SUPREMA CORTE DI CASSAZIONE
SEZIONE IV
sentenza 13 aprile 2016, n. 15329
Ritenuto in fatto
1. Con sentenza n.92/15 del 21/04/2015, la Corte di Appello di Torino confermava la sentenza del Tribunale di Alessandria in data 09/12/2013 con la quale R.F. , all’esito del giudizio abbreviato, veniva dichiarato responsabile del reato a lui ascritto ed operato l’aumento per la contestata aggravante ex art. 186, comma 2-sexies, concesse le circostanze attenuanti generiche equivalenti all’aggravante di cui all’art. 186, comma 2-bis, e condannato alla pena di mesi due di arresto ed Euro 1.400,00 di ammenda, già applicata la diminuente per la scelta del rito con applicazione all’imputato della sanzione amministrativa accessoria della sospensione della patente di guida per la durata di anni uno, in relazione al reato di cui all’art. 186, commi 2, lett. C), 2-sexies e 2-bis del C.d.S., perché guidava il motoveicolo tg. (…) in stato di ebbrezza alcolica dovuto all’assunzione di bevande alcoliche (tasso alcolemico rilevato pari a 1.70 gr./L); con l’aggravante di aver commesso il fatto dalle ore 22.00 alle ore 07.00 rendendosi protagonista di sinistro stradale. In (omissis) alle ore 03.30.
2. Avverso tale sentenza propone ricorso per cassazione R.F. , personalmente, lamentando (in sintesi giusta il disposto di cui all’art.173, comma 1, disp. att. c.p.p.):
I) violazione di legge e vizi motivazionali in relazione alla sussistenza della penale responsabilità. Deduce che il campione ematico è stato prelevato su esclusiva richiesta delle forze dell’ordine ai soli fini dell’accertamento del tasso alcolemico e non vi è traccia documentale agli atti che il medesimo sia stato effettuato precedentemente per fini clinici e quindi solo successivamente analizzato. Non risulta infatti barrata la voce che avrebbe indicato che il prelievo “è stato effettuato su campioni biologici già prelevati per altre finalità diagnostiche o terapeutiche. I campioni sono conservati presso…”.
II) violazione di legge e vizi motivazionali per mancanza, della motivazione in punto irripetibilità degli esami effettuati;
III) violazione di legge e vizi motivazionali per mancanza della motivazione in punto di omessa nomina di ausiliario di p.g.;
IV) violazione di legge e vizi motivazionali in relazione alla sussistenza di rilevanti incongruenze negli esiti degli accertamenti sanitari. Deduce che il valore riportato (1,70 g/l) è certamente da ricondurre ad una errata procedura di prelievo ematico;
V) violazione di legge e vizi motivazionali in relazione alla determinazione della pena.
Considerato in diritto
3. Il ricorso è manifestamente infondato.
3.1. Il ricorrente ignora le analitiche ragioni esplicitate dal giudice di appello per rigettare analoghi motivi di gravame.
3.2. La corte territoriale ha, in vero, fornito puntuale spiegazione del ragionamento posto a base del rigetto di tutti i motivi d’impugnazione procedendo alla coerente e corretta disamina di ogni questione di fatto e di diritto.
3.3. Nel caso di specie si tratta, in vero, di censure con cui si pretende di rivalutare le acquisizioni probatorie e la condotta dell’imputato, prerogativa, questa, riservata al giudice di merito e preclusa in sede di legittimità. L’impugnata sentenza – unitamente a quella originaria confermata -, in realtà, hanno reso compiuta ed esaustiva motivazione, come tale non meritevole di alcuna censura, in ordine a tutte le doglianze sollevate con l’atto di appello (sez. 4, n. 16390 del 13/02/2015).
3.4. In ordine alla manifesta illogicità della motivazione, è consolidata in giurisprudenza la massima secondo cui la Corte di cassazione non deve stabilire se la decisione di merito propone effettivamente la migliore possibile ricostruzione dei fatti, né deve condividerne la giustificazione, ma deve limitarsi a verificare se questa giustificazione è compatibile con il senso comune e con i limiti di una plausibile opinabilità di apprezzamento.
4. Quanto ai motivi sub I), II) e III), si osserva:
4.1 La fattispecie delineata dall’art. 356 c.p.p., – dalla cui ricorrenza deriva l’obbligo di avviso di cui all’art. 114 disp. att. c.p.p. – presuppone che vi sia una ‘persona nei cui confronti vengono svolte le indagini e pertanto la previa acquisizione di una notitia criminis. Per contro, il prelievo ematico compiuto nell’ambito della esecuzione di ordinari protocolli di pronto soccorso al di fuori della emersione di figure di reato e di attività propedeutiche al loro accertamento non rientra in alcun modo negli atti di cui all’art. 356 c.p.p., sicché nessun obbligo sussiste di avvertimento ex art. 114 disp. att. c.p.p. (sez. 4, n. 37395 del 29/05/2014; Sez. 4, n. 34145 del 21/12/2011 Rv. 253746).
4.2. Nel caso che occupa emerge che l’accertamento del tasso alcolemico derivò dal solo fatto dell’esser stato il R. coinvolto in un sinistro stradale. Da quanto appena ritenuto deriva che alcun deposito dell’atto doveva essere eseguito. Come già affermato da questa Corte, il certificato medico relativo agli esami del prelievo ematico, effettuati secondo i normali protocolli medici dal pronto soccorso durante il ricovero in una struttura ospedaliera, è utilizzabile a fini probatori come documento, e quindi non necessita di alcun deposito a beneficio della difesa ex art. 366 c.p.p., durante le indagini preliminari e di alcuna conferma in sede testimoniale nel corso del dibattimento (Sez. 4, n. 24382 del 28/04/2006 Rv. 234490). Né, perciò, rileva la nomina (o meno) dei sanitari ad ausiliari di p.g.
4.3. In merito alla evocazione del tema del consenso al prelievo ematico occorre muovere dal testo dell’art. 186 C.d.S., comma 5. La disposizione menziona i “conducenti coinvolti in incidenti stradali e sottoposti alle cure mediche”, delineando una oggettiva condizione di affidamento della persona di cui trattasi al personale medico per l’apprestamento di cure. Questa sola condizione è sufficiente perché la Polizia stradale possa avanzare la richiesta dell’accertamento del tasso alcolemico. Non è senza significato che la norma si riferisca all’accertamento – ovvero al complesso di operazioni necessarie alla conoscenza del dato ricercato – e non ad un particolare tipo di operazione – in tesi, il prelievo ematico (ma l’evoluzione tecnico-scientifica lascia ipotizzare che in futuro potranno aversi nuove metodiche). Si vuol dire che non assume rilevanza che le operazioni utili all’accertamento siano o meno già state poste in campo per ragioni sanitarie; quindi, che il prelievo sia stato già eseguito per rilevare parametri sulla base dei quali assumere decisioni terapeutiche o che venga eseguito unicamente per le necessità di accertamento del tasso alcolemico a fini di prova giudiziaria. La previsione normativa ha infatti lo scopo di garantire che un accertamento che può richiedere atti invasivi, come può essere il prelievo ematico, venga eseguito da personale attrezzato della necessaria competenza e in un contesto idoneo a fronteggiare ogni conseguente evenienza (sez. 4, n. 37395 del 29/05/2014).
4.3.1. Il secondo dato che è bene mettere a fuoco è l’assenza di ogni riferimento al consenso dell’interessato nel testo dell’art. 186, comma 5. Proprio perché espressamente presa in considerazione dal legislatore, qualora la richiesta della Polizia stradale avesse bisogno di essere seguita dal consenso dell’interessato per poter condurre all’acquisizione dei dati concernenti il tasso alcolemico, la norma lo avrebbe previsto in modo esplicito. Al contrario, la sola condizione posta dall’art. 186, comma 5 (e dall’art. 187, comma 3), è quella sopra ricordata, dell’essere in presenza di “conducenti coinvolti in incidenti stradali e sottoposti alle cure mediche”. Sicché, come questa Corte ha già ampiamente argomentato (sez. 4, n. 15708 del 18/12/2012), ai fini dell’applicazione dell’art. 186 C.d.S., comma 5, la richiesta della p.g. di accertamento del tasso alcolemico di conducenti coinvolti in incidenti stradali e sottoposti alle cure mediche può legittimamente essere l’unica causa di tale accertamento e non richiede uno specifico consenso dell’interessato, oltre a quello eventualmente richiesto dalla natura delle operazioni sanitarie strumentali a detto accertamento (sez. 4, n. 37395 del 29/05/2014).
5. Quanto al motivo sub IV) si osserva:
5.1. Già la Corte territoriale ha, condivisibilmente, replicato affermando che, rispetto all’inattendibilità dell’esame ematico stante il lasso temporale trascorso dopo il sinistro, va detto che ciò che rileva non è il momento dell’esame, ma quello del prelievo, evidentemente coevo all’accettazione, a mente del diario clinico. Peraltro la giurisprudenza (sez. 4,n. 13999 del 11/03/2014) ha ritenuto che il decorso di un intervallo temporale tra la condotta di guida incriminata e l’esecuzione del test alcolimetrico è inevitabile e non incide sulla validità del rilevamento alcolemico. Ancor più priva di pregio e di qualunque sostegno logico e probante appare la censura, meramente ipotetica, secondo cui nell’occasione siano stati usati detergenti e disinfettanti alcolici, che avrebbero alterato l’esito degli esami.
6. Quanto al motivo sub V) si osserva:
6.1. Per consolidata giurisprudenza di questa Corte, la definizione di “incidente stradale” comprende non soltanto lo scontro tra veicoli o tra veicoli e persone, ma anche l’urto di un veicolo contro ostacoli fissi ovvero la fuoriuscita del veicolo dalla sede stradale, dal momento che si tratta comunque di una manifestazione di maggiore pericolosità della condotta di guida, punita più gravemente a prescindere dall’evento che si è verificato effettivamente, che può avere o meno coinvolto altri veicoli o persone (sez. 4, n.28439 del 13/06/2013).
6.2. Correttamente i giudici del merito (trattasi di c.d. “doppia conforme”) hanno ritenuto che, alla luce degli accertamenti effettuati dagli operanti, quello causato dal ricorrente fu un incidente autonomo in una buona situazione meteo, di condizione stradale e di traffico, posto che R. nell’atto di impegnare una ampia curva aveva perso il controllo finendo fuori strada senza nemmeno azionare l’impianto frenante e non emergono e non sono nemmeno seriamente ipotizzate ragioni, ulteriori alla condotta di guida ed allo stato di ebbrezza, che in qualche modo possano essere ritenute causa del sinistro.
6.3. In riferimento, infine, alle doglianze circa la dosimetria della pena basta rammentare che anche tali censure vanno ritenute manifestamente infondate in quanto la motivazione addotta dalla Corte territoriale deve ritenersi ampia, congrua, logica e coerente, sicché non è censurabile in questa sede di legittimità, essendo stato correttamente esercitato il potere discrezionale spettante al giudice di merito in ordine al trattamento sanzionatorio. La valutazione dei vari elementi rilevanti ai fini della dosimetria della pena detentiva rientra nei poteri discrezionali del giudice il cui esercizio (se effettuato nel rispetto dei parametri valutativi di cui all’art. 133 c.p., come nel caso di specie) è censurabile in cassazione solo quando sia frutto di mero arbitrio o di ragionamento illogico. Ciò che qui deve senz’altro escludersi (sez. 2, n.45312 del 03/11/2015; sez. 4 n.44815 del 23/10/2015).
7. La decisione impugnata è pertanto immune dai vizi che le vengono attribuiti con il ricorso che va, quindi, dichiarato inammissibile.
7.1. La declaratoria di inammissibilità preclude la rilevabilità della prescrizione in applicazione del principio di diritto secondo il quale l’inammissibilità del ricorso per cassazione dovuta alla manifesta infondatezza dei motivi non consente il formarsi di un valido rapporto d’impugnazione e preclude, pertanto, la possibilità di rilevare e dichiarare le cause di non punibilità a norma dell’art. 129 c.p.p. (ex multis sez. 2, n. 45114 del 15/10/2014).
8. Ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., con il provvedimento che dichiara inammissibile il ricorso, il ricorrente deve essere condannato al pagamento delle spese del procedimento, nonché -ravvisandosi profili di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità (cfr. Corte costituzionale sentenza n. 186 del 2000)- al pagamento a favore della Cassa delle ammende di una somma che si stima equo determinare in Euro 1.000,00.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 1.000,00 in favore della cassa delle ammende.
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