Preclusione della questione di giurisdizione

Corte di Cassazione, civile, Ordinanza|28 settembre 2022| n. 28271.

Preclusione della questione di giurisdizione

La parte risultata vittoriosa nel merito nel giudizio di primo grado, al fine di evitare la preclusione della questione di giurisdizione risolta in senso ad essa sfavorevole, è tenuta a proporre appello incidentale, non essendo sufficiente ad impedire la formazione del giudicato sul punto la mera riproposizione della questione, ai sensi dell’articolo 346 cod. proc. civ., in sede di costituzione in appello, stante l’inapplicabilità del principio di rilevabilità d’ufficio nel caso di espressa decisione sulla giurisdizione e la non applicabilità dell’articolo 346 cod. proc. civ. (riferibile, invece, a domande o eccezioni autonome sulle quali non vi sia stata decisione o non autonome e interne al capo di domande deciso) a domande o eccezioni autonome espressamente e motivatamente respinte, rispetto alle quali rileva la previsione dell’articolo 329, secondo comma, cod. proc. civ., per cui in assenza di puntuale impugnazione opera su di esse la presunzione di acquiescenza (Nel caso di specie, relativo ad una controversia insorta in materia di pubblico impiego, la Suprema Corte ha ritenuto inammissibile il ricorso incidentale proposto dalla controricorrente amministrazione regionale in quanto l’eccezione di difetto di giurisdizione era stata riproposta in appello ex articolo 346 cod. proc. civ. e, pertanto, sulla questione della giurisdizione si era ormai formato giudicato interno, impeditivo dell’esame della questione medesima in sede di legittimità). (Riferimenti giurisprudenziali: Cassazione, sezione civile L, sentenza 2 febbraio 2018, n. 2605; Cassazione, sezioni civili unite, ordinanza 28 gennaio 2011, n. 2067; Cassazione, sezioni civili unite, ordinanza 16 ottobre 2008, n. 25246).

Ordinanza|28 settembre 2022| n. 28271. Preclusione della questione di giurisdizione

Data udienza 15 giugno 2022

Integrale

Tag/parola chiave: Impugnazioni – Parte risultata vittoriosa nel merito nel giudizio di primo grado – Preclusione della questione di giurisdizione risolta in senso ad essa sfavorevole – Superamento – Proposizione di appello incidentale – Mera riproposizione della questione – Insufficienza – Articolo 346 c.p.c.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MANNA Antonio – Presidente
Dott. DI PAOLANTONIO Annalisa – rel. Consigliere

Dott. MAROTTA Caterina – Consigliere

Dott. SPENA Francesca – Consigliere

Dott. BELLE’ Roberto – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA
sul ricorso 18596/2016 proposto da:
(OMISSIS), domiciliata ope legis in ROMA PIAZZA CAVOUR, presso LA CANCELLERIA DELLA CORTE DI CASSAZIONE, rappresentata e difesa dagli avvocati (OMISSIS), e (OMISSIS);
– ricorrente principale –
contro
REGIONE SICILIANA, in persona del Presidente pro tempore, della PRESIDENZA DELLA REGIONE SICILIANA e DELL’ASSESSORATO REGIONALE TERRITORIO E AMBIENTE DELLA REGIONE SICILIANA, rappresentata e difesa ope legis dall’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO presso i cui Uffici domicilia in ROMA, alla VIA DEI PORTOGHESI 12;
– controricorrente – ricorrente incidentale –
avverso la sentenza n. 123/2016 della CORTE D’APPELLO di PALERMO, depositata il 24/02/2016 R.G.N. 573/2014;
udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del 15/06/2022 dal Consigliere Dott. ANNALISA DI PAOLANTONIO.

Preclusione della questione di giurisdizione

RILEVATO

Che:
1. la Corte d’Appello di Palermo ha respinto l’appello di (OMISSIS) avverso la sentenza del Tribunale della stessa sede che aveva rigettato la domanda, proposta nei confronti della Presidenza della Regione Sicilia, dell’Assessorato Regionale Territorio e Ambiente nonche’ dell’Assessorato Regionale delle Autonomie Locali e della Funzione Pubblica, volta a conseguire le differenze di retribuzione e di trattamento di fine rapporto, rivendicate sull’assunto che la carriera doveva essere diversamente ricostruita, includendo anche il servizio riconosciuto con decreti assessoriali n. 2913 del 10 agosto 1984 e n. 3806 del 29 luglio 1986;
2. la Corte territoriale, respinta l’eccezione di difetto di giurisdizione riproposta dagli appellati ex articolo 346 c.p.c., ha ritenuto inammissibile la domanda, formulata solo in appello, di rideterminazione del trattamento retributivo “anche ai fini di base del trattamento di quiescenza” e, per il resto, ha condiviso le conclusioni del Tribunale quanto alla carenza di interesse ad agire per l’accertamento dell’anzianita’, una volta prescritte le posizioni creditorie che da quella anzianita’ asseritamente sarebbero derivate;
3. ha rilevato che il rapporto era cessato il 16 gennaio 1999 e che al tentativo di conciliazione, promosso nel novembre del 2001, aveva fatto seguito una nuova diffida solo il 7 marzo 2007, quando gia’ era spirato il termine quinquennale di prescrizione, maturato in relazione a tutte le differenze retributive rivendicate;
4. il giudice d’appello ha escluso che la lettera dell’Amministrazione del 4 aprile 2002 avesse interrotto la prescrizione ed ha evidenziato che la stessa non conteneva il riconoscimento del diritto perche’, al contrario, ne negava il fondamento;
5. per la cassazione della sentenza (OMISSIS) ha proposto ricorso sulla base di quattro motivi, illustrati da memoria ex articolo 380 bis 1 c.p.c., ai quali hanno opposto difese la Regione Siciliana, la Presidenza della Regione Siciliana e l’Assessorato Regionale Territorio e Ambiente della Regione Siciliana che, con ricorso incidentale, hanno riproposto l’eccezione di difetto di giurisdizione.

Preclusione della questione di giurisdizione

CONSIDERATO

Che:
1. con il primo motivo, formulato ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., nn. 3 e 5, la ricorrente principale denuncia violazione degli articoli 100 e 112 c.p.c., nonche’ l’omesso esame di fatto decisivo per il giudizio e sostiene che la Corte avrebbe dovuto statuire sulla domanda, autonoma, di ricostruzione della carriera, ammissibile anche quando non si chieda alcuna condanna a carico del datore di lavoro;
1.1. la (OMISSIS) aggiunge che l’interesse alla proposizione di detta azione doveva essere ravvisato anche a fronte della dichiarata prescrizione delle differenze retributive, atteso che il diritto, una volta accertato, incide sulla quantificazione del trattamento di quiescenza;
1.2. contesta, poi, la dichiarazione di inammissibilita’, perche’ nell’atto d’appello erano state solo chiarite le ragioni per le quali l’interesse ad agire doveva essere ravvisato e non era stata formulata una diversa domanda, tanto piu’ che quest’ultima sarebbe stata riservata alla competenza giurisdizionale della Corte dei Conti;
2. la seconda censura del ricorso principale, ricondotta al vizio di cui dell’articolo 360 c.p.c., n. 3, denuncia la violazione dell’articolo 2948 c.c. e del combinato disposto del Decreto Legislativo n. 165 del 2001, articolo 65 e articolo 410 c.p.c., comma 2;
2.1. sostiene, in sintesi, la ricorrente principale che il tentativo di conciliazione ha effetto sospensivo della prescrizione sino al decorso dei termini previsti dalle norme richiamate in rubrica, che vanno coordinate tra loro, nel senso che il termine di venti giorni previsto dall’articolo 410 c.p.c., decorre dalla scadenza di quello indicato del Decreto Legislativo n. 165 del 2001, articolo 65, comma 2, e, pertanto, nella fattispecie l’effetto sospensivo si era protratto sino al 7 marzo 2002, con la conseguenza che doveva essere ritenuto valido atto interruttivo quello inviato il 7 marzo 2007, quando la prescrizione non era ancora maturata;
3. con il terzo motivo del ricorso principale e’ denunciata, ex articolo 360 c.p.c., n. 3, la violazione degli articoli 2946 e 2948 c.c., e si sostiene che il termine quinquennale puo’ essere applicato solo qualora sia in discussione un credito certo e liquido, non gia’ nella diversa ipotesi che si verifica allorquando, come nella fattispecie, spetti all’amministrazione riconoscere e liquidare il diritto vantato;
4. la quarta censura del ricorso principale, formulata sempre ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., n. 3, deduce la violazione, sotto altro profilo, degli articoli 2946 e 2948 c.c., e dell’articolo 100 c.p.c., e con la stessa si sostiene che il diritto allo scatto di anzianita’ si prescrive nel termine decennale, non quinquennale, limitato alle sole pretese conseguenti di carattere economico, sicche’ anche sotto questo profilo ha errato la Corte territoriale nel ritenere insussistente l’interesse ad agire rispetto all’azione di accertamento del diritto alla ricostruzione della carriera;

Preclusione della questione di giurisdizione

5. il ricorso incidentale ripropone, con un unico motivo, la questione del difetto di giurisdizione in relazione alle pretese fatte valere per il periodo antecedente al 30 giugno 1998 e ribadisce che nella specie il diritto della ricorrente principale era stato leso da atti, ossia dai decreti assessoriali del 1984 e del 1986, ormai consolidatisi per effetto della mancata impugnazione dinanzi al giudice all’epoca munito di giurisdizione;
5.1. il ricorso incidentale e’ inammissibile perche’, come risulta dalla sintesi dei fatti di causa riportata nella sentenza impugnata, l’eccezione di difetto di giurisdizione e’ stata riproposta in appello ex articolo 346 c.p.c., e, pertanto, sulla giurisdizione si e’ formato giudicato interno, che impedisce l’esame della questione da parte del giudice di legittimita’;
5.2. e’ risalente nel tempo l’orientamento, ormai consolidato di questa Corte, secondo cui “la parte risultata vittoriosa nel merito nel giudizio di primo grado, al fine di evitare la preclusione della questione di giurisdizione risolta in senso ad essa sfavorevole, e’ tenuta a proporre appello incidentale, non essendo sufficiente ad impedire la formazione del giudicato sul punto la mera riproposizione della questione, ai sensi dell’articolo 346 c.p.c., in sede di costituzione in appello, stante l’inapplicabilita’ del principio di rilevabilita’ d’ufficio nel caso di espressa decisione sulla giurisdizione e la non applicabilita’ dell’articolo 346 c.p.c. (riferibile, invece, a domande o eccezioni autonome sulle quali non vi sia stata decisione o non autonome e interne al capo di domande deciso) a domande o eccezioni autonome espressamente e motivatamente respinte, rispetto alle quali rileva la previsione dell’articolo 329 c.p.c., comma 2, per cui in assenza di puntuale impugnazione opera su di esse la presunzione di acquiescenza” (Cass. S.U. n. 25246/2008 e negli stessi termini Cass. S.U. n. 2067/2011 e Cass. n. 2605/2018);
6. il rispetto dell’ordine logico delle questioni impone di esaminare con priorita’ il secondo, il terzo ed il quarto motivo del ricorso principale, con i quali si ripropongono tutti gli argomenti, disattesi dalla Corte territoriale, che avrebbero dovuto indurre i giudici del merito a rigettare l’eccezione di prescrizione dei diritti azionati, tempestivamente formulata dall’amministrazione resistente;
7. i motivi sono tutti infondati;
quanto alla seconda censura e’ assorbente il rilievo che nessun effetto sospensivo della prescrizione puo’ essere riconosciuto alla richiesta di tentativo di conciliazione, la quale opera solo come atto interruttivo (Cass. n. 21483/2011; Cass. n. 5651/2016; Cass. n. 21420/2019; Cass. n. 18695/2020);

Preclusione della questione di giurisdizione

l’obiter che si legge nella sentenza di questa Corte n. 27882/2008 secondo cui “la comunicazione al creditore della richiesta di espletamento del tentativo di conciliazione interrompe la prescrizione con effetto permanente fino al termine di venti giorni successivi alla conclusione della procedura conciliativa ai sensi dell’articolo 410 c.p.c., comma 2” e’ stato motivatamente disatteso dalla citata Cass. n. 21483/2011, alla cui motivazione si rinvia ex articolo 118 disp. att. c.p.c., che, riprendendo e sviluppando il principio gia’ affermato da Cass. n. 13046/2006 e valorizzando il tenore letterale dell’articolo 410 c.p.c., nonche’ i principi generali in tema di sospensione ed interruzione della prescrizione, ha escluso ogni effetto sospensivo del tentativo di conciliazione;
la citata pronuncia, che fa leva sul carattere tassativo delle cause di sospensione della prescrizione, ha precisato che non puo’ essere condiviso il passaggio della motivazione di Corte Cost. n. 276/2000 (invocata in questa sede dalla ricorrente principale ma non vincolante se non nel giudizio a quo) perche’ “non potendosi confondere – ad avviso di questa S.C. – l’assolvimento di una mera condizione di procedibilita’ con la domanda giudiziale, asserirne la totale identita’ di effetti quanto al regime della prescrizione costituisce una petizione di principio…”;
il motivo, pertanto, deve essere rigettato e la sentenza impugnata confermata sul punto con diversa motivazione ex articolo 384 c.p.c., comma 4;
8. il terzo ed il quarto motivo, da trattare unitariamente in ragione della loro connessione logica e giuridica, sono infondati perche’ la Corte territoriale ha correttamente applicato il termine quinquennale di prescrizione previsto dall’articolo 2948 c.c. (a seguito della contrattualizzazione la disciplina dettata dal Regio Decreto n. 295 del 1939, articolo 2, e’ rimasta riservata al personale in regime di diritto pubblico – cfr. Cass. n. 10219/2020);
sulla questione della prescrizione del diritto alla ricostruzione della carriera questa Corte ha gia’ pronunciato, affermando principi che, seppure enunciati in relazione al rapporto di impiego del personale docente ed ATA, valgono per ogni settore dell’impiego pubblico contrattualizzato e sono comuni a quelli sulla base dei quali sono state decise analoghe questioni prospettate in relazione al rapporto di lavoro alle dipendenze di privati;
Cass. n. 2232/2020, nel richiamare un orientamento ormai consolidato, ha osservato che l’anzianita’ di servizio non e’ uno status o un elemento costitutivo di uno status del lavoratore subordinato, ne’ un distinto bene della vita oggetto di un autonomo diritto, rappresentando piuttosto la dimensione temporale del rapporto di lavoro di cui integra il presupposto di fatto di specifici diritti, quali quelli all’indennita’ di fine rapporto, alla retribuzione, al risarcimento del danno per omissione contributiva, agli scatti di anzianita’;
essa, pertanto, non puo’ essere oggetto di atti di disposizione, traslativi o abdicativi, e’ insuscettibile di un’autonoma prescrizione – distinta, in quanto tale, da quella dei diritti, a contenuto patrimoniale, che su di essa si fondano (posto che “non esiste… un diritto all’anzianita’ di ignoto contenuto autonomamente prescrivibile, ma esiste una anzianita’, che costituisce presupposto di fatto per l’attribuzione di alcuni diritti, questi si’ soggetti a prescrizione secondo il regime loro proprio” – cfr. Cass. 27 maggio 1986, n. 3559);
ne ha tratto, quale conseguenza, che il diritto alla progressione economica, sia pur prescritto con riferimento ad un dato scatto di anzianita’, non preclude il conseguimento degli scatti successivi che debbono essere liquidati nella misura ad essi corrispondente e cioe’ come se quello precedente, maturato ma non piu’ dovuto per effetto della prescrizione, fosse stato corrisposto;
l’anzianita’ di servizio, dunque, puo’ essere oggetto di verifica giudiziale senza termine di tempo, purche’ sussista nel ricorrente l’interesse ad agire che va valutato in ordine alla azionabilita’ dei singoli diritti di cui la prima costituisce il presupposto di fatto: da cio’ deriva che l’effettiva anzianita’ di servizio puo’ essere sempre accertata, anche ai fini del riconoscimento del diritto ad una maggiore retribuzione per effetto del computo di un piu’ alto numero di anni di anzianita’, salvo, in ordine al quantum della somma dovuta al lavoratore, il limite derivante dalla prescrizione quinquennale cui soggiace il diritto alla retribuzione;
8.1. i richiamati principi, condivisi dal Collegio e qui ribaditi, comportano l’infondatezza del quarto motivo di ricorso perche’ cio’ che e’ imprescrittibile, in quanto non costituisce un diritto ma solo un fatto giuridico, e’ l’anzianita’ in se’ mentre lo “scatto”, che comporta una maggiorazione della retribuzione dovuta al lavoratore, necessariamente soggiace al termine quinquennale previsto per i crediti retributivi;
9. dai richiamati principi discende, altresi’, che la sentenza impugnata resiste anche alle critiche mosse con il primo motivo, che, inammissibilmente, denuncia il vizio di cui all’articolo 360 c.p.c., n. 5, e la violazione, ex articolo 360 c.p.c., n. 3, dell’articolo 112 c.p.c., per censurare la statuizione della Corte territoriale che ha ritenuto inammissibile la domanda, formulata solo in appello, di accertamento del diritto alla ricostruzione della carriera “anche ai fini di base del trattamento di quiescenza”;
il motivo non individua correttamente l’error in procedendo nel quale sarebbe incorsa la Corte territoriale, perche’ la statuizione di inammissibilita’ implica una pronuncia, sia pure in rito, sulla domanda che si assume essere stata formulata, il cui mancato esame nel merito esula dal vizio del riformulato articolo 360 c.p.c., n. 5, che concerne solo l’omesso esame di un fatto storico decisivo ai fini di causa;
9.1. quanto, poi, all’interesse ad agire per il solo accertamento dell’anzianita’ di servizio, che la Corte territoriale ha escluso in ragione dell’intervenuta prescrizione del diritto a percepire le differenze retributive, la pronuncia impugnata e’ conforme all’orientamento, consolidato nella giurisprudenza di questa Corte, secondo cui “non sono proponibili azioni autonome di mero accertamento di fatti giuridicamente rilevanti che costituiscono solo elementi frazionari della fattispecie costitutiva di un diritto, il quale puo’ costituire oggetto di accertamento giudiziario nella sua interezza” (Cass. n. 6749/2012);
9.2. si tratta di principio recentemente richiamato nella motivazione di Cass. S.U. n. 12903/2021 che, seppure resa in fattispecie diversa da quella che qui viene in rilievo, ne ha tratto, quale conseguenza, l’inammissibilita’ dell’azione proposta dinanzi al giudice ordinario per ottenere l’accertamento di un presupposto di fatto che costituisce elemento costitutivo di un diritto la cui cognizione e’ riservata al giudice contabile;
10. in via conclusiva il ricorso principale deve essere rigettato e quello incidentale sulla giurisdizione dichiarato inammissibile, con conseguente compensazione delle spese di lite, in ragione della soccombenza reciproca;
11. ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1 quater, come modificato dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, si deve dare atto, ai fini e per gli effetti precisati da Cass. S.U. n. 4315/2020, della ricorrenza delle condizioni processuali previste dalla legge per il raddoppio del contributo unificato, se dovuto dalla ricorrente principale;
12. le richiamate condizioni non sussistono, invece, per la ricorrente incidentale perche’ la norma non puo’ trovare applicazione nei confronti delle Amministrazioni dello Stato e di quelle alle stesse equiparate che, mediante il meccanismo della prenotazione a debito siano istituzionalmente esonerate, per valutazione normativa della loro qualita’ soggettiva, dal materiale versamento del contributo (Cass. S.U. n. 9938/2014; Cass. n. 1778/2016; Cass. n. 28250/2017).

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso principale e dichiara inammissibile il ricorso incidentale. Compensa le spese del giudizio di legittimita’. Ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1-quater, da’ atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente principale, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto, per il ricorso principale, a norma del cit. articolo 13, comma 1-bis, se dovuto.

 

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