Ove l’operazione sia stata erroneamente assoggettata all’IVA

Corte di Cassazione, sezione terza civile, Ordinanza 7 marzo 2019, n. 6601.

La massima estrapolata:

Ove l’operazione sia stata erroneamente assoggettata all’IVA, restano privi di fondamento il pagamento dell’imposta da parte del cedente, la rivalsa da costui effettuata nei confronti del cessionario e la detrazione da quest’ultimo operata nella sua dichiarazione IVA, con la conseguenza che il cedente ha diritto di chiedere all’Amministrazione il rimborso dell’IVA, il cessionario ha diritto di chiedere al cedente la restituzione dell’IVA versata in via di rivalsa, e l’Amministrazione ha il potere-dovere di escludere la detrazione dell’IVA pagata in rivalsa dalla dichiarazione IVA presentata dal cessionario

Ordinanza 7 marzo 2019, n. 6601

Data udienza 14 dicembre 2018

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ARMANO Uliana – Presidente

Dott. SESTINI Danilo – rel. Consigliere

Dott. IANNELLO Emilio – Consigliere

Dott. POSITANO Gabriele – Consigliere

Dott. DELL’UTRI Marco – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA
sul ricorso 1479-2017 proposto da:
(OMISSIS) SPA, in persona del Direttore Generale, Dott. (OMISSIS), elettivamente domiciliata in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato (OMISSIS) giusta procura a margine del ricorso;
– ricorrente –
contro
(OMISSIS) SNC (OMISSIS), in persona del legale rappresentante, (OMISSIS), considerata domiciliata ex lege in ROMA, presso la CANCELLERIA DELLA CORTE DI CASSAZIONE, rappresentata e difesa dagli avvocati (OMISSIS) giusta procura in calce al controricorso;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 2711/2016 del TRIBUNALE di VENEZIA, depositata il 30/09/2016;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 14/12/2018 dal Consigliere Dott. DANILO SESTINI.

RILEVATO

che:
il Giudice di Pace di Venezia condanno’ la (OMISSIS) s.p.a. a restituire alla (OMISSIS) di (OMISSIS) s.n.c. la somma di 3.256,87 Euro (oltre interessi dalla domanda) indebitamente incassata a titolo di IVA sulla T.I.A. (tariffa di igiene ambientale);
pronunciando sul gravame proposto dalla (OMISSIS) s.p.a, il Tribunale di Venezia ha confermato la sentenza, rilevando che “il rapporto intercorrente tra colui che paga l’IVA e colui che la riceve deve ritenersi autonomo e distinto dal rapporto tra il soggetto passivo IVA e l’Amministrazione finanziaria” e che “non sussisteva (…) alcun debito IVA della parte appellata nei confronti di (OMISSIS) s.p.a., la quale ha beneficiato di un’entrata non dovuta, arricchendosi di una somma priva di alcuna giustificazione causale che, come tale, dovra’ essere restituita”;
ha proposto ricorso per cassazione la (OMISSIS) s.p.a., affidandosi ad un unico motivo; l’intimata ha resistito con controricorso;
la ricorrente ha depositato memoria.

CONSIDERATO

che:
con l’unico motivo di ricorso, la ricorrente denuncia la “violazione e/o falsa applicazione dell’articolo 2033 c.c. e Decreto del Presidente della Repubblica n. 633 del 1972, articolo 19 e comunque della normativa concernente la detrazione dell’IVA, in relazione all’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3, per avere la sentenza impugnata erroneamente escluso che la detrazione dell’IVA pagata sulla tariffa di igiene ambientale di cui al Decreto Legislativo n. 22 del 1977, articolo 49 faccia venir meno la natura di pagamento rilevante ai sensi dell’articolo 2033 c.c.del pagamento di tale IVA e/o comunque precluda la ripetibilita’ della stessa IVA”: assume la ricorrente che la (OMISSIS) s.n.c., svolgente attivita’ commerciale, era soggetto IVA e, come tale, “portava in detrazione l’IVA che le veniva addebitata”, cosicche’ “la circostanza che avesse pagato l’IVA sulla TIA era (…) neutra per (OMISSIS) s.n.c.”; “faceva dunque difetto nella fattispecie l’esistenza di un pagamento ai sensi dell’articolo 2033 c.c.” giacche’ “il versamento dell’IVA effettuato da un soggetto (quale la controparte) che la porta in detrazione non e’ un pagamento ai sensi dell’articolo 2033 c.c., dal momento che la norma richiede un pagamento effettivo, mentre nella fattispecie il pagamento e’ solo apparente, in quanto seguito dalla detrazione effettuata”;
il motivo e’ infondato, in quanto:
e’ pacifico e incontroverso fra le parti che l’IVA non dovesse essere versata, trattandosi di prestazione di natura tributaria, come statuito da Cass., S.U. n. 5078/2016;
quanto alla ripetibilita’ dell’imposta indebitamente pagata, deve trovare applicazione il principio enunciato da Cass. n. 9946/2015, secondo cui, “ove l’operazione sia stata erroneamente assoggettata all’IVA, restano privi di fondamento il pagamento dell’imposta da parte del cedente, la rivalsa da costui effettuata nei confronti del cessionario e la detrazione da quest’ultimo operata nella sua dichiarazione IVA, con la conseguenza che il cedente ha diritto di chiedere all’Amministrazione il rimborso dell’IVA, il cessionario ha diritto di chiedere al cedente la restituzione dell’IVA versata in via di rivalsa, e l’Amministrazione ha il potere-dovere di escludere la detrazione dell’IVA pagata in rivalsa dalla dichiarazione IVA presentata dal cessionario” (cfr. Cass. n. 15536/18);
non rileva, dunque, la circostanza – affermata dalla ricorrente, ma non accertata dalla sentenza impugnata – che l’importo possa essere stato richiesto in detrazione dalla (OMISSIS), giacche’ comunque – tale detrazione non spetterebbe a fronte di un’operazione erroneamente assoggettata ad IVA;
va pertanto escluso che il versamento dell’imposta abbia avuto natura “neutra” e che lo stesso non sia idoneo ad integrare un pagamento indebito ai sensi dell’articolo 2033 c.c. effettuato dalla (OMISSIS) s.n.c. in favore della (OMISSIS), che e’ stata dunque correttamente condannata alla restituzione dell’importo (cfr. Cass. n. 15536/2018 e Cass. n. 15348/2018);
non sussistono le condizioni per disporre il rinvio pregiudiziale alla Corte di Giustizia dell’Unione Europea, che e’ stato sollecitato dalla ricorrente (nella memoria) sulla base di un presupposto (che la cessionaria abbia “esercitato illegittimamente il diritto di detrazione in un periodo di imposta per il quale l’amministrazione finanziaria sia decaduta dal diritto-dovere di rettificare la sua dichiarazione”) di cui la sentenza impugnata non ha accertato la ricorrenza;
al rigetto del ricorso segue la condanna al pagamento delle spese di lite;
sussistono le condizioni per l’applicazione del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1 quater.

P.Q.M.

 

a Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese di lite, liquidate in Euro 900,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15%, al rimborso degli esborsi (liquidati in Euro 200,00) e agli accessori di legge.
Ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1 quater, da’ atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso articolo 13, comma 1 bis.

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