Ove la causa sia rimessa sul ruolo per sollecitare il contraddittorio

Corte di Cassazione, civile, Ordinanza|17 febbraio 2021| n. 4202.

Nel processo di appello, ove la causa sia rimessa sul ruolo per sollecitare il contraddittorio delle parti su questioni sopravvenute, il giudizio viene riportato nella fase decisoria, con conseguente necessità di osservare le prescrizioni poste dall’art. 352 c.p.c., anche in ordine ai termini previsti dall’art. 190 stesso codice ai fini dello scambio della comparse conclusionali e delle memorie di replica, la cui mancata concessione determina la nullità della sentenza, senza che sia necessario verificare la sussistenza, in concreto, del pregiudizio subìto dalla parte in seguito a tale omissione, trattandosi di termini perentori fissati dalla legge, la cui violazione è già stata valutata in astratto dal legislatore come autonomamente lesiva, in sé, del diritto di difesa. (Fattispecie in tema di protezione internazionale, nella quale, in applicazione dell’enunciato principio, la S.C. ha cassato la sentenza di appello che, dopo aver rimesso la causa sul ruolo al fine di consentire alle parti di prendere posizione sulle ricadute processuali di un nuovo principio affermato dalle Sezioni unite e sulla disciplina sopravvenuta posta dalla l. 132 del 2018, aveva negato la concessione di nuovo termine per lo scambio delle comparse e delle memorie, all’esito delle rinnovate conclusioni).

Ordinanza|17 febbraio 2021| n. 4202

Data udienza 4 novembre 2020

Integrale

Tag/parola chiave: Immigrazione – Protezione internazionale – Sentenza emessa prima della scadenza dei termini ex art. 190 c.p.c. – E’ nulla

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. FRASCA Raffaele – Presidente

Dott. DI FLORIO Antonella – rel. Consigliere

Dott. RUBINO Lina – Consigliere

Dott. VINCENTI Enzo – Consigliere

Dott. DELL’UTRI Marco – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA
sul ricorso 34975-2019 proposto da:
(OMISSIS), rappresentato e difeso dall’avvocato (OMISSIS), con studio in (OMISSIS) ( (OMISSIS)) ed elettivamente domiciliato in Roma, piazza Cavour presso la cancelleria civile della Corte di Cassazione;
– ricorrente –
contro
MINISTERO DELL’INTERNO, in persona del Ministro pro tempore;
– resistente –
avverso la sentenza n. 608/2019 della CORTE D’APPELLO di TORINO, depositata il 05/04/2019;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 04/11/2020 dal Consigliere Dott. ANTONELLA DI FLORIO.

RILEVATO

che:
1. (OMISSIS), proveniente dalla (OMISSIS), ricorre affidandosi a sei motivi per la cassazione della sentenza della Corte d’Appello di Torino che aveva confermato la pronuncia di rigetto del Tribunale della domanda di protezione internazionale, declinata in tutte le forme gradate, da lui avanzata in ragione del diniego opposto in sede amministrativa dalla competente Commissione territoriale.
1.1. Per cio’ che qui interessa, il ricorrente aveva narrato di essere di seguace della religione (OMISSIS) ed omosessuale, e di essere fuggito dalla (OMISSIS) per sottrarsi alle discriminazioni ed alle persecuzioni che, per entrambi i motivi, aveva subito: ha aggiunto che nutriva lo stesso timore nel caso di rientro in patria.
2. Il Ministero dell’Interno ha depositato “atto di costituzione” non notificato al ricorrente, chiedendo di poter partecipare alla eventuale udienza di discussione della causa ex articolo 370 c.p.c., comma 1.

CONSIDERATO

Che:
1. Con il primo motivo, il ricorrente deduce la violazione dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 4 in relazione alla mancata concessione dei termini ex articolo 352 c.p.c.: assume che la Corte territoriale aveva rimesso la causa sul ruolo per consentire alle parti di discutere la questione della ritualita’ e tempestivita’ dell’appello e della domanda di protezione umanitaria in relazione al Decreto Legge n. 113 del 2018; che, all’udienza fissata, la difesa dell’appellante aveva chiesto termine per aggiornare la documentazione relativa alla sua situazione lavorativa e, dunque, la sua integrazione; che tale termine era stato negato essendo stato gia’ concesso quello per il deposito delle comparse conclusionali; che cio’ si traduceva in una violazione del diritto di difesa, in quanto la causa era retrocessa nella fase antecedente alla precisazione delle conclusioni che, rinnovate, necessitavano di nuovo termine per il deposito delle comparse conclusionali con conseguente nullita’ della sentenza nel caso, come quello in esame, di diniego.
2. Con il secondo motivo, il ricorrente lamenta, ex articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 5, l’omesso esame di un fatto decisivo per la controversia, rappresentato dalla documentazione prodotta relativa alla dichiarazione dell’associazione (OMISSIS) che aveva dato conto delle attivita’ da lui svolte e della costante partecipazione alle finalita’ antidiscriminatorie dell’associazione: tale documento non era stato affatto considerato nella motivazione, nonostante che non fosse stato contestato dalla controparte. La motivazione della sentenza, dunque, aveva apoditticamente ritenuto la mancanza di credibilita’ del suo racconto al quale tale documento avrebbe potuto dare sostegno.
3. Con il terzo motivo, il ricorrente deduce, ex articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione del Decreto Legislativo n. 251 del 2007, articoli 7 e 8 in relazione alla persecuzione religiosa subita, in quanto (OMISSIS).
4. Con il quarto motivo, si duole, ex articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3, della violazione del Decreto Legislativo n. 251 del 2007, articolo 14, comma 1, lettera C) e del Decreto Legislativo n. 25 del 2008, articolo 8, comma 3. Assume che in relazione alla regione di provenienza, non erano state acquisite C.O.I. aggiornate sulla condizione di violenza generalizzata, riconducibile al Decreto Legislativo n. 251 del 2007, articolo 14, lettera c) e che quelle richiamate non erano aggiornate.
5. Con il quinto motivo, lamenta, ex articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 4, la violazione dell’articolo 183 c.p.c., comma 8 e articolo 115 c.p.c.: assume, al riguardo, che a fronte della sua denuncia di pericolosita’ delle condizioni di vita nella regione di origine ((OMISSIS)), la Corte aveva escluso che nella (OMISSIS) fosse presente una situazione come quella da lui descritta, indicando fonti estranee a quelle indicate dal Decreto Legislativo n. 25 del 2008, articolo 8, comma 3 con cio’ dovendosi ritenere non assolto il dovere di cooperazione istruttoria.
6. Con il sesto motivo, infine, ex articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3, il ricorrente deduce la violazione del Decreto Legislativo n. 25 del 2008, articolo 32, comma 3, Decreto Legislativo n. 286 del 1998, articolo 5, comma 6 ed Decreto Legislativo n. 25 del 2008, articolo 8, comma 3 nonche’ del Decreto Legislativo n. 142 del 2015, articolo 22 e l’omessa motivazione su un fatto decisivo per il giudizio, oggetto di discussione fra le parti. Lamenta, rispetto alla sua condizione di vulnerabilita’ derivante dalla dedotta omosessualita’, l’omessa acquisizione di C.O.I. aggiornate; si duole, altresi’, dell’assenza di un giudizio di comparazione in relazione alla sua integrazione, che aveva dimostrato attraverso la documentazione comprovante l’attivita’ lavorativa svolta (cfr. pag 40 del ricorso); critica, infine, l’erronea interpretazione del Decreto Legislativo n. 142 del 2015, articolo 22 che, contrariamente a quanto affermato dalla Corte territoriale, nel prevedere una serie di attivita’ che possono essere svolte durante la permanenza nel paese ospitante in attesa del riconoscimento del diritto di asilo, non impedisce al giudice di merito di valutare il positivo svolgimento di esse ai fini di una iniziale integrazione.
7. Il primo motivo e’ fondato.
7.1. La Corte territoriale, infatti, ha rimesso la causa sul ruolo ex articolo 101 c.p.c., comma 2, per consentire alle parti di prendere posizione su due sopravvenienze, rappresentate rispettivamente dal nuovo principio affermato da Cass. S.U.28575/2018 in ordine alle forme dell’atto introduttivo del gravame in materia di protezione internazionale (con le evidenti ricadute sulla tempestivita’ dell’impugnazione) e dalla nuova disciplina limitativa della protezione umanitaria, in ragione dell’entrata in vigore della L. n. 132 del 2018: la scelta processuale dei giudici d’appello, volta a sollecitare il contraddittorio su entrambe le questioni, non gia’ attraverso la” riserva della decisione” e la concessione di un termine secondo quanto previsto dalla norma teste’ richiamata, ha riportato la controversia nella fase decisoria con la conseguenza che doveva essere osservato l’articolo 352 c.p.c., anche in relazione al rinvio all’articolo 190 c.p.c. in esso previsto.
7.2. Al riguardo, questa Corte ha affermato il principio, condiviso da questo Collegio, secondo cui “e’ nulla la sentenza emessa dal giudice prima della scadenza dei termini ex articolo 190 c.p.c., risultando per cio’ solo impedito ai difensori l’esercizio, nella sua completezza, del diritto di difesa, senza che sia necessario verificare la sussistenza, in concreto, del pregiudizio che da tale inosservanza deriva alla parte, giacche’, trattandosi di termini perentori fissati dalla legge, la loro violazione e’ gia’ stata valutata dal legislatore, in via astratta e definitiva, come autonomamente lesiva, in se’, del diritto di difesa “(cfr. Cass. 26883/2019; Cass. 20180/2015).
7.3. E, nel caso in esame la violazione risulta ancora piu’ evidente visto che il contraddittorio era stato sollecitato con riferimento a due specifiche questioni e, quindi, allo svolgimento di uno scambio processuale specificamente finalizzato: cio’ consente di escludere che la Corte potesse negare il termine per il deposito delle comparse conclusionali, finalizzate ad una migliore illustrazione della situazione lavorativa che aveva complessivamente caratterizzato il percorso di integrazione del richiedente asilo, senza incorrere in una violazione del diritto di difesa. (cfr. a contrario Cass. 3737/2003).
7.4. Va, d’altro canto, rilevato che il fatto che l’odierno ricorrente avesse chiesto all’udienza in cui la causa venne rimessa sul ruolo un “termine al fine di aggiornare la situazione lavorativa dell’appellante” non puo’ certo essere inteso come rinuncia ad avvalersi della concessione dei termini per le comparse conclusionale e le repliche, essendo evidente che l’istanza era finalizzata ad un rinvio della trattazione.
8. Gli altri motivi rimangono logicamente assorbiti.
9. La sentenza pertanto deve essere cassata, con rinvio alla Corte d’Appello di Torino in diversa composizione, per il riesame dell’intera controversia alla luce del preliminare principio di diritto sopra evidenziato.
10. La Corte di rinvio dovra’ altresi’ decidere in ordine alle spese del giudizio di legittimita’.

P.Q.M.

La Corte:
accoglie il primo motivo di ricorso e dichiara assorbiti gli altri.
Cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte d’Appello di Torino in diversa composizione anche per la decisione in ordine alle spese del giudizio di legittimita’.

 

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