L’utilizzatore inadempiente ha diritto alla restituzione delle rate riscosse solo dopo la restituzione della cosa

Corte di Cassazione, sezione terza civile, Ordinanza 7 marzo 2019, n. 6606.

La massima estrapolata:

L’utilizzatore inadempiente ha diritto alla restituzione delle rate riscosse solo dopo la restituzione della cosa, mentre il concedente ha diritto, oltre che al risarcimento del danno, a un equo compenso per l’uso dei beni oggetto del contratto. L’obbligo di restituzione della cosa e’ ritenuto fondamentale nell’equilibrio del contratto, perche’ in tal modo, da un lato, il concedente, rientrato nel possesso del bene, potra’ trarne ulteriori utilita’ nel prosieguo; dall’altro, solo dopo che la restituzione e’ avvenuta e’ possibile determinare l’equo compenso a lui spettante per il godimento garantito all’utilizzatore nel periodo di durata del contratto, salva la prova del danno ulteriore.

Ordinanza 7 marzo 2019, n. 6606

Data udienza 9 gennaio 2019

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ARMANO Uliana – Presidente

Dott. SESTINI Danilo – Consigliere

Dott. FIECCONI Francesca – Consigliere

Dott. SCRIMA Antonietta – Consigliere

Dott. GORGONI Marilena – rel. Consigliere

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 16693/2017 R.G. proposto da:
S.R.L. (OMISSIS), in persona dell’Amministratore unico, (OMISSIS), rappresentata e difesa dall’Avv. (OMISSIS), con domicilio eletto in (OMISSIS);
– ricorrente –
contro
(OMISSIS) S.P.A., gia’ (OMISSIS) S.P.A., in persona del suo procuratore, (OMISSIS), rappresentata e difesa dall’Avv. (OMISSIS), con domicilio eletto in (OMISSIS), presso lo Studio dell’Avv. (OMISSIS);
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 1402/17 della Corte d’Appello di Milano, depositata il 04/04/2017;
Udita la relazione svolta nella Camera di Consiglio del 9 gennaio 2019 dal Consigliere Dott. Marilena Gorgoni.

FATTI DI CAUSA

(OMISSIS) S.p.A., ex articolo 702 bis c.p.c., chiedeva l’accertamento della risoluzione del contratto di leasing stipulato con la (OMISSIS) S.r.L. e la condanna di quest’ultima al rilascio dell’immobile che ne costituiva oggetto.
Il Tribunale adito, accogliendone la domanda, risolveva il contratto, condannava la convenuta a rilasciare l’immobile e al pagamento delle spese di lite. In particolare, il giudicante rigettava l’eccezione di incompetenza per territorio sollevata dalla societa’ convenuta nonche’ quella di improcedibilita’ e/o inammissibilita’ della richiesta di restituzione del bene per non essere prevista, nella disciplina della risoluzione dei contratti, alcuna condizione di ammissibilita’ e/o di procedibilita’ del tipo di quella indicata dalla convenuta, secondo cui la domanda di risoluzione contrattuale con la richiesta di restituzione del bene sarebbe inammissibile o improcedibile, ove non accompagnata dall’offerta di restituzione delle somme ricevute; riteneva pacifica l’avvenuta conclusione di un contratto di leasing immobiliare, atteso che la convenuta contestava solo le condizioni generali allegate al contratto, aveva richiamato il contratto di leasing in una comunicazione scritta inviata alla controparte prima dell’introduzione del giudizio ed aveva partecipato alla stipula dell’atto pubblico di compravendita, mediante il quale l’attrice dichiarava di acquistare l’immobile al solo fine di concederlo in locazione finanziaria alla convenuta e, infine, riceveva il bene oggetto del contratto e fondava tutta sua difesa presupponendo l’avvenuta stipulazione del contratto. Sotto il profilo della contestazione dell’avvenuto adempimento, il giudicante non riteneva provato che la societa’ concedente avesse assunto l’obbligo di frazionamento dedotto e quanto alla asserita natura usuraria degli interessi riteneva che l’utilizzatrice avesse erroneamente sommato gli interessi corrispettivi a quelli moratori, oltre a non aver provato di aver mai versato questi ultimi.
La sentenza veniva impugnata dalla (OMISSIS) S.r.L. dinanzi alla Corte d’Appello di Milano, la quale, con sentenza n. 1402/17, depositata il 04/04/2017, rigettava l’appello e condannava l’appellante alla rifusione delle spese processuali del grado.
Il gravame si fondava sui seguenti motivi: a) l’utilizzatore sarebbe privo di tutela nell’ipotesi di mancata corrispondenza della cosa ricevuta con quella pattuita, allorche’ il concedente chieda la risoluzione del contratto; b) ex articolo 1526 c.c., applicabile al caso di specie, la domanda di restituzione dell’immobile avrebbe dovuto accompagnarsi alla restituzione dei canoni di locazione percepiti.
La Corte d’appello respingeva il primo motivo, escludendo che nel caso di specie ricorresse un’ipotesi riconducibile all’aliud pro alio, in quanto il bene oggetto del contratto risultava un capannone industriale con locale terraneo includente un altro piccolo locale e nel contratto il venditore aveva indicato quali erano le concessioni edilizie in base alle quali era stato realizzato il fabbricato nonche’ il certificato di agibilita’, la data e il numero della concessione in sanatoria riguardanti l’immobile ed aveva espressamente escluso che fosse richiesti titoli abilitativi edilizi in sanatoria. In aggiunta, l’articolo 5 del contratto prevedeva che, essendo state le condizioni della vendita concordate direttamente dall’utilizzatore con la societa’ venditrice, quest’ultima riconosceva che tutte le azioni spettanti al concedente nella sua veste di acquirente competevano direttamente anche all’utilizzatore, al quale attribuiva la piena e incondizionata legittimazione ad agire nei suoi confronti. Tale clausola per il giudicante escludeva ogni responsabilita’ a carico della societa’ concedente.
Quanto al secondo motivo, la Corte territoriale negava l’applicabilita’ dell’articolo 1526 c.c. al caso concreto.
Avversa detta sentenza propone ricorso per cassazione la S.r.L. (OMISSIS), sulla base di due motivi.
Resiste con controricorso (OMISSIS) S.p.a.

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo la ricorrente deduce la violazione degli articoli 1460 e 1463 c.c.
La tesi della societa’ utilizzatrice e’ che il giudicante le abbia erroneamente negato il diritto di rifiutare il pagamento delle rate di leasing, nonostante il bene locato fosse privo delle qualita’ urbanistiche ritenute indispensabili al suo uso e, al fine di provarlo, chiede a questa Corte di disporre l’attivita’ istruttoria richiesta sin dal primo grado. Aggiunge che avrebbe dovuto essere applicarsi la stessa disciplina della mancata consegna, con conseguente responsabilita’ anche dell’utilizzatrice.
2. Con il secondo motivo la ricorrente denuncia la violazione degli articoli 1458, 1460 e 1526 c.c., giacche’ il giudicante avrebbe sbagliato nell’escludere l’applicabilita’ al caso di specie dell’articolo 1526 c.c., subordinandola alla ricorrenza di una condizione, la restituzione del bene, priva di riscontri nell’ordinamento positivo.
3. Va preliminarmente esaminata l’eccezione di difetto di rappresentanza processuale della societa’ ricorrente sollevata da (OMISSIS).
3.1. La societa’ utilizzatrice e’ in stato di liquidazione volontaria dal 20/11/2016, come risulta dalla visura del Registro delle imprese prodotta con il controricorso, pertanto l’unico soggetto legittimato a conferire procura era il liquidatore, (OMISSIS), e non l’ex amministratore unico e legale rappresentante, (OMISSIS).
3.2. La procura speciale risulta rilasciata in data 26/06/2017 all’Avv. (OMISSIS) dall’ex Amministratore unico della societa’ (OMISSIS).
4. L’eccezione merita accoglimento.
4.1. Costituisce ius receptum che, a differenza della procura generale ad litem, espressamente prevista dall’articolo 83 c.p.c., comma 2, la quale, se proveniente da una societa’ e, per essa, da un organo abilitato a conferirla, resta imputabile all’ente medesimo anche in futuro e finche’ non venga revocata, indipendentemente dalla sorte che nel frattempo abbia potuto subire l’organo che l’ha rilasciata, quella speciale a proporre ricorso per cassazione, ove la societa’ sia in stato di liquidazione, deve essere conferita dal liquidatore e non puo’ considerarsi al riguardo piu’ valida quella attribuita dall’ormai cessato rappresentante legale della societa’: tale regola deriva dal disposto dell’articolo 365 c.p.c. che richiede che il ricorso per cassazione sia sottoscritto da un avvocato munito di procura speciale, la quale deve essere rilasciata in epoca posteriore alla sentenza gravata (Cass. 28/11/2017, n. 28449) e quindi dall’organo (e dal soggetto) che a quella data risulta effettivamente titolare del potere rappresentativo della societa’ (e’ quanto si evince da Cass. 22/05/2007, n. 11847; Cass. 27/07/1987, n. 6485).
5. Ne consegue l’inammissibilita’ del ricorso, il quale non avrebbe meritato, comunque, accoglimento.
6. Il primo motivo risulta, infatti, inammissibile perche’ la ricorrente invoca l’espletamento di un’attivita’ istruttoria, allo scopo di ottenere un inammissibile riesame dei fatti – in specie la ricorrenza dell’aliud pro alio – gia’ accertati in senso a lei sfavorevole in entrambi i gradi di giudizio, avvalendosi del vizio di violazione degli articoli 1460 e 1463 c.c. sprovvisto, peraltro, di ogni attivita’ deduttiva.
7. Alla stessa sorte va incontro il secondo motivo, perche’ si pone in contrasto con la consolidata giurisprudenza di legittimita’, secondo cui l’utilizzatore inadempiente – l’inadempimento e’ stato confermato in entrambi i gradi del giudizio di merito – ha diritto alla restituzione delle rate riscosse solo dopo la restituzione della cosa, mentre il concedente ha diritto, oltre che al risarcimento del danno, a un equo compenso per l’uso dei beni oggetto del contratto (ex plurimis cfr. Cass. 20/09/2017, n. 21895). L’obbligo di restituzione della cosa e’ ritenuto fondamentale nell’equilibrio del contratto, perche’ in tal modo, da un lato, il concedente, rientrato nel possesso del bene, potra’ trarne ulteriori utilita’ nel prosieguo; dall’altro, solo dopo che la restituzione e’ avvenuta e’ possibile determinare l’equo compenso a lui spettante per il godimento garantito all’utilizzatore nel periodo di durata del contratto, salva la prova del danno ulteriore.
8. Ne consegue l’inammissibilita’ del ricorso.
9. Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come da dispositivo.
10. Si da’ atto della ricorrenza dei presupposti per porre a carico della parte ricorrente l’obbligo di pagamento del doppio del contributo unificato.

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna la parte ricorrente al pagamento delle spese in favore della controricorrente, liquidandole in Euro 4.000,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in Euro 200,00 ed agli accessori di legge.
Ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115, articolo 13, comma 1 quater, da’ atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso articolo 13, comma 1 bis.

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