Per le acque reflue industriali contenenti le sostanze pericolose

Consiglio di Stato, Sentenza|21 gennaio 2021| n. 652.

Secondo l’art. 108, comma 5, del d.lgs. n. 152/2006, per le acque reflue industriali contenenti le sostanze pericolose di cui alla tabella 5 dell’allegato 5 alla parte terza del T.U.A., ove provenienti da un’attività soggetta ad AIA, “il punto di misurazione dello scarico” è fissato secondo quanto l’AIA stessa prevede, fermo che, se l’attività non fosse soggetta ad AIA, resta ferma la regola generale, della misurazione “subito dopo l’uscita dallo stabilimento o dall’impianto di trattamento che serve lo stabilimento medesimo”. La disposizione della prima parte del comma, relativa a un punto di “misurazione” e non di “campionamento”, sta a significare che negli impianti più complessi l’AIA per essi prevista può stabilire punti di prelievo aggiuntivi, diversi da quello finale a fini fiscali, nel senso che servono esclusivamente ad un migliore controllo tecnico dell’impianto. La previsione di punti di campionamento a fini fiscali, ulteriori rispetto a quello posto in uscita dall’impianto individualmente considerato, deve ritenersi in generale contraria alla normativa.

Sentenza|21 gennaio 2021| n. 652

Data udienza 22 dicembre 2020

Integrale

Tag – parola chiave: Acqua – Inquinamento idrico – Criteri generali della disciplina degli scarichi – Art. 101, comma 1, d.lgs. 152/2006 – Rispetto dei valori limite di emissione – Art. 5, comma 1, lett. i-octies, d.lgs. 152/2006 – Criterio generale di applicazione dei valori limite – Impianto nel suo complesso – Art. 101, comma 3, d.lgs. 152/2006

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale
Sezione Quinta
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 2500 del 2014, proposto dalla società Co. Ac. Sp. S.p.a., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati Cl. Vi., Ma. Pr. e Gi. Co., con domicilio eletto presso lo studio dell’avvocato Pr. in Roma, via (…);
contro
la Regione Valle d’Aosta, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati Ca. Em. Ga. e Al. Ro., con domicilio eletto presso lo studio dell’avvocato Ro. in Roma, lungotevere (…);
gli Assessorati Territorio ambiente – Dipartimento Territorio ambiente; Opere pubbliche – Difesa del suolo e edilizia residenziale pubblica; Agricoltura e risorse naturali della Regione Valle d’Aosta; il Corpo forestale Valle d’Aosta; l’Agenzia regionale protezione ambiente – ARPA Valle d’Aosta; l’Azienda USL Valle d’Aosta; il Comune di Aosta, non costituiti in giudizio;
per l’annullamento ovvero la riforma
della sentenza del TAR Valle d’Aosta, sezione unica, 18 settembre 2013 n. 59, che ha respinto il ricorso n. 17/2013 R.G., proposto per l’annullamento
a) del provvedimento 28 dicembre 2012 n. 6011, comunicato il giorno 4 gennaio 2013, con il quale il Dirigente del Servizio tutela delle acque dall’inquinamento e gestione dei rifiuti della Regione Valle d’Aosta ha disposto il rinnovo dell’autorizzazione integrata ambientale ai sensi del titolo III-bis del d.lgs. 3 aprile 2006 n. 152, già rilasciata alla Co. Ac. Sp. S.p.a. con provvedimento dirigenziale 26 ottobre 2007 n. 4446 per lo stabilimento siderurgico di Aosta, via (omissis);
di tutti gli atti presupposti, conseguenti e comunque connessi, e in particolare:
b) dei verbali delle sedute della conferenza di servizi;
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio della Regione Valle d’Aosta;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza smaltimento del giorno 22 dicembre 2020 il Cons. Francesco Gambato Spisani e dato atto che sono presenti, in collegamento da remoto, gli avvocati Vi. e Ga.;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO e DIRITTO

1. La ricorrente appellante gestisce uno stabilimento siderurgico di sua proprietà, che si trova ad Aosta in via (omissis) e, per quanto interessa, opera in base ad un’autorizzazione integrata ambientale – AIA, rilasciata in un primo tempo con provvedimento regionale 26 ottobre 2007 n. 4446; di quest’autorizzazione ha poi chiesto il rinnovo, accordatole con il provvedimento 28 dicembre 2012 n. 6011 di cui meglio in epigrafe (doc. 7 in primo grado della ricorrente appellante, AIA rinnovata).
2. Fra le prescrizioni contenute nel citato provvedimento di rinnovo, rileva ai fini di causa quella contenuta al § 3 lettera b) punto b.1) di esso, ovvero all’interno della lettera dedicata ad “acque ed emissioni in corpo idrico superficiale” ove le si prescrive di garantire “il pieno rispetto dei limiti agli scarichi stabiliti dalla tabella 3, dell’allegato 5 alla parte terza del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152 ai punti di scarico parziale provenienti dagli impianti di trattamento delle acque denominati “di neutralizzazione acidi – DA02” e “chiarificatore lamellare – DA03”, per le sostanze di cui alla tabella 5 dell’allegato 5 alla parte terza del d.lgs. n. 152/2006; tabella che com’è noto elenca tutta una serie di sostanze altamente inquinanti, a titolo di esempio metalli pesanti, solventi e pesticidi (v. sempre doc. 7 in primo grado della ricorrente appellante, cit.).
3. Per migliore comprensione, va spiegato quanto segue.
3.1 Lo stabilimento di cui si tratta produce acque reflue, provenienti sia dal processo produttivo vero e proprio, sia dal raffreddamento dei prodotti d’acciaio, e per depurarle le convoglia attraverso un sistema di tubazioni e impianti di pompaggio al depuratore finale, che le scarica nel fiume Dora Baltea attraverso il punto di scarico denominato “SA01”. In particolare, la rete di raccolta degli scarichi è organizzata attorno a due linee principali, denominate rispettivamente “dorsale est” nonché “dorsale ovest”.
3.2 Rilevano ai fini di causa, in particolare, le acque di processo, che contengono ioni metallici inquinanti, compresi nella citata tabella 5, e quindi devono essere sottoposte a particolari e aggiuntive forme di trattamento, attraverso gli impianti “DA02” (neutralizzazione acidi) e “DA03” (chiarificatore lamellare), che in sintesi estraggono e separano da esse le sostanze in questione trasformandole in fanghi.
3.3 I reflui confluiscono nella cd. “sala pompe 10” e, insieme ad altri reflui da diversa fonte, sono convogliati tramite la “dorsale est” nell’impianto di depurazione finale e quindi riversati nella Dora Baltea mediante il ricordato scarico “SA01”. La prescrizione contestata, in sintesi, equipara, ai fini del rispetto dei valori limite, gli scarichi parziali “DA02” e “DA03” allo scarico finale “SA01” (fatti storici non contestati; si vedano la sentenza impugnata ai § § 1.3 e 2.1 e il doc. 2 in primo grado della ricorrente appellante, che è lo schema degli scarichi).
4. Con la sentenza meglio indicata in epigrafe, il TAR ha respinto il ricorso proposto dalla società contro questa prescrizione, ritenendo in sintesi estrema che, in presenza di scarichi contenenti le sostanze pericolose di cui si è detto, imporla rientri nei poteri dell’amministrazione.
5. Contro questa sentenza, la società ha proposto impugnazione, con appello che contiene tre motivi, così come segue:
– con il primo di essi, deduce, in particolare, violazione dell’art. 108 d.lgs. n. 152/2006, e sostiene che in base alla norma citata, anche ove gli scarichi di acque reflue industriali contengano, come nella specie è incontestato, le sostanze pericolose di cui s’è detto, l’amministrazione non potrebbe individuare discrezionalmente, come in questo caso ha fatto, ulteriori punti di campionamento validi ai fini della verifica del rispetto dei valori limite e dell’applicazione delle eventuali sanzioni previste in caso di superamento. Tali punti di campionamento, si precisa per chiarezza, sono detti comunemente punti di campionamento “ai fini fiscali”, per quanto l’espressione sia impropria, perché all’evidenza non si tratta di esigere tributi di sorta. Sarebbe invece del tutto possibile, sempre a dire della ricorrente appellante, che per altri fini, essenzialmente di migliore gestione dell’impianto, imporre di realizzare punti di prelievo “non fiscali”, ovvero al solo scopo di misurare i valori limite di emissione, ma senza che nel caso di superamento solo in quello specifico punto di prelievo – ovvero nel caso di specie solo in uscita dagli scarichi parziali “DA02” e “DA03” e non in uscita dallo scarico finale “SA01” – conseguano sanzioni. La ricorrente appellante critica quindi la sentenza impugnata per avere deciso in modo diverso;
– con il secondo motivo, critica la sentenza di primo grado per avere ritenuto che la prescrizione contestata dell’AIA sia conforme ai principi di proporzionalità e di precauzione. A dire della ricorrente appellante, infatti, il principio di proporzionalità sarebbe rispettato anche ritenendo la prescrizione dei punti di campionamento ulteriori valida solo ai fini tecnici, come si è detto, e non ai fini fiscali. La ricorrente appellante ritiene infine che la prescrizione stessa nulla abbia a che vedere con il principio di precauzione;
– con il terzo motivo, infine, deduce, in particolare, eccesso di potere per contraddittorietà con la precedente istruttoria, nei termini che seguono. In linea di fatto, la ricorrente appellante fa presente che una prescrizione identica a quella qui impugnata le era stata imposta nel precedente provvedimento regionale di rinnovo dell’AIA, decreto 26 ottobre 2007 n. 4446. Contro questo decreto, aveva proposto ricorso giurisdizionale, respinto con sentenza TAR Valle d’Aosta sez. unica 10 marzo 2010 n. 23. Contro questa sentenza, ha proposto appello, iscritto al n. 6173/2010 R.G. di questo Giudice, dichiarato perento con decreto del Presidente della Sez. V 13 maggio 2016, n. 657. Parallelamente, la società fa presente di avere presentato alla Regione un’istanza 8 gennaio 2008 per la rettifica delle prescrizioni, nel senso di considerare i punti di prelievo ulteriori come non fiscali; su quest’istanza, fa poi presente di avere ottenuto un parere favorevole dell’ARPA. La contraddittorietà starebbe nel non avere tenuto conto di questo parere né nel senso di accogliere l’istanza di rettifica, né per quanto qui rileva al momento del rilascio della nuova AIA della cui impugnazione qui si discute (appello, § § 12-15; fatti storici non contestati).
6. La Regione ha resistito, con atto 23 maggio 2014 e memoria 20 novembre 2020, ed ha chiesto che l’appello sia respinto.
7. Con replica 1 dicembre 2020, la società ha ribadito le proprie difese.
8. All’udienza del 22 dicembre 2020, la Sezione ha quindi trattenuto il ricorso in decisione.
9. L’appello è fondato e va accolto, per le ragioni che seguono.
10. Il primo motivo è fondato ed assorbente, dato che, ad avviso del Collegio, risultano sostanzialmente condivisibili le argomentazioni della ricorrente appellante.
10.1 Occorre partire dalla nozione di “scarico” contenuta nell’art. 74, comma 1, lettera ff), del d.lgs. n. 152/2006, che lo definisce come “qualsiasi immissione effettuata esclusivamente tramite un sistema stabile di collettamento che collega senza soluzione di continuità il ciclo di produzione del refluo con il corpo ricettore in acque superficiali, sul suolo, nel sottosuolo e in rete fognaria, indipendentemente dalla loro natura inquinante, anche sottoposte a preventivo trattamento di depurazione”.
10.2 Ai sensi dell’art. 101, comma 1, d.lgs. n. 152/2006, lo scarico è disciplinato in funzione degli “obiettivi di qualità dei corpi idrici”, ovvero del fiume, lago o mare in cui si riversa, e deve in particolare rispettare i “valori limite” previsti dalla legge per le varie sostanze inquinanti, ovvero, come li definisce l’art. 5, comma 1, lettera i-octies), dello stesso d.lgs. 152/2006, i valori che esprimono per tali sostanze “la massa… in rapporto a determinati parametri specifici, la concentrazione ovvero il livello di un’emissione che non possono essere superati in uno o più periodi di tempo”.
10.3 I valori limite, come è evidente, sono parametri chimico fisici, e quindi misurabili; il risultato della misurazione però può variare, anche in misura rilevante per stabilire il loro superamento o no, a seconda delle modalità di loro misurazione, e in particolare del punto di prelievo del campione da analizzare allo scopo. La legge, pertanto, stabilisce un criterio generale per cui, salve le eccezioni previste, i valori limite si applicano “nel punto di fuoriuscita delle emissioni dell’impianto” nonché senza tener conto di “eventuali diluizioni” (citato art. 5, comma 1, lettera i-octies). Nello stesso senso è l’art. 101, comma 3, del d.lgs. n. 152/2006, per cui gli scarichi devono essere accessibili per il “campionamento”, che va effettuato “immediatamente a monte della immissione nel recapito in tutti gli impluvi naturali, le acque superficiali e sotterranee, interne e marine, le fognature, sul suolo e nel sottosuolo”.
10.4 Secondo logica, quindi, il rispetto dei valori limite deve controllare quanto l’impianto nel suo complesso inquina l’ambiente, e va quindi valutato misurandoli in un punto situato fra l’uscita dall’impianto stesso e l’entrata nell’ambiente dello scarico, definita dall’art. 101, comma 3, citato.
10.5 Ciò posto, il concetto di “impianto” è definito dall’art. 74, comma 2, lettera uu), del d.lgs. n. 152/2006 in modo incompleto, nel senso che rende comunque necessario un apprezzamento secondo le comuni regole tecniche. Ai fini che interessano, ovvero per le attività soggette ad AIA, la norma definisce infatti come impianto “l’unità tecnica permanente in cui sono svolte una o più attività di cui all’Allegato I del decreto legislativo 18 febbraio 2005, n. 59”, ovvero appunto una o più attività soggette ad AIA. È evidente che, per stabilire cosa sia “unità tecnica permanente”, occorre fare capo ai concetti della tecnica in questione; è poi altrettanto evidente che l’individuazione dell’impianto fatta in questo modo non può essere artificiosa. In altre parole, non è consentito ai “fini fiscali” frammentare un impianto unitario in più sezioni, e pretendere da ciascuna, sotto pena di sanzioni, il rispetto dei valori limite.
10.6 In tal senso, le considerazioni di principio contenute nella sentenza della Sezione 9 settembre 2005 n. 4648, relative proprio ad un impianto per la produzione di acciaio, molto complesso, ma tecnicamente costituente una “unità ” a sé stante. La sentenza considera infatti illegittima l’imposizione di un punto di prelievo a “fini fiscali” all’uscita di una parte dell’impianto, e quindi ulteriore rispetto a quello previsto all’uscita di tutto lo stabilimento.
10.7 È comunque il caso di evidenziare che questo specifico problema qui non si è posto, perché nessuno ha sostenuto che gli impianti, intesi in senso generico, cui si riferisce la prescrizione, ovvero gli impianti di trattamento delle acque “di neutralizzazione acidi – DA02” e “chiarificatore lamellare – DA03” richiedano un distinto punto di prelievo a fini fiscali perché costituirebbero unità tecniche autonome rispetto all’impianto principale.
10.8 Vanno allora esaminate in dettaglio le norme integrative della regola generale per cui il punto di prelievo a fini fiscali è unico e posto alla fuoriuscita dall’impianto e a monte dell’immissione nel recapito, valide in generale nel caso in cui nello scarico, pur riferito ad un solo impianto, siano contenute le sostanze pericolose di cui si è detto.
10.9 L’art. 108, comma 4, del d.lgs. n. 152/2006 non rileva nel caso presente; esso infatti stabilisce una disciplina particolare per “le sostanze di cui alla Tabella 3/A dell’Allegato 5 alla parte terza del presente decreto” ovvero le sostanze pericolose, ma solo se “derivanti dai cicli produttivi indicati nella medesima tabella”, fra i quali non rientrano le acciaierie.
10.10 Rileva invece l’art. 108, comma 5, secondo il quale, per le acque reflue industriali contenenti le sostanze pericolose in questione, ove provenienti da un’attività soggetta ad AIA, “il punto di misurazione dello scarico” è fissato secondo quanto l’AIA stessa prevede, fermo che, se l’attività non fosse soggetta ad AIA, resta ferma la regola generale, della misurazione “subito dopo l’uscita dallo stabilimento o dall’impianto di trattamento che serve lo stabilimento medesimo”. Il Collegio considera corretta l’interpretazione proposta dalla difesa della ricorrente appellante, per cui la disposizione della prima parte del comma, relativa a un punto di “misurazione” e non di “campionamento”, sta a significare che negli impianti più complessi l’AIA per essi prevista può stabilire punti di prelievo aggiuntivi, diversi da quello finale a fini fiscali, nel senso che servono esclusivamente ad un migliore controllo tecnico dell’impianto. Nel caso di specie, l’AIA rilasciata è quindi da considerare legittima nella parte in cui prevede i punti di prelievo addizionali, illegittima nella sola parte in cui prevede che essi rilevino ai fini fiscali.
10.11 A questa conclusione si arriva anche considerando che non risultano condivisibili le argomentazioni contrarie, contenute nella sentenza impugnata attraverso il rinvio che essa fa al precedente già ricordato, ovvero alla sentenza TAR Valle d’Aosta n. 23/2010.
10.12 La sentenza citata considera legittima la previsione di punti di prelievo a fini fiscali aggiuntivi anzitutto sulla base dell’art. 101, comma 4, del d.lgs. n. 152/2006, per cui l’autorità competente, nel caso di scarichi contenenti le sostanze pericolose, può prescrivere che essi “subiscano un trattamento particolare prima della loro confluenza nello scarico generale”. Si risponde però che, sia secondo la scienza e la tecnica, sia argomentando dalle definizioni di trattamenti di tipo speciale contenute nell’art. 74, comma 1, lettere ii-mm), del d.lgs. n. 152/2006, il campionamento di uno scarico è solo una misurazione, non un “trattamento”, inteso come un qualche processo chimico ovvero fisico al quale le acque reflue vengano sottoposte.
10.13 Non è condivisibile nemmeno il richiamo che la sentenza impugnata fa al divieto di diluizione di cui all’art. 108, comma 5, del d.lgs. n. 152/2006: in proposito, è facile osservare che la diluizione non consentita si ha quando lo scarico venga mescolato con altre acque “prelevate esclusivamente allo scopo”. Nel caso di specie, infatti, non è dimostrato, e per vero nemmeno asserito, che gli scarichi parziali in questione confluiscano in quello principale per esclusive ragioni artificiose di diluizione, e non per ragioni tecniche dipendenti dall’assetto complessivo dell’impianto.
10.14 Infine, non è applicabile l’ultima norma richiamata dalla sentenza impugnata, ovvero il citato art. 108, comma 5, nella parte in cui consente all’autorità competente di richiedere che gli scarichi contenenti sostanze pericolose siano trattati come rifiuti a sé stanti, dato che una simile richiesta non consta nel caso di specie.
11. L’accoglimento del primo motivo comporta che la previsione di punti di campionamento a fini fiscali, ulteriori rispetto a quello posto in uscita dall’impianto individualmente considerato, debba ritenersi in generale contraria alla normativa. Di conseguenza, esso assorbe i motivi restanti, che considerano la stessa previsione illegittima per ragioni più particolari e specifiche: dal loro accoglimento, infatti, non potrebbe derivare alla parte alcuna utilità maggiore di quella già conseguita.
12. In conclusione, l’appello va accolto e, in riforma della sentenza impugnata, va accolto il ricorso di primo grado, con annullamento dell’impugnato provvedimento di AIA nella parte in cui prescrive che i punti di campionamento ulteriori in uscita dagli scarichi parziali “DA02” e “DA03” valgano ai fini fiscali, ovvero garantiscano “il pieno rispetto dei limiti agli scarichi stabiliti dalla tabella 3, dell’allegato 5 alla parte terza del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152” anche ai fini dell’applicazione delle sanzioni previste in caso di superamento, fermo restando che la loro prescrizione a fini diversi, non fiscali ovvero di controllo tecnico sul funzionamento dell’impianto, è legittima e non viene annullata.
13. Per completezza, si precisa che l’effetto dell’annullamento non riguarda gli ulteriori atti impugnati, ovvero i verbali delle sedute della conferenza di servizi, che sono all’evidenza atti istruttori privi di autonomo carattere lesivo, e appaiono impugnati solo per scrupolo difensivo.
14. La particolarità e complessità del caso deciso, sul quale non constano precedenti editi negli esatti termini, è giusto motivo per compensare per intero fra le parti le spese del doppio grado del giudizio.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale
Sezione Quinta, definitivamente pronunciando sull’appello come in epigrafe proposto (ricorso n. 2500/2014), lo accoglie e per l’effetto, in riforma della sentenza impugnata, accoglie il ricorso di primo grado (n. 17/2013 R.G. TAR Valle d’Aosta) e annulla, ai sensi e nei limiti di cui in motivazione, il provvedimento del Dirigente del Servizio tutela delle acque dall’inquinamento e gestione dei rifiuti della Regione Valle d’Aosta 28 dicembre 2012 n. 6011.
Compensa per intero fra le parti le spese del doppio grado del giudizio.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 22 dicembre 2020 con l’intervento dei magistrati:
Carmine Volpe – Presidente
Oreste Mario Caputo – Consigliere
Francesco Gambato Spisani – Consigliere, Estensore
Raffaello Sestini – Consigliere
Antonella Manzione – Consigliere

 

In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.

Per aprire la pagina facebook @avvrenatodisa
Cliccare qui

Leave a Reply

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *