Acquisizione del fascicolo d’ufficio di primo grado

Corte di Cassazione, civile, Ordinanza|4 ottobre 2022| n. 28674.

Acquisizione del fascicolo d’ufficio di primo grado

L’acquisizione del fascicolo d’ufficio di primo grado, ai sensi dell’articolo 347 cod. proc. civ., non costituisce condizione essenziale per la validità del giudizio d’appello, con la conseguenza che la relativa omissione non determina un vizio del procedimento o della sentenza di secondo grado, bensì, al più, il vizio di difetto di motivazione, a condizione che venga specificamente prospettato che da detto fascicolo il giudice d’appello avrebbe potuto o dovuto trarre elementi decisivi per la decisione della causa, non rilevabili “aliunde” ed esplicitati dalla parte interessata (Nel caso di specie, in cui in sede di gravame era stata integralmente confermata la decisione di primo grado che aveva dichiarato la risoluzione di un contratto di somministrazione di energia elettrica per grave inadempimento del ricorrente, la Suprema Corte, nel dichiarare inammissibile il ricorso proposto da quest’ultimo, ha ritenuto incensurabile la sentenza gravata avendo la corte territoriale espresso un giudizio motivato di irrilevanza degli elementi in ipotesi desumibili dal fascicolo non acquisito, per la prevalenza assegnata al contenuto del verbale di verifica redatto in contraddittorio tra le parti e non contestato). (Riferimenti giurisprudenziali: Cassazione, sezione civile VI, ordinanza 30 marzo 2022, n. 10164; Cassazione, sezione civile VI, ordinanza 4 aprile 2019, n. 9498).

Ordinanza|4 ottobre 2022| n. 28674. Acquisizione del fascicolo d’ufficio di primo grado

Data udienza 14 luglio 2022

Integrale

Tag/parola chiave: Impugnazioni – Acquisizione del fascicolo d’ufficio di primo grado, ai sensi dell’articolo 347 c.p.c. – Condizione essenziale per la validità del giudizio d’appello – Esclusione – Relativa omissione – Non determinazione di un vizio del procedimento o della sentenza di secondo grado – Configurabilità del vizio di difetto di motivazione – Presupposti

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 3

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CIRILLO Francesco Maria – Presidente
Dott. IANNELLO Emilio – rel. Consigliere

Dott. CRICENTI Giuseppe – Consigliere

Dott. MOSCARINI Anna – Consigliere

Dott. GIAIME GUIZZI Stefano – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 21645/2021 R.G. proposto da:
(OMISSIS), rappresentato e difeso dall’Avv. (OMISSIS);
– ricorrente –
contro
(OMISSIS) S.p.a., (gia’ denominata (OMISSIS) S.p.a.), rappresentata e difesa dall’Avv. (OMISSIS), con domicilio eletto in (OMISSIS), presso lo studio dell’Avv. (OMISSIS);
– controricorrente –
avverso la sentenza della Corte d’appello di Napoli n. 1796/2021, depositata il 14 maggio 2021.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 14 luglio 2022 dal Consigliere Emilio Iannello.

FATTI DI CAUSA

1. Con sentenza n. 3215/2014, depositata in data 3 dicembre 2014, il Tribunale di Benevento, in accoglimento della domanda proposta da (OMISSIS) S.p.a. contro (OMISSIS), dichiarava la risoluzione del contratto di somministrazione di energia elettrica, relativo ad utenza intestata al predetto in agro di Benevento, per grave inadempimento del convenuto, che condannava al pagamento in favore della societa’ istante della somma di Euro 3.226,20, quale corrispettivo dei consumi presuntivamente calcolati.
Attribuito valore privilegiato al verbale di verifica, redatto in contraddittorio con l’interessato e non contestato dal convenuto, il Tribunale ritenne questo non autore ma nondimeno responsabile della rilevata manomissione del contatore, per averne omesso la dovuta custodia, e determino’ i consumi addebitabili all’utente secondo le tabelle Utif, sulla base del normale fabbisogno di una utenza domestica, tenuto conto degli elettrodomestici rinvenuti all’interno dell’abitazione.
2. La Corte d’appello di Napoli ha rigettato il gravame interposto dal soccombente, confermando integralmente la decisione di primo grado.
2.1. Ha preliminarmente rilevato, in rito, che:
– il fascicolo d’ufficio di primo grado non era stato acquisito; tale acquisizione, rimessa all’apprezzamento discrezionale del giudice dell’impugnazione, non era nella specie necessaria, posto che, alla luce delle ragioni poste a fondamento della sentenza impugnata e dei motivi di gravame, fondati esclusivamente sulle risultanze del verbale di verifica redatto dall'(OMISSIS), da detto fascicolo non avrebbero potuto trarsi ulteriori rilevanti elementi conoscitivi ai fini della decisione;
– nel fascicolo di parte dell'(OMISSIS) risultavano interamente strappati i documenti ivi contenuti, compreso il verbale di verifica, del cui contenuto, pero’, il Tribunale di Napoli (adito in prima istanza ma dichiaratosi incompetente in favore di quello di Benevento) aveva offerto una perfetta ed analitica descrizione completamente in linea con quella contenuta nella sentenza impugnata;
– peraltro: a) l’appellante non aveva dedotto l’erronea valutazione, da parte del primo giudice, del verbale di verifica prodotto dalla controparte; b) in ogni caso, l’appellante avrebbe assunto sempre la veste di attore rispetto al giudizio d’appello e il conseguente onere di dimostrare la fondatezza dei propri motivi di gravame, quale che fosse stata la posizione processuale nel giudizio di primo grado (Cass. Sez. U. n. 3033 del 08/02/2013); c) qualora il giudice di appello non sia in grado di riesaminare le prove documentali, perche’ materialmente non piu’ presenti in atti, queste continuano tuttavia a spiegare la loro efficacia, nel senso loro attribuito nella sentenza emessa dal primo giudice, la cui presunzione di legittimita’ non risulti superata per fatto ascrivibile all’appellante.
2.2. Cio’ premesso, ha poi svolto, nel merito, le seguenti considerazioni:
– la condotta denunciata e’ addebitabile al (OMISSIS) in quanto intestatario del contratto di somministrazione e fruitore della fornitura, come tale tenuto ai pagamenti dei relativi consumi e interessato a manomettere il contatore in modo da assicurarsi risparmi di addebiti;
– essa rientra certamente nelle ipotesi previste dall’articolo 11 delle condizioni generali di contratto, il quale prevede la risoluzione automatica ex articolo 1456 c.c. in caso di “prelievo fraudolento”, con addebito immediato dei corrispettivi dovuti sino alla scadenza ed eventuali maggiori danni;
– in tema di contratto di somministrazione di energia elettrica, sussiste in capo all’utente un obbligo di vigilanza e custodia per la conservazione del contatore di proprieta’ del somministrante (Cass. n. 20175 del 08/10/2015) per cui, ai fini della declaratoria di risoluzione del contratto di somministrazione per inadempimento, non e’ la manomissione ad essere rilevante quanto piuttosto la mancata vigilanza e custodia che incombono al somministrato a titolo di conservazione del contatore di proprieta’ dell'(OMISSIS);
– non e’ invocabile il caso fortuito per l’evento meteorologico che avrebbe causato il crollo del tetto del casotto in cui e’ ubicato il contatore, atteso che: a) come rilevato dal primo giudice, appare alquanto anomalo che la caduta delle travi possa aver determinato l’apertura di un foro nel vetro del contatore da cui poter introdurre corpi estranei filiformi; b) l’appellante avrebbe dovuto dimostrarne l’efficacia causale esclusiva nella produzione dell’evento lesivo, rispetto al quale avrebbe dovuto ragionevolmente esigere l’intervento riparatore dell'(OMISSIS); c) tale prova non e’ stata fornita ed anzi le risultanze processuali smentiscono finanche l’evento fortuito per come e’ stato descritto; invero, l’autorizzazione in sanatoria n. 1361 del 14/2/2001 per i lavori di ristrutturazione edilizia di un fabbricato in muratura prevede, nella relazione tecnica a firma del Geom. (OMISSIS), che “il tetto di copertura risulta essere quello esistente realizzato con l’impiego di travi di legno intercalate da travicelli per il sostegno delle tegole, il quale risulta solo essere stato revisionato per eliminare le tegole rotte”: quindi, il tetto sembrerebbe essere stato interessato solo dalla rottura di alcune tegole piuttosto che dal relativo crollo;
– la quantificazione dei consumi presunti e’ stata correttamente operata dal primo giudice sulla scorta di criteri oggettivi e predeterminati ed in linea con l’invalsa prassi giurisprudenziale secondo cui, in conformita’ all’articolo 1560 c.c., la liquidazione dei danni in tali casi va effettuata sulla scorta dei parametri indicati dall’U.T.I.F., considerando cioe’ gli usi di illuminazione di una utenza domestica, il tutto calcolato per un periodo di cinque anni precedente la data di constatazione della manomissione;
– del tutto inverosimile ed indimostrato, oltre che irrilevante, appare il dedotto marginale utilizzo di detta utenza a fronte del rilievo che il contatore risultava a servizio dell’immobile abitato dall’appellante e dalla sua famiglia, tanto che il verbale di verifica e’ stato redatto in presenza della di lui moglie; del resto, lo stesso appellante, all’atto della sottoscrizione del contratto di fornitura, ha dichiarato, sotto la propria responsabilita’, di avere la propria residenza anagrafica nell’abitazione di cui trattasi;
– e’ inconferente il richiamo alla Delib. n. 200 del 1999 dell’Aeeg circa le modalita’ di calcolo dei consumi, posto che tale normativa si riferisce alla diversa ipotesi di guasto del contatore e non di manomissione;
– infine, quanto agli elettrodomestici al servizio dell’abitazione, va evidenziato che, nella sentenza con la quale il Tribunale di Napoli ha dichiarato la propria incompetenza territoriale, si da’ atto della presenza dei seguenti apparecchi elettrici: frigorifero, luci in abitazione fino a 0,272 Kw, un televisore, una lavabiancheria, uno scaldabagno ed un motore per l’acqua: tutti apparecchi elettrici che costituiscono il minimo corredo di un’abitazione domestica.
3. Avverso tale decisione (OMISSIS) propone ricorso per cassazione con unico mezzo, cui resiste (OMISSIS) S.p.a. (gia’ denominata (OMISSIS) S.p.a.) depositando controricorso.
4. Essendo state ritenute sussistenti le condizioni per la trattazione del ricorso ai sensi dell’articolo 380-bis c.p.c., il relatore designato ha redatto proposta, che e’ stata notificata alle parti unitamente al decreto di fissazione dell’adunanza della Corte.

Acquisizione del fascicolo d’ufficio di primo grado

 

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con l’unico motivo il ricorrente denuncia, con riferimento all’articolo 360 c.p.p., comma 1, n. 3, violazione e falsa applicazione degli articoli 115 e 116 c.p.c. e dell’articolo 2697 c.c., per avere la Corte d’appello “ritenuto di poter accogliere la domanda attorea e dichiarare la risoluzione del contratto di somministrazione de quo e di condanna al risarcimento del danno spiegata dalla societa’ appellata… pur senza disporre l’acquisizione del fascicolo di ufficio di primo grado” (cosi’ testualmente nell’intestazione).
Rileva che, ove tale fascicolo fosse stato acquisito, la Corte di appello avrebbe potuto valutare: a) quanto emergente dalla perizia giurata a firma dell’ing. (OMISSIS), dalla quale si evince che il solaio crollo’ completamente danneggiando evidentemente il contatore e senza che cio’ fosse ascrivibile all’utente; b) le deposizioni rese dai testi (OMISSIS) e (OMISSIS), i quali avevano confermato che il tetto era crollato a causa di un evento naturale e che gli elettrodomestici rinvenuti nel manufatto al momento della verifica non erano di fatto funzionanti.
Lamenta che, “esaminando correttamente i fatti di causa”, non si comprende con quali criteri sono state calcolate le somme oggetto di condanna e che, pertanto, il calcolo medesimo deve ritenersi frutto di un’inammissibile presunzione, atteso che detti elettrodomestici di fatto non erano funzionanti, e considerato anche che la circostanza che il manufatto servito dall’utenza fosse inabitabile a causa del crollo del solaio, oltre ad emergere dalle perizie del Geom. (OMISSIS) e dell’ing. (OMISSIS), non era stata espressamente contestata da parte attrice.
Deduce che la Corte di merito avrebbe dovuto quindi rilevare il mancato assolvimento, da parte di (OMISSIS), dell’onere della prova su di essa gravante ex articolo 2697 c.c..
2. Il motivo e’ inammissibile, sotto diversi profili, con riferimento a tutte le diverse censure che al suo interno sono contestualmente svolte.
2.1. Mette conto anzitutto rilevare che l’acquisizione del fascicolo d’ufficio di primo grado, ai sensi dell’articolo 347 c.p.c., non costituisce condizione essenziale per la validita’ del giudizio d’appello, con la conseguenza che la relativa omissione non determina un vizio del procedimento o della sentenza di secondo grado, bensi’, al piu’, il vizio di difetto di motivazione, a condizione che venga specificamente prospettato che da detto fascicolo il giudice d’appello avrebbe potuto o dovuto trarre elementi decisivi per la decisione della causa, non rilevabili aliunde ed esplicitati dalla parte interessata (v. ex aliis Cass. 30/03/2022, n. 10164; 04/04/2019, n. 9498).
Nella specie la Corte d’appello ha espresso giudizio motivato di irrilevanza degli elementi in ipotesi desumibili dal fascicolo non acquisito, per la prevalenza assegnata al contenuto del verbale di verifica.

Acquisizione del fascicolo d’ufficio di primo grado

2.2. Con tale motivazione il ricorrente omette di confrontarsi, svolgendo censure meramente oppositive e come tali inidonee a svolgere la funzione di critica propria di un motivo di impugnazione.
Devesi al riguardo richiamare il principio, consolidato nella giurisprudenza di questa Corte, ai sensi del quale, il motivo d’impugnazione e’ rappresentato dall’enunciazione, secondo lo schema normativo con cui il mezzo e’ regolato dal legislatore, delle ragioni per le quali, secondo chi esercita il diritto d’impugnazione, la decisione e’ erronea, con la conseguenza che, siccome per denunciare un errore occorre identificarlo (e, quindi, fornirne la rappresentazione), l’esercizio del diritto d’impugnazione di una decisione giudiziale puo’ considerarsi avvenuto in modo idoneo soltanto qualora i motivi con i quali e’ esplicato si concretino in una critica della decisione impugnata e, quindi, nell’esplicita e specifica indicazione delle ragioni per cui essa e’ errata, le quali, per essere enunciate come tali, debbono concretamente considerare le ragioni che la sorreggono e da esse non possono prescindere, dovendosi, dunque, il motivo che non rispetti tale requisito, considerarsi nullo per inidoneita’ al raggiungimento dello scopo.
In riferimento al ricorso per Cassazione tale nullita’, risolvendosi nella proposizione di un “non motivo”, e’ espressamente sanzionata con l’inammissibilita’ ai sensi dell’articolo 366 c.p.c., n. 4 (Cass. 11/01/2005, n. 359; v. anche ex aliis Cass. Sez. U. 20/03/2017, n. 7074, in motivazione, non massimata sul punto; Id. 05/08/2016, n. 16598; Id. 03/11/2016, n. 22226; Cass. 15/04/2021, n. 9951; 05/07/2019, n. 18066; 13/03/2009, n. 6184; 10/03/2006, n. 5244; 04/03/2005, n. 4741).
2.3. E’ palese, peraltro, l’inosservanza dell’onere di specifica indicazione, ex articolo 366 c.p.c., n. 6, degli atti richiamati (verbali delle deposizioni testimoniali, perizia ing. (OMISSIS)).
Di essi, invero, il ricorrente omette di debitamente riprodurre il contenuto nel ricorso, per la parte che interessa in questa sede.
2.4. In ogni caso e’ evidente che quelle proposte sono censure in facto, non in iure, le quali sono, comunque, estranee al paradigma censorio di cui all’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 5, (peraltro nemmeno evocato).
Questo, come noto, secondo l’interpretazione consolidatasi nella giurisprudenza di legittimita’, se da un lato ha definitivamente limitato il sindacato del giudice di legittimita’ ai soli casi d’inesistenza della motivazione in se’ (ossia alla mancanza assoluta di motivi sotto l’aspetto materiale e grafico, alla motivazione apparente, al contrasto irriducibile fra affermazioni inconciliabili o alla motivazione perplessa e obiettivamente incomprensibile), dall’altro chiama la Corte di cassazione a verificare l’eventuale omesso esame, da parte del giudice a quo, di un fatto storico, principale o secondario, la cui esistenza risulti dal testo della sentenza (rilevanza del dato testuale) o dagli atti processuali (rilevanza anche del dato extratestuale), che abbia costituito oggetto di discussione e abbia carattere decisivo (cioe’ che, se esaminato, avrebbe determinato un esito diverso della controversia), rimanendo escluso che l’omesso esame di elementi istruttori, in quanto tale, integri la fattispecie prevista dalla norma, la’ dove il fatto storico rappresentato sia stato comunque preso in considerazione dal giudice, ancorche’ questi non abbia dato conto di tutte le risultanze probatorie astrattamente rilevanti (cfr. Cass. Sez. Un., 22/9/2014, n. 19881; Sez. U, Sentenza n. 8053 del 07/04/2014, Rv. 629830).
Nella specie le censure, lungi dall’indicare un fatto storico, avente le dette caratteristiche, obliterato dal giudice a quo, si risolvono nella mera sollecitazione di una nuova valutazione del materiale istruttorio, certamente non consentita in questa sede.
2.5. E’ poi appena il caso di soggiungere che la violazione degli articoli 115 e 116 c.p.c. non e’ dedotta nel modo in cui le Sezioni Unite l’hanno detto deducibile: si rinvia alla lettura dei principi di diritto enunciati al riguardo da Cass. Sez. U. n. 16598 del 2016 e da ultimo ribaditi da Cass. Sez. U. n. 20867 del 2020, atteso che l’illustrazione della censura si articola proprio nel senso che dette sentenze hanno detto estraneo alla corretta deduzione della violazione dei paradigmi normativi.
2.6. Anche la censura di violazione della regola sull’onere della prova non e’ dedotta nei termini in cui puo’ esserlo secondo Cass. Sez. U. 05/08/2016, n. 16598 (principio affermato in motivazione, pag. 33, § 14, secondo cui “la violazione dell’articolo 2697 c.c. si configura se il giudice di merito applica la regola di giudizio fondata sull’onere della prova in modo erroneo, cioe’ attribuendo l’onus probandi a una parte diversa da quella che ne era onerata secondo le regole di scomposizione della fattispecie basate sulla differenza fra fatti costituivi ed eccezioni”; v. anche Cass. n. 23594 del 2017, cit.; Cass. 17/06/2013, n. 15107).
La contestazione – peraltro, come detto, generica e meramente oppositiva – attiene piuttosto al merito della valutazione operata circa l’assolvimento di tale onere e come tale impinge nel diverso piano della sufficienza e della intrinseca coerenza della motivazione adottata, non certo in quello del rispetto delle regole di riparto dell’onere probatorio.
2.7. Analogamente deve dirsi quanto alla pure dedotta violazione del principio di non contestazione, ex articolo 115 c.p.c..
Va al riguardo rammentato che il motivo di ricorso per cassazione con il quale si intenda denunciare l’omessa considerazione, nella sentenza impugnata, della prova derivante dalla assenza di contestazioni della controparte su una determinata circostanza, deve indicare specificamente il contenuto della comparsa di risposta avversaria e degli ulteriori atti difensivi, evidenziando in modo puntuale la genericita’ o l’eventuale totale assenza di contestazioni sul punto (da ultimo Cass. 22 maggio 2017, n. 12840). L’onere processuale in discorso, nella specie, non risulta assolto.
2.8. E’ infine del tutto fuori luogo l’evocazione, in ricorso, del principio secondo cui “la rilevazione dei consumi mediante contatore e’ assistita da una mera presunzione semplice di veridicita’, sicche’, in caso di contestazione, grava sul somministrante l’onere di provare che il contatore era perfettamente funzionante, mentre il fruitore deve dimostrare che l’eccessivita’ dei consumi e’ dovuta a fattori esterni al suo controllo e che non avrebbe potuto evitare con un’attenta custodia dell’impianto, ovvero di aver diligentemente vigilato affinche’ eventuali intrusioni di terzi non potessero alterare il normale funzionamento del misuratore o determinare un incremento dei consumi” (Cass. n. 23699 del 22/11/2016; n. 6562 del 06/03/2019).
Nella specie, infatti, si verte nella ipotesi, del tutto diversa, di manomissione del contatore, fondatamente ascritto in sentenza a responsabilita’ dell’utente, quanto meno per violazione dell’obbligo di custodia (o di tempestiva denuncia), la quale legittima pienamente il calcolo presuntivo dei consumi.
Questo inoltre risulta operato secondo criteri che in iure risultano corretti e che, comunque, sono contestati dal ricorrente solo sulla base di rilievi fattuali da considerare inammissibili in questa sede per le ragioni sopra esposte.
3. Il ricorso deve essere pertanto dichiarato inammissibile, con la conseguente condanna del ricorrente alla rifusione, in favore della controricorrente, delle spese processuali, liquidate come da dispositivo.
4. Va dato atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115, articolo 13, comma 1-quater, nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, articolo 1, comma 17, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, in misura pari a quello previsto per il ricorso, ove dovuto, a norma dell’articolo 1-bis dello stesso articolo 13.

Acquisizione del fascicolo d’ufficio di primo grado

P.Q.M.

dichiara inammissibile il ricorso. Condanna il ricorrente al pagamento, in favore della controricorrente, delle spese del giudizio di legittimita’, liquidate, in Euro 1.600 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in Euro 200,00 ed agli accessori di legge.
Ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1 quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, articolo 1, comma 17 da’ atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso articolo 13, comma 1-bis.

 

In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.

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