periodo, la motivazione del medesimo giudice in merito alla ravvisata compatibilita’ dell’incarico di Presidente del suddetto consorzio, ricoperto da (OMISSIS), con lo svolgimento della professione forense, avendo escluso che tale incarico potesse qualificarsi come attivita’ commerciale.
Per la cassazione della sentenza ricorre la Cassa Nazionale di Previdenza e Assistenza Forense con due motivi.
Resiste con controricorso (OMISSIS) il quale deposita anche memoria.

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo la ricorrente deduce la violazione e falsa applicazione della L. 22 luglio 1975, n. 319, articoli 2 e 3, in relazione al Regio Decreto 27 novembre 1933, n. 1578, articolo 3, e alla L. 20 settembre 1980, n. 576, articolo 22, assumendo che non sussiste un limite temporale alla verifica delle situazioni di incompatibilita’ ai fini del mantenimento o meno dell’iscrizione del professionista alla Cassa Forense, in quanto l’accertamento della incompatibilita’ e quello della continuita’ professionale sono autonomi ed indipendenti, con la conseguenza che la verifica di quest’ultima resta svincolata dal controllo della insussistenza di ragioni di incompatibilita’, tant’e’ vero che la norma di cui alla L. n. 319 del 1975, articolo 3, comma 1, stabilisce che la Cassa puo’ provvedere periodicamente alla revisione degli iscritti con riferimento alla continuita’ dell’esercizio professionale nel quinquennio senza alcun cenno alla diversa questione della incompatibilita’ R.Decreto Legge 27 novembre 1933, n. 1578, ex articolo 3.
2. Col secondo motivo la ricorrente lamenta la violazione della L. 24 aprile 1999, n. 526, articolo 53, comma 15, in riferimento al R.Decreto Legge 27 novembre 1933, n. 1578, articolo 3, e dell’articolo 2195 c.c., contestando la parte dell’impugnata sentenza in cui si e’ ritenuta compatibile la funzione di Presidente del “Consorzio (OMISSIS)”, ricoperta dal controricorrente, con lo svolgimento, da parte del medesimo, della professione forense sulla scorta della considerazione che l’attivita’ di Presidente del predetto consorzio non comportava lo svolgimento di attivita’ commerciale.
3. Osserva la Corte che il primo motivo e’ infondato in quanto la tesi dell’asserita insussistenza di un limite temporale alla verifica delle situazioni di incompatibilita’ e’ basata esclusivamente sul tentativo di distinzione tra il concetto di continuita’ dell’esercizio della professione forense (caratteristica, questa, verificabile ex lege nei limiti temporali del quinquennio) e quello di incompatibilita’ della professione forense con altre attivita’ previste dalla legge (incompatibilita’ che secondo l’assunto difensivo sarebbe sottratta al predetto limite temporale di accertamento), quando, in realta’, periodi protratti di verificata incompatibilita’ (come nella fattispecie) non possono non incidere sulla continuita’ dello svolgimento della professione forense, continuita’ che rappresenta un elemento indeffettibile ai fini della revisione periodica degli iscritti all’albo e che soggiace al predetto limite temporale.
Al riguardo si e’, infatti, statuito (Cass. Sez. Lav. n. 23847 del 23.11.2015) che “In relazione alla domanda di pensione di vecchiaia presentata da avvocato iscritto all’albo, la sussistenza del requisito della continuita’ nell’esercizio della professione non puo’ essere contestata dalla Cassa Nazionale di Previdenza e Assistenza Forense per i periodi anteriori al quinquennio precedente la suddetta domanda, quando non sia stata esercitata la facolta’ di revisione prevista dalla L. n. 319 del 1975, articolo 3, come modificato dalla L. n. 576 del 1980, articolo 22, e l’interessato abbia adempiuto agli obblighi di comunicazione previsti dalla detta L. n. 576 del 1980, articoli 17 e 23” (conf. a Sez. U. n. 13289 del 21.6.2005).
Infatti, la L. 22 luglio 1975, n. 319, articolo 3, nel testo modificato dalla L. 20 settembre 1980, n. 576, articolo 22, prevede che “La giunta esecutiva della cassa, sulla scorta dei criteri fissati dal comitato dei delegati, puo’ provvedere periodicamente alla revisione degli iscritti con riferimento alla continuita’ dell’esercizio professionale nel quinquennio, rendendo inefficaci agli effetti dell’anzianita’ di iscrizione i periodi per i quali, entro il medesimo termine, detta continuita’ non risulti dimostrata. Sono rimborsabili a richiesta i contributi relativi agli anni di iscrizione dichiarati inefficaci”.
4. E’, invece, fondato il secondo motivo sulla eccepita incompatibilita’ tra l’attivita’ forense e quella di presidente del summenzionato consorzio (relativamente al periodo di riferimento contributivo non attratto nel limite temporale quinquennale per la verifica), non risultando condivisibile la parte dell’impugnata decisione incentrata sulla rilevanza connessa alla disposizione statutaria del consorzio stesso per effetto della quale quest’ultimo non esercitava attivita’ commerciale, ma unicamente, L. n. 526 del 1999, ex articolo 14, comma 15, attivita’ di tutela, valorizzazione qualitativa e commerciale dell’olio extravergine di oliva a denominazione di origine protetta, senza perseguimento di qualsivoglia scopo di lucro.
5. In realta’, la L. 21 dicembre 1999, n. 526, articolo 53, comma 15, (contenente le disposizioni per l’adempimento degli obblighi derivanti dall’appartenenza dell’Italia alle Comunita’ Europee) prevede che “I consorzi di tutela delle DOP, delle IGP e delle attestazioni di specificita’ sono costituiti ai sensi dell’articolo 2602 c.c., ed hanno funzioni di tutela, di promozione di valorizzazione, di informazione del consumatore e di cura generale degli interessi relativi alle denominazioni”.
A sua volta, l’articolo 2602 c.c., comma 1, stabilisce che con il contratto di consorzio piu’ imprenditori istituiscono un’organizzazione comune per la disciplina o per lo svolgimento di determinate fasi delle rispettive imprese. Quindi, come e’ dato ben vedere, il perseguimento delle predette finalita’ da parte dei summenzionati consorzi, nei quali rientra quello oggetto di causa, non elimina la necessita’ che la loro costituzione debba avvenire tramite un contratto col quale piu’ imprenditori istituiscono un’organizzazione comune per la disciplina e lo svolgimento di determinate fasi delle rispettive imprese, la qual cosa non consente aprioristicamente di escludere, come invece affermato dalla Corte di merito, lo svolgimento di un’attivita’ commerciale per il solo fatto che una disposizione statutaria dello stesso consorzio desse rilievo alle finalita’ gia’ previste dalla predetta L. n. 526 del 1999, articolo 14, comma 15, onde evidenziare poi l’assenza di qualsivoglia scopo di lucro.
Manca, in ultima analisi, una disamina che consenta di poter escludere realmente qualsiasi valenza commerciale dell’attivita’ in concreto svolta dal consorzio presieduto dall’odierno intimato all’epoca dei fatti di causa, disamina dalla quale poter poi trarre le dovute conseguenze in ordine alla compatibilita’ di cui trattasi.
6. In definitiva va accolto solo il secondo motivo del ricorso, mentre il primo va rigettato, con conseguente cassazione dell’impugnata sentenza in relazione al motivo accolto e rinvio della causa, anche per le spese, alla Corte d’appello di Bari.

P.Q.M.

La Corte accoglie il secondo motivo, rigetta il primo, cassa l’impugnata sentenza in relazione al motivo accolto e rinvia la causa, anche per le spese, alla Corte d’appello di Bari.

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